Il presente progetto di ricerca intende porsi quale analisi ragionata del fenomeno dell’imposizione societaria, ricostruendo i fondamenti storico-economici della corporate taxation nonché sistematizzando le teorie giustificatrici addotte a supporto di siffatto prelievo. Si tratta di punti focali che devono essere opportunamente sviscerati sì da correttamente inquadrare le attuali tendenze dei moderni sistemi tributari, la maggior parte dei quali implementa forme di discriminazione quali-quantitativa dei redditi percepiti da società ed enti assimilati. Il riferimento è alle molteplici forme di diversificazione tributaria adottate a valere sui redditi societari, il cui effetto consiste nel modulare l’onere tributario gravante su redditi monetariamente equiparabili in base a parametri oggettivi (dimensione aziendale) ovvero soggettivi (ambito di operatività dell’impresa ovvero fattori produttivi impiegati). Tali differenziazioni tributarie corporate risultano rispondere ad obiettivi di natura extra-fiscale, taluni socialmente apprezzabili, quali la volontà di favorire lo sviluppo delle piccole e medie imprese, scoraggiare l’accumulo di ingenti ricchezze presso pochi soggetti societari di grandi dimensioni, ovvero dissuadere le imprese dall’utilizzo di strumenti della produzione ad alto contenuto tecnologico in sostituzione della tradizionale manodopera. Tuttavia, il principio di discriminazione qualitativa dei redditi – originariamente accolto nel comparto dell’imposizione personale per riconoscere il diverso e minore valore intrinseco, per il percettore, di redditi di lavoro rispetto ai redditi di capitale – richiede che la diversificazione dell’onere fiscale sia supportata da evidenze circa la differente capacità contributiva manifestata da redditi di pari ammontare. In altri termini, redditi quantitativamente equiparabili possono, in base al citato principio, subire oneri fiscali differenziali qualora manifestino differenti attitudini alla contribuzione: si sono così distinti redditi temporanei dai redditi perpetui, redditi guadagnati da quelli non guadagnati o immeritati, redditi promananti da un intenso sforzo personale ovvero redditi guadagnati con facilità. La trasposizione del principio di discriminazione qualitativa dei redditi dal comparto dell’imposizione personale a quello dell’imposizione societaria è tuttavia avvenuta in assenza di una compiuta riflessione circa la maggiore (o minore, a seconda del tipo di differenziazione considerata) attitudine alla contribuzione di taluni redditi societari. L’aggravio fiscale previsto, a titolo esemplificativo, per le imprese di grandi dimensioni consegue infatti a valutazioni sociali circa l’asserito indebito arricchimento di taluni soggetti a scapito di altri; allo stesso modo, anche le altre tipologie di diversificazione tributaria corporate sfuggono a ragionamenti circa quale differenziale capacità contributiva si intenda colpire e sono orientate da altre motivazioni. Vi è quindi spazio per una ragionata riflessione circa la compatibilità di tali differenziazioni tributarie corporate sia con i principi del diritto tributario (capacità contributiva, uguaglianza, discriminazione qualitativa dei redditi) sia con le teorie dell’imposizione societaria. E solo ove la desiderata diversificazione si manifesti coerente con tali “linee guida” cui sono ispirati i sistemi tributari moderni, allora potrà esserne confermata la legittimità.

LA DISCRIMINAZIONE QUALITATIVA DEI REDDITI NELLE IMPOSTE DIRETTE

SBROIAVACCA, ALESSIA
2020

Abstract

Il presente progetto di ricerca intende porsi quale analisi ragionata del fenomeno dell’imposizione societaria, ricostruendo i fondamenti storico-economici della corporate taxation nonché sistematizzando le teorie giustificatrici addotte a supporto di siffatto prelievo. Si tratta di punti focali che devono essere opportunamente sviscerati sì da correttamente inquadrare le attuali tendenze dei moderni sistemi tributari, la maggior parte dei quali implementa forme di discriminazione quali-quantitativa dei redditi percepiti da società ed enti assimilati. Il riferimento è alle molteplici forme di diversificazione tributaria adottate a valere sui redditi societari, il cui effetto consiste nel modulare l’onere tributario gravante su redditi monetariamente equiparabili in base a parametri oggettivi (dimensione aziendale) ovvero soggettivi (ambito di operatività dell’impresa ovvero fattori produttivi impiegati). Tali differenziazioni tributarie corporate risultano rispondere ad obiettivi di natura extra-fiscale, taluni socialmente apprezzabili, quali la volontà di favorire lo sviluppo delle piccole e medie imprese, scoraggiare l’accumulo di ingenti ricchezze presso pochi soggetti societari di grandi dimensioni, ovvero dissuadere le imprese dall’utilizzo di strumenti della produzione ad alto contenuto tecnologico in sostituzione della tradizionale manodopera. Tuttavia, il principio di discriminazione qualitativa dei redditi – originariamente accolto nel comparto dell’imposizione personale per riconoscere il diverso e minore valore intrinseco, per il percettore, di redditi di lavoro rispetto ai redditi di capitale – richiede che la diversificazione dell’onere fiscale sia supportata da evidenze circa la differente capacità contributiva manifestata da redditi di pari ammontare. In altri termini, redditi quantitativamente equiparabili possono, in base al citato principio, subire oneri fiscali differenziali qualora manifestino differenti attitudini alla contribuzione: si sono così distinti redditi temporanei dai redditi perpetui, redditi guadagnati da quelli non guadagnati o immeritati, redditi promananti da un intenso sforzo personale ovvero redditi guadagnati con facilità. La trasposizione del principio di discriminazione qualitativa dei redditi dal comparto dell’imposizione personale a quello dell’imposizione societaria è tuttavia avvenuta in assenza di una compiuta riflessione circa la maggiore (o minore, a seconda del tipo di differenziazione considerata) attitudine alla contribuzione di taluni redditi societari. L’aggravio fiscale previsto, a titolo esemplificativo, per le imprese di grandi dimensioni consegue infatti a valutazioni sociali circa l’asserito indebito arricchimento di taluni soggetti a scapito di altri; allo stesso modo, anche le altre tipologie di diversificazione tributaria corporate sfuggono a ragionamenti circa quale differenziale capacità contributiva si intenda colpire e sono orientate da altre motivazioni. Vi è quindi spazio per una ragionata riflessione circa la compatibilità di tali differenziazioni tributarie corporate sia con i principi del diritto tributario (capacità contributiva, uguaglianza, discriminazione qualitativa dei redditi) sia con le teorie dell’imposizione societaria. E solo ove la desiderata diversificazione si manifesti coerente con tali “linee guida” cui sono ispirati i sistemi tributari moderni, allora potrà esserne confermata la legittimità.
11-mar-2020
Italiano
DIRITTO TRIBUTARIO; IMPOSTA SU SOCIETA'; DIFFERENZIAZIONE; DISCR. QUALITATIVA; CAPACITA' CONTRIB.
NUSSI, Mario
MONTANARI, Laura
Università degli Studi di Udine
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/89502
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIUD-89502