Rhizobium sullae, un batterio azotofissatore, induce la formazione di noduli radicali in Hedysarum coronarium L., una leguminosa foraggiera conosciuta in Italia con il nome di sulla e spontanea in quasi tutto il bacino del Mediterraneo, considerato il suo areale d’origine. Sebbene la capacità di denitrificare possa essere utile alla sopravvivenza e alla crescita delle cellule batteriche in ambienti anossici, il processo di denitrificazione tra i rizobi è piuttosto raro. Soltanto B. japonicum e A. caulinodans si comportano come i veri denitrificanti, riducendo il nitrato (NO3-) simultaneamente a NH4+(assimilazione) e N2 (denitrificazione), quando fatti crescere, in condizioni di microaerofilia, in colture contenenti nitrato come sola fonte di azoto. R sullae strain HCNT1 ha dimostrato di possedere una nitrito riduttasi contenente rame (Cu-Nir), in grado di produrre ossido nitrico (NO) e codificata dal gene nirK, mentre non possiede invece l’ossido nitrico riduttasi e gli altri enzimi richiesti per il processo completo di denitrificazione. L’espressione del gene nirK è atipica e unica nel suo genere, poiché non richiede la presenza del suo substrato, il nitrito (NO2-), ma soltanto di una diminuzione della concentrazione di ossigeno in una fase di induzione. La riduzione del nitrito da parte del ceppo HCNT1 provoca l’inibizione della crescita cellulare, a causa dell’accumulo di NO a livelli tossici per la cellula microbica, a conferma che R. sullae non contiene l’enzima Nor (ossido nitrico reduttasi). Il processo di nodulazione, la crescita della pianta ospite e la capacità azoto-fissatrice del ceppo wild-type sono del tutto simili a quelle riscontrate nei ceppi mutanti nirK-. L’esistenza di un ruolo fisiologico per la catena di denitrificazione interrotta riscontrata in R. sullae non ha in realtà una spiegazione ovvia. È possibile che l’attività dell’enzima Nir permetta alle cellule batteriche di convertirsi nella forma VBNC (viable-but-not-culturable), in modo tale che possano sopravvivere in condizioni di stress anche per lunghi periodi, senza perdere tuttavia la capacità di riprendere lo stato vegetativo. Recentemente il ceppo HCNT1 ha dimostrato di possedere la capacità di crescere in presenza di alte concentrazioni di selenito (50 mM); inoltre, durante la crescita, il selenito è stato ridotto a selenio elementare non tossico e di colore rosso. Un ceppo mutante di HCNT1, HCAT2, privo del gene per la nitrito riduttasi, non ha mostrato tuttavia la stessa capacità del wild-type di ridurre il selenito, non essendo in grado di crescere in mezzi colturali contenenti selenito 25 o 50 mM, o avendo scarsa capacità di crescere anche in presenza di basse concentrazioni di selenito (5 mM). Un altro ceppo di R. sullae, denominato A4, è stato isolato dallo stesso suolo dove in precedenza era stato isolato il ceppo HCNT1. Il ceppo A4 ha mostrato un comportamento molto simile a HCNT1 per quanto riguarda la risposta alla presenza del selenito nel mezzo di coltura, mentre il mutante A4 nirK- un comportamento più simile a quello del ceppo HCAT2. La mancanza del gene nirK sembra quindi rendere i ceppi molto più sensibili alla presenza dell’ossianione del selenio. A confermare questa evidenza, un ceppo wild-type privo del gene nirK, R. sullae CC1335, isolato in un ambiente diverso da quello di HCNT1 e A4, ha mostrato la sua incapacità di crescere in presenza di selenito. D’altra parte, il trasferimento del gene nirK di HCNT1 nel ceppo CC1335 ha contribuito ad incrementare la sua resistenza a questo ossianione. I dati raccolti in questi esperimenti hanno suggerito, quindi, la possibilità che la nitrito riduttasi di R. sullae possa far parte di un meccanismo responsabile della resistenza al selenito, indicando una spiegazione plausibile per l’esistenza della catena di denitrificazione radicalmente troncata e riscontrata unicamente in questo batterio. Tenendo presente la capacità di Nir di ridurre differenti ossianioni oltre al nitrito, come ad esempio il selenito, è stato proposto per questo enzima un meccanismo di multifunzionamento, ovvero la proteina Nir potrebbe agire da nitrito o da selenito riduttasi in base al substrato e alle condizioni aerobiche o anaerobiche in cui si trova il microrganismo. Al fine di supportare quest’ultima ipotesi, sono state valutate le possibili correlazioni esistenti tra i sistemi di riduzione dei due ossianioni. In particolare è stato dimostrato che la riduzione del selenito avviene sia in condizioni aerobiche che anaerobiche, e che si tratta di una attività enzimatica costitutiva, a differenza dell’attività nitrito riduttasica, la quale richiede un periodo di induzione in condizioni limitanti di ossigeno. È stato riscontrato, inoltre, che l’aggiunta di nitrito in una coltura già contenente selenito