A partire dalla scoperta del primio compagno di massa planetaria attorno ad una pulsar (Wolszczan & Frail 1992) e quella, poco tempo dopo, attorno ad una stella simile al nostro Sole (51 Peg, Mayor & Queloz 1995), numerosi passi avanti sono stati compiuti nello studio dei pianeti extra-solari. Ciò ha portato alla rapida crescita del campione rapidamente di pianeti rivelati, insieme con la progressiva diminuzione della massa minima dei compagni rivelati, che e ora vicina a quella della Terra. Nel corso degli anni sono stati costruiti strumenti nuovi e sempre più precisi e molti altri sono in previsione. Lo scopo finale e quello della scoperta di pianeti gemelli della Terra e, infine, delle tracce di vita al di fuori del nostro pianeta. Con la scoperta di 51 Peg, circa quindici anni fa, si è imparato come le osservazioni aprano spesso nuovi dubbi riguardo a come i pianeti scoperti si siano formati e come siano sopravvissuti, concludendosi con la necessità di sviluppare teorie piu sofisticate per affrontare tali questioni. Grazie alle informazioni provenienti da piu di un decennio di ricerca di pianeti estrasolari sono stati eseguiti numerosi studi statistici per cercare di rispondere alle domande sia correlate alla distribuzione delle proprietà di questi oggetti, come massa, periodo orbitale ed eccentricità (Lineweaver & Grether 2003; Cumming et al. 2008) come pure quelle riguardanti le caratteristiche delle stelle ospitanti (massa, metallicità) sulla frequenza e distribuzione finale dei sistemi planetari (see Fischer & Valenti 2005; Santos et al. 2004b; Johnson et al. 2007). Poichè le tecniche maggior successo (velocità radiali e transiti) si sono focalizzate sull’ambiente interno (≤ 5U A) dei sistemi planetari formati attorno a stelle di tipo solare, gran parte delle informazioni disponibili sulla frequenza di pianeti riguardano questo tipo di target. In ogni caso una chiara determinazione sulla frequenza dei pianeti giganti in funzione della separazione orbitale maggiore di centinaia di UA e un risultato cruciale per chiarire l’importanza relativa di vari modelli di formazione e migrazione planetaria. La formazione attraverso l’accrescimento del nucleo e, per esempio, fortemente dipendente dalla densità superficiale del materiale solido nel disco protoplanetario. La formazione di pianeti della massa di Giove diventa sempre meno efficiente con la diminuzione della densità dei planetesimi che aumenta notevolmente i tempi-scala di formazione. In ogni caso perfino in uno scenario in cui i pianeti giganti si formano solo vicini alla snow-line nel disco protoplanetario, si può trovare una frazione significativa di pianeti massivi su orbite stabili di decine di UA. Questo e possibile grazie alla migrazione verso l’esterno (si veda Veras & Armitage 2004), che può essere indotta sia da interazione gravitazionale tra oggetti massicci in sistemi multiplanetari, che dalle interazioni tra pianeta e il gas del disco. Modelli alternativi di formazione planetaria (instabilità del disco, frammentazione del disco) sono efficienti in gran parte ad ampie separazioni dalla stella centrale. L’imaging diretto e al momento la tecnica piu fattibile per indagare pianeti a grandi separazioni, fornendo indizi sulla loro frequenza. Recenti scoperte di oggetti giovani e distanti di massa planetaria eseguite con questa tecnica (si veda ad esempio Kalas et al. 2008; Lagrange et al. 2008) forniscono al giorno d’oggi un primo suggerimento sulle potenzialità della rivelazione diretta nell’esplorazione della regione esterna dei sistemi planetari. Queste rivelazioni parzialmente inaspettate fanno sorgere anche molte questioni riguardanti a come tali oggetti si possano formare (si veda Absil & Mawet 2009). Oltre alle poche rivelazioni, c’è comunque una grande quantità di dati che possono essere utilizzati per fissare limiti alla frequenza dei pianeti in orbite larghe. Oltre a questo sono in progetto molti nuovi strumenti per il prossimo futuro specificamente disegnati per l’imaging di pianeti extrasolari, come il Gemini Planet Imager (GPI: Macintosh et al. 2007) e VLT/SPHERE (Spectro-Polarimetric High-contrast Exoplanet REsearch: Beuzit et al. 2008). Questi strumenti ci permetteranno probabilmente di estendere tale caratterizzazione sistematica a grandi scale (≥ 10U A). A causa delle limitazioni pratiche (inner working angle, miglior contrasto ottenibile), questi strumenti si focalizzeranno su pianeti caldi giganti, su orbite molto lontane dalle loro stelle, spianando la strada alle