Il presente lavoro di ricerca è dedicato alla rappresentazione della città di Parigi nelle pellicole della Nouvelle Vague e, più ampiamente, nel cinema francese di quel periodo. Dopo una breve introduzione di carattere metodologico, la tesi è suddivisa in due parti. La prima tenta di rispondere a due diverse esigenze. Da un lato, quella di definire dei tratti comuni nella composizione dello spazio urbano all’interno del cinema della Nouvelle Vague propriamente detto. Pur non rinnegando le profonde differenze tra le singole opere o i mondi poetici dei diversi cineasti, sui quali esiste un già vasto panorama bibliografico di monografie, si privilegia l’individuazione di temi e forme ricorrenti allo scopo di tratteggiare un quadro d’insieme. Per comodità, le osservazioni sono state ripartite individuando alcune macro-caratteristiche nella configurazione di Parigi comuni a più pellicole: si puntualizzano di volta in volta le strategie di carattere iconografico, narrativo o stilistico che concorrono a produrre determinati effetti nella visione complessiva della città. Emerge una Parigi riconoscibile e dall’identità definita, preferibilmente attraversata in movimento, una città descritta «alla prima persona singolare» (Geneviève Sellier) e con l’ambizione di attingere a forme di «autenticità» (Almut Steinlein). Dall’altro lato, si è cercato di verificare la propagazione di temi e forme nella rappresentazione della città in opere di esordienti all’epoca associati da fonti diverse alla «Nouvelle Vague», questa volta interpretata quale magmatico contenitore dai confini incerti, destinato ad accogliere le prime prove registiche di quasi duecento cineasti. Tale lavoro è il prodotto di un’ampia ricognizione filmografica condotta presso archivi e biblioteche di Parigi al fine di far emergere un panorama sommerso di film che non raggiungono certo i risultati estetici dei capolavori riconosciuti, ma testimoniano l’esistenza di una sorta di “aria del tempo”, di un certo sguardo sulla città attento da un lato a coglierne la verità documentaria, dall’altro a esprimere un rapporto profondamente soggettivo e personale con lo spazio urbano. La seconda parte della tesi, la più ampia e che presenta i maggiori contributi originali, è consacrata a un aspetto finora trascurato dagli studi sulla Nouvelle Vague, ad eccezione delle letture specifiche di Due o tre cose che so di lei (1967) di Jean-Luc Godard: il mutamento nello sguardo cinematografico sulla capitale indotto dalle profonde alterazioni urbanistiche che Parigi subì negli anni Cinquanta e Sessanta, non inferiori per estensione all’intervento haussmanniano. Nel primo capitolo, dopo aver descritto l’entità e l’ubicazione dei cambiamenti sul suolo parigino in un excursus introduttivo, si delineano alcuni tratti di questo nuovo sguardo sullo spazio urbano. Si evidenziano ad esempio il superamento della dimensione di “quartiere” - che caratterizzava numerose pellicole di ambientazione parigina – in favore di quella metropolitana; il prodursi di forme diverse di «sfocatura» (Pierre Sorlin) dell’immagine della città; l’inclusione in configurazioni nuove del volto della periferia. Un altro aspetto che origina una differente visione di Parigi viene tra l’altro individuato, sulla scia degli studi di Jean-Pierre Esquenazi su Godard, nell’emergere delle prime voci critiche verso la cosiddetta «società dei consumi»: la composizione filmica della città risponde in alcuni casi ad una volontà rappresentativa tesa a cogliere con sguardo da entomologo le metamorfosi degli stili di vita. Tale trasformazione si ripercuote sul piano iconografico, stilistico e narrativo secondo precise modalità. Nel secondo e nel terzo capitolo si indaga sulla presenza nel cinema dell’epoca di due luoghi emblematici degli interventi urbanistici, analizzando nel dettaglio alcune pellicole in cui essi rivestono un ruolo significativo. Il primo è il cantiere, che al di là di fugaci apparizioni assume in alcuni film un’importante valenza simbolica legata alla dimensione temporale, figura paradigmatica di una interrogazione sulla perdita di protocolli stabili di lettura della realtà e al contempo portatrice di ansie e incertezze sul futuro. Il secondo è costituito da grands ensembles, complessi di edifici residenziali: la loro rappresentazione viene messa a confronto con diverse istanze comunicative (televisione, documentari istituzionali, saggistica e inchieste di impronta sociologica) e espressive (in particolare, la letteratura) al fine di penetrare con maggiore consapevolezza l’emblema che disegna in modo più evidente dei mutamenti nel tessuto urbano di quegli anni. Nel quarto e ultimo capitolo si cerca di ricostruire un dibattito teorico che stabilisce un legame a doppio filo tra modifiche urbanistiche e affermazione della «società dei consumi», con un ampliamento in direzione della «società dello spettacolo» situazionista. Vi trova spazio l’analisi di alcune pellicole di Chris Marker e Jean-Luc Godard, ma anche una necessaria incursione in territori limitrofi, in particolare nel cinema di Guy Debord e in quello di Jacques Tati.
