L’avvento delle nuove tecnologie e della digitalizzazione che ha caratterizzato l’ultimo decennio, in un contesto globalizzato di crisi finanziaria internazionale suggellata dal crac della Lehman Brothers del 2008, è stato uno dei principali elementi che ha scardinato le molte certezze economiche e le rese di posizione di istituzioni e famiglie. In questo contesto sono aumentate le difficoltà della maggior parte delle imprese, in particolare le piccole - ovvero secondo le classificazioni internazionali quelle con meno di 50 addetti, che in base a dati Istat ed alle schede informative dell’Unione europea rappresentano il 99,4% delle imprese italiane, circa 3,75 milioni di aziende - ad adeguarsi alle trasformazioni dei mercati e della Pubblica Amministrazione. Tali dinamiche, che da un lato hanno messo in discussione modelli economici e sociali e dall’altro ne costituiscono l’evoluzione, hanno modificato anche il sistema d’influenze, posizioni e rapporti tra gli stakeholder operanti in un medesimo territorio, favorendo talvolta i processi collaborativi e di disintermediazione a sfavore della rappresentanza, filtrata dai corpi intermedi e dei partiti, modificando radicalmente il rapporto tra imprese, associazioni di categoria, associati, cittadini ed Enti pubblici. In questo scenario, il ruolo agito dalle associazioni datoriali di categoria italiane, già da decenni in forte trasformazione, sembra essersi riconfigurato almeno in parte, passando da un atteggiamento prettamente corporativo atto a perseguire l’interesse dei propri associati, erogando loro servizi e rappresentandoli (molto spesso in contrapposizione con molteplici degli altri interessi in campo); a un agire di natura consociativa, riaffermandone una funzione sociale, che pone maggiore forza ed attenzione rispetto ai rapporti con la pubblica amministrazione e gli stakeholder locali. La questione che la tesi intende indagare s’inserisce nel dibattito presente nella letteratura italiana sulle associazioni di categoria, intendendo analizzare le modalità di funzionamento delle stesse, provando a capire fino a che punto esse portano avanti meramente azioni ed interessi lobbistici e quando, se e in quali contesti invece possono evolvere quali attori con un ruolo significativo nel sistema di governance urbana. Rispetto al contesto economico territoriale del Veneto, che fa da scenario alla ricerca, in questa sede vengono analizzate le azioni progettuali poste in essere da alcune articolazioni territoriali della Confederazione Nazionale dell’Artigianato di Venezia, realizzate in risposta agli stimoli dati dalle linee di finanziamento camerali sulla rigenerazione urbana. Al fine di approfondire e comprendere se e come si è definito questo cambiamento di ruolo nelle politiche urbane da parte delle associazioni di categoria, l’approccio utilizzato per l’analisi è quello della collaborative governance. Entrambi i casi selezionati sono stati scelti in quanto agiscono su linee di finanziamento relative a politiche urbane non mainstream, ovvero finalizzate alla rigenerazione di aspetti sociali ed economici dei territori oggetto delle progettualità e non sugli aspetti fisici e spaziali di luoghi e strutture. L’avvento dell’emergenza sanitaria scaturita dal Covid 19, sembra aver accentuato tali dinamiche, riaffermando la funzione sociale e di punto di riferimento per il territorio di tali organizzazioni.

ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA COME ATTORI DI GOVERNANCE URBANA Dottorato di ricerca in “architettura, città e design” curriculum “Pianificazione territoriale e politiche pubbliche del territorio”

PALADINI, ROBERTO
2021

Abstract

L’avvento delle nuove tecnologie e della digitalizzazione che ha caratterizzato l’ultimo decennio, in un contesto globalizzato di crisi finanziaria internazionale suggellata dal crac della Lehman Brothers del 2008, è stato uno dei principali elementi che ha scardinato le molte certezze economiche e le rese di posizione di istituzioni e famiglie. In questo contesto sono aumentate le difficoltà della maggior parte delle imprese, in particolare le piccole - ovvero secondo le classificazioni internazionali quelle con meno di 50 addetti, che in base a dati Istat ed alle schede informative dell’Unione europea rappresentano il 99,4% delle imprese italiane, circa 3,75 milioni di aziende - ad adeguarsi alle trasformazioni dei mercati e della Pubblica Amministrazione. Tali dinamiche, che da un lato hanno messo in discussione modelli economici e sociali e dall’altro ne costituiscono l’evoluzione, hanno modificato anche il sistema d’influenze, posizioni e rapporti tra gli stakeholder operanti in un medesimo territorio, favorendo talvolta i processi collaborativi e di disintermediazione a sfavore della rappresentanza, filtrata dai corpi intermedi e dei partiti, modificando radicalmente il rapporto tra imprese, associazioni di categoria, associati, cittadini ed Enti pubblici. In questo scenario, il ruolo agito dalle associazioni datoriali di categoria italiane, già da decenni in forte trasformazione, sembra essersi riconfigurato almeno in parte, passando da un atteggiamento prettamente corporativo atto a perseguire l’interesse dei propri associati, erogando loro servizi e rappresentandoli (molto spesso in contrapposizione con molteplici degli altri interessi in campo); a un agire di natura consociativa, riaffermandone una funzione sociale, che pone maggiore forza ed attenzione rispetto ai rapporti con la pubblica amministrazione e gli stakeholder locali. La questione che la tesi intende indagare s’inserisce nel dibattito presente nella letteratura italiana sulle associazioni di categoria, intendendo analizzare le modalità di funzionamento delle stesse, provando a capire fino a che punto esse portano avanti meramente azioni ed interessi lobbistici e quando, se e in quali contesti invece possono evolvere quali attori con un ruolo significativo nel sistema di governance urbana. Rispetto al contesto economico territoriale del Veneto, che fa da scenario alla ricerca, in questa sede vengono analizzate le azioni progettuali poste in essere da alcune articolazioni territoriali della Confederazione Nazionale dell’Artigianato di Venezia, realizzate in risposta agli stimoli dati dalle linee di finanziamento camerali sulla rigenerazione urbana. Al fine di approfondire e comprendere se e come si è definito questo cambiamento di ruolo nelle politiche urbane da parte delle associazioni di categoria, l’approccio utilizzato per l’analisi è quello della collaborative governance. Entrambi i casi selezionati sono stati scelti in quanto agiscono su linee di finanziamento relative a politiche urbane non mainstream, ovvero finalizzate alla rigenerazione di aspetti sociali ed economici dei territori oggetto delle progettualità e non sugli aspetti fisici e spaziali di luoghi e strutture. L’avvento dell’emergenza sanitaria scaturita dal Covid 19, sembra aver accentuato tali dinamiche, riaffermando la funzione sociale e di punto di riferimento per il territorio di tali organizzazioni.
26-apr-2021
Italiano
rappresentanza; rigenerazione urbana; piccola impresa; sviluppo territorio; collaborative govern
GELLI, FRANCESCA
Università IUAV di Venezia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/61889
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:IUAV-61889