Starting from the analysis of pactum commissorium and pactum vendendi, that is from the clauses which the contractors could add to fiducia cum creditore and pignus in order to establish a way of creditor’s satisfaction in case of non-fulfilment, the research focuses on some agreements of Severian age, particularly D. 20.1.16.9 (Marc. l.s. ad form. hyp.) for the so called pactum Marcianum, dealing with the pledge’s assignment to the creditor iure empti provided with a preventive evaluation. It might be interpreted as a corrective introduced by Septimius Severus and Antoninus Caracalla to moderate the iniquity cpming from the retentio iure domini and emptio in causam obligationis. In fact, Severian emperors showed interest in preventing creditor’s enrichment in several provisions dated on the IIIth century also before the prohibition of the pactum commissorium. Consequently, Constantine’s provision [CTh. 3.2.1 = C. 8.34(35).3] can be considered as a measure aimed to reaffirm the principles of the pactum Marcianum forbiding not generally each creditor’s satisfaction on the pledged thing but only its assignment to the creditor without a preemptive evaluation. After all, the validity of pledge’s assignment as payment is shown also in other institutes, as for example, in the impetratio dominii and in the interdictum Salvianum. The main important system of Roman tradition, on the other hand, interpreted the prohibition of the pactum commissorium in a general way even if the jurists and the law are reporting the original sense of the pactum Marcianum approving pledge’s assignment to the creditor with a preemptive evaluation.

Partendo dallo studio del patto commissorio e del pactum vendendi e, quindi, dalle clausole che i contraenti potevano aggiungere alla fiducia cum creditore e al pignus per definire, in caso di inadempimento, le modalità di soddisfazione del creditore sul bene vincolato, la ricerca ha analizzato alcune convenzioni riportate in frammenti di età severiana, soffermandosi, in particolare, su D. 20.1.16.9 (Marc. l.s. ad form. hyp.). Quest’ultima fonte, testimoniando l’attribuzione della garanzia al creditore iure empti previa stima del bene, è stata interpretata come un correttivo introdotto dagli imperatori Settimio Severo e Antonino Caracalla per stemperare i caratteri della retentio iure domini, propria del patto commissorio, e dell’emptio in causam obligationis conclusa per un valore corrispondente all’importo della somma mutuata. Già prima della proibizione costantiniana, quindi, i Severi avrebbero mostrato un interesse a riequilibrare la posizione contrattuale delle parti (evidente in numerosi provvedimenti del III secolo) evitando l’ingiustificato arricchimento del creditore e favorendo l’affermarsi di ragioni di giustizia e di equità. Il divieto del patto commissorio [CTh. 3.2.1 = C. 8.34(35).3], in questa prospettiva, è stato, quindi, riletto, anche in considerazione dell’interpretatio visigotica (Brev. CTh. 3.2.1), come un provvedimento caratterizzato da una forte valenza ideologica che, proibendo l’assegnazione della garanzia al creditore senza una preventiva stima, si limitava a riaffermare i principi della politica legislativa severiana. In sostanza, il provvedimento costantiniano avrebbe interessato solo la retentio iure domini e iure empti non accompagnate dalla aestimatio rei, escludendo dal proprio ambito operativo il patto Marciano poiché la ratio del divieto non era quella di evitare la soddisfazione del creditore sulla res, ma solo la sperequazione scaturente dalle convenzioni non accompagnate dalla stima del valore del bene. La legittimità dell’attribuzione della garanzia in pagamento, d’altronde, è testimoniata almeno in due istituti presenti nel Corpus iuris civilis, quali l’impetratio dominii e l’interdictum Salvianum che, diversamente, sarebbero in palese contrasto col divieto di Costantino. Quest’ultimo, che i principali ordinamenti a tradizione romanistica hanno erroneamente interpretato come avente portata generale, è stato negli anni oggetto di interessanti rivisitazioni giurisprudenziali e legislative che hanno progressivamente ammesso l’attribuzione del bene al creditore previa stima del giusto valore, recuperando, quindi, il senso e la funzione del patto Marciano.

