Il lavoro di ricerca intende saggiare il valore teorico e la forza normativo-applicativa del principio di beneficenza, esaminando la centralità che il monito ad agire per il bene del paziente assume nell’etica medica e nella bioetica. L’analisi terminologica di questo principio distingue la beneficenza dalla benevolenza e cerca di precisare cosa si intenda con la locuzione “bene del paziente” e ancor prima a cosa alluda lo stesso termine “bene”. Da tale approfondimento emergono la complessità della natura e del significato dei termini chiamati in causa dal principio di beneficenza e la compenetrazione di elementi valutativi e descrittivi nella nozione di “bene del paziente”. L’indagine di carattere contenutistico e normativo del principio di beneficenza indaga il fondamento dell’obbligazione ad agire per il bene altrui nella pratica medica e nell’esperienza morale in generale. Esaminando le principali fasi di sviluppo dell’etica medica e della bioetica, si analizza poi la diversa giustificazione assegnata in ognuna di esse al monito ad agire per il bene del paziente. Si rileva così l’indebolimento della forza normativa della beneficenza a causa del graduale passaggio da una sua comprensione nei termini del dovere a una formulazione che si appella al lessico dei principi. In tal modo, la beneficenza viene compresa in riferimento agli altri principi dell’etica biomedica, entrando spesso in contrasto con essi, in particolar modo con quello di autonomia. In seguito alla trattazione del tema del conflitto tra principi, si constata l’insufficiente consistenza teorica del principio di beneficenza all’interno di tale impostazione e la necessità di una sua riformulazione. Dopo aver messo in luce i limiti degli approcci ippocratico-paternalistico e libertario-autonomistico così come le scorrette letture che questi offrono dei principi di beneficenza e di autonomia, si richiama il modello normativo della “beneficenza-nella-fiducia” (beneficence-in-trust), proposto da E.D. Pellegrino e D.C. Thomasma. Attraverso un approccio fenomenologico all’interazione clinica, tale modello ritrova i fini interni della medicina (ends) nell’agire per il bene del paziente. Concepito in questi termini, il principio di beneficenza risulta fondato su quella particolare relazione interpersonale che, nonostante le inevitabili modificazioni della medicina e delle sue finalità, rimarrà costantemente presente nella pratica medica.
Il principio di beneficenza. Ripresa e attualizzazione di un principio cardine dell'etica medica e della bioetica
MARIN, FRANCESCA
2011
Abstract
Il lavoro di ricerca intende saggiare il valore teorico e la forza normativo-applicativa del principio di beneficenza, esaminando la centralità che il monito ad agire per il bene del paziente assume nell’etica medica e nella bioetica. L’analisi terminologica di questo principio distingue la beneficenza dalla benevolenza e cerca di precisare cosa si intenda con la locuzione “bene del paziente” e ancor prima a cosa alluda lo stesso termine “bene”. Da tale approfondimento emergono la complessità della natura e del significato dei termini chiamati in causa dal principio di beneficenza e la compenetrazione di elementi valutativi e descrittivi nella nozione di “bene del paziente”. L’indagine di carattere contenutistico e normativo del principio di beneficenza indaga il fondamento dell’obbligazione ad agire per il bene altrui nella pratica medica e nell’esperienza morale in generale. Esaminando le principali fasi di sviluppo dell’etica medica e della bioetica, si analizza poi la diversa giustificazione assegnata in ognuna di esse al monito ad agire per il bene del paziente. Si rileva così l’indebolimento della forza normativa della beneficenza a causa del graduale passaggio da una sua comprensione nei termini del dovere a una formulazione che si appella al lessico dei principi. In tal modo, la beneficenza viene compresa in riferimento agli altri principi dell’etica biomedica, entrando spesso in contrasto con essi, in particolar modo con quello di autonomia. In seguito alla trattazione del tema del conflitto tra principi, si constata l’insufficiente consistenza teorica del principio di beneficenza all’interno di tale impostazione e la necessità di una sua riformulazione. Dopo aver messo in luce i limiti degli approcci ippocratico-paternalistico e libertario-autonomistico così come le scorrette letture che questi offrono dei principi di beneficenza e di autonomia, si richiama il modello normativo della “beneficenza-nella-fiducia” (beneficence-in-trust), proposto da E.D. Pellegrino e D.C. Thomasma. Attraverso un approccio fenomenologico all’interazione clinica, tale modello ritrova i fini interni della medicina (ends) nell’agire per il bene del paziente. Concepito in questi termini, il principio di beneficenza risulta fondato su quella particolare relazione interpersonale che, nonostante le inevitabili modificazioni della medicina e delle sue finalità, rimarrà costantemente presente nella pratica medica.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/108009
URN:NBN:IT:UNIPD-108009