Il finanziamento al terrorismo internazionale è un tema di grande attualità divenuto oggetto di un acceso dibattito in sede internazionale soprattutto a seguito dei tragici attentati che nell’ultimo decennio hanno colpito diversi Paesi in varie regioni del mondo. Dallo studio delle modalità con cui i terroristi hanno raccolto fondi per la pianificazione di attentati, sfruttando la globalizzazione dei mercati finanziari internazionali, appare chiaro come il contrasto del fenomeno debba avvenire non solo all’interno dell’ordinamento di ciascuno Stato, ma anche, e soprattutto, attraverso la cooperazione internazionale. La nostra indagine è partita, dal punto di vista metodologico, dall’analisi delle molteplici fonti in materia sul piano del diritto internazionale pubblico, del diritto dell’Unione europea e del diritto interno. Utili sono stati poi gli atti di c.d. “soft law” quali le raccomandazioni della Financial Action Task Force on Money Laundering, organismo intergovernativo che si occupa di lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. Nella prima parte dell’indagine, si è accertata in primo luogo l’autonomia di parte della definizione di finanziamento al terrorismo internazionale. La messa a disposizione di risorse ad un’organizzazione terroristica, indipendentemente dal fatto che queste vengano poi utilizzate, in tutto o in parte, per realizzare un attentato, è a nostro avviso nozione autonoma rispetto a quella di terrorismo internazionale. Infatti, il finanziatore è responsabile anche se non si prova che i fondi siano destinati specificatamente al compimento di un atto di terrorismo. E’ sufficiente dimostrare che essi siano diretti all’attività di un’organizzazione “designata” come terrorista. Il secondo profilo sul quale si è concentrata l’attività di ricerca è la ricostruzione di un obbligo di cooperazione nell’adozione di misure di contrasto del finanziamento al terrorismo di natura consuetudinaria. Tale ricostruzione è partita dall’analisi della risoluzione Onu n. 1373/2001, che richiede agli Stati di adottare misure interne omogenee di contrasto del finanziamento al terrorismo che sono poi il presupposto per una efficace cooperazione sul piano internazionale. La prassi, in particolare desumibile dai rapporti inviati dagli Stati al comitato anti-terrorismo delle Nazioni Unite, dalle norme di diritto interno adottate da alcuni Stati e dal comportamento dei rappresentanti degli Stati in sede internazionale, dimostra come gli Stati abbiano attivato tutti i meccanismi a loro disposizione per rispettare le disposizioni della risoluzione n. 1373/2001. Quanto all’opinio juris, imprescindibile per accertare l’esistenza di una norma consuetudinaria, è opportuno far riferimento alle dichiarazioni effettuate dagli Stati in sede di consesso intergovernativo o nell’ambito del Consiglio europeo o, ancora, nei rapporti inviati al comitato istituito dalla risoluzione Onu n. 1373. Accertata l’esistenza di una norma consuetudinaria in tal senso, ci siamo focalizzati sulle sue ripercussioni all’interno del sistema dell’Unione europea. L’analisi è stata condotta esaminando le principali misure di contrasto del finanziamento al terrorismo adottate nel quadro comunitario. Esse hanno diversa natura e diversa base giuridica, potendo essere collocate nei tre pilastri dell’Unione. L’azione dell’Unione europea è stata particolarmente incisiva nel quadro del contrasto del finanziamento al terrorismo internazionale. L’Unione europea ha ad esempio tradotto in atti vincolanti per gli Stati membri (direttive) delle misure che erano oggetto di mere raccomandazioni da parte di taluni organismi intergovernativi (Financial Action Task Force soprattutto). Tra le misure adottate nel quadro dell’Unione europea, si è ritenuto opportuno esaminare in particolare quelle di congelamento dei capitali per valutare in che misura gli Stati abbiano dato esecuzione ai provvedimenti stranieri in virtù del predetto obbligo di cooperazione internazionale. A tal fine sono state prese in esame le varie ipotesi nelle quali un giudice di uno degli Stati membri potrebbe trovarsi a seconda che la richiesta di congelamento discenda dalla designazione del soggetto in ottemperanza alla risoluzione Onu n. 1267/99 ovvero alla risoluzione n. 1373/2001. La cooperazione nell’adozione di misure di contrasto del finanziamento al terrorismo internazionale risulta rafforzata nel quadro comunitario. L’Unione europea ha non solo reso effettivo l’obbligo di cooperazione attraverso l’adozione di misure vincolanti per gli Stati membri, ma ha anche, nel contempo, contribuito in modo determinante al cristallizzarsi della norma consuetudinaria. Benché l’obbligo di cooperazione in questione possa dirsi rafforzato all’interno di un sistema quale quello dell’Unione europea, esso deve necessariamente coesistere con altre norme di rango comparabile presenti nel sistema comunitario quali quelle poste a tutela dei diritti umani fondamentali. In particolare, misure di congelamento dei capitali possono ledere il diritto ad un equo processo e ad un ricorso giurisdizionale effettivo, il diritto di proprietà, il diritto alla reputazione e il diritto di accesso ai documenti pubblici dell’Unione. Come si possono coordinare questi diritti con la norma consuetudinaria che impone un obbligo di cooperazione nel contrasto del finanziamento al terrorismo? I diritti umani fondamentali possono essere limitati, se non sono assoluti, ma solo seguendo un criterio di proporzionalità: così, se un soggetto - il cui nome risulti inserito in una lista di presunti terroristi - non ha il diritto di notificazione preventiva, questi avrà però diritto di presentare ricorso davanti ad un’autorità competente alla revisione delle liste.

