La cardiomiopatia ipertrofica (CMI) rappresenta la più frequente malattia cardiaca geneticamente determinata. È caratterizzata da un decorso clinico estremamente eterogeneo, che può variare da forme benigne ed asintomatiche a quadri particolarmente severi culminanti con morte improvvisa o per insufficienza cardiaca. Fino ad oggi sono state identificate più di 450 diverse mutazioni a carico di oltre 20 geni codificanti non solo proteine del sarcomero, ma anche altre strutture cellulari quali il disco Z e i dischi intercari o geni implicati nel metabolismo cardiaco. L’analisi genetica è un importante strumento diagnostico nelle situazioni dubbie, può dare talora indicazioni prognostiche, ma soprattutto consente di porre una diagnosi preclinica nei familiari di probandi affetti da CMI. Tuttavia essa consente di ottenere dei risultati conclusivi sono in una limitata percentuale di soggetti e rappresenta una metodica costosa, laboriosa ed ancora prerogativa di pochi centri specializzati. Lo scopo di questo studio è stata l’identificazione di mutazioni patogene nei geni sarcomerici più frequentemente implicati nella CMI e la ricerca di correlazioni genotipo-fenotipo in un’ampia popolazione di pazienti con CMI seguiti presso l’ambulatorio specialistico della Clinica Cardiologica dell’Università di Padova. Una volta individuata la mutazione patogena nel probando, questa è stata ricercata nei familiari di primo grado al fine di consentire una diagnosi precoce e di programmare un adeguato follow-up clinico. Data l’impossibilità di sottoporre sistematicamente l’intera popolazione seguita presso il nostro ambulatorio specialistico a tale indagine, si è deciso di procedere con un approccio razionale “a cascata” selezionando 83 casi-indice con forme fenotipicamente più severe o appartenenti a grandi famiglie in cui si erano verificati numerosi eventi maggiori e sottoponendo questi ad analisi genetica per screening di mutazioni nei 4 geni sarcomerici noti dalla letteratura essere i più frequentemente implicati nella CMI (MYBPC3, MYH7, TNNT2, TNNI3) mediante denaturing high performance liquid chromatography (DHPLC) e sequenziamento diretto. Un sottogruppo di 30 probandi è stato sottoposto ad analisi per ricerca di mutazioni in 12 geni sarcomerici e non (MYH7, MYBPC3, MYL2, MYL3, TNNT2, TNNI3, TNNC1, TPM1, ACTC, CSRP3, PLN e PRKAG2) mediante tecnica di DNA resequencing array. Qualora la mutazione trovata non fosse già nota in letteratura, questa è stata testata in una popolazione di controllo di soggetti sani, per confermare che non si trattasse di un polimorfismo. Comprendendo entrambi i metodi di screening la nostra popolazione è risultata composta da 99 casi-indice (età media alla diagnosi 31±17 anni, età all’ultimo controllo 45±17 anni, 70% maschi, 65% con familiarità per CMI, 38% forme ostruttive). Sono state identificate 27 mutazioni patogene in 30 probandi (30%). La percentuale di probandi con mutazione è risultata non variare a seconda del metodo di screening utilizzato (25/83 probandi, 30%, identificati mediante DHPLC e sequenziamento diretto contro 8/30 probandi, 27%, mediante DNA resequencing array, p=0,72), né sulla base della storia familiare di CMI (21/64, 33%, nelle forme familiari, contro 9/35, 26%, nei casi sporadici, p=0,46). Dei 14 probandi indagati con entrambe le tecniche, in 3 casi le stesse mutazioni sono state identificate con entrambi i metodi, mostrando una buona concordanza diagnostica. Una sola mutazione in una regione intronica è stata identifica al DHPLC, ma “mancata” al DNA resequencing array. I geni più frequentemente implicati sono risultati MYH7 codificante la catena pesante della beta-miosina con 11 mutazioni in 11 probandi e MYBPC3 codificante la proteina C legante la miosina con 8 mutazioni in 12 probandi. Meno frequentemente sono state riscontrate mutazioni nei geni per le troponine cardiache I e T (rispettivamente in 4 e 3 pazienti) ed in un caso è stata riscontrata una mutazione nel gene MYL3 codificante la catena leggera essenziale della miosina. In due pazienti erano presenti doppie mutazioni. Pazienti con mutazioni a carico dello stesso gene presentavano