Dal 1987 anno in cui il Dott. Pariza e il suo gruppo di ricerca scoprirono i Coniugati dell’Acido Linoleico (CLA) molti sono stati gli studi che hanno cercato di definire le principali caratteristiche di queste molecole. Caratterizzati da un alto valore biologico gli furono attribuiti molti effetti benefici sulla salute umana, come l’effetto anticancerogeno, la riduzione del rischio di malattie cardiovascolari e la riduzione del rischio di sviluppo dell’aterosclerosi. In seguito gli fu attribuita anche importanza nel miglioramento delle performance animali, come l’aumento delle capacità di accrescimento, dell’efficienza alimentare e una riduzione della deposizione di grasso con conseguente aumento della massa magra. I Coniugati dell’Acido Linoleico (CLA) sono un gruppo d’isomeri geometrici e posizionali dell’Acido Linoleico caratterizzati da una catena di 18 atomi di carbonio contenente due doppi legami non in posizione classica (cis), ma coniugati dal carbonio 9, 10 o 11. I doppi legami possono presentare diversa disposizione spaziale dando origine a quattro diverse configurazioni: cis/trans, trans/cis, cis/cis e trans/trans. Secondo i carboni ai quali sono legati, possono avere diverse posizioni: ([7,9], [8,10], [9,11], [10,12], [11,13] e [12,14]) con un totale d’isomeri identificati pari a 24. I due più presenti e più identificati sono il C18:2cis9,trans11 (60-85% degli isomeri presenti nella carne e >90% nel latte) e il C18:2trans10,cis12. Altri isomeri molto presenti nella carne sono anche il C18:2trans7,cis9 e il C18:2trans11,cis13. Grazie alla capacità del rumine di produrre acidi grassi e in particolare CLA, si possono trovare soprattutto nei prodotti di origine animale (latte, prodotti lattiero caseari e carne). La presenza del doppio legame rende i CLA delle molecole complesse da identificare, perché può essere facilmente soggetto a fenomeni d’isomerizzazione o epimerizzazione che possono portare a un aumento delle forme di tipo trans/trans con conseguente riduzione delle forme cis/trans o trans/cis. Diversi studi hanno cercato di definire quale sia il metodo più adatto per l’estrazione del grasso (determinazione estratto etereo, EE) e per la successiva trasformazione in composti volatili, ovvero, esteri metilici degli acidi grassi (FAME). Per questo motivo parte della mia tesi è stata improntata su un approccio metodologico allo scopo di capire tra i tanti metodi quale fosse il più idoneo e che differenze i diversi metodi potessero avere. I dati contenuti nei contributi legati all’approccio metodologico sono stati raccolti da vitelloni maschi nati da un incrocio tra vacche da latte di razza Bruna e tori di razza Bianca Blu del Belgio. Questi animali sono stati allevati presso l’azienda sperimentale dell’Università degli Studi di Padova Lucio Toniolo. Durante tutta prova sono stati allevati in azienda e alimentati con una dieta a base di unifeed caratterizzata da tre diverse integrazioni di CLA rumino protetti (rpCLA): 0, 8 e 80 g di CLA al giorno per ogni animale. La prova è terminata con la macellazione avvenuta in un macello esterno all’Università situato a Pergine (Provincia di Trento, Trentino Alto Adige). I tessuti utilizzati per le analisi sono stati prelevati in macello ed in laboratorio di Qualità carne durante lo svolgimento delle analisi di qualità. I tessuti prelevati e studiati sono stati tre: muscolo Longissimus Thoracis, grasso sottocutaneo e fegato. Nel primo contributo (Chapter 2) i tessuti (Longissimus Thoracis, grasso sottocutaneo e fegato) sono stati analizzati allo scopo di determinare il profilo acidico, confrontando tre diversi metodi di estrazione del grasso (Folch (1957), Acellerated Solvent Extraction (ASE) e Jenkins (2010)) e utilizzando come tecnica cromatografica la Gas Cromatografia a due dimensioni (GCxGC). La