Il glioblastoma multiforme (GBM) è il più alto grado di glioma e la forma più comune e aggressiva tra i tumori primari cerebrali nell’adulto, classificato come astrocitoma di grado IV. Il termine "multiforme" in GBM descrive la natura eterogenea di questi tumori, anche caratterizzata da diffusa infiltrazione nel tessuto circostante. Queste caratteristiche rendono l’asportazione completa del tumore impossibile. Nonostante l'uso della chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia, la sopravvivenza media per i pazienti con GBM è di soli 14,6 mesi. La bassa sopravvivenza dei pazienti colpiti da questo tumore è dovuta ad una elevata incidenza di recidiva e scarsa risposta alle terapie convenzionali [1]. Si pensa che la refrattarietà al trattamento sia dovuta ad una sottopopolazione di cellule, chiamate cellule staminali tumorali o cellule iniziatrici del tumore cerebrale [2]. Per superare questo problema, attualmente sono in fase di ricerca diverse strategie che combinano la chemioterapia con farmaci che colpiscono diversi meccanismi di azione [3]. Uno degli agenti alchilanti più utilizzati nel trattamento del glioblastoma multiforme è il temozolomide (TMZ). Tuttavia, a questo riguardo esistono dati controversi: alcuni studi hanno dimostrato, infatti, il trattamento con TMZ sembra indurre una diminuzione delle cellule staminali del tumore in una maniera dose-e tempo-dipendente [4], al contrario altri lavori hanno dimostrato che il TMZ non sembra influenzare le cellule staminali [5]. Per questa ragione queste cellule vengono considerate le più chemio-resistenti all’interno della massa tumorale [6-9]. Quindi sta diventando di fondamentale importanza identificare le caratteristiche fenotipiche delle cellule tumorali resistenti e definire la loro localizzazione all’interno della massa tumorale, al fine di distinguerle dalla controparte sana ed eliminarle più efficacemente. L’integrità strutturale e funzionale delle funzioni cerebrali dipende profondamente da un normale apporto di ossigeno e glucosio. Il glucosio nelle cellule tumorali viene metabolizzato principalmente attraverso la glicolisi anaerobica e questo processo si mantiene anche quando le cellule tumorali vengono messe in coltura in condizioni normossiche. Questo indica che la glicolisi pseudo-anaerobica è costitutivamente upregolata attraverso mutazioni genetiche [10]. Tale fenomeno è stato descritto per la prima volta da Otto Heinrich Warburg nel 1920 [11]. A seguito di questa iniziale osservazione, l'interesse della comunità scientifica verso le proprietà metaboliche delle cellule tumorali è stata variabile nel corso degli anni, soprattutto dopo la diffusione delle nuove tecniche molecolari. L'applicazione della tecnica PET (Positron Emission Tomography), che utilizza il tracciante analogo del glucosio 18fluorodeossiglucosio (FDG), ha dimostrato un notevole aumento nell’assorbimento del glucosio, che dipende in larga misura dal tasso di glicolisi, nella maggior parte dei tumori primari e metastatici umani. Questo risultato sta ad indicare che la glicolisi continua a conferire un vantaggio proliferativo per il tumore [12-14]. Il controllo sul flusso glicolitico risiede principalmente a livello del trasportatore del glucosio e nei primi passaggi di fosforilazione [15-17], ma può anche essere regolato in molte fasi più a valle della via glicolitica [18, 19]. Il vantaggio proliferativo del fenotipo glicolitico non è immediatamente evidente, poiché il metabolismo anaerobico del glucosio produce solo 2 ATP per glucosio, mentre l'ossidazione completa produce 38 ATP per glucosio. Inoltre, i prodotti metabolici della glicolisi, come ad esempio gli ioni idrogeno (H+), provocano l’acidificazione dello spazio extracellulare, cosa che potrebbe comportare tossicità cellulare [20]. Allora perché le cellule tumorali utilizzano preferibilmente la glicolisi, che è inefficiente e potenzialmente tossica? È stato suggerito che l’upregolazione della via glicolitica, da parte delle cellule tumorali, non sia né casuale né accidentale. Piuttosto, essa rappresenta una soluzione evolutasi durante lo sviluppo del tumore in risposta a vincoli microambientali [10]. I tumori altamente proliferativi, come ad esempio il glioblastomi, sono caratterizzati da un microambiente ipossico. Le cellule tumorali, presenti in questo microambiente ipossico, modificano le loro nicchie vascolari al fine di mantenere il pool delle cellule staminali tumorali [21]. Questi dati indicano che lo sviluppo del cancro non è solo un processo che coinvolge solamente eventi epigenetici o