non interferisce con la riduzione di quest’ultimo ossianione alla forma elementare del selenio. Al contrario, l’aggiunta di selenito a colture già contenenti nitrito ha mostrato di inibire la produzione degli ossidi di azoto, nei casi in cui venga aggiunto prima, durante o dopo la fase di incubazione in microaerofilia. L’utilizzo di uno specifico chelante delle nitrito reduttasi contenenti rame (Cu-Nir) insieme al selenito contenuto nel un mezzo colturale, ha rivelato che l’enzima responsabile della riduzione del selenito in R. sullae contiene rame, poiché l’attività selenito reduttasica viene inibita e non vi è formazione del colore rosso. Si è dunque reso necessario procedere alla purificazione della proteina al fine di studiarne più in dettaglio le proprietà. Ciò ha comportato la ricerca di una strategia adeguata che facesse uso di un sistema biologico appropriato. E. coli, generalmente utilizzato a questo scopo, ha mostrato di possedere vie metaboliche che portano alla riduzione del selenito a selenio elementare. Al fine di procedere in maniera inequivocabile alla produzione e purificazione della proteina è stato quindi necessario ricorrere alla costruzione di una proteina ricombinante marcata con istidina (6xHis) per l’espressione in E. coli, per poter poi procedere alla purificazione per affinità. Ciò ha comportato un ritardo imprevisto sulla tabella di marcia delle attività di dottorato. Tuttavia la proteina Nir è stata infine purificata e sono stati condotti saggi in vitro per testarne l’effettiva capacità di ridurre il nitrito e il selenito separatamente. In tal modo è possibile chiarire se la nitrito e la selenito riduttasi sono la stessa proteina che lavora in modo diverso a seconda del substrato e delle condizioni in cui si trovano le cellule batteriche, o se si tratta di due proteine distinte che lavorano indipendentemente. L’approccio preliminare che è stato possibile attuare su una prima frazione di proteina purificata ha indicato che le condizioni di espressione e il metodo di purificazione possono avere una grande influenza sull’espressione stessa. Mentr la riduzione del nitrito è stato già verificata con successo, occorreranno tempi un po’ più lunghi per ottenere discrete quantità dell’enzima da utilizzare in tutte le potenziali condizioni di espressione.
An apparently useless conserved gene in Rhizobium sullae
BOTTEGAL, MARIANGELA
2009
Abstract
Rhizobium sullae, un batterio azotofissatore, induce la formazione di noduli radicali in Hedysarum coronarium L., una leguminosa foraggiera conosciuta in Italia con il nome di sulla e spontanea in quasi tutto il bacino del Mediterraneo, considerato il suo areale d’origine. Sebbene la capacità di denitrificare possa essere utile alla sopravvivenza e alla crescita delle cellule batteriche in ambienti anossici, il processo di denitrificazione tra i rizobi è piuttosto raro. Soltanto B. japonicum e A. caulinodans si comportano come i veri denitrificanti, riducendo il nitrato (NO3-) simultaneamente a NH4+(assimilazione) e N2 (denitrificazione), quando fatti crescere, in condizioni di microaerofilia, in colture contenenti nitrato come sola fonte di azoto. R sullae strain HCNT1 ha dimostrato di possedere una nitrito riduttasi contenente rame (Cu-Nir), in grado di produrre ossido nitrico (NO) e codificata dal gene nirK, mentre non possiede invece l’ossido nitrico riduttasi e gli altri enzimi richiesti per il processo completo di denitrificazione. L’espressione del gene nirK è atipica e unica nel suo genere, poiché non richiede la presenza del suo substrato, il nitrito (NO2-), ma soltanto di una diminuzione della concentrazione di ossigeno in una fase di induzione. La riduzione del nitrito da parte del ceppo HCNT1 provoca l’inibizione della crescita cellulare, a causa dell’accumulo di NO a livelli tossici per la cellula microbica, a conferma che R. sullae non contiene l’enzima Nor (ossido nitrico reduttasi). Il processo di nodulazione, la crescita della pianta ospite e la capacità azoto-fissatrice del ceppo wild-type sono del tutto simili a quelle riscontrate nei ceppi mutanti nirK-. L’esistenza di un ruolo fisiologico per la catena di denitrificazione interrotta riscontrata in R. sullae non ha in realtà una spiegazione ovvia. È possibile che l’attività dell’enzima Nir permetta alle cellule batteriche di convertirsi nella forma VBNC (viable-but-not-culturable), in modo tale che possano sopravvivere in condizioni di stress anche per lunghi periodi, senza perdere tuttavia la capacità di riprendere lo stato vegetativo. Recentemente il ceppo HCNT1 ha dimostrato di possedere la capacità di crescere in presenza di alte concentrazioni di selenito (50 mM); inoltre, durante la crescita, il selenito è stato ridotto a selenio elementare non tossico e di colore rosso. Un ceppo