scelta di eseguire un confronto metodologico è legata al fatto che secondo il metodo d’analisi utilizzato i risultati sono diversi. Di conseguenza, uno degli obiettivi era trovare un metodo che fosse in grado di salvaguardare i CLA senza provocare isomerizzazioni. A questo è dovuta la scelta del metodo Folch (1957), uno dei più antichi e più utilizzati in matrici di diversa natura. Nato per essere usato in campioni con grasso molto ricco di fosfolipidi (come il grasso presente nel cervello), lavora a temperatura ambiente utilizzando una miscela di solventi composta da cloroformio:metanolo (2:1, v/v). Il metodo Acellerated Solvent Extraction (ASE) è stato utilizzato allo scopo di confrontare una metodica che lavora con alte temperature e pressioni (120°C e 20 MPa) con una miscela di solventi identica a quella usata nel metodo Folch (1957) (cloroformio:metanolo (2:1, v/v)). Grazie alle caratteristiche positive il metodo ASE, negli ultimi anni si è molto diffuso. Esso è caratterizzato da una maggiore velocità d’estrazione, un ridotto utilizzo di solventi e una minore laboriosità da parte degli operatori. Si pensa che le condizioni (temperatura e pressione) a cui lo strumento lavora possano provocare isomerizzazioni incrementando gli isomeri con configurazione trans/trans. L’ultimo è un metodo diretto che in seguito ad una fase preparativa (di liofilizzazione del campione fatta con lo scopo di rimuovere l’acqua) permette di ottenere gli esteri metilici degli acidi grassi (FAME) da poter analizzare in GCxGC. Questo metodo richiede un’esterificazione di tipo acido-basico. Il lavoro è stato suddiviso in quattro passaggi in modo da: identificare il potere di risoluzione e l’incidenza di picchi non identificati, lo studio delle fonti di variazione, test di Levene per determinare l’omoscedasticità o eteroscedasticità delle varianze e infine degli studi per valutare la correlazione tra metodi. L’incidenza di valori non identificati è legata al numero di picchi osservati, che dipendono dalla sensibilità del metodo e dal tessuto analizzato: fegato, grasso e muscolo (da 0.04 a 0.08, da 0.05 a 0.06 e da 0.05 a 0.12, rispettivamente). La maggiore incidenza di valori nulli è stata osservata nel fegato e in particolare negli acidi grassi a corta/media catena (C8:0 e C10:0) e nel muscolo negli acidi grassi C24:0, C20:1t1t unknown isomers e nei PUFAn3 (C20:3n3, C20:4n3, C22:5n6) sempre con il metodo Jenkins (2010). Tra tutte le fonti di variazione analizzate lo scopo, era considerare le due principali che sono state molto significative (P<0.001) e sono rappresentate dal tessuto, dal metodo e dalla loro interazione. L’effetto della dieta è stato significativo per gli acidi grassi facenti parte dell’integrazione (C18:0, C18:1cis9 e C18:2trans10,cis12). Dai test di Levene è emerso che le varianze sono eteroscedastiche, tranne la dieta che è risultata, omoscedastica. Il passo successivo è stato considerare una tecnica cromatografica alternativa al GCxGC che fosse più specifica per lo studio degli isomeri dei CLA (Chapter 7) Nonostante, il GCxGC abbia un maggiore potere di risoluzione non è in grado di identificare tutti gli isomeri dei CLA, ma solo i due principali (C18:2cis9,trans11 e C18:2trans10,cis12). Per questo motivo sono presenti altre tecniche cromatografiche che permettono un’identificazione più precisa come la cromatografia liquida su colonna d’argento (Ag+HPLC). Il lavoro è stato svolto in collaborazione con il Leibniz Insitute for Farm Animal Biology (Dummerstorf, Germany) e in particolare l’unità di Muscle and Biology Growth. L’obiettivo in questo caso era identificare il maggior numero d’isomeri dei CLA presenti nel campione. I tessuti analizzati erano: muscolo (Longissimus Thoracis), grasso sottocutaneo e fegato. Il grasso (estratto etereo, EE) è stato