capacità di ELT. Sta diventando chiaro infatti che con telescopi di classe 30-40 metri sarà possibile esplorare un ampio intervallo di masse e separazioni planetarie, fino ai pianeti rocciosi (e, in casi molto favorevoli raggiungere anche la zona abitabile), permettendo infine una sovrapposizione tra i diversi spazi di scoperta delle tecniche dirette ed indirette. In questo contesto sarà utile e cruciale disporre di uno strumento i cui scopi saranno sia comprendere il piu possibile dai dati gidisponibili che prevedere le prestazioni delle future strumentazioni. Questo strumento potrebbe essere usato non solo per stimare il numero previsto di rivelazioni, ma anche di capire quale sarà lo spazio dei parametri esplorato e anche le possibili sinergie tra le differenti tecniche di scoperta. Cio sarà cruciale per permettere di miglioare il disegno delle strumentazioni come pure per pianificare programmi osservativi appropriati. Kasper et al. (2007), Lafreniere et al. (2007), Nielsen et al. 2008), Nielsen & Close (2009) hanno iniziato un’analisi statistica per vincolare le proprietà fisiche e orbitali (distribuzione di massa, periodo, eccentricità ) di una popolazione di pianeti giganti. Essi hanno sviluppato uno strumento di analisi statistica per sfruttare le prestazioni delle survey di imaging profondo. Hanno testato la consistenza di vari set di distribuzioni parametriche di parametri di pianeti, usando il caso specifico di una rivelazione nulla. La prima assunzione di questi strumenti e quella che la massa del pianeta, l’eccentricità e la distribuzioni dei periodi provenienti dai risultati statistici degli studi di velocità radiali a corto periodo (si veda ad esempio. Lineweaver & Grether 2003; Cumming et al. 2008) possono essere estrapolate e normaizzate per ottenere informazioni su pianeti più distanti. Nonostante la dipendenza dai modelli delle previsioni sulla massa, l’approccio e interessante grazie all’uso del set completo delle performance di rivelazione delle survey e per la sua caratterizzazione delle parti esterne dei sistemi planetari. Fissato tutto questo abbiamo provato a fare un passo ulteriore, creando un algoritmo chiamato MESS, ovvero Multi purpose Exoplanet Simulation System MESS si basa su tre passi fondamentali: primo, la produzione di una popolazione di pianeti sintetici, sia usando i risultati dell’analisi statistica delle proprietà dei pianeti scoperti che i risultati delle teorie di formazione dei pianeti. Di questi pianeti possono essere determinati tutti i parametri fisici, e questo permette di derivare i valori previsti degli osservabili (semi ampiezza di velocità radiali, segnale astrometrico, separazione prevista e contrasto). Infine questi valori degli osservabili vengono confrontati con i limiti di rivelabilità stimati per strumenti esistenti o in progetto. Quest’ultimo passo permette la definizione di un campione di pianeti rivelabili pienamente caratterizzati, le cui caratteristiche possano essere facilmente investigate. Questo significa, nel caso di strumenti in fase di progettazione, che l’uso di MESS permetterà di mettere a punto non solo i principali parametri dello strumento, ma anche la strategia osservativa. Il punto di forza del codice risiede nel fatto che esso è completamente indipendente dal tipo di strumento o tecnica da testare e anche da qualsiasi modello evolutivo venga usato per stimare il flusso intrinseco del pianeta. Nè le relazioni di rivelabilità nè i modelli evolutivi sono introdotti nel codice ma entrambi vengono dati come input. Inoltre, le simulazioni Monte Carlo forniscono sia tutti gli elementi orbitali che tutti i parametri fisici dei pianeti (raggio, temperatura, luminosità , etc...), quindi e facile valutare qualsiasi tipo di parametro osservativo (contrasto, semi-ampiezza di VR, probabilità del transito, segnale astrometrico) e, data una relazione di rivelabilità , ottenere un set di pianeti rivelabili le cui caratteristiche variano a seconda dello strumento scelto. Oltre a questo, l’uso di un campione reale di stelle permette di eseguire un’analisi caso per caso, tenendo conto le proprietà di ogni stella e di come esse influenzino sia le caratteristiche del pianeta che le capacità dello strumento. Lo scopo di questa tesi è di presentare tale codice e tutti i risultati ottenuti grazie al suo impiego, ed e organizzata come segue: La I Parte include una breve panoramica della conoscenza odierna sui pianeti extrasolari ed è suddivisa in due parti: Il Capitolo 1 passa in rassegna i meccanismi di