Nel susseguirsi delle diverse fasi dell'età del Bronzo si assiste ad uno sviluppo e diffusione della metallurgia del rame che, in momenti diversi, ricopre vari campi di sperimentazione. Fra la fine dell'età del Rame ed il Bronzo Antico questa sperimentazione appare volta allo sviluppo dei metodi estrattivi, all'esplorazione dell'utilizzo di diversi minerali ed alla ricerca di nuove leghe (quali i bronzi arsenicali, le leghe tipo Fahlerz ed il bronzo). In un momento più tardo, nel Bronzo Recente-Bronzo Finale, questi aspetti non sono più così rilevanti; la metallurgia del bronzo è ormai già ampiamente diffusa, e la sperimentazione sembra ora volta allo sviluppo degli spetti più tecnologici della lavorazione e dello sfruttamento di questa lega. E' in questo quadro che si inserisce il presente lavoro di ricerca. Nella tesi sono presi in considerazione tre contesti differenti, appartenenti a varie fasi del periodo Bronzo Recente-Bronzo Finale, il cui studio permette di investigare diversi aspetti della metallurgia del bronzo quali: l'alligazione, le tecnologie di produzione di manufatti a diversa funzionalità, e la diffusione degli oggetti finiti. La parte preponderante della ricerca di dottorato ha riguardato lo studio di un ripostiglio di recente ritrovamento, risalente al X-IX secolo a.C. e proveniente da Chiusa Pesio (CN). Si tratta di un tesoretto contenente più di 300 reperti metallici, la cui natura porta a supporre che possa essere il materiale di un antico fonditore-metallurgo, e di cui un centinaio circa sono stati sottoposti ad analisi archeometriche. Lo studio di questi materiali è volto alla ricerca di risposte a numerose e ben specifiche domande archeologiche, che vanno dalle tecniche di lavorazione utilizzate per singole tipologie di reperti, al confronto con materiali coevi di diversa provenienza, alla ricerca dell'origine del metallo usato. Le necessità della ricerca hanno richiesto l'impiego di diverse tecniche analitiche quali: la microscopia ottica (OM), la microscopia elettronica a scansione (SEM-EDS), la microsonda elettronica (EPMA), la fluorescenza a raggi-X (XRF), l'analisi d'immagine computerizzata (DIP), la metallografia a luce riflessa (RL-Me), la determinazione degli isotopi del Pb mediante spettrometria di massa (MS) e la spettrometria di emissione di raggi-X indotta da protoni (PIXE). I risultati ottenuti hanno gettato luce sul livello di conoscenza metallurgica del tempo, permettendo di chiarire molti dubbi sulle tecniche di lavorazione di specifiche classi di oggetti, dubbi che andavano dalla semplice presenza o assenza di annealing termico, all'investigazione dei metodi di ottenimento di oggetti a decorazione complessa, alla possibile conoscenza e sfruttamento del fenomeno della segregazione inversa per l'ottenimento di superfici argentee. La caratterizzazione chimica ha permesso inoltre una distinzione da materiali coevi a simile tipologia e diversa provenienza, differenziazione supportata anche dalle analisi isotopiche che hanno individuato, nelle vicine aree minerarie delle Alpi Occidentali la possibile zona di approvvigionamento del metallo. In un secondo contesto di studio si sono indagate palette con immanicatura a cannone di provenienza Veneta. Nonostante il fatto che le analisi abbiano riguardato un limitato numero di reperti, sono di particolare interesse per la problematica affrontata. A dispetto dell'importanza archeologica di questa classe di reperti, legata al fatto di avere tipologie ben specifiche, con areali di distribuzioni ristretti all'Italia Centro-Settentrionale e all'area Balcanica, le analisi disponibili in letteratura sono poche e in genere di tipo qualitativo. Tramite l'utilizzo di analisi chimiche e morfologiche, quali alcune di quelle sopra riportate, e attraverso lo studio delle tracce d'uso, è stato possibile dare alcune prime risposte. In particolare si è rilevata una differenziazione chimica fra la classe tipologica più antica (Bronzo Recente) e quella più recente (Bronzo Finale), legata sia al tenore di Sn, che soprattutto al livello di impurezze presenti in lega. Inoltre si sono osservate evidenti tracce d'uso che, associate agli studi metallografici, hanno permesso di escludere che tali materiali fossero usati come lingotti. La presenza di trattamenti termici della lega in una delle lame conferma questa conclusione. L'ultima problematica studiata è legata al processo di alligazione vero e proprio, investigato attraverso l'indagine archeometrica di crogioli e scarti di fusione provenienti dalla terramara di Beneceto (PR). Analisi chimiche, morfologiche e mineralogiche (effettuate anche tramite diffrazione di raggi-X da polveri, XRPD) hanno portato all'individuazione delle principali condizioni utilizzate durante il processo. L'alligazione avveniva in crogioli posti in buca, ricoperti da carboni e scaldati dall'alto, in un intervallo di temperature di 800-1200 °C. In un primo tempo veniva posto il rame nel crogiolo e solo in seguito avveniva l'aggiunta dello Sn, come testimoniato dal ritrovamento esclusivo di aree con rame disperse nelle zone di contatto con il corpo ceramico. I risultati della ricerca hanno permesso di aggiungere nuovi tasselli alla nostra conoscenza delle capacità metallurgiche esistenti in questa fase pre-protostorica, ed hanno anche evidenziato come, per avere risposte reali a specifiche domande archeologiche, occorrano approcci multidisciplinari che prevedano l'utilizzo di diversi metodi d'indagine.