ottenuto con il metodo Folch (1957) cui è seguita poi un’esterificazione acido-basica. Le analisi statistiche sono state eseguite considerando gli effetti di dieta, tessuto e ripetizione sulla distribuzione degli isomeri. La prima cosa che differenzia questa metodica dal GCxGC è il numero di picchi identificati che sono molto più elevati (13 isomeri). Questo tipo di tecnica premette un’identificazione precisa di molti isomeri dei CLA con un unico problema nell’identificazione dei picchi che si trovano nella regione dei cis/cis (l’ultima a comparire nel cromatogramma), per la quale è difficile identificare l’isomero C18:2cis9,cis11. Dai risultati è emerso che il tessuto è molto significativo (P<0.001) e la distribuzione degli isomeri è tessuto dipendente, con una concentrazione più alta nel grasso. L’effetto della dieta, in particolare quella con integrazione 8.0 g di CLA al giorno, è risultato significativo per gli isomeri principali (C18:2cis9,trans11 e C18:2trans10,cis12). Nella seconda parte della tesi sono state prese in considerazione le fonti di variazione del profilo acidico, come razza, sesso, dieta, ordine di parto, età e tessuto (Chapter 3 e Chapter 4). Gli animali usati in queste prove appartengono a quattro razze ovine Venete: Alpagota, Brogna, Foza e Lamon che presentano diversa condizione di criticità; valutata in base al numero di capi allevati, di maschi arieti utilizzati per gli accoppiamenti e di allevamenti. Al fine di salvaguardare e recuperare queste razze, Veneto Agricoltura, su indicazione della Regione Veneto ha creato l’azienda sperimentale di Villiago, un importante centro di conservazione di queste razze, che mira a produrre nuovi giovani riproduttori (agnelle e montoni) per gli allevatori interessati e a organizzare azioni a sostegno dello sviluppo dell’allevamento. I dati riportati in questa tesi coinvolgono animali che sono stati allevati seguendo un piano di conservazione in-situ che prevedeva la collaborazione tra l’azienda sperimentale di Veneto Agricoltura “Villiago” e l’azienda sperimentale dell’Università di Padova “Lucio Toniolo”. In totale gli animali utilizzati sono stati 115 e sono stati allevati tra Dicembre 2010 e Luglio 2012. Macellati a età diverse, erano considerati appartenenti a tre categorie: 31 agnelli da latte, 36 agnelli leggeri, 24 agnelloni pesanti e 24 pecore. Le tre prove (agnello leggero, agnellone pesante, agnello da latte-pecora) erano caratterizzate da diete diverse. Nella prima prova “agnello leggero” le diete utilizzate erano: pascolo (PAS), fieno e concentrati con integrazione CLA rumino protetti (rpCLA, 8.0 g/d/animale) (CLA+) e dieta con fieno e concentrati senza integrazione di rpCLA (CLA-). Nelle prove “agnellone pesante” e “agnello da latte-pecora” le diete erano composte da concentrati con integrazione rpCLA (8.0 g/d/animale per gli agnelloni pesanti, 12 g/d/animale per le pecore e 4.0 g/d/animale per gli agnelli da latte) (CLA+) e concentrati senza integrazione rpCLA (CLA-). Dai risultati è emerso che diversi fattori possono influenzare il profilo acidico e in particolare dalla prima prova che la dieta può avere un ruolo molto importante (P<0.001). La presenza del pascolo è risultata significativa per molti acidi grassi a catena dispari e catena ramificata (forme iso e anteiso) che tendono a essere meno elevati al pascolo. Il motivo è che con la dieta è possibile alterate il PH ruminale e la flora microbica in esso presente modificando così anche gli acidi grassi che questa può produrre. Il ruolo del pascolo è importante anche per quanto riguarda gli acidi grassi a lunga catena (LC-PUFA). Il pascolo può aumentare gli Ω3 (rispettivamente, PAS=2.70, CLA-=1.46 e CLA+=1.54) riducendo gli Ω6 (rispettivamente, PAS =3.76, CLA-=4.41 e CLA+=4.75) e di conseguenze anche il rapporto Ω6/Ω3. Rispetto