formazione nei diversi ambienti e l’impatto delle proprietà della stella ospite (massa stellare, metallicità , presenza di un compagno) sulla formazione planetaria; Il Capitolo 2 analizza le proprietà dei pianeti che sono importanti dal punto di vista della rivelazione (focalizzandosi in particolare sulla tecnica dell’imaging); La II Parte presenta un aggiornamento sul lavoro sulla frequenza dei pianeti in binarie presentato da Bonavita & Desidera (2007), che analizza in dettaglio le differenze nella frequenza dei pianeti dovute alla presenza di un compagno stellare; La III Parte fornisce una descrizione dettagliata del codice, dei suoi differenti modi di operazione e tutte le assunzioni su cui e basato, insieme ad alcuni esempi delle popolazioni di pianeti sintetici ottenute; La IV Parte include la descrizione delle applicazioni di MESS per l’analisi di dati reali. Vengono discussi due differenti casi: il caso di un campione esteso di oggetti provenienti dalla survey di imaging, effettuata con VLT/NACO, avente come target stelle giovani e vicine (dell’emisfero australe it Capitolo 5), e l’applicazione ad un set di dati che appartiene a osservazioni di un oggetto singolo con caratteristiche peculiari: la stella T Tauri LkCa15 (Capitolo 6); La V Parte presenta i risultati dell’uso esteso di MESS per la previsione delle capacità di rivelazione di strumenti futuri, sia in costruzione che solo proposti per il futuro; Include il Capitolo 7 focalizzato su SPHERE, il planet finder di nuova generazione del VLT, e il Capitolo 8 che riguarda EPICS, il planet finder programmato per lo European Extremely Large Telescope. Quindi nel Capitolo 9, come ideale conclusione di questa parte, presentiamo una discussione basata sul confronto delle rivelazioni previste di differenti attrezzature di imaging diretto, sia da terra che dallo spazio. Ciò permette un’analisi della sovrapposizione dello spazio di scoperta delle differenti tecniche, in un contesto in cui le sinergie tra di esse saranno la chiave per una completa caratterizzazione dei sistemi planetari. La VI Parte riassume infine le conclusioni e le prospettiva future del lavoro.
MESS: a Monte Carlo simulation tool for the statistical analysis and prediction of survey results for exoplanets
BONAVITA, MARIANGELA
2010
Abstract
A partire dalla scoperta del primio compagno di massa planetaria attorno ad una pulsar (Wolszczan & Frail 1992) e quella, poco tempo dopo, attorno ad una stella simile al nostro Sole (51 Peg, Mayor & Queloz 1995), numerosi passi avanti sono stati compiuti nello studio dei pianeti extra-solari. Ciò ha portato alla rapida crescita del campione rapidamente di pianeti rivelati, insieme con la progressiva diminuzione della massa minima dei compagni rivelati, che e ora vicina a quella della Terra. Nel corso degli anni sono stati costruiti strumenti nuovi e sempre più precisi e molti altri sono in previsione. Lo scopo finale e quello della scoperta di pianeti gemelli della Terra e, infine, delle tracce di vita al di fuori del nostro pianeta. Con la scoperta di 51 Peg, circa quindici anni fa, si è imparato come le osservazioni aprano spesso nuovi dubbi riguardo a come i pianeti scoperti si siano formati e come siano sopravvissuti, concludendosi con la necessità di sviluppare teorie piu sofisticate per affrontare tali questioni. Grazie alle informazioni provenienti da piu di un decennio di ricerca di pianeti estrasolari sono stati eseguiti numerosi studi statistici per cercare di rispondere alle domande sia correlate alla distribuzione delle proprietà di questi oggetti, come massa, periodo orbitale ed eccentricità (Lineweaver & Grether 2003; Cumming et al. 2008) come pure quelle riguardanti le caratteristiche delle stelle ospitanti (massa, metallicità) sulla frequenza e distribuzione finale dei sistemi planetari (see Fischer & Valenti 2005; Santos et al. 2004b; Johnson et al. 2007). Poichè le tecniche maggior successo (velocità radiali e transiti) si sono focalizzate sull’ambiente interno (≤ 5U A) dei sistemi planetari formati attorno a stelle di tipo solare, gran parte delle informazioni disponibili sulla frequenza di pianeti riguardano questo tipo di target. In ogni caso una chiara determinazione sulla frequenza dei pianeti giganti in funzione della separazione orbitale maggiore di centinaia di UA e un risultato cruciale per chiarire l’importanza relativa di vari modelli di formazione e migrazione planetaria. La formazione attraverso l’accrescimento del nucleo e, per esempio, fortemente dipendente dalla