Le malattie da prioni, dette anche encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE), comprendono un gruppo di malattie neurodegenerative che colpiscono l’uomo e altre specie di mammiferi. Tutte queste patologie hanno la caratteristica comune di presentare lunghi periodi di incubazione seguiti da una patologia cronica a carico del sistema nervoso che ha sempre esito fatale. A tutt’oggi, la teoria più accreditata per spiegare le TSE è la “Protein Only Hypothesis” [1], secondo la quale l’agente responsabile di queste malattie è una proteina in grado di replicarsi autonomamente, il prione (PrPSc). Il prione rappresenterebbe un’isoforma patologica di una proteina normalmente presente nelle cellule, la proteina prionica (PrPC), e che risulta particolarmente concentrata a livello delle cellule nervose. Nell’uomo, le malattie da prioni sono presenti in tre forme: i) infettiva, dovuta al meccanismo di conversione della proteina prionica nella sua isoforma patologica mediata dalla presenza di PrPSc, come nel caso del kuru e della variante della malattia di Creuzfeldt-Jacobs (vCJD); ii) sporadica, in seguito al cambiamento spontaneo della forma normale in PrPSc con un meccanismo non ancora noto, come, ad esempio nel caso della CJD, e infine una forma iii) ereditaria, trasmessa come carattere autosomico dominante associato a mutazioni a carico del gene PRNP codificante la proteina prionica. E’ questo il caso di malattie quali l’insonnia familiare fatale (IFF), la malattia di Gerstmann-Straussler-Scheinker (GSS) e la forma familiare della CJD (fCJD). La straordinaria conservazione strutturale e funzionale dei geni in organismi diversi ha permesso di utilizzare modelli animali, dal lievito ai primati, per accrescere la nostra conoscenza della biologia dell’uomo. Per poter contribuire al chiarimento della biologia dei prioni, del meccanismo patogenetico e del ruolo svolto dalle diverse mutazioni, abbiamo analizzato la possibilità di impiegare come organismo modello Drosophila melanogaster, già ampiamente utilizzata con successo per lo studio di altre malattie neurodegenerative umane. Gli invertebrati, a differenza dei mammiferi, risultano particolarmente utili nello studio di geni la cui funzione è sconosciuta in quanto permettono di applicare l’analisi genetica in modo sistematico. La scelta del modello Drosophila si basa sul fatto che questo organismo presenta, tra gli invertebrati, la massima omologia con il genoma umano, un sistema nervoso particolarmente evoluto e un tempo di generazione breve. Inoltre, data l’ampia varietà di tecniche molecolari applicabili, permette un’analisi sistematica offrendo la possiblità di chiarire la funzione di geni in modo relativamente rapido ed efficiente rispetto ad altri modelli animali. Ci siamo quindi proposti da un lato di creare un modello animale per lo studio della funzione della PrP umana normale e mutata che permetta di approfondire i processi neurodegenerativi alla base delle TSE, e dall’altro di utilizzare il moscerino della frutta per effettuare un rapido screening genetico di alcune tra le mutazioni note, in modo da poter determinare quelle che svolgono un ruolo importante nella patogenesi di queste malattie. Tra tutte le mutazioni finora identificate ne sono state scelte tre perchè rappresentative delle tre forme di TSE ereditarie nell’uomo: P102L, associata alla GSS, D178N/129M, associata alla IFF, D178N/129V e E200K associate alla fCJD. Mediante microiniezione degli embrioni di Drosophila, sono state ottenute diverse linee di moscerini transgenici per costrutti codificanti la proteina prionica umana (H-PrP) wild type oppure recante le mutazioni indicate. Avvalendosi del sistema di espressione binario UAS/GAL4, sono stati allestiti gli incroci per promuovere l’espressione tessuto-specifica dei diversi transgeni, in particolare a livello ubiquitario, dell’intero sistema nervoso e nei motoneuroni. E’ stato così possibile osservare che l’espressione delle diverse forme di H-PrP non interferisce con le fasi dello sviluppo del moscerino mentre nell’adulto causa un’alterazione del fenotipo comportamentale che si aggrava progressivamente in relazione all’età degli individui. Con il trascorrere dei giorni, i moscerini esprimenti H-PrP manifestano una progressiva perdita del controllo dei movimenti delle zampe, tremori e perdita dell’equilibrio, ai quali si accompagna una sempre più evidente lentezza dei movimenti, fino alla pressoché totale immobilità e alla morte precoce. I fenotipi motori sono stati analizzati utilizzando specifici test comportamentali. Inoltre, per valutare se i fenotipi patologici osservati fossero imputabili, a livello cerebrale, alla comparsa di vacuolizzazione/spongiosi e/o all’accumulo di PrPSc, sono state osservate le sezioni istologiche ottenute dall’inclusione delle sole teste di moscerini, collezionate a tempi di invecchiamento diversi, in modo da monitorare l’eventuale comparsa di fenomeni degenerativi in dipendenza dell’età degli individui. Nel loro complesso, i risultati ottenuti sembrano indicare che Drosophila melanogaster possa rappresentare un valido modello animale da utilizzare nello studio delle malattie da prioni ereditarie. In particolare, la progressione temporale dei sintomi e il tipo di sintomatologia osservata sembrano riprodurre l’evoluzione delle TSE nei mammiferi, supportando così la validità del modello animale qui proposto. Mentre le conoscenze dei processi che operano nell’uomo potranno essere chiariti solamente studiando l’uomo stesso, gli studi condotti su Drosophila permettono di approfondire quali mutazioni sono coinvolte e come la loro espressione possa portare allo sviluppo della malattia.