alla dieta a base di concentrati con integrazione (CLA+) il pascolo ha portato a un aumento dei CLA (rispettivamente, PAS=0.80, CLA-=0.56 e CLA+=0.71). La dieta si conferma significativa, anche nelle prove “agnellone pesante” e “agnello da latte-pecora” con il confronto tra le diete a base di concentrati (CLA- e CLA+). L’integrazione di rpCLA nella dieta è risultata significativa (P<0.001 e P<0.01) per gli acidi grassi considerati i suoi principali costituenti, per cui il C18:0 e il C18:2trans10,cis12. Gli agnelli da latte hanno presentato dei risultati diversi dagli altri animali, soprattutto in relazione ai CLA. Sono risultati significativi gli isomeri C18:2cis11,trans13 (P<0.01), C18:2cis11,cis13 (P<0.001) e C18:2cis9,cis11 (P<0.001). Il motivo di questa diversa distribuzione è stato attribuito al ruolo del latte di pecora, usato come alimento per gli agnelli e che può aver influito sulla composizione acidica dei loro tessuti. La razza in tutte le prove è stata un effetto che non ha portato a delle differenze significative dal punto di vista statistico, come anche il sesso e l’età di macellazione. Dai contrasti effettuati tra tessuti, è emerso, com’era stato osservato per i vitelloni, che la distribuzione degli acidi grassi è tessuto specifica e può cambiare secondo il tessuto analizzato. Differenze sono evidenti in tutti i tessuti ma in particolare tra i magri e quelli grassi. Il fegato in tutte e prove è stato il tessuto che presenta delle caratteristiche particolari perché caratterizzato da una maggiore quantità di acidi grassi polinsaturi (PUFA) e in particolare da una maggiore quantità di Ω3 e CLA. La diversa composizione di questo tessuto è legata alla composizione in termini di tipologia di lipidi che lo costituiscono e dai processi metabolici ai quali quest’organo partecipa che portano alla produzione, oppure all’assorbimento degli acidi grassi assunti con la dieta (Chapter 3 e Chapter 4). Sempre in animali appartenenti alle razze (Alpagota, Brogna, Foza e Lamon) sono state prese in esame le performance animali ed i vari fattori che le possono influenzare. E’ noto che l’utilizzo di rpCLA può provocare un incremento dell’efficienza alimentare favorendo l’aumento della massa magra con la successiva riduzione di quella grassa. Negli animali in lattazione (vacche, pecore e capre) è dimostrato che l’integrazione di rpCLA può provocare una riduzione nel contenuto di grasso presente nel latte. Nella mia tesi è stato considerato l’effetto della dieta sul latte di pecore (Chapter 5) al fine così di valutare quelle che vengono definite proprietà di qualità del latte espresse in termini di composizione chimica e proprietà di coagulazione (MCPs). Gli animali utilizzati in questa prova sono i medesimi utilizzati per lo studio dei profili acidici delle carni. Dal punto di vista della qualità della carne alla macellazione per cercare di definire se dieta, sesso e razza potessero influire sulle rese di macellazione (Chapter 6). Gli animali usati in questa prova sono i medesimi della prova vista in precedenza, ovvero la prova “agnello leggero”. I risultati ottenuti in questo lavoro sono dei risultati che comprendono solo parte del lavoro che invece comprenderà anche le prove “agnellone pesante” e “agnello-pecora”. Da questo lavoro quello che si vuole esprimere è che gli animali appartenenti a queste razze sono in grado di produrre delle carcasse che presentano caratteristiche ottimali e idonee al mercato alimentare. La caratteristica in più che queste presentano è che le modalità di allevamento, ben lontane da quelle di tipo industriale o più specializzato ci permettono di ottenere un prodotto allevato nel rispetto delle tradizioni e che può far parte di presidi ampiamente riconosciuti come l’Agnello Alpagoto noto per essere un presidio Slow Food.

