Introduzione e problematiche Qualche anno fa sono state scoperte numerose impronte umane in depositi appartenenti al vulcano di Roccamonfina (Italia meridionale, località Foresta, Mietto et al., 2003). Le piste sono state impresse sulla superficie di uno dei suoi numerosi flussi piroclastici. Attraverso il metodo 40Ar/39Ar l’unità con le impronte è stata datata a 345 ± 6 ka (Scaillet et al., 2008). Pertanto, queste impronte risultano essere le più antiche appartenenti al genere Homo mai trovate in Europa. Data l’importanza della scoperta, si è deciso di portare avanti uno studio che permettesse di capire: 1) quale sia stata l’origine del deposito; 2) quando le impronte siano state impresse; 3) che tipo di meccanismo abbia permesso l’impressione e la conservazione delle impronte. Le risposte a queste domande non sono supportate da dati di bibliografia: le caratteristiche di dettaglio sia vulcanologiche che sedimentologiche raramente sono state affrontate nei lavori passati. Uno studio di dettaglio sulla sedimentologia dei depositi, chiamati Brown Leucitic Tuff (BLT), rappresenta dunque il punto di partenza per meglio comprenderne le caratteristiche deposizionali. Analisi geochimiche e petrografiche permettono invece di capire il legame tra gli eventi post-deposizionali e la conservazione delle impronte. Stratigrafia: il Brown Leucitic Tuff (BLT) Un rilevamento di dettaglio in località Foresta e nella porzione nord-orientale del distretto vulcanico ha permesso l’identificazione nel Brown Leucitic Tuff (BLT) di una successione di differenti depositi piroclastici. Questa formazione è composta da otto unità piroclastiche che sono state analizzate molto attentamente. Su una di queste unità sono state infatti impresse le impronte umane. Parte dei depositi, inclusi quelli contenenti le impronte, risultano litificati. Analisi sedimentologiche e granulome-triche, accompagnate da un’analisi statistica dei dati, hanno permesso di caratterizzare lo stile eruttivo che ha portato alla deposizione del BLT e di suddividere le unità in sub-unità. Il BLT è il risultato di un’eruzione di tipo Pliniano-SubPliniano caratterizzato dalla deposizione di una serie di flussi piroclastici, come supportato da dati granulometrici e dallo studio degli spessori delle unità stesse. La stratigrafia del BLT riflette l’evoluzione di correnti piroclastiche originate da collassi di colonne eruttive. Questo ciclo eruttivo marca l’inizio della fase esplosiva della storia del vulcano di Roccamonfina. Caratteristiche petrografiche e geochimi-che del BLT In letteratura i depositi del vulcano di Roccamonfina vengono suddivisi in due serie magmatiche: alte in potassio (HK) e basse in potassio (K). Appleton (1972) ha definito come serie HK quelle comprendenti lave ne e lc- normative ricche in leucite, e come serie K quelle che includono basalti olivinici qz-normativi, trachibasalti e latiti ricche in biotite ed augiti. Le analisi sono state compiute su campioni di roccia totale presi dalle unità piroclastiche. Queste analisi testimoniano che le rocce del BLT appartengono principalmente alle serie HK. Questo dato permette di affermare che il ciclo eruttivo che ha generato il BLT si è verificato prima del cambiamento geochimico avvenuto nella camera magmatica. Processi post-deposizionali: la litificazione Il processo di litificazione è avvenuto poco tempo dopo la messa in posto del flusso piroclastico su cui sono state trovate le impronte. In questo tipo di depositi la litificazione avviene tramite il processo di zeolitizzazione. Ma quando e come questo processo si è verificato? Le datazioni 40Ar/39Ar dell’unità con le impronte e di quella immediatamente superiore suggeriscono che il tempo intercorso tra i due eventi esplosivi sia inferiore ai 4 ka. Di conseguenza il processo di zeolitizzazione è durato al massimo 4000 anni, in quanto solamente l’unità con le impronte e le quattro sottostanti sono litificate e non quelle sovrastanti. Durante questo intervallo temporale l’acqua meteorica ha permeato i depositi vulcanici incorenti. L’acqua ha raffreddato e reso plastico il deposito, permettendo così il passaggio degli ominidi. In seguito ha avuto inizio il processo di zeolitizzazione. Questo è un processo di alterazione del vetro vulcanico instabile tramite la circolazione di fluidi nel deposito. I fluidi dissolvono le parti termodinamicamente instabili e precipitano zeoliti, stabili a bassa temperatura (circa 60-40°C). Le zeoliti possono così cementare la massa di fondo creando un reticolo rigido tra i componenti del deposito (minerali, frammenti litici …). Il deposito è stato dunque litificato permettendo la conservazione delle impronte umane anche dopo la deposizione del flusso piroclastico successivo. Datazioni della superficie Due sono le domande alle quali le datazioni cercano di dare una risposta: 1) quando sono state impresse le impronte; 2) perchè esse sono oggi visibili? Alla prima domanda si risponde