La crisi dello stato sociale, che si trascina da quasi quarant’anni, unitamente agli effetti della crisi economica del 2007 hanno portato l’attenzione di imprese e istituzioni sul tema del welfare aziendale quale potenziale anello di congiunzione tra la ricerca di nuovi modelli per la competitività delle imprese e il processo di ricalibratura del welfare pubblico. Tuttavia, in Italia il fenomeno riguarda un numero ancora molto limitato di imprese – in prevalenza di grandi dimensioni -, prevalgono misure ancora non pienamente in grado di intercettare efficacemente i nuovi bisogni sociali e non si è ancora registrato un forte sviluppo di modelli in grado di coinvolgere il territorio per la generazione di reti di servizi che possano inserirsi a pieno titolo in un sistema di “secondo welfare”, ovvero un’arena in cui attori di natura diversa – fondazioni, associazioni, organizzazioni sindacali, associazioni datoriali, imprese, eccetera – mobilitano risorse non pubbliche per sviluppare servizi in grado di sostenere ed integrare il welfare pubblico da un punto divista quali-quantitativo. Uno dei modi per coniugare tali aspetti e contribuire allo sviluppo del welfare aziendale è ritenuto essere l’aggregazione tra aziende in rete. L’obbiettivo del presente lavoro è quello di fare chiarezza su quelle che possono essere le criticità e i vincoli, nonché il potenziale, delle reti nate per creare servizi di welfare comuni tra le aziende aderenti e valutare se effettivamente quello della rete può essere uno strumento in grado di portare a uno sviluppo del welfare aziendale in chiave territoriale e a portata delle imprese di piccole e medie dimensioni. La ricerca è stata svolta tramite la metodologia dello “studio di caso” e ha visto il coinvolgimento di due importanti realtà italiane. I risultati mostrano che le reti nate per la creazione di misure di welfare comuni possono agevolare l’avvicinamento delle PMI al tema del welfare aziendale e possono rappresentare un potenziale laboratorio di sperimentazione sul territorio per nuovi servizi in risposta a nuovi bisogni. Tuttavia, per facilitare tali processi occorre prestare particolare attenzione, in fase di progettazione della rete, alle caratteristiche di quello che sarà il territorio di riferimento, ai sistemi di relazioni industriali delle aziende partecipanti e ai meccanismi di regolamentazione interna.
Welfare aziendale e reti: prospettive di sviluppo e analisi di due best practice italiane
GRANDI, Daniele
2017
Abstract
La crisi dello stato sociale, che si trascina da quasi quarant’anni, unitamente agli effetti della crisi economica del 2007 hanno portato l’attenzione di imprese e istituzioni sul tema del welfare aziendale quale potenziale anello di congiunzione tra la ricerca di nuovi modelli per la competitività delle imprese e il processo di ricalibratura del welfare pubblico. Tuttavia, in Italia il fenomeno riguarda un numero ancora molto limitato di imprese – in prevalenza di grandi dimensioni -, prevalgono misure ancora non pienamente in grado di intercettare efficacemente i nuovi bisogni sociali e non si è ancora registrato un forte sviluppo di modelli in grado di coinvolgere il territorio per la generazione di reti di servizi che possano inserirsi a pieno titolo in un sistema di “secondo welfare”, ovvero un’arena in cui attori di natura diversa – fondazioni, associazioni, organizzazioni sindacali, associazioni datoriali, imprese, eccetera – mobilitano risorse non pubbliche per sviluppare servizi in grado di sostenere ed integrare il welfare pubblico da un punto divista quali-quantitativo. Uno dei modi per coniugare tali aspetti e contribuire allo sviluppo del welfare aziendale è ritenuto essere l’aggregazione tra aziende in rete. L’obbiettivo del presente lavoro è quello di fare chiarezza su quelle che possono essere le criticità e i vincoli, nonché il potenziale, delle reti nate per creare servizi di welfare comuni tra le aziende aderenti e valutare se effettivamente quello della rete può essere uno strumento in grado di portare a uno sviluppo del welfare aziendale in chiave territoriale e a portata delle imprese di piccole e medie dimensioni. La ricerca è stata svolta tramite la metodologia dello “studio di caso” e ha visto il coinvolgimento di due importanti realtà italiane. I risultati mostrano che le reti nate per la creazione di misure di welfare comuni possono agevolare l’avvicinamento delle PMI al tema del welfare aziendale e possono rappresentare un potenziale laboratorio di sperimentazione sul territorio per nuovi servizi in risposta a nuovi bisogni. Tuttavia, per facilitare tali processi occorre prestare particolare attenzione, in fase di progettazione della rete, alle caratteristiche di quello che sarà il territorio di riferimento, ai sistemi di relazioni industriali delle aziende partecipanti e ai meccanismi di regolamentazione interna.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/108730
URN:NBN:IT:UNIBG-108730