La nostra esperienza fisica è radicata nello spazio che ci circonda, i nostri vissuti passano attraverso la fisicità dei nostri corpi che si muovono lungo coordinate spaziali. Spesso le nostre esperienze sono espresse attraverso comunicazioni in cui il supporto visivo fa uso dello spazio in modo convenzionale per semplificare il contenuto di un messaggio. Lo spazio è dunque un aspetto pervasivo della nostra esistenza, non solo dal punto di vista fisico ma anche da quello cognitivo, dal momento che viene utilizzato nella rappresentazione di concetti astratti attraverso schemi mentali in cui le conoscenze vengono organizzate in connessione con esperienze fisiche. Consapevole o meno, l’estensione di questo processo è tale da coinvolgere gran parte della elaborazione delle informazioni. Per esempio, il potere è rappresentato in riferimento alla dimensione verticale (e.g., essere subordinato a..), così come utilizziamo metafore spaziali quando indichiamo delle questioni morali, o sveliamo segreti, o aspettiamo a lungo e ancora quando abbiamo alte aspettative. Queste rappresentazioni spaziali vanno ben oltre la loro espressione metaforica e influenzano i processi cognitivi a vari livelli. L’obiettivo di questo progetto di ricerca è esaminare il ruolo degli schemi spaziali legati alla dimensione orizzontale in relazione ai processi di cognizione sociale. Sebbene tali schemi siano stati oggetto di studio in vari campi, dalla storia dell’arte agli studi sull’orientamento dell’attenzione, dalla psicologia cross-culturale alla neurologia, questo progetto rappresenta uno dei primi tentativi di affrontare il tema da una prospettiva psico-sociale. L’idea su cui si basano tutti gli studi riportati nel presente lavoro prevede che un target responsabile di un’azione, venga rappresentato nel campo visivo alla destra del target che subisce quell’ azione. La traiettoria implicita dell’azione è, di conseguenza, da sinistra verso destra. Questa proposta, inizialmente avanzata da Chatterjee (2002), è qui rivisitata da un punto di vista psico-sociale, in cui la potenzialità d’azione del target (agency) è considerata una caratteristica fondamentale degli stereotipi sociali (Abele, Uchronski, Suitner, & Wojciszke, 2008; Spence, Helmreich, & Stapp, 1974). Il legame tra il vettore spaziale sinistra-destra e il costrutto agency è associato alla direzione di scrittura/lettura, almeno nelle culture occidentali. I fattori culturali sono dunque analizzati come possibili moderatori del bias spaziale attraverso il confronto di partecipanti la cui direzione di scrittura/lettura è sinistra-destra o destra-sinistra (Studio 1c e 5). Dopo una rassegna della principale letteratura sul bias spaziale nell’introduzione, il primo capitolo indaga le specifiche rappresentazioni spaziali di concetti legati al contenuto degli stereotipi, focalizzandosi sui vettori verticale e orizzontale. Il risultato più importante, per gli obiettivi del presente progetto, è la rappresentazione di agency (Studio 1a) e dinamismo (Studio 1b e c) lungo il vettore sinistra-destra da parte dei partecipanti italiani. Questo risultato è coerente con il ruolo di agency ipotizzato da Chatterjee (2002) nel bias spaziale orizzontale, che per semplicità definiremo SAB (Spatial Agency Bias). A conferma del ruolo della direzionalità della scrittura nel bias, i partecipanti di origini arabe non hanno confermato il pattern mostrato dai partecipanti italiani. Oggetto del secondo capitolo è l’applicazione del SAB agli stereotipi di genere. Nei primi due studi questa applicazione è stata analizzata attraverso ricerche d’archivio su immagini web di coppie famose. In generale, il maschio della coppia è rappresentato alla sinistra della donna (Studio 2a), ma soltanto quando è percepito come più agentic di lei (Studio 2b). La relazione tra il SAB e gli stereotipi di genere è stata ulteriormente indagata nelle valutazioni di immagini di uomini e donne il cui volto è rivolto verso destra oppure verso sinistra. Nello Studio 2c i partecipanti hanno mostrato una preferenza nell’associare il profilo maschile alla direzione verso destra e