Lo studio delle minoranze, mobilità e mediazione culturale nell'Europa della prima età moderna ha attirato un'attenzione accademica cospicua negli ultimi tempi. Tuttavia, la storia dell'architettura si è occupata meno di questi fenomeni. Con l'obiettivo di colmare questa lacuna, questa tesi risponde alla domanda di vasta portata: come fare a superare il divario culturale, religioso e linguistico, se si deve costruire uno stabilimento per uno straniero, che è anche un apparente nemico? La risposta viene fornita concentrandosi su un particolare problema all'interno di un'ampia area geografica in lunga durata. Basandosi su un gran numero di fonti letterarie e visive, la dissertazione indaga gli edifici per ospitare e segregare i musulmani, in particolare i commercianti ottomani, realizzati dalla Repubblica di Venezia poco dopo la guerra di Cipro (1570–1573), analizzandoli fino alla loro abolizione con la dissoluzione della Repubblica (1797). Ma la segregazione non era l'unico aspetto. Il termine spazi di scambio può essere interpretato in due modi. Questi edifici erano spazi di commercio, ma anche di scambi culturali. Vari intermediari e mercanti ottomani sono stati consultati nel processo di pianificazione, rendendo gli edifici un progetto plurale. Le forme architettoniche adriatiche tradizionali sono state arricchite con elementi della cultura dell’abitare ottomana come si vede da mobili, spazi di preghiera e infrastrutture igienico-sanitarie. Allo stesso tempo, gli intermediari hanno tentato di posizionare retoricamente queste soluzioni come caravanserragli veneziani. Lo studio esamina l'intero sistema veneziano di accoglienza dei musulmani. È articolato in due macrocapitoli (Venezia e Stato da Mar), ciascuno suddiviso in casi di studio. I capitoli veneziani analizzano il Fondaco dei Turchi, non solo quando era a Palazzo Pesaro, ma anche le precedenti discussioni e soluzioni. L’analisi tiene conto della lunga tradizione delle osterie, del Ghetto, del Fondaco dei Tedeschi, delle logge nazionali, dei fondachi europei nel Levante, dei caravanserragli ottomani, dei prigioni degli schiavi a Livorno e Malta, e dei fondachi ottomani a Dubrovnik e Ancona. Il macrocapitolo Stato da Mar individua le numerose soluzioni utilizzate sul confine ottomano-veneziano in Dalmazia note come serraglio, stallia, loggia, tezza, stangada e bazzana. Viene stabilita una distinzione tra le soluzioni trovate nelle città e nei grandi porti commerciali, e quelle in numerosi piccoli centri e lungo le rotte commerciali dell'entroterra, molti dei quali sono localizzati, datati e attribuiti per la prima volta. Queste soluzioni architettoniche sono posizionate verso il Fondaco dei Turchi e gli altri edifici rilevati, stabilendo una tipologia e contribuendo ulteriormente alla risoluzione del problema dialettico centrale degli spazi segregati accommodati per un utente con diverse esigenze abitative, religiose e culturali.

The study of minorities, mobility, and cultural mediation in Early Modern Europe has attracted significant scholarly attention across disciplines in recent times. However, architectural history has dealt less with these phenomena. Aiming to fill this gap, this thesis responds to the overreaching question: How to straddle the cultural, religious, and linguistic divide when constructing architecture for a foreigner who is an apparent enemy? The answer is provided by focusing on a particular problem within a wide geographical area in the longue durée. By relying on a large number of literary and visual sources, the dissertation investigates buildings made by the Republic of Venice to house and segregate Muslims, particularly Ottoman traders, from their implementation shortly after the War of Cyprus (1570–1573) to their abolishment with the dissolution of the Republic (1797). Segregation was not the only aspect. The term spaces of exchange can be understood in two ways. These buildings were spaces of commerce, but also spaces which were the result of cultural exchange. Various mediators and Ottoman merchants were consulted in the planning process, making these buildings a plural project. Traditional Adriatic architectural forms were enriched with elements of the Ottoman housing culture such as furniture, prayer spaces, hygienic and sanitation infrastructures. The mediators attempted to rhetorically position these solutions as Venetian caravanserais. The study researches the entire Venetian system of hosting Muslims. It is separated into two macro chapters (Venice and the Stato da Mar), each with its case studies. The Venetian part looks into the Fondaco dei Turchi, not only in the Palazzo Pesaro, but also analyses the previous discussions and solutions. It takes into account the long tradition of osterie, the Ghetto, the Fondaco dei Tedeschi, national loggias, European fondacos in the Levant, Ottoman caravanserais, slave prisons in Livorno and Malta, and Ottoman fondacos in Ancona and Dubrovnik. The Stato da Mar part individuates the numerous solutions used on the Ottoman-Venetian border in Dalmatia: the serraglio, stallia, loggia, tezza, stangada, and bazzana. A distinction is established between the forms used in cities and large trade ports, and those found in numerous small towns and along the trade routes in the hinterland, many of which are located, dated, and attributed for the first time. These solutions are positioned towards the Fondaco dei Turchi and all other surveyed solutions, establishing a typology and further contributing to solving the central dialectical problem of segregated spaces accommodated to a user with different housing needs.

