This research project is based on a multidisciplinary approach including structural-geological, geophysical, and computer-based analyses of active deformation in south-eastern Sicily. This densely populated area is commonly considered one of the most dangerous of the entire Italian peninsula in terms of seismic (and tsunami-related) hazard, being struck by some of the most destructive (M>7.0) earthquakes (and related tsunamis) in historical time. High-resolution marine seismic data (reflection profiles and bathymetry) allowed a better definition of the spatial extension and in-depth geometry of active faults previously identified in the near offshore between Catania and Syracuse. Here, the Plio-Quaternary reactivation of a Mesozoic extensional, crustal discontinuity (the Malta Escarpment, here referred as MESC) led to the formation of a 60 km-long, N-S trending, E-dipping, extensional fault system whose shallower expression is represented by three main splays controlling the continental slope bathymetric expression and the sedimentation of a turbidite basin at the MESC base. Seismic interpretation and chrono-stratigraphic correlation based on available literature provided a time-constrain to defining the through-time tectonic activity of faults (throw-rate 0.1-0.4 mm/yr for the Pliocene and up to 3-7 mm/yr for Holocene time). Interpolation of interpreted seismic profiles permitted the development of a 2,5D faults model. Faults-related 3-dimensional parameters were used to derive the maximum expected magnitude (based on empirical scaling relations) indicating a high seismic potential for the studied faults. Return periods of about 500 years, estimated for M≈7 earthquakes based on seafloor faults scarp, have been found for the studied fault system. Kinematic fault data collected along the SE-Sicily coastal sector, coupled with available literature (borehole, geodetic, and structural data) allowed to define the regional stress field. Stress analysis on 3D fault models (Slip Tendency) indicates how the system is well oriented for reactivation (according to the field-derived stress tensors), increasing, thus, the faults seismic potential. Sequential restoration (also known as back-restoration or back-stripping) performed over two selected seismic profiles allowed a step-by-step analysis of deformation experienced by the fault related turbidite basin. This analysis enabled the validation/recalibration of seismic interpretation, estimation of erosion and, thus, re-assessment of faults throws and heaves. Restoration highlighted how deformation evolved and modulated through time (throw-rate of 0.20-0.40 mm/yr and 0.1-0.05 mm/yr respectively for Pliocene and Pleistocene time). In the early stage (early Pliocene), the basin experienced a significant deformation with the horizontal component prevailing over the vertical one. Such a deformation was diffuse and the MESC faults contributed to roughly one third of the total deformation. Since the early Pliocene the amount of deformation slightly decreased toward the present day, when the MESC faults contribute almost entirely to the total deformation of the studied sector. In addition, the analysis highlighted how the overall deformation should be the result of two different processes: 1) regional (still active) tectonics driving the activity of MESC faults and 2) a ductile deformation controlling the early stage (Pliocene) of the turbidite basin evolution. This latter process may find confirmation in the internal geometry of Pliocene reflectors. Analogies between the seismic-stratigraphic geometries of Pliocene reflectors and sand-box analogue models suggest that the deformation of the turbidite basin may have been controlled by the migration of underlying ductile (salt?) layer within the Messinian units. Lastly, identification and volume assessment of submarine mass deposits along the studied sector may contribute to the estimation of tsunami hazard and to further constrain the studied faults to historical earthquakes and tsunamis (e.g., the 1169 and 1693 events).