Conjugated Linoleic Acid (CLA) content in different tissues of ruminants fed with CLA supplementation

PELLATTIERO, ERIKA
2014

Abstract

Dal 1987 anno in cui il Dott. Pariza e il suo gruppo di ricerca scoprirono i Coniugati dell’Acido Linoleico (CLA) molti sono stati gli studi che hanno cercato di definire le principali caratteristiche di queste molecole. Caratterizzati da un alto valore biologico gli furono attribuiti molti effetti benefici sulla salute umana, come l’effetto anticancerogeno, la riduzione del rischio di malattie cardiovascolari e la riduzione del rischio di sviluppo dell’aterosclerosi. In seguito gli fu attribuita anche importanza nel miglioramento delle performance animali, come l’aumento delle capacità di accrescimento, dell’efficienza alimentare e una riduzione della deposizione di grasso con conseguente aumento della massa magra. I Coniugati dell’Acido Linoleico (CLA) sono un gruppo d’isomeri geometrici e posizionali dell’Acido Linoleico caratterizzati da una catena di 18 atomi di carbonio contenente due doppi legami non in posizione classica (cis), ma coniugati dal carbonio 9, 10 o 11. I doppi legami possono presentare diversa disposizione spaziale dando origine a quattro diverse configurazioni: cis/trans, trans/cis, cis/cis e trans/trans. Secondo i carboni ai quali sono legati, possono avere diverse posizioni: ([7,9], [8,10], [9,11], [10,12], [11,13] e [12,14]) con un totale d’isomeri identificati pari a 24. I due più presenti e più identificati sono il C18:2cis9,trans11 (60-85% degli isomeri presenti nella carne e >90% nel latte) e il C18:2trans10,cis12. Altri isomeri molto presenti nella carne sono anche il C18:2trans7,cis9 e il C18:2trans11,cis13. Grazie alla capacità del rumine di produrre acidi grassi e in particolare CLA, si possono trovare soprattutto nei prodotti di origine animale (latte, prodotti lattiero caseari e carne). La presenza del doppio legame rende i CLA delle molecole complesse da identificare, perché può essere facilmente soggetto a fenomeni d’isomerizzazione o epimerizzazione che possono portare a un aumento delle forme di tipo trans/trans con conseguente riduzione delle forme cis/trans o trans/cis. Diversi studi hanno cercato di definire quale sia il metodo più adatto per l’estrazione del grasso (determinazione estratto etereo, EE) e per la successiva trasformazione in composti volatili, ovvero, esteri metilici degli acidi grassi (FAME). Per questo motivo parte della mia tesi è stata improntata su un approccio metodologico allo scopo di capire tra i tanti metodi quale fosse il più idoneo e che differenze i diversi metodi potessero avere. I dati contenuti nei contributi legati all’approccio metodologico sono stati raccolti da vitelloni maschi nati da un incrocio tra vacche da latte di razza Bruna e tori di razza Bianca Blu del Belgio. Questi animali sono stati allevati presso l’azienda sperimentale dell’Università degli Studi di Padova Lucio Toniolo. Durante tutta prova sono stati allevati in azienda e alimentati con una dieta a base di unifeed caratterizzata da tre diverse integrazioni di CLA rumino protetti (rpCLA): 0, 8 e 80 g di CLA al giorno per ogni animale. La prova è terminata con la macellazione avvenuta in un macello esterno all’Università situato a Pergine (Provincia di Trento, Trentino Alto Adige). I tessuti utilizzati per le analisi sono stati prelevati in macello ed in laboratorio di Qualità carne durante lo svolgimento delle analisi di qualità. I tessuti prelevati e studiati sono stati tre: muscolo Longissimus Thoracis, grasso sottocutaneo e fegato. Nel primo contributo (Chapter 2) i tessuti (Longissimus Thoracis, grasso sottocutaneo e fegato) sono stati analizzati allo scopo di determinare il profilo acidico, confrontando tre diversi metodi di estrazione del grasso (Folch (1957), Acellerated Solvent Extraction (ASE) e Jenkins (2010)) e utilizzando come tecnica cromatografica la Gas