Defining Spaces of Exchange: Venice and the Eastern Adriatic

STRUNJE, PETAR
2022

Abstract

Lo studio delle minoranze, mobilità e mediazione culturale nell'Europa della prima età moderna ha attirato un'attenzione accademica cospicua negli ultimi tempi. Tuttavia, la storia dell'architettura si è occupata meno di questi fenomeni. Con l'obiettivo di colmare questa lacuna, questa tesi risponde alla domanda di vasta portata: come fare a superare il divario culturale, religioso e linguistico, se si deve costruire uno stabilimento per uno straniero, che è anche un apparente nemico? La risposta viene fornita concentrandosi su un particolare problema all'interno di un'ampia area geografica in lunga durata. Basandosi su un gran numero di fonti letterarie e visive, la dissertazione indaga gli edifici per ospitare e segregare i musulmani, in particolare i commercianti ottomani, realizzati dalla Repubblica di Venezia poco dopo la guerra di Cipro (1570–1573), analizzandoli fino alla loro abolizione con la dissoluzione della Repubblica (1797). Ma la segregazione non era l'unico aspetto. Il termine spazi di scambio può essere interpretato in due modi. Questi edifici erano spazi di commercio, ma anche di scambi culturali. Vari intermediari e mercanti ottomani sono stati consultati nel processo di pianificazione, rendendo gli edifici un progetto plurale. Le forme architettoniche adriatiche tradizionali sono state arricchite con elementi della cultura dell’abitare ottomana come si vede da mobili, spazi di preghiera e infrastrutture igienico-sanitarie. Allo stesso tempo, gli intermediari hanno tentato di posizionare retoricamente queste soluzioni come caravanserragli veneziani. Lo studio esamina l'intero sistema veneziano di accoglienza dei musulmani. È articolato in due macrocapitoli (Venezia e Stato da Mar), ciascuno suddiviso in casi di studio. I capitoli veneziani analizzano il Fondaco dei Turchi, non solo quando era a Palazzo Pesaro, ma anche le precedenti discussioni e soluzioni. L’analisi tiene conto della lunga tradizione delle osterie, del Ghetto, del Fondaco dei Tedeschi, delle logge nazionali, dei fondachi europei nel Levante, dei caravanserragli ottomani, dei prigioni degli schiavi a Livorno e Malta, e dei fondachi ottomani a Dubrovnik e Ancona. Il macrocapitolo Stato da Mar individua le numerose soluzioni utilizzate sul confine ottomano-veneziano in Dalmazia note come serraglio, stallia, loggia, tezza, stangada e bazzana. Viene stabilita una distinzione tra le soluzioni trovate nelle città e nei grandi porti commerciali, e quelle in numerosi piccoli centri e lungo le rotte commerciali dell'entroterra, molti dei quali sono localizzati, datati e attribuiti per la prima volta. Queste soluzioni architettoniche sono posizionate verso il Fondaco dei Turchi e gli altri edifici rilevati, stabilendo una tipologia e contribuendo ulteriormente alla risoluzione del problema dialettico centrale degli spazi segregati accommodati per un utente con diverse esigenze abitative, religiose e culturali.
25-nov-2022
Inglese
The study of minorities, mobility, and cultural mediation in Early Modern Europe has attracted significant scholarly attention across disciplines in recent times. However, architectural history has dealt less with these phenomena. Aiming to fill this gap, this thesis responds to the overreaching question: How to straddle the cultural, religious, and linguistic divide when constructing architecture for a foreigner who is an apparent enemy? The answer is provided by focusing on a particular problem within a wide geographical area in the longue durée. By relying on a large number of literary and visual sources, the dissertation investigates buildings made by the Republic of Venice to house and segregate Muslims, particularly Ottoman traders, from their implementation shortly after the War of Cyprus (1570–1573) to their abolishment with the dissolution of the Republic (1797). Segregation was not the only aspect. The term spaces of exchange can be understood in two ways. These buildings were spaces of commerce, but also spaces which were the result of cultural exchange. Various mediators and Ottoman merchants were consulted in the planning process, making these buildings a plural project. Traditional Adriatic architectural forms were enriched with elements of the Ottoman housing culture such as furniture, prayer spaces, hygienic and sanitation infrastructures. The mediators attempted to rhetorically position these solutions as Venetian caravanserais. The study researches the entire Venetian system of hosting Muslims. It is separated into two macro chapters (Venice and the Stato da Mar), each with its case studies. The Venetian part looks into the Fondaco dei Turchi, not only in the Palazzo Pesaro, but also analyses the previous discussions and solutions. It takes into account the long tradition of osterie, the Ghetto, the Fondaco dei Tedeschi, national loggias, European fondacos in the Levant, Ottoman caravanserais, slave prisons in Livorno and Malta, and Ottoman fondacos in Ancona and Dubrovnik. The Stato da Mar part individuates the numerous solutions used on the Ottoman-Venetian border in Dalmatia: the serraglio, stallia, loggia, tezza, stangada, and bazzana. A distinction is established between the forms used in cities and large trade ports, and those found in numerous small towns and along the trade routes in the hinterland, many of which are located, dated, and attributed for the first time. These solutions are positioned towards the Fondaco dei Turchi and all other surveyed solutions, establishing a typology and further contributing to solving the central dialectical problem of segregated spaces accommodated to a user with different housing needs.
fondaco; scala di Spalato; scambio culturale; Impero ottomano; Venezia
LENZO, FULVIO
Università IUAV di Venezia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/63776
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:IUAV-63776