quadri clinici e decorso estremamente variabile, particolarmente severo nei pazienti con mutazioni multiple. In 51 familiari, provenienti da 16 famiglie, è stata ricercata la mutazione patogena trovata nel probando, e di questi 23 (45%) sono risultati portatori. Mentre in 8 pazienti alla presenza di mutazione corrispondeva espressione clinica di malattia, in 5 non vi erano segni di CMI e nei restanti 10 solamente alterazioni minori non ancora diagnostiche (alterazioni aspecifiche dell’ECG, spessore parietale del ventricolo sinistro tra 12 e 13 mm, alterato rilasciamento all’eco-Doppler). L’analisi con Doppler Tissutale si è dimostrata sensibile nell’identificazione di anomalie precoci nei portatori di mutazioni e, se inserita in un approccio diagnostico multiparametrico, potrebbe consentire una diagnosi preclinica. In conclusione, sebbene rappresenti un’indagine costosa e che consente l’identificazione di mutazioni patogene solo in una percentuale di pazienti variabile (circa 30%) l’analisi genetica è entrata a far parte del percorso clinico-diagnostico della cardiomiopatia ipertrofica. Il numero di geni candidati e di mutazioni è in continuo sviluppo comprendendo anche numerosi geni non-sarcomerici. Ampia variabilità clinica e fenotipica è presente nei pazienti con singola mutazione, mentre i pazienti con doppie mutazioni vanno incontro ad un decorso particolarmente severo. Lo screening genetico nei familiari per la ricerca della mutazione identificata nel probando rappresenta il gold-standard per la diagnosi precoce e può guidare il follow-up clinico (stretta sorveglianza clinica per i portatori, rassicurazione e controlli dilazionati nei negativi). Il sottogruppo di portatori sani, il cui decorso clinico rimane ancora da chiarire, rappresenta inoltre un’interessante popolazione per studiare fenomeni precoci di comparsa della malattia ed eventuali strategie preventive.

Genotype-phenotype correlations and genetic family screening in hypertrophic cardiomyopathy

CALORE, CHIARA
2011

Abstract

La cardiomiopatia ipertrofica (CMI) rappresenta la più frequente malattia cardiaca geneticamente determinata. È caratterizzata da un decorso clinico estremamente eterogeneo, che può variare da forme benigne ed asintomatiche a quadri particolarmente severi culminanti con morte improvvisa o per insufficienza cardiaca. Fino ad oggi sono state identificate più di 450 diverse mutazioni a carico di oltre 20 geni codificanti non solo proteine del sarcomero, ma anche altre strutture cellulari quali il disco Z e i dischi intercari o geni implicati nel metabolismo cardiaco. L’analisi genetica è un importante strumento diagnostico nelle situazioni dubbie, può dare talora indicazioni prognostiche, ma soprattutto consente di porre una diagnosi preclinica nei familiari di probandi affetti da CMI. Tuttavia essa consente di ottenere dei risultati conclusivi sono in una limitata percentuale di soggetti e rappresenta una metodica costosa, laboriosa ed ancora prerogativa di pochi centri specializzati. Lo scopo di questo studio è stata l’identificazione di mutazioni patogene nei geni sarcomerici più frequentemente implicati nella CMI e la ricerca di correlazioni genotipo-fenotipo in un’ampia popolazione di pazienti con CMI seguiti presso l’ambulatorio specialistico della Clinica Cardiologica dell’Università di Padova. Una volta individuata la mutazione patogena nel probando, questa è stata ricercata nei familiari di primo grado al fine di consentire una diagnosi precoce e di programmare un adeguato follow-up clinico. Data l’impossibilità di sottoporre sistematicamente l’intera popolazione seguita presso il nostro ambulatorio specialistico a tale indagine, si è deciso di procedere con un approccio razionale “a cascata” selezionando 83 casi-indice con forme fenotipicamente più severe o appartenenti a grandi famiglie in cui si erano verificati numerosi eventi maggiori e sottoponendo questi ad analisi genetica per screening di mutazioni nei 4 geni sarcomerici noti dalla letteratura essere i più frequentemente implicati nella CMI (MYBPC3, MYH7, TNNT2, TNNI3) mediante denaturing high performance liquid