densità superficiale del materiale solido nel disco protoplanetario. La formazione di pianeti della massa di Giove diventa sempre meno efficiente con la diminuzione della densità dei planetesimi che aumenta notevolmente i tempi-scala di formazione. In ogni caso perfino in uno scenario in cui i pianeti giganti si formano solo vicini alla snow-line nel disco protoplanetario, si può trovare una frazione significativa di pianeti massivi su orbite stabili di decine di UA. Questo e possibile grazie alla migrazione verso l’esterno (si veda Veras & Armitage 2004), che può essere indotta sia da interazione gravitazionale tra oggetti massicci in sistemi multiplanetari, che dalle interazioni tra pianeta e il gas del disco. Modelli alternativi di formazione planetaria (instabilità del disco, frammentazione del disco) sono efficienti in gran parte ad ampie separazioni dalla stella centrale. L’imaging diretto e al momento la tecnica piu fattibile per indagare pianeti a grandi separazioni, fornendo indizi sulla loro frequenza. Recenti scoperte di oggetti giovani e distanti di massa planetaria eseguite con questa tecnica (si veda ad esempio Kalas et al. 2008; Lagrange et al. 2008) forniscono al giorno d’oggi un primo suggerimento sulle potenzialità della rivelazione diretta nell’esplorazione della regione esterna dei sistemi planetari. Queste rivelazioni parzialmente inaspettate fanno sorgere anche molte questioni riguardanti a come tali oggetti si possano formare (si veda Absil & Mawet 2009). Oltre alle poche rivelazioni, c’è comunque una grande quantità di dati che possono essere utilizzati per fissare limiti alla frequenza dei pianeti in orbite larghe. Oltre a questo sono in progetto molti nuovi strumenti per il prossimo futuro specificamente disegnati per l’imaging di pianeti extrasolari, come il Gemini Planet Imager (GPI: Macintosh et al. 2007) e VLT/SPHERE (Spectro-Polarimetric High-contrast Exoplanet REsearch: Beuzit et al. 2008). Questi strumenti ci permetteranno probabilmente di estendere tale caratterizzazione sistematica a grandi scale (≥ 10U A). A causa delle limitazioni pratiche (inner working angle, miglior contrasto ottenibile), questi strumenti si focalizzeranno su pianeti caldi giganti, su orbite molto lontane dalle loro stelle, spianando la strada alle capacità di ELT. Sta diventando chiaro infatti che con telescopi di classe 30-40 metri sarà possibile esplorare un ampio intervallo di masse e separazioni planetarie, fino ai pianeti rocciosi (e, in casi molto favorevoli raggiungere anche la zona abitabile), permettendo infine una sovrapposizione tra i diversi spazi di scoperta delle tecniche dirette ed indirette. In questo contesto sarà utile e cruciale disporre di uno strumento i cui scopi saranno sia comprendere il piu possibile dai dati gidisponibili che prevedere le prestazioni delle future strumentazioni. Questo strumento potrebbe essere usato non solo per stimare il numero previsto di rivelazioni, ma anche di capire quale sarà lo spazio dei parametri esplorato e anche le possibili sinergie tra le differenti tecniche di scoperta. Cio sarà cruciale per permettere di miglioare il disegno delle strumentazioni come pure per pianificare programmi osservativi appropriati. Kasper et al. (2007), Lafreniere et al. (2007), Nielsen et al. 2008), Nielsen & Close (2009) hanno iniziato un’analisi statistica per vincolare le proprietà fisiche e orbitali (distribuzione di massa, periodo, eccentricità ) di una popolazione di pianeti giganti. Essi hanno sviluppato uno strumento di analisi statistica per sfruttare le prestazioni delle survey di imaging profondo. Hanno testato la consistenza di vari set di distribuzioni parametriche di parametri di pianeti, usando il caso specifico di una rivelazione nulla. La prima assunzione di questi strumenti e quella che la massa del pianeta, l’eccentricità e la distribuzioni dei periodi provenienti dai risultati statistici degli studi di velocità radiali a corto periodo (si veda ad esempio. Lineweaver & Grether 2003; Cumming et al. 2008) possono essere estrapolate e normaizzate per ottenere informazioni su pianeti più distanti. Nonostante la dipendenza dai modelli delle previsioni sulla massa, l’approccio e interessante grazie all’uso del set completo delle performance di rivelazione delle survey e per la sua caratterizzazione delle parti esterne dei sistemi planetari. Fissato tutto questo abbiamo provato a fare un passo ulteriore, creando un algoritmo chiamato MESS, ovvero Multi purpose Exoplanet Simulation System MESS si