mutante di HCNT1, HCAT2, privo del gene per la nitrito riduttasi, non ha mostrato tuttavia la stessa capacità del wild-type di ridurre il selenito, non essendo in grado di crescere in mezzi colturali contenenti selenito 25 o 50 mM, o avendo scarsa capacità di crescere anche in presenza di basse concentrazioni di selenito (5 mM). Un altro ceppo di R. sullae, denominato A4, è stato isolato dallo stesso suolo dove in precedenza era stato isolato il ceppo HCNT1. Il ceppo A4 ha mostrato un comportamento molto simile a HCNT1 per quanto riguarda la risposta alla presenza del selenito nel mezzo di coltura, mentre il mutante A4 nirK- un comportamento più simile a quello del ceppo HCAT2. La mancanza del gene nirK sembra quindi rendere i ceppi molto più sensibili alla presenza dell’ossianione del selenio. A confermare questa evidenza, un ceppo wild-type privo del gene nirK, R. sullae CC1335, isolato in un ambiente diverso da quello di HCNT1 e A4, ha mostrato la sua incapacità di crescere in presenza di selenito. D’altra parte, il trasferimento del gene nirK di HCNT1 nel ceppo CC1335 ha contribuito ad incrementare la sua resistenza a questo ossianione. I dati raccolti in questi esperimenti hanno suggerito, quindi, la possibilità che la nitrito riduttasi di R. sullae possa far parte di un meccanismo responsabile della resistenza al selenito, indicando una spiegazione plausibile per l’esistenza della catena di denitrificazione radicalmente troncata e riscontrata unicamente in questo batterio. Tenendo presente la capacità di Nir di ridurre differenti ossianioni oltre al nitrito, come ad esempio il selenito, è stato proposto per questo enzima un meccanismo di multifunzionamento, ovvero la proteina Nir potrebbe agire da nitrito o da selenito riduttasi in base al substrato e alle condizioni aerobiche o anaerobiche in cui si trova il microrganismo. Al fine di supportare quest’ultima ipotesi, sono state valutate le possibili correlazioni esistenti tra i sistemi di riduzione dei due ossianioni. In particolare è stato dimostrato che la riduzione del selenito avviene sia in condizioni aerobiche che anaerobiche, e che si tratta di una attività enzimatica costitutiva, a differenza dell’attività nitrito riduttasica, la quale richiede un periodo di induzione in condizioni limitanti di ossigeno. È stato riscontrato, inoltre, che l’aggiunta di nitrito in una coltura già contenente selenito non interferisce con la riduzione di quest’ultimo ossianione alla forma elementare del selenio. Al contrario, l’aggiunta di selenito a colture già contenenti nitrito ha mostrato di inibire la produzione degli ossidi di azoto, nei casi in cui venga aggiunto prima, durante o dopo la fase di incubazione in microaerofilia. L’utilizzo di uno specifico chelante delle nitrito reduttasi contenenti rame (Cu-Nir) insieme al selenito contenuto nel un mezzo colturale, ha rivelato che l’enzima responsabile della riduzione del selenito in R. sullae contiene rame, poiché l’attività selenito reduttasica viene inibita e non vi è formazione del colore rosso. Si è dunque reso necessario procedere alla purificazione della proteina al fine di studiarne più in dettaglio le proprietà. Ciò ha comportato la ricerca di una strategia adeguata che facesse uso di un sistema biologico appropriato. E. coli, generalmente utilizzato a questo scopo, ha mostrato di possedere vie metaboliche che portano alla riduzione del selenito a selenio elementare. Al fine di procedere in maniera inequivocabile alla produzione e purificazione della proteina è stato quindi necessario ricorrere alla costruzione di una proteina ricombinante marcata con istidina (6xHis) per l’espressione in E. coli, per poter poi procedere alla purificazione per affinità. Ciò ha comportato un ritardo imprevisto sulla tabella di marcia delle attività di dottorato. Tuttavia la proteina Nir è stata infine purificata e sono stati condotti saggi in vitro per testarne l’effettiva capacità di ridurre il nitrito e il selenito separatamente. In tal modo è possibile chiarire se la nitrito e la selenito riduttasi sono la stessa proteina che lavora in modo diverso a seconda del substrato e delle condizioni in cui si trovano le cellule batteriche, o se si tratta di due proteine distinte che lavorano indipendentemente. L’approccio preliminare che è stato possibile attuare su una prima frazione di proteina purificata ha indicato che le condizioni di espressione e il metodo di purificazione possono avere una grande influenza sull’espressione stessa. Mentr la riduzione del nitrito è stato già verificata con successo, occorreranno tempi un po’ più lunghi per ottenere discrete quantità dell’enzima da utilizzare in tutte le potenziali condizioni di espressione.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/109313
URN:NBN:IT:UNIPD-109313