genetici, ma dipende anche dal microambiente. Uno degli aspetti che stiamo indagando è il ruolo dell’ipossia, una caratteristica comune dei tumori solidi, nel mantenimento della massa tumorale cerebrale. L'ossigeno è un regolatore fondamentale del metabolismo cellulare, la sopravvivenza e la proliferazione. Il livello di ossigenazione all'interno del tumore non è costante [22, 23]. Questo fenomeno è il risultato di diverse caratteristiche del tumore, come la presenza di una rete vascolare aberrante, una povera diffusione dell'ossigeno attraverso il tumore in espansione e un irregolare flusso di sangue. Tutti questi fattori aumentano le capacità metastatiche del tumore [24]. In queste condizioni ipossiche viene attivato un pathway che coinvolge un regolatore chiave della risposta ai livelli di ossigeno presenti nella cellula, chiamato hypoxia inducible factor 1α (HIF1α). HIF1α è un fattore di trascrizione che, in presenza di ipossia, promuove l'induzione o la repressione di una miriade di geni che controllano funzioni cellulari multiple, come l'angiogenesi, il metabolismo, l'invasione/metastasi e l'apoptosi/sopravvivenza [25]. Pertanto, il livello di ossigeno nelle cellule tumorali controlla particolari risposte cellulari consequenzialmente alla modulazione dell'espressione genica. Durante questo progetto di ricerca abbiamo cercato di definire come l'ipossia microambientale e intratumorale influenzasse il metabolismo e la distribuzione delle cellule staminali tumorali nel GBM. In particolare, nella prima parte dello studio abbiamo analizzato gli effetti mediati dal 2-deoxyglucosio (2-DG), un analogo del glucosio e noto inibitore competitivo della glicolisi su cellule primarie di GBM mantenute in ipossia. Nella seconda parte, mediante l'uso della chirurgia guidata per immagini, grazie alla collaborazione con la neurochirurgia di Padova, abbiamo campionato regioni diverse intratumorali ed abbiamo identificato la presenza di una certa eterogeneità cellulare in correlazione al gradiente di ossigeno all'interno della massa dei GBM. Questi risultati ci hanno permesso di definire un nuovo modello concentrico di nicchia delle cellule staminali del GBM.
2-deoxyglucose effects and cancer stem cell distribution are affected by hypoxia in glioblastoma multiforme
ABBADI, SARA
2011
Abstract
Il glioblastoma multiforme (GBM) è il più alto grado di glioma e la forma più comune e aggressiva tra i tumori primari cerebrali nell’adulto, classificato come astrocitoma di grado IV. Il termine "multiforme" in GBM descrive la natura eterogenea di questi tumori, anche caratterizzata da diffusa infiltrazione nel tessuto circostante. Queste caratteristiche rendono l’asportazione completa del tumore impossibile. Nonostante l'uso della chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia, la sopravvivenza media per i pazienti con GBM è di soli 14,6 mesi. La bassa sopravvivenza dei pazienti colpiti da questo tumore è dovuta ad una elevata incidenza di recidiva e scarsa risposta alle terapie convenzionali [1]. Si pensa che la refrattarietà al trattamento sia dovuta ad una sottopopolazione di cellule, chiamate cellule staminali tumorali o cellule iniziatrici del tumore cerebrale [2]. Per superare questo problema, attualmente sono in fase di ricerca diverse strategie che combinano la chemioterapia con farmaci che colpiscono diversi meccanismi di azione [3]. Uno degli agenti alchilanti più utilizzati nel trattamento del glioblastoma multiforme è il temozolomide (TMZ). Tuttavia, a questo riguardo esistono dati controversi: alcuni studi hanno dimostrato, infatti, il trattamento con TMZ sembra indurre una diminuzione delle cellule staminali del tumore in una maniera dose-e tempo-dipendente [4], al contrario altri lavori hanno dimostrato che il TMZ non sembra influenzare le cellule staminali [5]. Per questa ragione queste cellule vengono considerate le più chemio-resistenti all’interno della massa tumorale [6-9]. Quindi sta diventando di fondamentale importanza identificare le caratteristiche fenotipiche delle cellule tumorali resistenti e definire la loro localizzazione all’interno della massa tumorale, al fine di distinguerle dalla controparte sana ed eliminarle più efficacemente. L’integrità strutturale e funzionale delle funzioni cerebrali dipende profondamente da un normale apporto di ossigeno e glucosio. Il glucosio nelle cellule tumorali viene metabolizzato principalmente attraverso la glicolisi anaerobica e questo processo si mantiene anche quando le cellule tumorali vengono messe in coltura in condizioni normossiche. Questo