quello femminile verso sinistra, con un bias che si può definire stereotipico. Nell’insieme, questi ultimi tre studi sostengono l’ipotesi in base alla quale le differenze di genere possano essere definite, nelle rappresentazioni visive, attraverso specifiche informazioni spaziali. Ad ulteriore conferma dell’importanza di caratteristiche spaziali nello schema mentale di uomini e donne, lo Studio 2d mostra che questa associazione non solo è presente anche ad un livello di decodifica, cioè nella categorizzazione di volti maschili e femminili, ma è legata anche ad attribuzioni di caratteristiche stereotipiche nei confronti di uomini e donne e ad atteggiamenti ambivalenti rispetto alle categorie sociali in questione. In particolare, tanto più gli uomini (vs. le donne) sono associati alla direzione sinistra-destra (vs. destra-sinistra), tanto più è alta l’attribuzione di potere agli uomini e calore alle donne e ambiguo l’atteggiamento verso entrambi. Questo dato è di particolare rilevanza, perché rappresenta (a nostra conoscenza) il primo risultato inerente le conseguenze sociali di questi bias. Un secondo aspetto dello Studio 2d, riguarda l’analisi dell’esposizione a stimoli visivi sociali la cui direzione è variata sistematicamente. La proporzione del numero di volti maschili verso destra e di quelli femminili verso sinistra ha un effetto nel bias che emerge dalla loro categorizzazione. L’esposizione ad un numero molto elevato di volti maschili e femminili, rispettivamente orientati verso destra e verso sinistra, era associato ad un bias congruente (quello che abbiamo definito stereotipico). Quando l’orientamento dei volti veniva invertito, i partecipanti mostravano un bias opposto, ovvero contro-stereotipico, categorizzando più facilmente volti maschili orientati verso sinistra e volti femminili orientati verso destra. Il ruolo dell’esposizione a specifiche direzioni è stato ulteriormente indagato nello Studio 4 in cui la direzione (questa volta non di uno stimolo visivo, bensì di un’ azione) veniva promossa attraverso un esercizio di simulazione di scrittura verso destra o verso sinistra, che rispettivamente rafforzava o indeboliva il SAB e il suo legame con le credenze stereotipiche. Questo risultato suggerisce che l’effetto di variabili culturali nella promozione di una direzione non è cronico, piuttosto è suscettibile a condizioni contestuali come le esperienze corporee legate ad azioni contingenti. L’aspetto motorio come fondamento del bias spaziale è oggetto d’indagine nel Capitolo 3, in cui il ruolo dell’azione è valutato comparando il giudizio di eventi rappresentati in modo statico oppure dinamico. Sebbene la direzione del bias non segua sempre le ipotesi, l’andamento generico dei risultati suggerisce che tale bias è specificamente legato a target in movimento, sostenendo la prospettiva dell’embodiment e il processo di simulazione nella rappresentazione cognitiva (e.g., Barsalou, 2008a; Lakoff, 1992). Il Capitolo 5 è dedicato all’aspetto più applicativo del bias spaziale, analizzato come possibile fattore da tenere in considerazione nelle comunicazioni di massa, con una particolare attenzione al back-ground culturale delle persone a cui è diretta la comunicazione o pubblicità. Infine, il Capitolo 6 indaga il legame tra le rappresentazioni spaziali e la politica, mostrando che gli stereotipi legati alla politica giocano un ruolo chiave nell’associazione tra il vettore verso destra (vs. sinistra) e l’orientamento politico di destra (vs. sinistra) di target individuali (Studio 6b e c). Nella valutazione di gruppi, il bias spaziale era caratterizzato soprattutto da un favoritismo verso il gruppo congruente con l’orientamento politico del partecipante, cui veniva assegnata la rappresentazione verso destra. Questo bias nei confronti dell’ingroup era rafforzato dall’attribuzione di competenza allo stesso (Studio 6a). Nell’ insieme, il presente progetto di ricerca accerta il carattere sottile ma persistente del SAB, mostrando l’ampia varietà di conseguenze e applicazioni nei campi della psicologia sociale, cognitiva e delle comunicazioni di massa.