Drosophila melanogaster come modello per lo studio delle encefalopatie spongiformi trasmissibili umane di tipo ereditario
SARTORI, ELENA
2009
Abstract
Le malattie da prioni, dette anche encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE), comprendono un gruppo di malattie neurodegenerative che colpiscono l’uomo e altre specie di mammiferi. Tutte queste patologie hanno la caratteristica comune di presentare lunghi periodi di incubazione seguiti da una patologia cronica a carico del sistema nervoso che ha sempre esito fatale. A tutt’oggi, la teoria più accreditata per spiegare le TSE è la “Protein Only Hypothesis” [1], secondo la quale l’agente responsabile di queste malattie è una proteina in grado di replicarsi autonomamente, il prione (PrPSc). Il prione rappresenterebbe un’isoforma patologica di una proteina normalmente presente nelle cellule, la proteina prionica (PrPC), e che risulta particolarmente concentrata a livello delle cellule nervose. Nell’uomo, le malattie da prioni sono presenti in tre forme: i) infettiva, dovuta al meccanismo di conversione della proteina prionica nella sua isoforma patologica mediata dalla presenza di PrPSc, come nel caso del kuru e della variante della malattia di Creuzfeldt-Jacobs (vCJD); ii) sporadica, in seguito al cambiamento spontaneo della forma normale in PrPSc con un meccanismo non ancora noto, come, ad esempio nel caso della CJD, e infine una forma iii) ereditaria, trasmessa come carattere autosomico dominante associato a mutazioni a carico del gene PRNP codificante la proteina prionica. E’ questo il caso di malattie quali l’insonnia familiare fatale (IFF), la malattia di Gerstmann-Straussler-Scheinker (GSS) e la forma familiare della CJD (fCJD). La straordinaria conservazione strutturale e funzionale dei geni in organismi diversi ha permesso di utilizzare modelli animali, dal lievito ai primati, per accrescere la nostra conoscenza della biologia dell’uomo. Per poter contribuire al chiarimento della biologia dei prioni, del meccanismo patogenetico e del ruolo svolto dalle diverse mutazioni, abbiamo analizzato la possibilità di impiegare come organismo modello Drosophila melanogaster, già ampiamente utilizzata con successo per lo studio di altre malattie neurodegenerative umane. Gli invertebrati, a differenza dei mammiferi, risultano particolarmente utili nello studio di geni la cui funzione è sconosciuta in quanto permettono di applicare l’analisi genetica in modo sistematico. La scelta del modello Drosophila si basa sul fatto che questo organismo presenta, tra gli invertebrati, la massima omologia con il genoma umano, un sistema nervoso particolarmente evoluto e un tempo di generazione breve. Inoltre, data l’ampia varietà di tecniche molecolari applicabili, permette un’analisi sistematica offrendo la possiblità di chiarire la funzione di geni in modo relativamente rapido ed efficiente rispetto ad altri modelli animali. Ci siamo quindi proposti da un lato di creare un modello animale per lo studio della funzione della PrP umana normale e mutata che permetta di approfondire i processi neurodegenerativi alla base delle TSE, e dall’altro di utilizzare il moscerino della frutta per effettuare un rapido screening genetico di alcune tra le mutazioni note, in modo da poter determinare quelle che svolgono un ruolo importante nella patogenesi di queste malattie. Tra tutte le mutazioni finora identificate ne sono state scelte tre perchè rappresentative delle tre forme di TSE ereditarie nell’uomo: P102L, associata alla GSS, D178N/129M, associata alla IFF, D178N/129V e E200K associate alla fCJD. Mediante microiniezione degli embrioni di Drosophila, sono state ottenute diverse linee di moscerini transgenici per costrutti codificanti la proteina prionica umana (H-PrP) wild type oppure recante le mutazioni indicate. Avvalendosi del sistema di espressione binario UAS/GAL4, sono stati allestiti gli incroci per promuovere l’espressione tessuto-specifica dei diversi transgeni, in particolare a livello ubiquitario, dell’intero sistema nervoso e nei motoneuroni. E’ stato così possibile osservare che l’espressione delle diverse forme di H-PrP non interferisce con le fasi dello sviluppo del moscerino mentre nell’adulto causa un’alterazione del fenotipo comportamentale che si aggrava progressivamente in relazione all’età degli individui. Con il trascorrere dei giorni, i moscerini esprimenti H-PrP manifestano una progressiva perdita del controllo dei movimenti delle zampe, tremori e perdita dell’equilibrio, ai quali si accompagna una sempre più evidente lentezza dei movimenti, fino alla pressoché totale immobilità e alla morte precoce. I fenotipi motori sono stati analizzati utilizzando specifici test comportamentali. Inoltre, per valutare se i fenotipi patologici osservati fossero imputabili, a livello cerebrale, alla comparsa di vacuolizzazione/spongiosi e/o all’accumulo di PrPSc, sono state osservate le sezioni istologiche ottenute dall’inclusione delle sole teste di moscerini, collezionate a tempi di invecchiamento diversi, in modo da monitorare l’eventuale comparsa di fenomeni degenerativi in dipendenza dell’età degli individui. Nel loro complesso, i risultati ottenuti sembrano indicare che Drosophila melanogaster possa rappresentare un valido modello animale da utilizzare nello studio delle malattie da prioni ereditarie. In particolare, la progressione temporale dei sintomi e il tipo di sintomatologia osservata sembrano riprodurre l’evoluzione delle TSE nei mammiferi, supportando così la validità del modello animale qui proposto. Mentre le conoscenze dei processi che operano nell’uomo potranno essere chiariti solamente studiando l’uomo stesso, gli studi condotti su Drosophila permettono di approfondire quali mutazioni sono coinvolte e come la loro espressione possa portare allo sviluppo della malattia.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/105988
URN:NBN:IT:UNIPD-105988