Strumenti giuridici di controllo nel contrasto del finanziamento al terrorismo internazionale

DE VIDO, SARA
2009

Abstract

Il finanziamento al terrorismo internazionale è un tema di grande attualità divenuto oggetto di un acceso dibattito in sede internazionale soprattutto a seguito dei tragici attentati che nell’ultimo decennio hanno colpito diversi Paesi in varie regioni del mondo. Dallo studio delle modalità con cui i terroristi hanno raccolto fondi per la pianificazione di attentati, sfruttando la globalizzazione dei mercati finanziari internazionali, appare chiaro come il contrasto del fenomeno debba avvenire non solo all’interno dell’ordinamento di ciascuno Stato, ma anche, e soprattutto, attraverso la cooperazione internazionale. La nostra indagine è partita, dal punto di vista metodologico, dall’analisi delle molteplici fonti in materia sul piano del diritto internazionale pubblico, del diritto dell’Unione europea e del diritto interno. Utili sono stati poi gli atti di c.d. “soft law” quali le raccomandazioni della Financial Action Task Force on Money Laundering, organismo intergovernativo che si occupa di lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. Nella prima parte dell’indagine, si è accertata in primo luogo l’autonomia di parte della definizione di finanziamento al terrorismo internazionale. La messa a disposizione di risorse ad un’organizzazione terroristica, indipendentemente dal fatto che queste vengano poi utilizzate, in tutto o in parte, per realizzare un attentato, è a nostro avviso nozione autonoma rispetto a quella di terrorismo internazionale. Infatti, il finanziatore è responsabile anche se non si prova che i fondi siano destinati specificatamente al compimento di un atto di terrorismo. E’ sufficiente dimostrare che essi siano diretti all’attività di un’organizzazione “designata” come terrorista. Il secondo profilo sul quale si è concentrata l’attività di ricerca è la ricostruzione di un obbligo di cooperazione nell’adozione di misure di contrasto del finanziamento al terrorismo di natura consuetudinaria. Tale ricostruzione è partita dall’analisi della risoluzione Onu n. 1373/2001, che richiede agli Stati di adottare misure interne omogenee di contrasto del finanziamento al terrorismo che sono poi il presupposto per una efficace cooperazione sul piano internazionale. La prassi, in particolare desumibile dai rapporti inviati dagli Stati al comitato anti-terrorismo delle Nazioni Unite, dalle norme di diritto interno adottate da alcuni Stati e dal comportamento dei rappresentanti degli Stati in sede internazionale, dimostra come gli Stati abbiano attivato tutti i meccanismi a loro disposizione per rispettare le disposizioni della risoluzione n. 1373/2001. Quanto all’opinio juris, imprescindibile per accertare l’esistenza di una norma consuetudinaria, è opportuno far riferimento alle dichiarazioni effettuate dagli Stati in sede di consesso intergovernativo o nell’ambito del Consiglio europeo o, ancora, nei rapporti inviati al comitato istituito dalla risoluzione Onu n. 1373. Accertata l’esistenza di una norma consuetudinaria in tal senso, ci siamo focalizzati sulle sue ripercussioni all’interno del sistema dell’Unione europea. L’analisi è stata condotta esaminando le principali misure di contrasto del finanziamento al terrorismo adottate nel quadro comunitario. Esse hanno diversa natura e diversa base giuridica, potendo essere collocate nei tre pilastri dell’Unione. L’azione dell’Unione europea è stata particolarmente incisiva nel quadro del contrasto del finanziamento al terrorismo internazionale. L’Unione europea ha ad esempio tradotto in atti vincolanti per gli Stati membri (direttive) delle misure che erano oggetto di mere raccomandazioni da parte di taluni organismi intergovernativi (Financial Action Task Force soprattutto). Tra le misure adottate nel quadro dell’Unione europea, si è ritenuto opportuno esaminare in particolare quelle di congelamento dei capitali per valutare in che misura gli Stati abbiano dato esecuzione ai provvedimenti stranieri in virtù del predetto obbligo di cooperazione internazionale. A tal fine sono state prese in esame le varie ipotesi nelle quali un giudice di uno degli Stati membri potrebbe trovarsi a seconda che la richiesta di congelamento discenda dalla designazione del soggetto in ottemperanza alla risoluzione Onu n. 1267/99 ovvero alla risoluzione n. 1373/2001. La cooperazione nell’adozione di misure di contrasto del finanziamento al terrorismo internazionale risulta rafforzata nel quadro comunitario. L’Unione europea ha non solo reso effettivo l’obbligo di cooperazione attraverso l’adozione di misure vincolanti per gli Stati membri, ma ha anche, nel contempo, contribuito in modo determinante al cristallizzarsi della norma consuetudinaria. Benché l’obbligo di cooperazione in questione possa dirsi rafforzato all’interno di un sistema quale quello dell’Unione europea, esso deve necessariamente coesistere con altre norme di rango comparabile presenti nel sistema comunitario quali quelle poste a tutela dei diritti umani fondamentali. In particolare, misure di congelamento dei capitali possono ledere il diritto ad un equo processo e ad un ricorso giurisdizionale effettivo, il diritto di proprietà, il diritto alla reputazione e il diritto di accesso ai documenti pubblici dell’Unione. Come si possono coordinare questi diritti con la norma consuetudinaria che impone un obbligo di cooperazione nel contrasto del finanziamento al terrorismo? I diritti umani fondamentali possono essere limitati, se non sono assoluti, ma solo seguendo un criterio di proporzionalità: così, se un soggetto - il cui nome risulti inserito in una lista di presunti terroristi - non ha il diritto di notificazione preventiva, questi avrà però diritto di presentare ricorso davanti ad un’autorità competente alla revisione delle liste.
28-lug-2009
Italiano
Finanziamento al terrorismo - diritto internazionale - diritto dell'Unione europea
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-110051