Poesia croata cinquecentesca in lingua italiana: reti culturali tra l'Adriatico orientale e l'Italia

This dissertation explores sixteenth-century Croatian poetry written in Italian, with a particular focus on the cultural networks that shaped its production, circulation, and reception. Moving beyond national literary boundaries, the study examines how multilingual poetic corpora—especially those produced by Dalmatian and Ragusan authors—functioned as spaces of symbolic negotiation, where identity was actively constructed rather than passively reflected. By adopting the concept of cultural networks as its core framework, the research traces the relational infrastructures—editorial, political, literary, and social—that allowed these poets to participate in the Italian literary system while remaining anchored to their Adriatic origins.The analysis centers on key figures such as Juraj Bizanti (Giorgio Bizanti), Hanibal Lucić (Annibal Lucio), Ludovik Paskalić (Lodovico Pascale), Dinko Ranjina (Domenico Ragnina), Sabo Bobaljević (Savino Bobali), and Miho Monaldi (Michele Monaldi). Each chapter reconstructs the specific cultural networks surrounding these authors: from the typographical circuits that enabled the Venetian printing of Bizanti’s Rime amorose (1532), to the literary and political affiliations of Lucić and Paskalić; from Ranjina’s strategic social positioning within Medici Florence and Pisa, to the posthumous editorial projects that framed Bobaljević and Monaldi’s legacies, including their connections to various literary coteries and academies that supported their cultural presence in Dalmatian and Italian circles. These networks were not merely logistical or institutional—they were spaces of ideological and cultural agency, shaping how these poets wrote, were read, and were remembered.Multilingualism was not a peripheral detail but a structural and ideological element of these cultural networks. The Dalmatian literary culture was profoundly multilingual, with poets writing in Croatian, Italian, and Latin. Italian served not only as a vehicle for prestige and visibility but also as a medium for multidirectional trans-Adriatic mediation and cultural exchange. The thesis argues for a rethinking of literary historiography: not by erasing national frameworks, but by critically interrogating their exclusions and blind spots. In doing so, this research positions sixteenth-century Croatian poetry written in Italian as a paradigmatic case for reassessing the role of cultural networks in shaping literary identity across languages, regions, and traditions.

Questa tesi esplora la poesia croata del Cinquecento scritta in italiano, con particolare attenzione alle reti culturali che ne hanno plasmato la produzione, la circolazione e la ricezione. Superando i confini delle tradizioni letterarie nazionali, lo studio analizza come i corpora poetici plurilingui – in particolare quelli prodotti da autori dalmati e ragusei – funzionassero come spazi di negoziazione simbolica, dove l’identità veniva attivamente costruita e non semplicemente riflessa. Adottando il concetto di reti culturali come quadro interpretativo centrale, la ricerca ricostruisce le infrastrutture relazionali – editoriali, politiche, letterarie e sociali – che hanno permesso a questi poeti di partecipare al sistema letterario italiano restando ancorati alle loro origini adriatiche.L’analisi si concentra su figure chiave quali Juraj Bizanti (Giorgio Bizanti), Hanibal Lucić (Annibal Lucio), Ludovik Paskalić (Lodovico Pascale), Dinko Ranjina (Domenico Ragnina), Sabo Bobaljević (Savino Bobali) e Miho Monaldi (Michele Monaldi). Ciascun capitolo ricostruisce le specifiche reti culturali che circondavano questi autori: dai circuiti tipografici che consentirono la stampa veneziana delle Rime amorose di Bizanti (1532), alle affiliazioni letterarie e politiche di Lucić e Paskalić; dal posizionamento strategico di Ranjina nella società medicea di Firenze e Pisa, ai progetti editoriali postumi che hanno definito le eredità di Bobaljević e Monaldi, includendo i loro legami con sodalizi e accademie letterarie che ne favorirono la presenza culturale nei circoli ragusei e italiani. Tali reti non erano soltanto logistiche o istituzionali, ma spazi performativi che determinarono il modo in cui questi poeti scrivevano, venivano letti e ricordati.Il plurilinguismo non era un dettaglio marginale, ma un elemento strutturale e ideologico di queste reti culturali. La cultura letteraria dalmata era plurilingue, con poeti che scrivevano in croato, italiano e latino. L’italiano non solo fungeva da veicolo di prestigio e visibilità, ma anche da medium per scambi transadriatici. La tesi propone una revisione della storiografia letteraria non cancellando i confini nazionali, ma interrogandone criticamente le esclusioni e i punti ciechi. Così facendo, questa ricerca pone la poesia croata del Cinquecento scritta in italiano come caso paradigmatico per riconsiderare il ruolo delle reti culturali nella formazione dell’identità letteraria attraverso lingue, regioni e tradizioni.