La tecnica di array-CGH si è affermata negli ultimi anni come un potente strumento per l’identificazione delle cause molecolari alla base di fenotipi complessi caratterizzati da disabilità intellettive, autismo, epilessia, disordini psichiatrici e anomalie congenite multiple. Negli ultimi 10 anni, infatti, è emerso sempre più chiaramente che l’analisi citogenetica convenzionale non è in grado di rilevare riarrangiamenti inferiori alle 5-10 Mb che possono essere responsabili di tali fenotipi clinici. Questo limite è stato superato dall’array-CGH che ha aumentato del 15-20% la detection rate di sbilanciamenti cromosomici criptici (delezioni o duplicazioni). La possibilità di avere una tecnica di tipo genome wide ad elevata risoluzione ha portato alla proposta, nel 2010, da parte dell’International Standard Cytogenomic Array (ISCA) Consortium, dell’utilizzo di tale tecnica come esame di primo livello in individui con disabilità intellettive e anomalie congenite. Dagli studi effettuati con tecnologia microarray è risultato evidente che esistono regioni cromosomiche in cui sono particolarmente frequenti ricombinazioni aberranti, dovute alla presenza di segmenti con un’elevata omologia di sequenza che causano un alto grado di instabilità genomica. L’utilizzo dell’array-CGH ha inoltre rivelato la presenza nel genoma di un elevato numero di variazioni strutturali, di dimensioni maggiori di 1Kb, chiamate copy number variations (CNVs), le quali, essendo state identificate anche in individui sani, non sempre rappresentano una causa diretta di malattia. Questa difficoltà nell’interpretazione della patogenicità delle CNVs è ancora più rilevante in diagnosi prenatale poiché si traduce in una incertezza in termini prognostici sulla salute del feto. Per questo motivo, nonostante i vantaggi dati dalla tecnica, l’array-CGH in diagnosi prenatale viene, al momento, considerato un test di secondo livello da utilizzare in associazione all’analisi citogenetica convenzionale. In questo studio sono stati valutati, mediante array-CGH, 1051 pazienti che presentano ritardo mentale e/o dello sviluppo, autismo, anomalie congenite multiple e dimorfismi. L’obiettivo principale è stato quello di verificare la presenza di riarrangiamenti cromosomici criptici in modo da dimostrare l’utilità dell’impiego di microarray genomici come esame di primo livello per la caratterizzazione delle cause molecolari alla base del fenotipo patologico degli individui. Sono stati poi ipotizzati i meccanismi di formazione delle anomalie verificando, mediante l’analisi dei breakpoints, la presenza di regioni di omologia che possano aver predisposto al riarrangiamento. Quindi è stato valutato se il meccanismo di formazione e il significato clinico delle CNVs identificate possano essere correlati al pattern di ereditarietà, al tipo o alle dimensioni dello sbilanciamento. I risultati ottenuti mostrano che il 15.8% dei casi analizzati è portatore di una anomalia patologica o VOUS (variant of uncertain significance) verosimilmente patologica, e che queste sono più frequentemente delezioni e CNVs insorte de novo. È stato inoltre evidenziato che sia il significato clinico delle CNVs sia il loro meccanismo di formazione possano essere correlati alle dimensioni degli sbilanciamenti. È stata successivamente analizzata la distribuzione delle CNVs nei diversi cromosomi ed è emerso che in alcuni di essi la densità di anomalie riscontrate è maggiore rispetto agli altri. L’applicazione dell’array-CGH in un elevato numero di pazienti ha permesso, inoltre, di stimarne la sensibilità nell’identificazione di mosaicismi, sebbene abbiano una frequenza inferiore all’1% in individui con disabilità intellettive. È stato osservato che la tecnica è in grado di rilevare anomalie che coinvolgono anche un numero limitato di cellule, fino al 10%. Infine sono stati analizzati alcuni campioni fetali di villi coriali e liquido amniotico per valutare il possibile utilizzo dei microarray genomici in diagnosi prenatale. Il numero esiguo di campioni analizzati non ci ha permesso di trarre delle conclusioni, tuttavia, per le difficoltà che si riscontrano nell’interpretazione del significato clinico delle CNVs, è da ritenere al momento un test di secondo livello da utilizzare in associazione al cariotipo standard.