Cromatografia a due dimensioni (GCxGC). La scelta di eseguire un confronto metodologico è legata al fatto che secondo il metodo d’analisi utilizzato i risultati sono diversi. Di conseguenza, uno degli obiettivi era trovare un metodo che fosse in grado di salvaguardare i CLA senza provocare isomerizzazioni. A questo è dovuta la scelta del metodo Folch (1957), uno dei più antichi e più utilizzati in matrici di diversa natura. Nato per essere usato in campioni con grasso molto ricco di fosfolipidi (come il grasso presente nel cervello), lavora a temperatura ambiente utilizzando una miscela di solventi composta da cloroformio:metanolo (2:1, v/v). Il metodo Acellerated Solvent Extraction (ASE) è stato utilizzato allo scopo di confrontare una metodica che lavora con alte temperature e pressioni (120°C e 20 MPa) con una miscela di solventi identica a quella usata nel metodo Folch (1957) (cloroformio:metanolo (2:1, v/v)). Grazie alle caratteristiche positive il metodo ASE, negli ultimi anni si è molto diffuso. Esso è caratterizzato da una maggiore velocità d’estrazione, un ridotto utilizzo di solventi e una minore laboriosità da parte degli operatori. Si pensa che le condizioni (temperatura e pressione) a cui lo strumento lavora possano provocare isomerizzazioni incrementando gli isomeri con configurazione trans/trans. L’ultimo è un metodo diretto che in seguito ad una fase preparativa (di liofilizzazione del campione fatta con lo scopo di rimuovere l’acqua) permette di ottenere gli esteri metilici degli acidi grassi (FAME) da poter analizzare in GCxGC. Questo metodo richiede un’esterificazione di tipo acido-basico. Il lavoro è stato suddiviso in quattro passaggi in modo da: identificare il potere di risoluzione e l’incidenza di picchi non identificati, lo studio delle fonti di variazione, test di Levene per determinare l’omoscedasticità o eteroscedasticità delle varianze e infine degli studi per valutare la correlazione tra metodi. L’incidenza di valori non identificati è legata al numero di picchi osservati, che dipendono dalla sensibilità del metodo e dal tessuto analizzato: fegato, grasso e muscolo (da 0.04 a 0.08, da 0.05 a 0.06 e da 0.05 a 0.12, rispettivamente). La maggiore incidenza di valori nulli è stata osservata nel fegato e in particolare negli acidi grassi a corta/media catena (C8:0 e C10:0) e nel muscolo negli acidi grassi C24:0, C20:1t1t unknown isomers e nei PUFAn3 (C20:3n3, C20:4n3, C22:5n6) sempre con il metodo Jenkins (2010). Tra tutte le fonti di variazione analizzate lo scopo, era considerare le due principali che sono state molto significative (P<0.001) e sono rappresentate dal tessuto, dal metodo e dalla loro interazione. L’effetto della dieta è stato significativo per gli acidi grassi facenti parte dell’integrazione (C18:0, C18:1cis9 e C18:2trans10,cis12). Dai test di Levene è emerso che le varianze sono eteroscedastiche, tranne la dieta che è risultata, omoscedastica. Il passo successivo è stato considerare una tecnica cromatografica alternativa al GCxGC che fosse più specifica per lo studio degli isomeri dei CLA (Chapter 7) Nonostante, il GCxGC abbia un maggiore potere di risoluzione non è in grado di identificare tutti gli isomeri dei CLA, ma solo i due principali (C18:2cis9,trans11 e C18:2trans10,cis12). Per questo motivo sono presenti altre tecniche cromatografiche che permettono un’identificazione più precisa come la cromatografia liquida su colonna d’argento (Ag+HPLC). Il lavoro è stato svolto in collaborazione con il Leibniz Insitute for Farm Animal Biology (Dummerstorf, Germany) e in particolare l’unità di Muscle and Biology Growth. L’obiettivo in questo caso era identificare il maggior numero d’isomeri dei CLA presenti nel campione. I tessuti analizzati erano: muscolo (Longissimus Thoracis), grasso sottocutaneo e fegato. Il grasso (estratto etereo, EE) è stato ottenuto con il metodo Folch (1957) cui è seguita poi