Where to place social targets? Stereotyping and Spatial Agency Bias
SUITNER, CATERINA
2009
Abstract
La nostra esperienza fisica è radicata nello spazio che ci circonda, i nostri vissuti passano attraverso la fisicità dei nostri corpi che si muovono lungo coordinate spaziali. Spesso le nostre esperienze sono espresse attraverso comunicazioni in cui il supporto visivo fa uso dello spazio in modo convenzionale per semplificare il contenuto di un messaggio. Lo spazio è dunque un aspetto pervasivo della nostra esistenza, non solo dal punto di vista fisico ma anche da quello cognitivo, dal momento che viene utilizzato nella rappresentazione di concetti astratti attraverso schemi mentali in cui le conoscenze vengono organizzate in connessione con esperienze fisiche. Consapevole o meno, l’estensione di questo processo è tale da coinvolgere gran parte della elaborazione delle informazioni. Per esempio, il potere è rappresentato in riferimento alla dimensione verticale (e.g., essere subordinato a..), così come utilizziamo metafore spaziali quando indichiamo delle questioni morali, o sveliamo segreti, o aspettiamo a lungo e ancora quando abbiamo alte aspettative. Queste rappresentazioni spaziali vanno ben oltre la loro espressione metaforica e influenzano i processi cognitivi a vari livelli. L’obiettivo di questo progetto di ricerca è esaminare il ruolo degli schemi spaziali legati alla dimensione orizzontale in relazione ai processi di cognizione sociale. Sebbene tali schemi siano stati oggetto di studio in vari campi, dalla storia dell’arte agli studi sull’orientamento dell’attenzione, dalla psicologia cross-culturale alla neurologia, questo progetto rappresenta uno dei primi tentativi di affrontare il tema da una prospettiva psico-sociale. L’idea su cui si basano tutti gli studi riportati nel presente lavoro prevede che un target responsabile di un’azione, venga rappresentato nel campo visivo alla destra del target che subisce quell’ azione. La traiettoria implicita dell’azione è, di conseguenza, da sinistra verso destra. Questa proposta, inizialmente avanzata da Chatterjee (2002), è qui rivisitata da un punto di vista psico-sociale, in cui la potenzialità d’azione del target (agency) è considerata una caratteristica fondamentale degli stereotipi sociali (Abele, Uchronski, Suitner, & Wojciszke, 2008; Spence, Helmreich, & Stapp, 1974). Il legame tra il vettore spaziale sinistra-destra e il costrutto agency è associato alla direzione di scrittura/lettura, almeno nelle culture occidentali. I fattori culturali sono dunque analizzati come possibili moderatori del bias spaziale attraverso il confronto di partecipanti la cui direzione di scrittura/lettura è sinistra-destra o destra-sinistra (Studio 1c e 5). Dopo una rassegna della principale letteratura sul bias spaziale nell’introduzione, il primo capitolo indaga le specifiche rappresentazioni spaziali di concetti legati al contenuto degli stereotipi, focalizzandosi sui vettori verticale e orizzontale. Il risultato più importante, per gli obiettivi del presente progetto, è la rappresentazione di agency (Studio 1a) e dinamismo (Studio 1b e c) lungo il vettore sinistra-destra da parte dei partecipanti italiani. Questo risultato è coerente con il ruolo di agency ipotizzato da Chatterjee (2002) nel bias spaziale orizzontale, che per semplicità definiremo SAB (Spatial Agency Bias). A conferma del ruolo della direzionalità della scrittura nel bias, i partecipanti di origini arabe non hanno confermato il pattern mostrato dai partecipanti italiani. Oggetto del secondo capitolo è l’applicazione del SAB agli stereotipi di genere. Nei primi due studi questa applicazione è stata analizzata attraverso ricerche d’archivio su immagini web di coppie famose. In generale, il maschio della coppia è rappresentato alla sinistra della donna (Studio 2a), ma soltanto quando è percepito come più agentic di lei (Studio 2b). La relazione tra il SAB e gli stereotipi di genere è stata ulteriormente indagata nelle valutazioni di immagini di uomini e donne il cui volto è rivolto verso destra oppure verso sinistra. Nello Studio 2c i partecipanti hanno mostrato una preferenza nell’associare il profilo maschile alla direzione verso