Rosarno è un piccolo comune calabrese della Piana di Gioia Tauro, emerso nelle cronache nazionali ed internazionali in seguito alla rivolta del 2010, la quale ha reso note le degradanti condizioni di vita e di lavoro degli immigrati africani impiegati nelle aziende agricole locali, prevalentemente nella raccolta invernale di agrumi. La deportazione degli immigrati dal territorio calabrese nei giorni successivi alla rivolta ed i controlli effettuati dalle istituzioni preposte e dalle forze dell’ordine presso le aziende agricole della regione, hanno solo temporaneamente sospeso il fenomeno, ma di fatto non lo hanno interrotto definitivamente. Durante l’inverno 2013 sono ancora migliaia gli africani, prevalentemente sub-sahariani, che dimorano in tendopoli d’emergenza allestite da associazioni ed istituzioni, locali e religiose, baraccopoli spontanee e casolari diroccati. Da Novembre a Dicembre si lavora raccogliendo clementine, a nero o in “grigio”, cioè con contratti falsi o con una porzione ridotta di giornate registrate a fini contributivi rispetto a quelle effettivamente lavorate. Gennaio e Febbraio sono i mesi delle arance, ma si lavora meno, molti restano disoccupati e le poche giornate lavorate sono comunque retribuite in nero o in “grigio”. Sono le leggi italiane ed europee sull’immigrazione, che regolando le condizioni di permesso di soggiorno e le procedure di protezione internazionale, formano questo bacino di manodopera flessibile, itinerante e a basso costo. In aggiunta, la recente crisi economica e la crescente disoccupazione spingono anche chi risiede in Italia da molti anni a cercare giornate di lavoro in diversi territori agricoli del paese. La rincorsa delle stagioni di raccolta ortofrutticola coinvolge ciclicamente quei territori che presentano ampi fabbisogni di manodopera, poco specializzata e concentrata stagionalmente. Per comprendere meglio il ruolo dei lavoratori africani sub-sahariani nel tessuto economico e sociale della Piana di Gioia Tauro è necessario osservare le trasformazioni in atto nella struttura produttiva locale e nell’intera filiera commerciale agrumicola. Inoltre lo studio sociologico dei “nuovi braccianti”, che vivono e lavorano attualmente nella Piana di Gioia Tauro, prende le mosse dall’analisi dall’intersezione avvenuta tra due processi sociali, che hanno interessato il territorio e la sua popolazione negli ultimi decenni. Da un lato, l’emigrazione continua della popolazione locale verso territori prevalentemente urbani, italiani o stranieri, e verso settori occupazionali non agricoli, che ha determinato la progressiva contrazione di manodopera bracciantile autoctona. Dall’altro lato, numerosi comuni della Piana di Gioia Tauro vengono attraversati da flussi migratori in entrata già a partire dalla fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. La presenza degl’immigrati, sia stanziali che temporanei, è poi aumentata progressivamente durante tutti gli anni 2000 fino ad oggi. Molti di questi hanno trovato impiego in attività agricole stagionali ed in particolar modo nel sistema produttivo agrumicolo. Alla fine degli anni ’90 numerosi autori italiani e spagnoli hanno analizzato la crisi agrumicola italiana, alla luce di un’approfondita comparazione con l’agrumicoltura spagnola. Poiché la crisi del settore sembra aver investito più recentemente anche l’agrumicoltura spagnola, risulta utile prendere le mosse proprio dall’analisi comparativa dell’organizzazione e dei rapporti interni alle filiere della Piana di Gioia Tauro e della Comunidad Valenciana. Tenteremo, quindi, di mettere in luce quei fattori esplicativi comuni ai due territori, che si sono sviluppati progressivamente, e che oggi risultano fondamentali per la comprensione di due sistemi d’intermediazione del lavoro stagionale, apparentemente differenti, ma sostanzialmente simili in quanto ad effetti sociali e finalità economiche.

Immigrati just in time: raccoglitori stagionali a Rosarno e Valencia.

