La disciplina dell’eccessiva onerosità (art. 1467 c.c.) affida, in prima battuta, il governo delle sopravvenienze al rimedio risolutorio, lasciando in mano alla parte non colpita dalla sopravvenienza il potere di impedire la risoluzione offrendo un’equa modifica delle condizioni contrattuali. Questa soluzione è stata ritenuta da larga parte della dottrina inidonea a soddisfare l’interesse alla conservazione del contratto che emerge nell’ambito delle operazioni economiche con proiezione nel medio-lungo periodo. Da qui, l’elaborazione, per via interpretativa, di rimedi manutentivi volti a superare la logica di gestione delle sopravvenienze inscritta nella disciplina generale codicistica. La presente ricerca si colloca in questo dibattito, proponendosi di verificare quali siano i margini di adattamento, in una prospettiva de iure condito, del sistema di gestione dell’eccessiva onerosità sopravvenuta. In questa prospettiva, l’indagine affianca all’analisi sistematica del dato positivo il confronto con la teoria sociologica del contratto relazionale e con l’analisi economica del diritto, per mettere a fuoco le potenziali disfunzioni della soluzione offerta dall’art. 1467 c.c. e delineare, in funzione di esse, una possibile risistemazione dell’assetto rimediale codicistico. A livello di contenuti, la ricerca – dopo una fase introduttiva volta a chiarire il rapporto tra il tema delle sopravvenienze e quello del contratto di durata – illustra anzitutto la disciplina dell’eccessiva onerosità, con particolare riguardo al modus operandi del rimedio risolutorio. Si chiarisce, in particolare, che l’art. 1467 attribuisce al contraente onerato dalla sopravvenienza un potere di azione costitutiva diretto alla risoluzione del contratto, che secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie non legittima, in assenza di un’espressa previsione di legge, la sospensione dell’attività esecutiva per il tempo che precede l’azione in giudizio. Successivamente, l’inquadramento critico alla luce della teoria del contratto relazionale e dell’economia dei costi di transazione permette di evidenziare due disfunzioni dell’assetto rimediale dell’art. 1467 c.c. Da un lato, l’interpretazione che impedisce alla parte onerata di astenersi dall’adempimento prima di agire in giudizio incentiva una precoce “giurisdizionalizzazione” della sopravvenienza, che deprime il ruolo dell’autonomia privata nella ricerca di soluzioni cooperative e concordate. Dall’altro lato, la possibilità che la controparte rifiuti di offrire la riduzione ad equità espone il contraente colpito dall’onerosità sopravvenuta al rischio di perdere il valore degli investimenti specifici effettuati in vista dell’esecuzione del contratto, inducendolo così a investire in misura inferiore rispetto a quella ottimale. Sulla base di queste coordinate, esclusa la praticabilità di un obbligo generale di rinegoziazione fondato sulla clausola generale di buona fede, la tesi individua due possibili linee di intervento de iure condito. La prima è l’estensione, per via diretta o per via analogica, del diritto alla revisione del prezzo ex art. 1664 c.c. ad altri contesti contrattuali in cui emerge l’esigenza di tutelare l’investimento specifico. Questa operazione deve ritenersi subordina-ta alla possibilità di affiancare la tutela ex art. 1664 con l’attribuzione di un diritto di recesso salvo indennizzo su modello dell’art. 1671 c.c., in modo da bilanciare la tutela della parte che sopporta l’investimento specifico con l’esigenza di flessibilità dei rapporti economico-produttivi, secondo una logica operativa già inscritta nella disciplina dell’appalto. La seconda proposta, invece, cerca di rispondere all'esigenza di favorire una gestione amichevole della sopravvenienza, mediante la configurazione, per via interpretativa, di una eccezione di eccessiva onerosità sopravvenuta, assistita da un obbligo ex fide bona, gravante sulla parte onerata, di denunciare preventivamente l’intenzione di astenersi dall’adempimento. In tal modo, si apre uno spazio effettivo per il negoziato tra le parti e per l’eventuale esercizio, da parte dell’altro contraente, del diritto di reductio ad aequitatem, senza necessità di adire in giudizio.

Eccessiva onerosità e assetti rimediali: tra rinegoziazione spontanea e tutela dell’investimento specifico.