un’esterificazione acido-basica. Le analisi statistiche sono state eseguite considerando gli effetti di dieta, tessuto e ripetizione sulla distribuzione degli isomeri. La prima cosa che differenzia questa metodica dal GCxGC è il numero di picchi identificati che sono molto più elevati (13 isomeri). Questo tipo di tecnica premette un’identificazione precisa di molti isomeri dei CLA con un unico problema nell’identificazione dei picchi che si trovano nella regione dei cis/cis (l’ultima a comparire nel cromatogramma), per la quale è difficile identificare l’isomero C18:2cis9,cis11. Dai risultati è emerso che il tessuto è molto significativo (P<0.001) e la distribuzione degli isomeri è tessuto dipendente, con una concentrazione più alta nel grasso. L’effetto della dieta, in particolare quella con integrazione 8.0 g di CLA al giorno, è risultato significativo per gli isomeri principali (C18:2cis9,trans11 e C18:2trans10,cis12). Nella seconda parte della tesi sono state prese in considerazione le fonti di variazione del profilo acidico, come razza, sesso, dieta, ordine di parto, età e tessuto (Chapter 3 e Chapter 4). Gli animali usati in queste prove appartengono a quattro razze ovine Venete: Alpagota, Brogna, Foza e Lamon che presentano diversa condizione di criticità; valutata in base al numero di capi allevati, di maschi arieti utilizzati per gli accoppiamenti e di allevamenti. Al fine di salvaguardare e recuperare queste razze, Veneto Agricoltura, su indicazione della Regione Veneto ha creato l’azienda sperimentale di Villiago, un importante centro di conservazione di queste razze, che mira a produrre nuovi giovani riproduttori (agnelle e montoni) per gli allevatori interessati e a organizzare azioni a sostegno dello sviluppo dell’allevamento. I dati riportati in questa tesi coinvolgono animali che sono stati allevati seguendo un piano di conservazione in-situ che prevedeva la collaborazione tra l’azienda sperimentale di Veneto Agricoltura “Villiago” e l’azienda sperimentale dell’Università di Padova “Lucio Toniolo”. In totale gli animali utilizzati sono stati 115 e sono stati allevati tra Dicembre 2010 e Luglio 2012. Macellati a età diverse, erano considerati appartenenti a tre categorie: 31 agnelli da latte, 36 agnelli leggeri, 24 agnelloni pesanti e 24 pecore. Le tre prove (agnello leggero, agnellone pesante, agnello da latte-pecora) erano caratterizzate da diete diverse. Nella prima prova “agnello leggero” le diete utilizzate erano: pascolo (PAS), fieno e concentrati con integrazione CLA rumino protetti (rpCLA, 8.0 g/d/animale) (CLA+) e dieta con fieno e concentrati senza integrazione di rpCLA (CLA-). Nelle prove “agnellone pesante” e “agnello da latte-pecora” le diete erano composte da concentrati con integrazione rpCLA (8.0 g/d/animale per gli agnelloni pesanti, 12 g/d/animale per le pecore e 4.0 g/d/animale per gli agnelli da latte) (CLA+) e concentrati senza integrazione rpCLA (CLA-). Dai risultati è emerso che diversi fattori possono influenzare il profilo acidico e in particolare dalla prima prova che la dieta può avere un ruolo molto importante (P<0.001). La presenza del pascolo è risultata significativa per molti acidi grassi a catena dispari e catena ramificata (forme iso e anteiso) che tendono a essere meno elevati al pascolo. Il motivo è che con la dieta è possibile alterate il PH ruminale e la flora microbica in esso presente modificando così anche gli acidi grassi che questa può produrre. Il ruolo del pascolo è importante anche per quanto riguarda gli acidi grassi a lunga catena (LC-PUFA). Il pascolo può aumentare gli Ω3 (rispettivamente, PAS=2.70, CLA-=1.46 e CLA+=1.54) riducendo gli Ω6 (rispettivamente, PAS =3.76, CLA-=4.41 e CLA+=4.75) e di conseguenze anche il rapporto Ω6/Ω3. Rispetto alla dieta a base di concentrati con integrazione (CLA+) il pascolo ha portato a un aumento dei CLA (rispettivamente, PAS=0.80, CLA-=0.56 e CLA+=0.71). La