GARRAPA, ANNA MARY
2015

Abstract

Rosarno è un piccolo comune calabrese della Piana di Gioia Tauro, emerso nelle cronache nazionali ed internazionali in seguito alla rivolta del 2010, la quale ha reso note le degradanti condizioni di vita e di lavoro degli immigrati africani impiegati nelle aziende agricole locali, prevalentemente nella raccolta invernale di agrumi. La deportazione degli immigrati dal territorio calabrese nei giorni successivi alla rivolta ed i controlli effettuati dalle istituzioni preposte e dalle forze dell’ordine presso le aziende agricole della regione, hanno solo temporaneamente sospeso il fenomeno, ma di fatto non lo hanno interrotto definitivamente. Durante l’inverno 2013 sono ancora migliaia gli africani, prevalentemente sub-sahariani, che dimorano in tendopoli d’emergenza allestite da associazioni ed istituzioni, locali e religiose, baraccopoli spontanee e casolari diroccati. Da Novembre a Dicembre si lavora raccogliendo clementine, a nero o in “grigio”, cioè con contratti falsi o con una porzione ridotta di giornate registrate a fini contributivi rispetto a quelle effettivamente lavorate. Gennaio e Febbraio sono i mesi delle arance, ma si lavora meno, molti restano disoccupati e le poche giornate lavorate sono comunque retribuite in nero o in “grigio”. Sono le leggi italiane ed europee sull’immigrazione, che regolando le condizioni di permesso di soggiorno e le procedure di protezione internazionale, formano questo bacino di manodopera flessibile, itinerante e a basso costo. In aggiunta, la recente crisi economica e la crescente disoccupazione spingono anche chi risiede in Italia da molti anni a cercare giornate di lavoro in diversi territori agricoli del paese. La rincorsa delle stagioni di raccolta ortofrutticola coinvolge ciclicamente quei territori che presentano ampi fabbisogni di manodopera, poco specializzata e concentrata stagionalmente. Per comprendere meglio il ruolo dei lavoratori africani sub-sahariani nel tessuto economico e sociale della Piana di Gioia Tauro è necessario osservare le trasformazioni in atto nella struttura produttiva locale e nell’intera filiera commerciale agrumicola. Inoltre lo studio sociologico dei “nuovi braccianti”, che vivono e lavorano attualmente nella Piana di Gioia Tauro, prende le mosse dall’analisi dall’intersezione avvenuta tra due processi sociali, che hanno interessato il territorio e la sua popolazione negli ultimi decenni. Da un lato, l’emigrazione continua della popolazione locale verso territori prevalentemente urbani, italiani o stranieri, e verso settori occupazionali non agricoli, che ha determinato la progressiva contrazione di manodopera bracciantile autoctona. Dall’altro lato, numerosi comuni della Piana di Gioia Tauro vengono attraversati da flussi migratori in entrata già a partire dalla fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. La presenza degl’immigrati, sia stanziali che temporanei, è poi aumentata progressivamente durante tutti gli anni 2000 fino ad oggi. Molti di questi hanno trovato impiego in attività agricole stagionali ed in particolar modo nel sistema produttivo agrumicolo. Alla fine degli anni ’90 numerosi autori italiani e spagnoli hanno analizzato la crisi agrumicola italiana, alla luce di un’approfondita comparazione con l’agrumicoltura spagnola. Poiché la crisi del settore sembra aver investito più recentemente anche l’agrumicoltura spagnola, risulta utile prendere le mosse proprio dall’analisi comparativa dell’organizzazione e dei rapporti interni alle filiere della Piana di Gioia Tauro e della Comunidad Valenciana. Tenteremo, quindi, di mettere in luce quei fattori esplicativi comuni ai due territori, che si sono sviluppati progressivamente, e che oggi risultano fondamentali per la comprensione di due sistemi d’intermediazione del lavoro stagionale, apparentemente differenti, ma sostanzialmente simili in quanto ad effetti sociali e finalità economiche.
17-giu-2015
Italiano
MINGIONE, TERENZIO ROBERTO
Università degli Studi di Milano-Bicocca
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/74109
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIMIB-74109