ARRAY-CGH COME ESAME DI PRIMO LIVELLO NELLA DIAGNOSI MOLECOLARE DI RITARDO MENTALE E ANOMALIE CONGENITE
PINATO, CLAUDIA
2015
Abstract
La tecnica di array-CGH si è affermata negli ultimi anni come un potente strumento per l’identificazione delle cause molecolari alla base di fenotipi complessi caratterizzati da disabilità intellettive, autismo, epilessia, disordini psichiatrici e anomalie congenite multiple. Negli ultimi 10 anni, infatti, è emerso sempre più chiaramente che l’analisi citogenetica convenzionale non è in grado di rilevare riarrangiamenti inferiori alle 5-10 Mb che possono essere responsabili di tali fenotipi clinici. Questo limite è stato superato dall’array-CGH che ha aumentato del 15-20% la detection rate di sbilanciamenti cromosomici criptici (delezioni o duplicazioni). La possibilità di avere una tecnica di tipo genome wide ad elevata risoluzione ha portato alla proposta, nel 2010, da parte dell’International Standard Cytogenomic Array (ISCA) Consortium, dell’utilizzo di tale tecnica come esame di primo livello in individui con disabilità intellettive e anomalie congenite. Dagli studi effettuati con tecnologia microarray è risultato evidente che esistono regioni cromosomiche in cui sono particolarmente frequenti ricombinazioni aberranti, dovute alla presenza di segmenti con un’elevata omologia di sequenza che causano un alto grado di instabilità genomica. L’utilizzo dell’array-CGH ha inoltre rivelato la presenza nel genoma di un elevato numero di variazioni strutturali, di dimensioni maggiori di 1Kb, chiamate copy number variations (CNVs), le quali, essendo state identificate anche in individui sani, non sempre rappresentano una causa diretta di malattia. Questa difficoltà nell’interpretazione della patogenicità delle CNVs è ancora più rilevante in diagnosi prenatale poiché si traduce in una incertezza in termini prognostici sulla salute del feto. Per questo motivo, nonostante i vantaggi dati dalla tecnica, l’array-CGH in diagnosi prenatale viene, al momento, considerato un test di secondo livello da utilizzare in associazione all’analisi citogenetica convenzionale. In questo studio sono stati valutati, mediante array-CGH, 1051 pazienti che presentano ritardo mentale e/o dello sviluppo, autismo, anomalie congenite multiple e dimorfismi. L’obiettivo principale è stato quello di verificare la presenza di riarrangiamenti cromosomici criptici in modo da dimostrare l’utilità dell’impiego di microarray genomici come esame di primo livello per la caratterizzazione delle cause molecolari alla base del fenotipo patologico degli individui. Sono stati poi ipotizzati i meccanismi di formazione delle anomalie verificando, mediante l’analisi dei breakpoints, la presenza di regioni di omologia che possano aver predisposto al riarrangiamento. Quindi è stato valutato se il meccanismo di formazione e il significato clinico delle CNVs identificate possano essere correlati al pattern di ereditarietà, al tipo o alle dimensioni dello sbilanciamento. I risultati ottenuti mostrano che il 15.8% dei casi analizzati è portatore di una anomalia patologica o VOUS (variant of uncertain significance) verosimilmente patologica, e che queste sono più frequentemente delezioni e CNVs insorte de novo. È stato inoltre evidenziato che sia il significato clinico delle CNVs sia il loro meccanismo di formazione possano essere correlati alle dimensioni degli sbilanciamenti. È stata successivamente analizzata la distribuzione delle CNVs nei diversi cromosomi ed è emerso che in alcuni di essi la densità di anomalie riscontrate è maggiore rispetto agli altri. L’applicazione dell’array-CGH in un elevato numero di pazienti ha permesso, inoltre, di stimarne la sensibilità nell’identificazione di mosaicismi, sebbene abbiano una frequenza inferiore all’1% in individui con disabilità intellettive. È stato osservato che la tecnica è in grado di rilevare anomalie che coinvolgono anche un numero limitato di cellule, fino al 10%. Infine sono stati analizzati alcuni campioni fetali di villi coriali e liquido amniotico per valutare il possibile utilizzo dei microarray genomici in diagnosi prenatale. Il numero esiguo di campioni analizzati non ci ha permesso di trarre delle conclusioni, tuttavia, per le difficoltà che si riscontrano nell’interpretazione del significato clinico delle CNVs, è da ritenere al momento un test di secondo livello da utilizzare in associazione al cariotipo standard.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/105226
URN:NBN:IT:UNIPD-105226