Il lavoro prende inizialmente in esame l’Epistolario della cattedrale di Padova scritto nel 1259 dal sacerdote e calligrafo Giovanni da Gaibana e miniato da un anonimo artista che si usa pertanto chiamare Maestro del Gaibana. Dopo una breve introduzione alle problematiche sottese al manoscritto e alle altre opere che ad esso sono legate da un comune linguaggio formale, un approfondimento storiografico ripercorre le vie di approccio alla materia praticate dalla critica a partire dal secolo XIX. Da tale quadro emerge la complessità delle questioni ancora aperte, riguardanati la formazione del linguaggio pittorico dell’Epistolario e la sua diffusione e persistenza in Veneto e in area salisburghese. Già nel 1911, infatti, Paul Buberl aveva accostato all’Epistolario di Padova un ‘Messale’ del monastero di Admont, in Stiria, che divenne il primo elemento di un corpus attribuito a miniatori veneti trasferitisi in area oltralpina, forse nel 1265, al seguito del nobile prelato Ladislao di Breslavia, secondo quanto proposto da Ingrid Hänsel (1952). Per quanto attiene all’origine del linguaggio ‘gaibanesco’, è emerso il profondo radicamento dell’artista nella cultura libraria veneziana, intuito per la prima volta da Bettini (1968), in anni in cui le conoscenze sulla miniatura duecentesca di quest’area erano ancora limitate. Si è potuto rilevare un profondo legame dell’artista con il più anziano Maestro dell’Antifonario di San Marco (Canova 1981), ma anche con le scelte formali attuate nel cantiere musivo della basilica marciana. Il linguaggio del miniatore appare attraversato da accenti fortemente grecizzanti che si amalgamano con il substrato veneziano e con infiltrazioni di gusto germanico. Del bizantinismo di questo maestro si indagano le possibili origini, verificando strade già percorse dalla critica e intraprendendone di nuove. Considerevole risulta soprattutto l’apporto balcanico, di cui si precisa il ruolo specifico nella formazione del linguaggio ‘gaibanesco’, mentre più generici si rivelano i rimandi diretti alla cultura costantinopolitana. Si rileva quindi la possibilità, già adombrata dalla critica, della ricezione di qualche tratto della coeva cultura ‘veneto-crociata’, aperta contemporaneamente a contatti con l’arte bizantina e con quella gotica. Non trova invece conferma l’idea, avanzata da alcuni in passato (Grape 1973), di una derivazione pressoché totale del linguaggio ‘gaibanesco’ dalla produzione miniata del Regno Armeno di Cilicia, per la quale non si escludono tuttavia contatti con l’area veneta, specie nei decenni successivi alla realizzazione dell’Epistolario di Padova. In alcuni affreschi di ambito cretese si riconoscono invece le tracce di una possibile fonte ispiratrice del maestro, o più probabilmente di un frutto successivo al codice padovano, originatosi nell’ambito della stessa cultura veneziana, influenzata dal substrato locale e da inflessioni ‘crociate’. Lo studio della diffusione del linguaggio ‘gaibanesco’ ha preso le mosse da una revisione del corpus sino ad oggi raccolto, costituito esclusivamente di opere realizzate a nord delle Alpi, ad eccezione dell’Epistolario. Interessante risulta in particolare la costituzione di un nucleo di codici sino ad oggi sconosciuti o poco studiati in tal senso, ornati dal maestro e dal suo atelier in area veneta, prima del trasferimento a nord delle Alpi. La teoria di Ingrid Hänsel (1952), secondo cui alcuni artisti ‘gaibaneschi’ avrebbero seguito nel 1265 Ladislao di Breslavia, allora presente a Padova e nominato in quell’anno arcivescovo di Salisburgo, è stata recentemente messa in dubbio da alcuni studiosi che hanno datato alcune opere del corpus ai primi anni sessanta. L’approfondita analisi di molte fonti documentarie consente invece di confermare e precisare le circostanze della presenza a Padova di Ladislao. Una ricostruzione delle vicende familiari del prelato e dei suoi interessi a Salisburgo e a Breslavia porta a ritenere verosimile o molto probabile il suo ruolo di committente nei confronti dell’atelier ‘gaibanesco’ e a precisare le circostanze di realizzazione e la cronologia del celebre Salterio Thompson del Fitzwilliam Museum di Cambridge (ms. 36/1950), tratteggiando anche la personalità artistica dei miniatori in esso attivi. Lo studio si estende quindi ad altri lavori, non solo su pergamena, con proposte di datazione su base stilistica e documentaria, e con una particolare attenzione alle diverse figure di miniatori che parteciparono alla loro ornamentazione. Numerose opere di area veneta o germanica sembrano inoltre aver risentito della diffusione di questo linguaggio fra il settimo e il nono decennio del secolo, mostrandone così la considerevole persistenza. Alla luce di quanto sin qui emerso si può dunque formulare un giudizio assai più completo di quanto in passato possibile sul ruolo rivestito dal Maestro del Gaibana non solo nell’arte veneziana del minio, ma nella produzione più generalmente ‘pittorica’ di un’ampia zona che insiste sul Veneto, sul bacino adriatico e sulla Mitteleuropa, e che ebbe significativi contatti con l’oriente mediterraneo.