datando gli eventi eruttivi. Diversi campioni sono stati raccolti e analizzati al Berkeley Geochronology Center con la collaborazione del Prof. Paul Renne. I risultati mostrano che l’età dell’unità con le impronte è comparabile all’età del flusso successivo (flusso improntato 349 ± 3 ka, flusso sovrastante 350 ± 3 ka). Il passaggio degli ominidi e il processo di litificazione si sono verificati dunque al massimo entro un intervallo di 4000 anni. Da quanto tempo però questa superficie è esposta? Per rispondere a questa domanda sono stati effettuate ricerche d’archivio ed effettuate analisi lichenometriche. Le ricerche d’archivio si basano sull’origine del toponimo “Ciampate del Diavolo”. In questo modo è possibile stabilire da quanto tempo il sito è conosciuto. Tra il 1807 e il 1816 l’area di Foresta è stata interessata da precipitazioni straordinarie e numerose frane. Queste hanno coinvolto la parte non litificata del BLT al di sopra delle impronte portando così alla luce la superficie. Le analisi lichenometriche si basano sul tasso di crescita di un particolare tipo di licheni (Aspicilia cinerea) e sono state utilizzate per capire da quanto tempo la superficie è in esposizione. Secondo questo dato la superficie risulta esposta dagli inizi del 1800. Entrambe le metodologie quindi con-fermano l’esposizione della superficie dall’inizio del XIX secolo. Conclusioni L’attività eruttiva del Roccamonfina ha dato luogo alla deposizione di una serie di unità piroclastiche. Durante il periodo di quiescenza tra un evento eruttivo e il successivo, durato al massimo 3000-4000 anni, le precipitazioni meteoriche hanno saturato il deposito. In seguito gli ominidi hanno camminato al di sopra di questa superficie plastica e fredda, lasciando le tracce del loro passaggio. A causa del fluidi circolanti legati alle precipitazioni, si è sviluppato il processo di zeolitizzazione che ha permesso la litificazione e quindi la conservazione delle impronte. Successivamente il complesso vulcanico ha ripreso la sua attività, ma nessuno dei flussi successivi ha subito litificazione. Durante il XIX secolo abbondanti precipitazioni hanno eroso le parti non litificate del BLT permettendo così l’esposizione della superficie e quindi la venuta a giorno delle impronte così come le vediamo oggi.

ANALYSIS OF A TRAMPLED FORMATION: THE BROWN LEUCITIC TUFF (Roccamonfina volcano, Southern Italy)

SANTELLO, LISA
2010

Abstract

Introduzione e problematiche Qualche anno fa sono state scoperte numerose impronte umane in depositi appartenenti al vulcano di Roccamonfina (Italia meridionale, località Foresta, Mietto et al., 2003). Le piste sono state impresse sulla superficie di uno dei suoi numerosi flussi piroclastici. Attraverso il metodo 40Ar/39Ar l’unità con le impronte è stata datata a 345 ± 6 ka (Scaillet et al., 2008). Pertanto, queste impronte risultano essere le più antiche appartenenti al genere Homo mai trovate in Europa. Data l’importanza della scoperta, si è deciso di portare avanti uno studio che permettesse di capire: 1) quale sia stata l’origine del deposito; 2) quando le impronte siano state impresse; 3) che tipo di meccanismo abbia permesso l’impressione e la conservazione delle impronte. Le risposte a queste domande non sono supportate da dati di bibliografia: le caratteristiche di dettaglio sia vulcanologiche che sedimentologiche raramente sono state affrontate nei lavori passati. Uno studio di dettaglio sulla sedimentologia dei depositi, chiamati Brown Leucitic Tuff (BLT), rappresenta dunque il punto di partenza per meglio comprenderne le caratteristiche deposizionali. Analisi geochimiche e petrografiche permettono invece di capire il legame tra gli eventi post-deposizionali e la conservazione delle impronte. Stratigrafia: il Brown Leucitic Tuff (BLT) Un rilevamento di dettaglio in località Foresta e nella porzione nord-orientale del distretto vulcanico ha permesso l’identificazione nel Brown Leucitic Tuff (BLT) di una successione di differenti depositi piroclastici. Questa formazione è composta da otto unità piroclastiche che sono state analizzate molto attentamente. Su una di queste unità sono state infatti impresse le impronte umane. Parte dei depositi, inclusi quelli contenenti le impronte, risultano litificati. Analisi sedimentologiche e granulome-triche, accompagnate da un’analisi statistica dei dati, hanno permesso di caratterizzare lo stile eruttivo che ha portato alla deposizione del BLT e di suddividere le unità in sub-unità. Il BLT è il risultato di un’eruzione di tipo Pliniano-SubPliniano caratterizzato dalla deposizione di una serie di flussi piroclastici, come supportato da dati granulometrici e dallo studio degli spessori delle unità stesse. La stratigrafia del BLT riflette l’evoluzione di correnti piroclastiche originate da collassi di colonne eruttive. Questo ciclo eruttivo marca l’inizio della fase esplosiva della storia del vulcano di Roccamonfina. Caratteristiche petrografiche