Evidenze Metallurgiche nell'areale padano del bronzo medio-bronzo finale: studi archeometrici
ANGELINI, IVANA
2009
Abstract
Nel susseguirsi delle diverse fasi dell'età del Bronzo si assiste ad uno sviluppo e diffusione della metallurgia del rame che, in momenti diversi, ricopre vari campi di sperimentazione. Fra la fine dell'età del Rame ed il Bronzo Antico questa sperimentazione appare volta allo sviluppo dei metodi estrattivi, all'esplorazione dell'utilizzo di diversi minerali ed alla ricerca di nuove leghe (quali i bronzi arsenicali, le leghe tipo Fahlerz ed il bronzo). In un momento più tardo, nel Bronzo Recente-Bronzo Finale, questi aspetti non sono più così rilevanti; la metallurgia del bronzo è ormai già ampiamente diffusa, e la sperimentazione sembra ora volta allo sviluppo degli spetti più tecnologici della lavorazione e dello sfruttamento di questa lega. E' in questo quadro che si inserisce il presente lavoro di ricerca. Nella tesi sono presi in considerazione tre contesti differenti, appartenenti a varie fasi del periodo Bronzo Recente-Bronzo Finale, il cui studio permette di investigare diversi aspetti della metallurgia del bronzo quali: l'alligazione, le tecnologie di produzione di manufatti a diversa funzionalità, e la diffusione degli oggetti finiti. La parte preponderante della ricerca di dottorato ha riguardato lo studio di un ripostiglio di recente ritrovamento, risalente al X-IX secolo a.C. e proveniente da Chiusa Pesio (CN). Si tratta di un tesoretto contenente più di 300 reperti metallici, la cui natura porta a supporre che possa essere il materiale di un antico fonditore-metallurgo, e di cui un centinaio circa sono stati sottoposti ad analisi archeometriche. Lo studio di questi materiali è volto alla ricerca di risposte a numerose e ben specifiche domande archeologiche, che vanno dalle tecniche di lavorazione utilizzate per singole tipologie di reperti, al confronto con materiali coevi di diversa provenienza, alla ricerca dell'origine del metallo usato. Le necessità della ricerca hanno richiesto l'impiego di diverse tecniche analitiche quali: la microscopia ottica (OM), la microscopia elettronica a scansione (SEM-EDS), la microsonda elettronica (EPMA), la fluorescenza a raggi-X (XRF), l'analisi d'immagine computerizzata (DIP), la metallografia a luce riflessa (RL-Me), la determinazione degli isotopi del Pb mediante spettrometria di massa (MS) e la spettrometria di emissione di raggi-X indotta da protoni (PIXE). I risultati ottenuti hanno gettato luce sul livello di conoscenza metallurgica del tempo, permettendo di chiarire molti dubbi sulle tecniche di lavorazione di specifiche classi di oggetti, dubbi che andavano dalla semplice presenza o assenza di annealing termico, all'investigazione dei metodi di ottenimento di oggetti a decorazione complessa, alla possibile conoscenza e sfruttamento del fenomeno della segregazione inversa per l'ottenimento di superfici argentee. La caratterizzazione chimica ha permesso inoltre una distinzione da materiali coevi a simile tipologia e diversa provenienza, differenziazione supportata anche dalle analisi isotopiche che hanno individuato, nelle vicine aree minerarie delle Alpi Occidentali la possibile zona di approvvigionamento del metallo. In un secondo contesto di studio si sono indagate palette con immanicatura a cannone di provenienza Veneta. Nonostante il fatto che le analisi abbiano riguardato un limitato numero di reperti, sono di particolare interesse per la problematica affrontata. A dispetto dell'importanza archeologica di questa classe di reperti, legata al fatto di avere tipologie ben specifiche, con areali di distribuzioni ristretti all'Italia Centro-Settentrionale e all'area Balcanica, le analisi disponibili in letteratura sono poche e in genere di tipo qualitativo. Tramite l'utilizzo di analisi chimiche e morfologiche, quali alcune di quelle sopra riportate, e attraverso lo studio delle tracce d'uso, è stato possibile dare alcune prime risposte. In particolare si è rilevata una differenziazione chimica fra la classe tipologica più antica (Bronzo Recente) e quella più recente (Bronzo Finale), legata sia al tenore di Sn, che soprattutto al livello di impurezze presenti in lega. Inoltre si sono osservate evidenti tracce d'uso che, associate agli studi metallografici, hanno permesso di escludere che tali materiali fossero usati come lingotti. La presenza di trattamenti termici della lega in una delle lame conferma questa conclusione. L'ultima problematica studiata è legata al processo di alligazione vero e proprio, investigato attraverso l'indagine archeometrica di crogioli e scarti di fusione provenienti dalla terramara di Beneceto (PR). Analisi chimiche, morfologiche e mineralogiche (effettuate anche tramite diffrazione di raggi-X da polveri, XRPD) hanno portato all'individuazione delle principali condizioni utilizzate durante il processo. L'alligazione avveniva in crogioli posti in buca, ricoperti da carboni e scaldati dall'alto, in un intervallo di temperature di 800-1200 °C. In un primo tempo veniva posto il rame nel crogiolo e solo in seguito avveniva l'aggiunta dello Sn, come testimoniato dal ritrovamento esclusivo di aree con rame disperse nelle zone di contatto con il corpo ceramico. I risultati della ricerca hanno permesso di aggiungere nuovi tasselli alla nostra conoscenza delle capacità metallurgiche esistenti in questa fase pre-protostorica, ed hanno anche evidenziato come, per avere risposte reali a specifiche domande archeologiche, occorrano approcci multidisciplinari che prevedano l'utilizzo di diversi metodi d'indagine.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/109483
URN:NBN:IT:UNIPD-109483