Il divieto del patto commmissorio e il patto Marciano nei rapporti assoluti di garanzia

TORO, Oriana
2014

Abstract

Starting from the analysis of pactum commissorium and pactum vendendi, that is from the clauses which the contractors could add to fiducia cum creditore and pignus in order to establish a way of creditor’s satisfaction in case of non-fulfilment, the research focuses on some agreements of Severian age, particularly D. 20.1.16.9 (Marc. l.s. ad form. hyp.) for the so called pactum Marcianum, dealing with the pledge’s assignment to the creditor iure empti provided with a preventive evaluation. It might be interpreted as a corrective introduced by Septimius Severus and Antoninus Caracalla to moderate the iniquity cpming from the retentio iure domini and emptio in causam obligationis. In fact, Severian emperors showed interest in preventing creditor’s enrichment in several provisions dated on the IIIth century also before the prohibition of the pactum commissorium. Consequently, Constantine’s provision [CTh. 3.2.1 = C. 8.34(35).3] can be considered as a measure aimed to reaffirm the principles of the pactum Marcianum forbiding not generally each creditor’s satisfaction on the pledged thing but only its assignment to the creditor without a preemptive evaluation. After all, the validity of pledge’s assignment as payment is shown also in other institutes, as for example, in the impetratio dominii and in the interdictum Salvianum. The main important system of Roman tradition, on the other hand, interpreted the prohibition of the pactum commissorium in a general way even if the jurists and the law are reporting the original sense of the pactum Marcianum approving pledge’s assignment to the creditor with a preemptive evaluation.
21-feb-2014
Italiano
Partendo dallo studio del patto commissorio e del pactum vendendi e, quindi, dalle clausole che i contraenti potevano aggiungere alla fiducia cum creditore e al pignus per definire, in caso di inadempimento, le modalità di soddisfazione del creditore sul bene vincolato, la ricerca ha analizzato alcune convenzioni riportate in frammenti di età severiana, soffermandosi, in particolare, su D. 20.1.16.9 (Marc. l.s. ad form. hyp.). Quest’ultima fonte, testimoniando l’attribuzione della garanzia al creditore iure empti previa stima del bene, è stata interpretata come un correttivo introdotto dagli imperatori Settimio Severo e Antonino Caracalla per stemperare i caratteri della retentio iure domini, propria del patto commissorio, e dell’emptio in causam obligationis conclusa per un valore corrispondente all’importo della somma mutuata. Già prima della proibizione costantiniana, quindi, i Severi avrebbero mostrato un interesse a riequilibrare la posizione contrattuale delle parti (evidente in numerosi provvedimenti del III secolo) evitando l’ingiustificato arricchimento del creditore e favorendo l’affermarsi di ragioni di giustizia e di equità. Il divieto del patto commissorio [CTh. 3.2.1 = C. 8.34(35).3], in questa prospettiva, è stato, quindi, riletto, anche in considerazione dell’interpretatio visigotica (Brev. CTh. 3.2.1), come un provvedimento caratterizzato da una forte valenza ideologica che, proibendo l’assegnazione della garanzia al creditore senza una preventiva stima, si limitava a riaffermare i principi della politica legislativa severiana. In sostanza, il provvedimento costantiniano avrebbe interessato solo la retentio iure domini e iure empti non accompagnate dalla aestimatio rei, escludendo dal proprio ambito operativo il patto Marciano poiché la ratio del divieto non era quella di evitare la soddisfazione del creditore sulla res, ma solo la sperequazione scaturente dalle convenzioni non accompagnate dalla stima del valore del bene. La legittimità dell’attribuzione della garanzia in pagamento, d’altronde, è testimoniata almeno in due istituti presenti nel Corpus iuris civilis, quali l’impetratio dominii e l’interdictum Salvianum che, diversamente, sarebbero in palese contrasto col divieto di Costantino. Quest’ultimo, che i principali ordinamenti a tradizione romanistica hanno erroneamente interpretato come avente portata generale, è stato negli anni oggetto di interessanti rivisitazioni giurisprudenziali e legislative che hanno progressivamente ammesso l’attribuzione del bene al creditore previa stima del giusto valore, recuperando, quindi, il senso e la funzione del patto Marciano.
Università degli Studi di Palermo
Palermo
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPA-104557