Il presente progetto di ricerca è basato su un approccio multidisciplinare, che include analisi di tipo geologico-strutturale, geofisiche e di modellazione informatica, in Sicilia Sud-orientale. Quest’area densamente popolata, è considerata una delle più pericolose dell’intera penisola italiana in termini di rischio sismico (e relativo rischio tsunami) essendo stata colpita da alcuni dei più distruttivi (M>7.0) eventi sismici (e relativi tsunami) in epoca storica. Profili sismici e batimetria ad alta risoluzione hanno permesso una definizione più dettagliata dell’estensione e della geometria in profondità di faglie attive precedentemente identificate al largo della costa tra Catania e Siracusa. In quest’area, la riattivazione di una discontinuità crostale di natura estensionale (la Scarpata di Malta, di seguito chiamata MESC) ha portato alla formazione di un sitema di faglie orientato circa N-S, lungo 60 km e immergente verso Est, la cui espressione superficiale è raprresentata da tre faglie principali. Queste ultime, controllano la batimetria della scarpata continentale e la sedimentazione di un bacino torbiditico alla base della stessa. L’interpretazione dei profili sismici e la correlazione crono-stratigrafica delle unità sismiche (basata su dati di letteratura) hanno consentito di definire l’attività tettonica delle faglie nel tempo (rigetti verticali di 0.1-0.4 mm/a e 3-7 mm/a rispettivamente per il Pliocene e l’Holocene). L’interpolazione dei profili sismici interpretati ha permesso di sviluppare un modello pseudo-tridimensionale (2,5D) delle faglie. I parametri delle faglie tridimensionali sono stati usati per stimare le massime magnitudo attese (in base a relazioni empiriche), indicando un alto potenziale sismico per le faglie studiate (M>7.0). Inoltre, periodi di ritorno per eventi con M≈7 sono stati stimati sulla base delle scarpate di faglia in corrispondenza del fondo marino. Dati cinematici sui piani di faglia situati a terra lungo il settore costiero, corroborati da dati di letteratura (dati di pozzo, geodetici e strutturali), hanno permesso la definizione del campo di stress regionale. Quest’ultimo, applicato ai modelli di faglia 3D (analisi della Slip Tendency) ha permesso di osservare come le faglie oggetto di studio, siano ben orientate rispetto allo stress applicato e, pertanto, propense alla riattivazione. Tale considerazione ha un’influenza diretta sulla considerazione del potenziale sismico delle struutre studiate. L’appicazione, su due profili scelti ‘ad hoc’, della metodologia d’analisi chiamata Sequential Restoration, ossia basata sul ripristino della deformazione subita dal bacino torbiditico, ha permesso lo studio passo-dopo-passo della storia evolutiva del bacino in oggetto. L’analisi ha, inoltre, permesso la validazione/ri-calibrazione della precedente interpretazione sismica dei profili e di stimare l’erosione subita dalle diverse unità; in tal modo è stato possibile rivalutare i rigetti verticali e orizzontali delle faglie studiate. La ristorazione ha messo in evidenza come la deformazione si sia evoluta e modulata nel tempo (rigetti verticali di 0.2-0.4 mm/a e 0.1-0.05 mm/a rispettivamente per il Pliocene e Pleistocene). Nella fase iniziale (Pliocene inf.) il bacino ha subito una deformazione significativa, con la componente orizzontale che prevaleva su quella verticale. In questa fase, la deformazione era diffusa e suddivisa su più strutture; tra queste, le faglie MESC contribuivano poer circa un terzo della deformazione totale. Questa deformazione è andata diminuendo fino ai giorni nostri; in questa fase le faglie MESC contribuiscono quasi interamente alla deformazione totale del bacino. Questa analisi ha permesso, inoltre, di discriminare due processi deformativi che hanno contribuito alla totale deformazione del bacino; 1) un processo tettonioc (ancora in atto) che guida l’attività delle faglie MESC e 2) una deformazione duttile che ha controllato la deformazione del bacino nelle prime fasi (Pliocene). Quest’ultimo processo sembra trovare conferma analizzando la geometri interna dei riflettori sismici che caratterizzano l’unità attribuita al Pliocene. Analogie tra la geometria dei riflettori sismici dell’unità pliocenica e le osservazioni di modelli analogici in sand-box suggerisce che tale deformazione duttile può essere il risultato di migrazione di sale sottostante al livello Pliocenico (verosimilmente all’interno del Messiniano). In ultima analisi, l’osservazione e la stima volumetrica di depositi di frane sottomarine lungo il settore studiato, potranno contribuire alla valutazione del rischio tsunami e fornire un ulteriore vincolo per associare le faglie oggetto di studio ad eventi sismici, e relativi tsunami, avvenuti in epoca storica (ad esempio gli eventi del 1169 e 1693).