Il linguaggio del Maestro del Gaibana: formazione e diffusione nel XIII secolo
BOSSETTO, FABIO LUCA
2010
Abstract
Il lavoro prende inizialmente in esame l’Epistolario della cattedrale di Padova scritto nel 1259 dal sacerdote e calligrafo Giovanni da Gaibana e miniato da un anonimo artista che si usa pertanto chiamare Maestro del Gaibana. Dopo una breve introduzione alle problematiche sottese al manoscritto e alle altre opere che ad esso sono legate da un comune linguaggio formale, un approfondimento storiografico ripercorre le vie di approccio alla materia praticate dalla critica a partire dal secolo XIX. Da tale quadro emerge la complessità delle questioni ancora aperte, riguardanati la formazione del linguaggio pittorico dell’Epistolario e la sua diffusione e persistenza in Veneto e in area salisburghese. Già nel 1911, infatti, Paul Buberl aveva accostato all’Epistolario di Padova un ‘Messale’ del monastero di Admont, in Stiria, che divenne il primo elemento di un corpus attribuito a miniatori veneti trasferitisi in area oltralpina, forse nel 1265, al seguito del nobile prelato Ladislao di Breslavia, secondo quanto proposto da Ingrid Hänsel (1952). Per quanto attiene all’origine del linguaggio ‘gaibanesco’, è emerso il profondo radicamento dell’artista nella cultura libraria veneziana, intuito per la prima volta da Bettini (1968), in anni in cui le conoscenze sulla miniatura duecentesca di quest’area erano ancora limitate. Si è potuto rilevare un profondo legame dell’artista con il più anziano Maestro dell’Antifonario di San Marco (Canova 1981), ma anche con le scelte formali attuate nel cantiere musivo della basilica marciana. Il linguaggio del miniatore appare attraversato da accenti fortemente grecizzanti che si amalgamano con il substrato veneziano e con infiltrazioni di gusto germanico. Del bizantinismo di questo maestro si indagano le possibili origini, verificando strade già percorse dalla critica e intraprendendone di nuove. Considerevole risulta soprattutto l’apporto balcanico, di cui si precisa il ruolo specifico nella formazione del linguaggio ‘gaibanesco’, mentre più generici si rivelano i rimandi diretti alla cultura costantinopolitana. Si rileva quindi la possibilità, già adombrata dalla critica, della ricezione di qualche tratto della coeva cultura ‘veneto-crociata’, aperta contemporaneamente a contatti con l’arte bizantina e con quella gotica. Non trova invece conferma l’idea, avanzata da alcuni in passato (Grape 1973), di una derivazione pressoché totale del linguaggio ‘gaibanesco’ dalla produzione miniata del Regno Armeno di Cilicia, per la quale non si escludono tuttavia contatti con l’area veneta, specie nei decenni successivi alla realizzazione dell’Epistolario di Padova. In alcuni affreschi di ambito cretese si riconoscono invece le tracce di una possibile fonte ispiratrice del maestro, o più probabilmente di un frutto successivo al codice padovano, originatosi nell’ambito della stessa cultura veneziana, influenzata dal substrato locale e da inflessioni ‘crociate’. Lo studio della diffusione del linguaggio ‘gaibanesco’ ha preso le mosse da una revisione del corpus sino ad oggi raccolto, costituito esclusivamente di opere realizzate a nord delle Alpi, ad eccezione dell’Epistolario. Interessante risulta in particolare la costituzione di un nucleo di codici sino ad oggi sconosciuti o poco studiati in tal senso, ornati dal maestro e dal suo atelier in area veneta, prima del trasferimento a nord delle Alpi. La teoria di Ingrid Hänsel (1952), secondo cui alcuni artisti ‘gaibaneschi’ avrebbero seguito nel 1265 Ladislao di Breslavia, allora presente a Padova e nominato in quell’anno arcivescovo di Salisburgo, è stata recentemente messa in dubbio da alcuni studiosi che hanno datato alcune opere del corpus ai primi anni sessanta. L’approfondita analisi di molte fonti documentarie consente invece di confermare e precisare le circostanze della presenza a Padova di Ladislao. Una ricostruzione delle vicende familiari del prelato e dei suoi interessi a Salisburgo e a Breslavia porta a ritenere verosimile o molto probabile il suo ruolo di committente nei confronti dell’atelier ‘gaibanesco’ e a precisare le circostanze di realizzazione e la cronologia del celebre Salterio Thompson del Fitzwilliam Museum di Cambridge (ms. 36/1950), tratteggiando anche la personalità artistica dei miniatori in esso attivi. Lo studio si estende quindi ad altri lavori, non solo su pergamena, con proposte di datazione su base stilistica e documentaria, e con una particolare attenzione alle diverse figure di miniatori che parteciparono alla loro ornamentazione. Numerose opere di area veneta o germanica sembrano inoltre aver risentito della diffusione di questo linguaggio fra il settimo e il nono decennio del secolo, mostrandone così la considerevole persistenza. Alla luce di quanto sin qui emerso si può dunque formulare un giudizio assai più completo di quanto in passato possibile sul ruolo rivestito dal Maestro del Gaibana non solo nell’arte veneziana del minio, ma nella produzione più generalmente ‘pittorica’ di un’ampia zona che insiste sul Veneto, sul bacino adriatico e sulla Mitteleuropa, e che ebbe significativi contatti con l’oriente mediterraneo.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/105257
URN:NBN:IT:UNIPD-105257