Paris vu par... Lo sguardo sulla città in mutamento negli anni della Nouvelle Vague
LAVARONE, GIULIA
2010
Abstract
Il presente lavoro di ricerca è dedicato alla rappresentazione della città di Parigi nelle pellicole della Nouvelle Vague e, più ampiamente, nel cinema francese di quel periodo. Dopo una breve introduzione di carattere metodologico, la tesi è suddivisa in due parti. La prima tenta di rispondere a due diverse esigenze. Da un lato, quella di definire dei tratti comuni nella composizione dello spazio urbano all’interno del cinema della Nouvelle Vague propriamente detto. Pur non rinnegando le profonde differenze tra le singole opere o i mondi poetici dei diversi cineasti, sui quali esiste un già vasto panorama bibliografico di monografie, si privilegia l’individuazione di temi e forme ricorrenti allo scopo di tratteggiare un quadro d’insieme. Per comodità, le osservazioni sono state ripartite individuando alcune macro-caratteristiche nella configurazione di Parigi comuni a più pellicole: si puntualizzano di volta in volta le strategie di carattere iconografico, narrativo o stilistico che concorrono a produrre determinati effetti nella visione complessiva della città. Emerge una Parigi riconoscibile e dall’identità definita, preferibilmente attraversata in movimento, una città descritta «alla prima persona singolare» (Geneviève Sellier) e con l’ambizione di attingere a forme di «autenticità» (Almut Steinlein). Dall’altro lato, si è cercato di verificare la propagazione di temi e forme nella rappresentazione della città in opere di esordienti all’epoca associati da fonti diverse alla «Nouvelle Vague», questa volta interpretata quale magmatico contenitore dai confini incerti, destinato ad accogliere le prime prove registiche di quasi duecento cineasti. Tale lavoro è il prodotto di un’ampia ricognizione filmografica condotta presso archivi e biblioteche di Parigi al fine di far emergere un panorama sommerso di film che non raggiungono certo i risultati estetici dei capolavori riconosciuti, ma testimoniano l’esistenza di una sorta di “aria del tempo”, di un certo sguardo sulla città attento da un lato a coglierne la verità documentaria, dall’altro a esprimere un rapporto profondamente soggettivo e personale con lo spazio urbano. La seconda parte della tesi, la più ampia e che presenta i maggiori contributi originali, è consacrata a un aspetto finora trascurato dagli studi sulla Nouvelle Vague, ad eccezione delle letture specifiche di Due o tre cose che so di lei (1967) di Jean-Luc Godard: il mutamento nello sguardo cinematografico sulla capitale indotto dalle profonde alterazioni urbanistiche che Parigi subì negli anni Cinquanta e Sessanta, non inferiori per estensione all’intervento haussmanniano. Nel primo capitolo, dopo aver descritto l’entità e l’ubicazione dei cambiamenti sul suolo parigino in un excursus introduttivo, si delineano alcuni tratti di questo nuovo sguardo sullo spazio urbano. Si evidenziano ad esempio il superamento della dimensione di “quartiere” - che caratterizzava numerose pellicole di ambientazione parigina – in favore di quella metropolitana; il prodursi di forme diverse di «sfocatura» (Pierre Sorlin) dell’immagine della città; l’inclusione in configurazioni nuove del volto della periferia. Un altro aspetto che origina una differente visione di Parigi viene tra l’altro individuato, sulla scia degli studi di Jean-Pierre Esquenazi su Godard, nell’emergere delle prime voci critiche verso la cosiddetta «società dei consumi»: la composizione filmica della città risponde in alcuni casi ad una volontà rappresentativa tesa a cogliere con sguardo da entomologo le metamorfosi degli stili di vita. Tale trasformazione si ripercuote sul piano iconografico, stilistico e narrativo secondo precise modalità. Nel secondo e nel terzo capitolo si indaga sulla presenza nel cinema dell’epoca di due luoghi emblematici degli interventi urbanistici, analizzando nel dettaglio alcune pellicole in cui essi rivestono un ruolo significativo. Il primo è il cantiere, che al di là di fugaci apparizioni assume in alcuni film un’importante valenza simbolica legata alla dimensione temporale, figura paradigmatica di una interrogazione sulla perdita di protocolli stabili di lettura della realtà e al contempo portatrice di ansie e incertezze sul futuro. Il secondo è costituito da grands ensembles, complessi di edifici residenziali: la loro rappresentazione viene messa a confronto con diverse istanze comunicative (televisione, documentari istituzionali, saggistica e inchieste di impronta sociologica) e espressive (in particolare, la letteratura) al fine di penetrare con maggiore consapevolezza l’emblema che disegna in modo più evidente dei mutamenti nel tessuto urbano di quegli anni. Nel quarto e ultimo capitolo si cerca di ricostruire un dibattito teorico che stabilisce un legame a doppio filo tra modifiche urbanistiche e affermazione della «società dei consumi», con un ampliamento in direzione della «società dello spettacolo» situazionista. Vi trova spazio l’analisi di alcune pellicole di Chris Marker e Jean-Luc Godard, ma anche una necessaria incursione in territori limitrofi, in particolare nel cinema di Guy Debord e in quello di Jacques Tati.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
TesiLavarone.pdf
accesso aperto
Dimensione
2.8 MB
Formato
Adobe PDF
|
2.8 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/106353
URN:NBN:IT:UNIPD-106353