Assetto tettonico e modellizzazione di faglie attive lungo il settore settentrionale della Scarpata di Malta (Mar Ionio occidentale)

GAMBINO, SALVATORE
2022

Abstract

This research project is based on a multidisciplinary approach including structural-geological, geophysical, and computer-based analyses of active deformation in south-eastern Sicily. This densely populated area is commonly considered one of the most dangerous of the entire Italian peninsula in terms of seismic (and tsunami-related) hazard, being struck by some of the most destructive (M>7.0) earthquakes (and related tsunamis) in historical time. High-resolution marine seismic data (reflection profiles and bathymetry) allowed a better definition of the spatial extension and in-depth geometry of active faults previously identified in the near offshore between Catania and Syracuse. Here, the Plio-Quaternary reactivation of a Mesozoic extensional, crustal discontinuity (the Malta Escarpment, here referred as MESC) led to the formation of a 60 km-long, N-S trending, E-dipping, extensional fault system whose shallower expression is represented by three main splays controlling the continental slope bathymetric expression and the sedimentation of a turbidite basin at the MESC base. Seismic interpretation and chrono-stratigraphic correlation based on available literature provided a time-constrain to defining the through-time tectonic activity of faults (throw-rate 0.1-0.4 mm/yr for the Pliocene and up to 3-7 mm/yr for Holocene time). Interpolation of interpreted seismic profiles permitted the development of a 2,5D faults model. Faults-related 3-dimensional parameters were used to derive the maximum expected magnitude (based on empirical scaling relations) indicating a high seismic potential for the studied faults. Return periods of about 500 years, estimated for M≈7 earthquakes based on seafloor faults scarp, have been found for the studied fault system. Kinematic fault data collected along the SE-Sicily coastal sector, coupled with available literature (borehole, geodetic, and structural data) allowed to define the regional stress field. Stress analysis on 3D fault models (Slip Tendency) indicates how the system is well oriented for reactivation (according to the field-derived stress tensors), increasing, thus, the faults seismic potential. Sequential restoration (also known as back-restoration or back-stripping) performed over two selected seismic profiles allowed a step-by-step analysis of deformation experienced by the fault related turbidite basin. This analysis enabled the validation/recalibration of seismic interpretation, estimation of erosion and, thus, re-assessment of faults throws and heaves. Restoration highlighted how deformation evolved and modulated through time (throw-rate of 0.20-0.40 mm/yr and 0.1-0.05 mm/yr respectively for Pliocene and Pleistocene time). In the early stage (early Pliocene), the basin experienced a significant deformation with the horizontal component prevailing over the vertical one. Such a deformation was diffuse and the MESC faults contributed to roughly one third of the total deformation. Since the early Pliocene the amount of deformation slightly decreased toward the present day, when the MESC faults contribute almost entirely to the total deformation of the studied sector. In addition, the analysis highlighted how the overall deformation should be the result of two different processes: 1) regional (still active) tectonics driving the activity of MESC faults and 2) a ductile deformation controlling the early stage (Pliocene) of the turbidite basin evolution. This latter process may find confirmation in the internal geometry of Pliocene reflectors. Analogies between the seismic-stratigraphic geometries of Pliocene reflectors and sand-box analogue models suggest that the deformation of the turbidite basin may have been controlled by the migration of underlying ductile (salt?) layer within the Messinian units. Lastly, identification and volume assessment of submarine mass deposits along the studied sector may contribute to the estimation of tsunami hazard and to further constrain the studied faults to historical earthquakes and tsunamis (e.g., the 1169 and 1693 events).