e geochimi-che del BLT In letteratura i depositi del vulcano di Roccamonfina vengono suddivisi in due serie magmatiche: alte in potassio (HK) e basse in potassio (K). Appleton (1972) ha definito come serie HK quelle comprendenti lave ne e lc- normative ricche in leucite, e come serie K quelle che includono basalti olivinici qz-normativi, trachibasalti e latiti ricche in biotite ed augiti. Le analisi sono state compiute su campioni di roccia totale presi dalle unità piroclastiche. Queste analisi testimoniano che le rocce del BLT appartengono principalmente alle serie HK. Questo dato permette di affermare che il ciclo eruttivo che ha generato il BLT si è verificato prima del cambiamento geochimico avvenuto nella camera magmatica. Processi post-deposizionali: la litificazione Il processo di litificazione è avvenuto poco tempo dopo la messa in posto del flusso piroclastico su cui sono state trovate le impronte. In questo tipo di depositi la litificazione avviene tramite il processo di zeolitizzazione. Ma quando e come questo processo si è verificato? Le datazioni 40Ar/39Ar dell’unità con le impronte e di quella immediatamente superiore suggeriscono che il tempo intercorso tra i due eventi esplosivi sia inferiore ai 4 ka. Di conseguenza il processo di zeolitizzazione è durato al massimo 4000 anni, in quanto solamente l’unità con le impronte e le quattro sottostanti sono litificate e non quelle sovrastanti. Durante questo intervallo temporale l’acqua meteorica ha permeato i depositi vulcanici incorenti. L’acqua ha raffreddato e reso plastico il deposito, permettendo così il passaggio degli ominidi. In seguito ha avuto inizio il processo di zeolitizzazione. Questo è un processo di alterazione del vetro vulcanico instabile tramite la circolazione di fluidi nel deposito. I fluidi dissolvono le parti termodinamicamente instabili e precipitano zeoliti, stabili a bassa temperatura (circa 60-40°C). Le zeoliti possono così cementare la massa di fondo creando un reticolo rigido tra i componenti del deposito (minerali, frammenti litici …). Il deposito è stato dunque litificato permettendo la conservazione delle impronte umane anche dopo la deposizione del flusso piroclastico successivo. Datazioni della superficie Due sono le domande alle quali le datazioni cercano di dare una risposta: 1) quando sono state impresse le impronte; 2) perchè esse sono oggi visibili? Alla prima domanda si risponde datando gli eventi eruttivi. Diversi campioni sono stati raccolti e analizzati al Berkeley Geochronology Center con la collaborazione del Prof. Paul Renne. I risultati mostrano che l’età dell’unità con le impronte è comparabile all’età del flusso successivo (flusso improntato 349 ± 3 ka, flusso sovrastante 350 ± 3 ka). Il passaggio degli ominidi e il processo di litificazione si sono verificati dunque al massimo entro un intervallo di 4000 anni. Da quanto tempo però questa superficie è esposta? Per rispondere a questa domanda sono stati effettuate ricerche d’archivio ed effettuate analisi lichenometriche. Le ricerche d’archivio si basano sull’origine del toponimo “Ciampate del Diavolo”. In questo modo è possibile stabilire da quanto tempo il sito è conosciuto. Tra il 1807 e il 1816 l’area di Foresta è stata interessata da precipitazioni straordinarie e numerose frane. Queste hanno coinvolto la parte non litificata del BLT al di sopra delle impronte portando così alla luce la superficie. Le analisi lichenometriche si basano sul tasso di crescita di un particolare tipo di licheni (Aspicilia cinerea) e sono state utilizzate per capire da quanto tempo la superficie è in esposizione. Secondo questo dato la superficie risulta esposta dagli inizi del 1800. Entrambe le metodologie quindi con-fermano l’esposizione della superficie dall’inizio del XIX secolo. Conclusioni L’attività eruttiva del Roccamonfina ha dato luogo alla deposizione di una serie di unità piroclastiche. Durante il periodo di quiescenza tra un evento eruttivo e il successivo, durato al massimo 3000-4000 anni, le precipitazioni meteoriche hanno saturato il deposito. In seguito gli ominidi hanno camminato al di sopra di questa superficie plastica e fredda, lasciando le tracce del loro passaggio. A causa del fluidi circolanti legati alle precipitazioni, si è sviluppato il processo di zeolitizzazione che ha permesso la litificazione e quindi la conservazione delle impronte. Successivamente il complesso vulcanico ha ripreso la sua attività, ma nessuno dei flussi successivi ha subito litificazione. Durante il XIX secolo abbondanti precipitazioni hanno eroso le parti non litificate del BLT permettendo così l’esposizione della superficie e quindi la venuta a giorno delle impronte così come le vediamo oggi.
27-gen-2010
Inglese
Roccamonfina volcano, human footprints, zeolitization
Università degli studi di Padova
154
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/108814
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-108814