dieta si conferma significativa, anche nelle prove “agnellone pesante” e “agnello da latte-pecora” con il confronto tra le diete a base di concentrati (CLA- e CLA+). L’integrazione di rpCLA nella dieta è risultata significativa (P<0.001 e P<0.01) per gli acidi grassi considerati i suoi principali costituenti, per cui il C18:0 e il C18:2trans10,cis12. Gli agnelli da latte hanno presentato dei risultati diversi dagli altri animali, soprattutto in relazione ai CLA. Sono risultati significativi gli isomeri C18:2cis11,trans13 (P<0.01), C18:2cis11,cis13 (P<0.001) e C18:2cis9,cis11 (P<0.001). Il motivo di questa diversa distribuzione è stato attribuito al ruolo del latte di pecora, usato come alimento per gli agnelli e che può aver influito sulla composizione acidica dei loro tessuti. La razza in tutte le prove è stata un effetto che non ha portato a delle differenze significative dal punto di vista statistico, come anche il sesso e l’età di macellazione. Dai contrasti effettuati tra tessuti, è emerso, com’era stato osservato per i vitelloni, che la distribuzione degli acidi grassi è tessuto specifica e può cambiare secondo il tessuto analizzato. Differenze sono evidenti in tutti i tessuti ma in particolare tra i magri e quelli grassi. Il fegato in tutte e prove è stato il tessuto che presenta delle caratteristiche particolari perché caratterizzato da una maggiore quantità di acidi grassi polinsaturi (PUFA) e in particolare da una maggiore quantità di Ω3 e CLA. La diversa composizione di questo tessuto è legata alla composizione in termini di tipologia di lipidi che lo costituiscono e dai processi metabolici ai quali quest’organo partecipa che portano alla produzione, oppure all’assorbimento degli acidi grassi assunti con la dieta (Chapter 3 e Chapter 4). Sempre in animali appartenenti alle razze (Alpagota, Brogna, Foza e Lamon) sono state prese in esame le performance animali ed i vari fattori che le possono influenzare. E’ noto che l’utilizzo di rpCLA può provocare un incremento dell’efficienza alimentare favorendo l’aumento della massa magra con la successiva riduzione di quella grassa. Negli animali in lattazione (vacche, pecore e capre) è dimostrato che l’integrazione di rpCLA può provocare una riduzione nel contenuto di grasso presente nel latte. Nella mia tesi è stato considerato l’effetto della dieta sul latte di pecore (Chapter 5) al fine così di valutare quelle che vengono definite proprietà di qualità del latte espresse in termini di composizione chimica e proprietà di coagulazione (MCPs). Gli animali utilizzati in questa prova sono i medesimi utilizzati per lo studio dei profili acidici delle carni. Dal punto di vista della qualità della carne alla macellazione per cercare di definire se dieta, sesso e razza potessero influire sulle rese di macellazione (Chapter 6). Gli animali usati in questa prova sono i medesimi della prova vista in precedenza, ovvero la prova “agnello leggero”. I risultati ottenuti in questo lavoro sono dei risultati che comprendono solo parte del lavoro che invece comprenderà anche le prove “agnellone pesante” e “agnello-pecora”. Da questo lavoro quello che si vuole esprimere è che gli animali appartenenti a queste razze sono in grado di produrre delle carcasse che presentano caratteristiche ottimali e idonee al mercato alimentare. La caratteristica in più che queste presentano è che le modalità di allevamento, ben lontane da quelle di tipo industriale o più specializzato ci permettono di ottenere un prodotto allevato nel rispetto delle tradizioni e che può far parte di presidi ampiamente riconosciuti come l’Agnello Alpagoto noto per essere un presidio Slow Food.
30-gen-2014
Inglese
conjugated linoleic acid, CLA, two-dimensional gas chromatography, silver ion high liquid performance, Ag+HPLC, meat, ovine milk
MANTOVANI, ROBERTO
Università degli studi di Padova
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