29-mar-2022
Italiano
Il presente progetto di ricerca è basato su un approccio multidisciplinare, che include analisi di tipo geologico-strutturale, geofisiche e di modellazione informatica, in Sicilia Sud-orientale. Quest’area densamente popolata, è considerata una delle più pericolose dell’intera penisola italiana in termini di rischio sismico (e relativo rischio tsunami) essendo stata colpita da alcuni dei più distruttivi (M>7.0) eventi sismici (e relativi tsunami) in epoca storica. Profili sismici e batimetria ad alta risoluzione hanno permesso una definizione più dettagliata dell’estensione e della geometria in profondità di faglie attive precedentemente identificate al largo della costa tra Catania e Siracusa. In quest’area, la riattivazione di una discontinuità crostale di natura estensionale (la Scarpata di Malta, di seguito chiamata MESC) ha portato alla formazione di un sitema di faglie orientato circa N-S, lungo 60 km e immergente verso Est, la cui espressione superficiale è raprresentata da tre faglie principali. Queste ultime, controllano la batimetria della scarpata continentale e la sedimentazione di un bacino torbiditico alla base della stessa. L’interpretazione dei profili sismici e la correlazione crono-stratigrafica delle unità sismiche (basata su dati di letteratura) hanno consentito di definire l’attività tettonica delle faglie nel tempo (rigetti verticali di 0.1-0.4 mm/a e 3-7 mm/a rispettivamente per il Pliocene e l’Holocene). L’interpolazione dei profili sismici interpretati ha permesso di sviluppare un modello pseudo-tridimensionale (2,5D) delle faglie. I parametri delle faglie tridimensionali sono stati usati per stimare le massime magnitudo attese (in base a relazioni empiriche), indicando un alto potenziale sismico per le faglie studiate (M>7.0). Inoltre, periodi di ritorno per eventi con M≈7 sono stati stimati sulla base delle scarpate di faglia in corrispondenza del fondo marino. Dati cinematici sui piani di faglia situati a terra lungo il settore costiero, corroborati da dati di letteratura (dati di pozzo, geodetici e strutturali), hanno permesso la definizione del campo di stress regionale. Quest’ultimo, applicato ai modelli di faglia 3D (analisi della Slip Tendency) ha permesso di osservare come le faglie oggetto di studio, siano ben orientate rispetto allo stress applicato e, pertanto, propense alla riattivazione. Tale considerazione ha un’influenza diretta sulla considerazione del potenziale sismico delle struutre studiate. L’appicazione, su due profili scelti ‘ad hoc’, della metodologia d’analisi chiamata Sequential Restoration, ossia basata sul ripristino della deformazione subita dal bacino torbiditico, ha permesso lo studio passo-dopo-passo della storia evolutiva del bacino in oggetto. L’analisi ha, inoltre, permesso la validazione/ri-calibrazione della precedente interpretazione sismica dei profili e di stimare l’erosione subita dalle diverse unità; in tal modo è stato possibile rivalutare i rigetti verticali e orizzontali delle faglie studiate. La ristorazione ha messo in evidenza come la deformazione si sia evoluta e modulata nel tempo (rigetti verticali di 0.2-0.4 mm/a e 0.1-0.05 mm/a rispettivamente per il Pliocene e Pleistocene). Nella fase iniziale (Pliocene inf.) il bacino ha subito una deformazione significativa, con la componente orizzontale che prevaleva su quella verticale. In questa fase, la deformazione era diffusa e suddivisa su più strutture; tra queste, le faglie MESC contribuivano poer circa un terzo della deformazione totale. Questa deformazione è andata diminuendo fino ai giorni nostri; in questa fase le faglie MESC contribuiscono quasi interamente alla deformazione totale del bacino. Questa analisi ha permesso, inoltre, di discriminare due processi deformativi che hanno contribuito alla totale deformazione del bacino; 1) un processo tettonioc (ancora in atto) che guida l’attività delle faglie MESC e 2) una deformazione duttile che ha controllato la deformazione del bacino nelle prime fasi (Pliocene). Quest’ultimo processo sembra trovare conferma analizzando la geometri interna dei riflettori sismici che caratterizzano l’unità attribuita al Pliocene. Analogie tra la geometria dei riflettori sismici dell’unità pliocenica e le osservazioni di modelli analogici in sand-box suggerisce che tale deformazione duttile può essere il risultato di migrazione di sale sottostante al livello Pliocenico (verosimilmente all’interno del Messiniano). In ultima analisi, l’osservazione e la stima volumetrica di depositi di frane sottomarine lungo il settore studiato, potranno contribuire alla valutazione del rischio tsunami e fornire un ulteriore vincolo per associare le faglie oggetto di studio ad eventi sismici, e relativi tsunami, avvenuti in epoca storica (ad esempio gli eventi del 1169 e 1693).
MONACO, Carmelo Giovanni
Università degli studi di Catania
Catania
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNICT-72323