basa su tre passi fondamentali: primo, la produzione di una popolazione di pianeti sintetici, sia usando i risultati dell’analisi statistica delle proprietà dei pianeti scoperti che i risultati delle teorie di formazione dei pianeti. Di questi pianeti possono essere determinati tutti i parametri fisici, e questo permette di derivare i valori previsti degli osservabili (semi ampiezza di velocità radiali, segnale astrometrico, separazione prevista e contrasto). Infine questi valori degli osservabili vengono confrontati con i limiti di rivelabilità stimati per strumenti esistenti o in progetto. Quest’ultimo passo permette la definizione di un campione di pianeti rivelabili pienamente caratterizzati, le cui caratteristiche possano essere facilmente investigate. Questo significa, nel caso di strumenti in fase di progettazione, che l’uso di MESS permetterà di mettere a punto non solo i principali parametri dello strumento, ma anche la strategia osservativa. Il punto di forza del codice risiede nel fatto che esso è completamente indipendente dal tipo di strumento o tecnica da testare e anche da qualsiasi modello evolutivo venga usato per stimare il flusso intrinseco del pianeta. Nè le relazioni di rivelabilità nè i modelli evolutivi sono introdotti nel codice ma entrambi vengono dati come input. Inoltre, le simulazioni Monte Carlo forniscono sia tutti gli elementi orbitali che tutti i parametri fisici dei pianeti (raggio, temperatura, luminosità , etc...), quindi e facile valutare qualsiasi tipo di parametro osservativo (contrasto, semi-ampiezza di VR, probabilità del transito, segnale astrometrico) e, data una relazione di rivelabilità , ottenere un set di pianeti rivelabili le cui caratteristiche variano a seconda dello strumento scelto. Oltre a questo, l’uso di un campione reale di stelle permette di eseguire un’analisi caso per caso, tenendo conto le proprietà di ogni stella e di come esse influenzino sia le caratteristiche del pianeta che le capacità dello strumento. Lo scopo di questa tesi è di presentare tale codice e tutti i risultati ottenuti grazie al suo impiego, ed e organizzata come segue: La I Parte include una breve panoramica della conoscenza odierna sui pianeti extrasolari ed è suddivisa in due parti: Il Capitolo 1 passa in rassegna i meccanismi di formazione nei diversi ambienti e l’impatto delle proprietà della stella ospite (massa stellare, metallicità , presenza di un compagno) sulla formazione planetaria; Il Capitolo 2 analizza le proprietà dei pianeti che sono importanti dal punto di vista della rivelazione (focalizzandosi in particolare sulla tecnica dell’imaging); La II Parte presenta un aggiornamento sul lavoro sulla frequenza dei pianeti in binarie presentato da Bonavita & Desidera (2007), che analizza in dettaglio le differenze nella frequenza dei pianeti dovute alla presenza di un compagno stellare; La III Parte fornisce una descrizione dettagliata del codice, dei suoi differenti modi di operazione e tutte le assunzioni su cui e basato, insieme ad alcuni esempi delle popolazioni di pianeti sintetici ottenute; La IV Parte include la descrizione delle applicazioni di MESS per l’analisi di dati reali. Vengono discussi due differenti casi: il caso di un campione esteso di oggetti provenienti dalla survey di imaging, effettuata con VLT/NACO, avente come target stelle giovani e vicine (dell’emisfero australe it Capitolo 5), e l’applicazione ad un set di dati che appartiene a osservazioni di un oggetto singolo con caratteristiche peculiari: la stella T Tauri LkCa15 (Capitolo 6); La V Parte presenta i risultati dell’uso esteso di MESS per la previsione delle capacità di rivelazione di strumenti futuri, sia in costruzione che solo proposti per il futuro; Include il Capitolo 7 focalizzato su SPHERE, il planet finder di nuova generazione del VLT, e il Capitolo 8 che riguarda EPICS, il planet finder programmato per lo European Extremely Large Telescope. Quindi nel Capitolo 9, come ideale conclusione di questa parte, presentiamo una discussione basata sul confronto delle rivelazioni previste di differenti attrezzature di imaging diretto, sia da terra che dallo spazio. Ciò permette un’analisi della sovrapposizione dello spazio di scoperta delle differenti tecniche, in un contesto in cui le sinergie tra di esse saranno la chiave per una completa caratterizzazione dei sistemi planetari. La VI Parte riassume infine le conclusioni e le prospettiva future del lavoro.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/109487
URN:NBN:IT:UNIPD-109487