La tesi è composta da 5 capitoli che tentano di tracciare la storia del divismo maschile nel cinema muto italiano dalle origini del fenomeno al suo crepuscolo (1910-1929). Il primo capitolo studia l’origine delle tipologie di ruoli drammatici maschili tra il 1910 e il 1915. Nel 1910 emerge il fenomeno del “protodivismo” grazie all’interpretazione di Ermete Novelli (mattatore teatrale e grande uomo di cultura) della riduzione cinematografica di La morte civile (opera di Giacometti); Novelli interpreta per il cinema in quegli anni anche (da Shakespeare) Re Lear e Il mercante di Venezia . Nel 1912 emerge la figura di un altro grande attore teatrale, Ermete Zacconi, che interpreta alcuni soggetti cinematografici originali (Padre, Lo scomparso, L’emigrante per la Casa Itala Film di Torino). I due attori incarnano una serie di stereotipi recitativi (il padre nobile, la morte in scena) ereditati dal teatro e dal melodramma che caratterizzeranno il cinema delle Dive. Il secondo capitolo tratta la carriera di Mario Bonnard, prototipo del dandy elegante di derivazione letteraria e dannunziana che sarà funzionale alla recitazione della diva. Durante gli anni della guerra Amleto Novelli emancipa il ruolo dell’attore che da spalla della diva acquista un ruolo di maggior rilievo. La morte dell’attore nel 1924 mette fine al suo tentativo di creare in Italia ruoli da protagonista per gli attori maschi, come accade invece per i divi hollywoodiani come Rodolfo Valentino. I capitoli 3 e 4 analizzano nel dettaglio la vita, le carriere e i film recentemente restaurati dei divi Emilio Ghione e Bartolomeo Pagano. La monografia su Emilio Ghione studia il suo ruolo come regista e come attore, soprattutto nella sua identificazione con l’alter ego Za la Mort. Bartolomeo Pagano è identificato con Maciste, il personaggio che interpreta per 13 anni, portato sullo schermo la prima volta nel kolossal storico Cabiria (1914). Entrambi gli attori sono divi perché si identificano con i loro personaggi, perché interpretano serial e perché il pubblico si affeziona ai personaggi stessi. Il capitolo 5 prova a trarre le conclusioni sul fenomeno del divismo maschile mettendolo in confronto con esperienze al di fuori del mondo del cinema, con la Diva e con il cinema straniero che arriva in Italia nel Dopoguerra. L’ultimo paragrafo propone ipotesi per un ulteriore sviluppo della ricerca in relazione con il “divismo” politico di Benito Mussolini negli anni in cui il cinema muto italiano è ormai privo di figure di spicco. La ricerca si fonda sui restauri delle pellicole conservate in Cineteche italiane ed estere, su testimoni d’archivio e su fonti secondarie d’epoca (riviste, pubblicazioni), riportate nelle Appendici.
Il divismo maschile nel cinema muto italiano. Protagonisti, film, stereotipi. 1910-1929
LOTTI, DENIS
2011
Abstract
La tesi è composta da 5 capitoli che tentano di tracciare la storia del divismo maschile nel cinema muto italiano dalle origini del fenomeno al suo crepuscolo (1910-1929). Il primo capitolo studia l’origine delle tipologie di ruoli drammatici maschili tra il 1910 e il 1915. Nel 1910 emerge il fenomeno del “protodivismo” grazie all’interpretazione di Ermete Novelli (mattatore teatrale e grande uomo di cultura) della riduzione cinematografica di La morte civile (opera di Giacometti); Novelli interpreta per il cinema in quegli anni anche (da Shakespeare) Re Lear e Il mercante di Venezia . Nel 1912 emerge la figura di un altro grande attore teatrale, Ermete Zacconi, che interpreta alcuni soggetti cinematografici originali (Padre, Lo scomparso, L’emigrante per la Casa Itala Film di Torino). I due attori incarnano una serie di stereotipi recitativi (il padre nobile, la morte in scena) ereditati dal teatro e dal melodramma che caratterizzeranno il cinema delle Dive. Il secondo capitolo tratta la carriera di Mario Bonnard, prototipo del dandy elegante di derivazione letteraria e dannunziana che sarà funzionale alla recitazione della diva. Durante gli anni della guerra Amleto Novelli emancipa il ruolo dell’attore che da spalla della diva acquista un ruolo di maggior rilievo. La morte dell’attore nel 1924 mette fine al suo tentativo di creare in Italia ruoli da protagonista per gli attori maschi, come accade invece per i divi hollywoodiani come Rodolfo Valentino. I capitoli 3 e 4 analizzano nel dettaglio la vita, le carriere e i film recentemente restaurati dei divi Emilio Ghione e Bartolomeo Pagano. La monografia su Emilio Ghione studia il suo ruolo come regista e come attore, soprattutto nella sua identificazione con l’alter ego Za la Mort. Bartolomeo Pagano è identificato con Maciste, il personaggio che interpreta per 13 anni, portato sullo schermo la prima volta nel kolossal storico Cabiria (1914). Entrambi gli attori sono divi perché si identificano con i loro personaggi, perché interpretano serial e perché il pubblico si affeziona ai personaggi stessi. Il capitolo 5 prova a trarre le conclusioni sul fenomeno del divismo maschile mettendolo in confronto con esperienze al di fuori del mondo del cinema, con la Diva e con il cinema straniero che arriva in Italia nel Dopoguerra. L’ultimo paragrafo propone ipotesi per un ulteriore sviluppo della ricerca in relazione con il “divismo” politico di Benito Mussolini negli anni in cui il cinema muto italiano è ormai privo di figure di spicco. La ricerca si fonda sui restauri delle pellicole conservate in Cineteche italiane ed estere, su testimoni d’archivio e su fonti secondarie d’epoca (riviste, pubblicazioni), riportate nelle Appendici.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/110132
URN:NBN:IT:UNIPD-110132