indica che la glicolisi pseudo-anaerobica è costitutivamente upregolata attraverso mutazioni genetiche [10]. Tale fenomeno è stato descritto per la prima volta da Otto Heinrich Warburg nel 1920 [11]. A seguito di questa iniziale osservazione, l'interesse della comunità scientifica verso le proprietà metaboliche delle cellule tumorali è stata variabile nel corso degli anni, soprattutto dopo la diffusione delle nuove tecniche molecolari. L'applicazione della tecnica PET (Positron Emission Tomography), che utilizza il tracciante analogo del glucosio 18fluorodeossiglucosio (FDG), ha dimostrato un notevole aumento nell’assorbimento del glucosio, che dipende in larga misura dal tasso di glicolisi, nella maggior parte dei tumori primari e metastatici umani. Questo risultato sta ad indicare che la glicolisi continua a conferire un vantaggio proliferativo per il tumore [12-14]. Il controllo sul flusso glicolitico risiede principalmente a livello del trasportatore del glucosio e nei primi passaggi di fosforilazione [15-17], ma può anche essere regolato in molte fasi più a valle della via glicolitica [18, 19]. Il vantaggio proliferativo del fenotipo glicolitico non è immediatamente evidente, poiché il metabolismo anaerobico del glucosio produce solo 2 ATP per glucosio, mentre l'ossidazione completa produce 38 ATP per glucosio. Inoltre, i prodotti metabolici della glicolisi, come ad esempio gli ioni idrogeno (H+), provocano l’acidificazione dello spazio extracellulare, cosa che potrebbe comportare tossicità cellulare [20]. Allora perché le cellule tumorali utilizzano preferibilmente la glicolisi, che è inefficiente e potenzialmente tossica? È stato suggerito che l’upregolazione della via glicolitica, da parte delle cellule tumorali, non sia né casuale né accidentale. Piuttosto, essa rappresenta una soluzione evolutasi durante lo sviluppo del tumore in risposta a vincoli microambientali [10]. I tumori altamente proliferativi, come ad esempio il glioblastomi, sono caratterizzati da un microambiente ipossico. Le cellule tumorali, presenti in questo microambiente ipossico, modificano le loro nicchie vascolari al fine di mantenere il pool delle cellule staminali tumorali [21]. Questi dati indicano che lo sviluppo del cancro non è solo un processo che coinvolge solamente eventi epigenetici o genetici, ma dipende anche dal microambiente. Uno degli aspetti che stiamo indagando è il ruolo dell’ipossia, una caratteristica comune dei tumori solidi, nel mantenimento della massa tumorale cerebrale. L'ossigeno è un regolatore fondamentale del metabolismo cellulare, la sopravvivenza e la proliferazione. Il livello di ossigenazione all'interno del tumore non è costante [22, 23]. Questo fenomeno è il risultato di diverse caratteristiche del tumore, come la presenza di una rete vascolare aberrante, una povera diffusione dell'ossigeno attraverso il tumore in espansione e un irregolare flusso di sangue. Tutti questi fattori aumentano le capacità metastatiche del tumore [24]. In queste condizioni ipossiche viene attivato un pathway che coinvolge un regolatore chiave della risposta ai livelli di ossigeno presenti nella cellula, chiamato hypoxia inducible factor 1α (HIF1α). HIF1α è un fattore di trascrizione che, in presenza di ipossia, promuove l'induzione o la repressione di una miriade di geni che controllano funzioni cellulari multiple, come l'angiogenesi, il metabolismo, l'invasione/metastasi e l'apoptosi/sopravvivenza [25]. Pertanto, il livello di ossigeno nelle cellule tumorali controlla particolari risposte cellulari consequenzialmente alla modulazione dell'espressione genica. Durante questo progetto di ricerca abbiamo cercato di definire come l'ipossia microambientale e intratumorale influenzasse il metabolismo e la distribuzione delle cellule staminali tumorali nel GBM. In particolare, nella prima parte dello studio abbiamo analizzato gli effetti mediati dal 2-deoxyglucosio (2-DG), un analogo del glucosio e noto inibitore competitivo della glicolisi su cellule primarie di GBM mantenute in ipossia. Nella seconda parte, mediante l'uso della chirurgia guidata per immagini, grazie alla collaborazione con la neurochirurgia di Padova, abbiamo campionato regioni diverse intratumorali ed abbiamo identificato la presenza di una certa eterogeneità cellulare in correlazione al gradiente di ossigeno all'interno della massa dei GBM. Questi risultati ci hanno permesso di definire un nuovo modello concentrico di nicchia delle cellule staminali del GBM.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/110175
URN:NBN:IT:UNIPD-110175