chromatography (DHPLC) e sequenziamento diretto. Un sottogruppo di 30 probandi è stato sottoposto ad analisi per ricerca di mutazioni in 12 geni sarcomerici e non (MYH7, MYBPC3, MYL2, MYL3, TNNT2, TNNI3, TNNC1, TPM1, ACTC, CSRP3, PLN e PRKAG2) mediante tecnica di DNA resequencing array. Qualora la mutazione trovata non fosse già nota in letteratura, questa è stata testata in una popolazione di controllo di soggetti sani, per confermare che non si trattasse di un polimorfismo. Comprendendo entrambi i metodi di screening la nostra popolazione è risultata composta da 99 casi-indice (età media alla diagnosi 31±17 anni, età all’ultimo controllo 45±17 anni, 70% maschi, 65% con familiarità per CMI, 38% forme ostruttive). Sono state identificate 27 mutazioni patogene in 30 probandi (30%). La percentuale di probandi con mutazione è risultata non variare a seconda del metodo di screening utilizzato (25/83 probandi, 30%, identificati mediante DHPLC e sequenziamento diretto contro 8/30 probandi, 27%, mediante DNA resequencing array, p=0,72), né sulla base della storia familiare di CMI (21/64, 33%, nelle forme familiari, contro 9/35, 26%, nei casi sporadici, p=0,46). Dei 14 probandi indagati con entrambe le tecniche, in 3 casi le stesse mutazioni sono state identificate con entrambi i metodi, mostrando una buona concordanza diagnostica. Una sola mutazione in una regione intronica è stata identifica al DHPLC, ma “mancata” al DNA resequencing array. I geni più frequentemente implicati sono risultati MYH7 codificante la catena pesante della beta-miosina con 11 mutazioni in 11 probandi e MYBPC3 codificante la proteina C legante la miosina con 8 mutazioni in 12 probandi. Meno frequentemente sono state riscontrate mutazioni nei geni per le troponine cardiache I e T (rispettivamente in 4 e 3 pazienti) ed in un caso è stata riscontrata una mutazione nel gene MYL3 codificante la catena leggera essenziale della miosina. In due pazienti erano presenti doppie mutazioni. Pazienti con mutazioni a carico dello stesso gene presentavano quadri clinici e decorso estremamente variabile, particolarmente severo nei pazienti con mutazioni multiple. In 51 familiari, provenienti da 16 famiglie, è stata ricercata la mutazione patogena trovata nel probando, e di questi 23 (45%) sono risultati portatori. Mentre in 8 pazienti alla presenza di mutazione corrispondeva espressione clinica di malattia, in 5 non vi erano segni di CMI e nei restanti 10 solamente alterazioni minori non ancora diagnostiche (alterazioni aspecifiche dell’ECG, spessore parietale del ventricolo sinistro tra 12 e 13 mm, alterato rilasciamento all’eco-Doppler). L’analisi con Doppler Tissutale si è dimostrata sensibile nell’identificazione di anomalie precoci nei portatori di mutazioni e, se inserita in un approccio diagnostico multiparametrico, potrebbe consentire una diagnosi preclinica. In conclusione, sebbene rappresenti un’indagine costosa e che consente l’identificazione di mutazioni patogene solo in una percentuale di pazienti variabile (circa 30%) l’analisi genetica è entrata a far parte del percorso clinico-diagnostico della cardiomiopatia ipertrofica. Il numero di geni candidati e di mutazioni è in continuo sviluppo comprendendo anche numerosi geni non-sarcomerici. Ampia variabilità clinica e fenotipica è presente nei pazienti con singola mutazione, mentre i pazienti con doppie mutazioni vanno incontro ad un decorso particolarmente severo. Lo screening genetico nei familiari per la ricerca della mutazione identificata nel probando rappresenta il gold-standard per la diagnosi precoce e può guidare il follow-up clinico (stretta sorveglianza clinica per i portatori, rassicurazione e controlli dilazionati nei negativi). Il sottogruppo di portatori sani, il cui decorso clinico rimane ancora da chiarire, rappresenta inoltre un’interessante popolazione per studiare fenomeni precoci di comparsa della malattia ed eventuali strategie preventive.
18-giu-2011
Inglese
Cardiomiopatia ipertrofica /hypertrophic cardiomyopathy; analisi genetica/genetic screening
Università degli studi di Padova
121
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-109379