La materia della sorte del contratto a seguito dell annullamento dell'aggiudicazione, è inscindibilmente connessa alle riflessioni sul rapporto che intercorre tra autorità e consenso. In questa prospettiva, s'inserisce l'intenso dibattito dottrinale sorto all'indomani della legge 241/90 e delle prime direttive in materia di appalti, che mettevano profondamente in discussione il modo tradizionale di pensare alla Pubblica Amministrazione ed al modo di amministrare. Quest'ultimo, il modo di amministrare, è strettamente legato al concetto di amministrazione ed alla sua percezione tra gli operatori giuridici e i cittadini. La normativa dei primi anni novanta, sembra suggerire la costruzione di un rapporto tra Pubblica Amministrazione e destinatari sempre meno fondanti sul binomio autorità-sottomissione e sempre più orientato verso moduli di tipo consensualistico. Il contratto, l'accordo, la convenzione, dietro la loro veste di strumenti di gestione portano con sé un quid pluris, e si rivelano essere indici di un modo diverso d'intendere l'azione della Pubblica Amministrazione. La problematica della sorte del contratto riflette, tuttavia, in particolare la ritrosia e la diffidenza di un sistema prevalentemente fondato sul provvedimento, per sua natura atto autoritativo, ad accedere ad una concezione paritaria del rapporto tra Stato e cittadino. I problemi sulla giurisdizione, sulla pregiudiziale, sui vizi del contratto, sulla specialità della normativa in esame, conducono tutti al medesimo interrogativo: cos'è esattamente un atto autoritativo? È davvero quell'atto con cui l'Amministrazione incide unilateralmente su posizioni soggettive altrui o possono essere considerati autoritativi anche atti che implicano la bilateralità?
I contratti pubblici e l'annullamento dell'aggiudicazione dopo la direttiva ricorsi
STURNIOLO, CRISTINA
2013
Abstract
La materia della sorte del contratto a seguito dell annullamento dell'aggiudicazione, è inscindibilmente connessa alle riflessioni sul rapporto che intercorre tra autorità e consenso. In questa prospettiva, s'inserisce l'intenso dibattito dottrinale sorto all'indomani della legge 241/90 e delle prime direttive in materia di appalti, che mettevano profondamente in discussione il modo tradizionale di pensare alla Pubblica Amministrazione ed al modo di amministrare. Quest'ultimo, il modo di amministrare, è strettamente legato al concetto di amministrazione ed alla sua percezione tra gli operatori giuridici e i cittadini. La normativa dei primi anni novanta, sembra suggerire la costruzione di un rapporto tra Pubblica Amministrazione e destinatari sempre meno fondanti sul binomio autorità-sottomissione e sempre più orientato verso moduli di tipo consensualistico. Il contratto, l'accordo, la convenzione, dietro la loro veste di strumenti di gestione portano con sé un quid pluris, e si rivelano essere indici di un modo diverso d'intendere l'azione della Pubblica Amministrazione. La problematica della sorte del contratto riflette, tuttavia, in particolare la ritrosia e la diffidenza di un sistema prevalentemente fondato sul provvedimento, per sua natura atto autoritativo, ad accedere ad una concezione paritaria del rapporto tra Stato e cittadino. I problemi sulla giurisdizione, sulla pregiudiziale, sui vizi del contratto, sulla specialità della normativa in esame, conducono tutti al medesimo interrogativo: cos'è esattamente un atto autoritativo? È davvero quell'atto con cui l'Amministrazione incide unilateralmente su posizioni soggettive altrui o possono essere considerati autoritativi anche atti che implicano la bilateralità?File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/76442
URN:NBN:IT:UNICT-76442