GORINI, ANDREA
2025

Abstract

La disciplina dell’eccessiva onerosità (art. 1467 c.c.) affida, in prima battuta, il governo delle sopravvenienze al rimedio risolutorio, lasciando in mano alla parte non colpita dalla sopravvenienza il potere di impedire la risoluzione offrendo un’equa modifica delle condizioni contrattuali. Questa soluzione è stata ritenuta da larga parte della dottrina inidonea a soddisfare l’interesse alla conservazione del contratto che emerge nell’ambito delle operazioni economiche con proiezione nel medio-lungo periodo. Da qui, l’elaborazione, per via interpretativa, di rimedi manutentivi volti a superare la logica di gestione delle sopravvenienze inscritta nella disciplina generale codicistica. La presente ricerca si colloca in questo dibattito, proponendosi di verificare quali siano i margini di adattamento, in una prospettiva de iure condito, del sistema di gestione dell’eccessiva onerosità sopravvenuta. In questa prospettiva, l’indagine affianca all’analisi sistematica del dato positivo il confronto con la teoria sociologica del contratto relazionale e con l’analisi economica del diritto, per mettere a fuoco le potenziali disfunzioni della soluzione offerta dall’art. 1467 c.c. e delineare, in funzione di esse, una possibile risistemazione dell’assetto rimediale codicistico. A livello di contenuti, la ricerca – dopo una fase introduttiva volta a chiarire il rapporto tra il tema delle sopravvenienze e quello del contratto di durata – illustra anzitutto la disciplina dell’eccessiva onerosità, con particolare riguardo al modus operandi del rimedio risolutorio. Si chiarisce, in particolare, che l’art. 1467 attribuisce al contraente onerato dalla sopravvenienza un potere di azione costitutiva diretto alla risoluzione del contratto, che secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie non legittima, in assenza di un’espressa previsione di legge, la sospensione dell’attività esecutiva per il tempo che precede l’azione in giudizio. Successivamente, l’inquadramento critico alla luce della teoria del contratto relazionale e dell’economia dei costi di transazione permette di evidenziare due disfunzioni dell’assetto rimediale dell’art. 1467 c.c. Da un lato, l’interpretazione che impedisce alla parte onerata di astenersi dall’adempimento prima di agire in giudizio incentiva una precoce “giurisdizionalizzazione” della sopravvenienza, che deprime il ruolo dell’autonomia privata nella ricerca di soluzioni cooperative e concordate. Dall’altro lato, la possibilità che la controparte rifiuti di offrire la riduzione ad equità espone il contraente colpito dall’onerosità sopravvenuta al rischio di perdere il valore degli investimenti specifici effettuati in vista dell’esecuzione del contratto, inducendolo così a investire in misura inferiore rispetto a quella ottimale. Sulla base di queste coordinate, esclusa la praticabilità di un obbligo generale di rinegoziazione fondato sulla clausola generale di buona fede, la tesi individua due possibili linee di intervento de iure condito. La prima è l’estensione, per via diretta o per via analogica, del diritto alla revisione del prezzo ex art. 1664 c.c. ad altri contesti contrattuali in cui emerge l’esigenza di tutelare l’investimento specifico. Questa operazione deve ritenersi subordina-ta alla possibilità di affiancare la tutela ex art. 1664 con l’attribuzione di un diritto di recesso salvo indennizzo su modello dell’art. 1671 c.c., in modo da bilanciare la tutela della parte che sopporta l’investimento specifico con l’esigenza di flessibilità dei rapporti economico-produttivi, secondo una logica operativa già inscritta nella disciplina dell’appalto. La seconda proposta, invece, cerca di rispondere all'esigenza di favorire una gestione amichevole della sopravvenienza, mediante la configurazione, per via interpretativa, di una eccezione di eccessiva onerosità sopravvenuta, assistita da un obbligo ex fide bona, gravante sulla parte onerata, di denunciare preventivamente l’intenzione di astenersi dall’adempimento. In tal modo, si apre uno spazio effettivo per il negoziato tra le parti e per l’eventuale esercizio, da parte dell’altro contraente, del diritto di reductio ad aequitatem, senza necessità di adire in giudizio.
15-ott-2025
Italiano
eccessiva onerosità sopravvenuta
rimedi
investimenti specifici
contratto relazionale
rinegoziazione e revisione del prezzo
eccezione di eccessiva onerosità
Calderai, Valentina
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/307969
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPI-307969