destra e quello femminile verso sinistra, con un bias che si può definire stereotipico. Nell’insieme, questi ultimi tre studi sostengono l’ipotesi in base alla quale le differenze di genere possano essere definite, nelle rappresentazioni visive, attraverso specifiche informazioni spaziali. Ad ulteriore conferma dell’importanza di caratteristiche spaziali nello schema mentale di uomini e donne, lo Studio 2d mostra che questa associazione non solo è presente anche ad un livello di decodifica, cioè nella categorizzazione di volti maschili e femminili, ma è legata anche ad attribuzioni di caratteristiche stereotipiche nei confronti di uomini e donne e ad atteggiamenti ambivalenti rispetto alle categorie sociali in questione. In particolare, tanto più gli uomini (vs. le donne) sono associati alla direzione sinistra-destra (vs. destra-sinistra), tanto più è alta l’attribuzione di potere agli uomini e calore alle donne e ambiguo l’atteggiamento verso entrambi. Questo dato è di particolare rilevanza, perché rappresenta (a nostra conoscenza) il primo risultato inerente le conseguenze sociali di questi bias. Un secondo aspetto dello Studio 2d, riguarda l’analisi dell’esposizione a stimoli visivi sociali la cui direzione è variata sistematicamente. La proporzione del numero di volti maschili verso destra e di quelli femminili verso sinistra ha un effetto nel bias che emerge dalla loro categorizzazione. L’esposizione ad un numero molto elevato di volti maschili e femminili, rispettivamente orientati verso destra e verso sinistra, era associato ad un bias congruente (quello che abbiamo definito stereotipico). Quando l’orientamento dei volti veniva invertito, i partecipanti mostravano un bias opposto, ovvero contro-stereotipico, categorizzando più facilmente volti maschili orientati verso sinistra e volti femminili orientati verso destra. Il ruolo dell’esposizione a specifiche direzioni è stato ulteriormente indagato nello Studio 4 in cui la direzione (questa volta non di uno stimolo visivo, bensì di un’ azione) veniva promossa attraverso un esercizio di simulazione di scrittura verso destra o verso sinistra, che rispettivamente rafforzava o indeboliva il SAB e il suo legame con le credenze stereotipiche. Questo risultato suggerisce che l’effetto di variabili culturali nella promozione di una direzione non è cronico, piuttosto è suscettibile a condizioni contestuali come le esperienze corporee legate ad azioni contingenti. L’aspetto motorio come fondamento del bias spaziale è oggetto d’indagine nel Capitolo 3, in cui il ruolo dell’azione è valutato comparando il giudizio di eventi rappresentati in modo statico oppure dinamico. Sebbene la direzione del bias non segua sempre le ipotesi, l’andamento generico dei risultati suggerisce che tale bias è specificamente legato a target in movimento, sostenendo la prospettiva dell’embodiment e il processo di simulazione nella rappresentazione cognitiva (e.g., Barsalou, 2008a; Lakoff, 1992). Il Capitolo 5 è dedicato all’aspetto più applicativo del bias spaziale, analizzato come possibile fattore da tenere in considerazione nelle comunicazioni di massa, con una particolare attenzione al back-ground culturale delle persone a cui è diretta la comunicazione o pubblicità. Infine, il Capitolo 6 indaga il legame tra le rappresentazioni spaziali e la politica, mostrando che gli stereotipi legati alla politica giocano un ruolo chiave nell’associazione tra il vettore verso destra (vs. sinistra) e l’orientamento politico di destra (vs. sinistra) di target individuali (Studio 6b e c). Nella valutazione di gruppi, il bias spaziale era caratterizzato soprattutto da un favoritismo verso il gruppo congruente con l’orientamento politico del partecipante, cui veniva assegnata la rappresentazione verso destra. Questo bias nei confronti dell’ingroup era rafforzato dall’attribuzione di competenza allo stesso (Studio 6a). Nell’ insieme, il presente progetto di ricerca accerta il carattere sottile ma persistente del SAB, mostrando l’ampia varietà di conseguenze e applicazioni nei campi della psicologia sociale, cognitiva e delle comunicazioni di massa.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/106456
URN:NBN:IT:UNIPD-106456