L’obiettivo di questo lavoro è offrire alcuni exempla per una grammatica dell’etrusco. La tesi è articolata in tre capitoli. Il primo capitolo inizia con una sezione di carattere storiografico, in cui ho presentato un excursus delle riflessioni grammaticali sulla lingua etrusca; nello specifico ho ripreso e sviluppato un’ipotesi già avanzata da Prosdocimi (1985), secondo la quale il 1984 può essere assunto –pur con tutti i caveat sottesi a ogni periodizzazione- come anno di irruzione di nuovo paradigma (della grammatica) nell’ambito degli studi etruscologici: sono stati passati in rassegna gli studi sulla lingua etrusca degli ultimi venticinque anni, così da sondare, per quanto possibile, se e quanta sia stata l’influenza del nuovo paradigma individuato. Nella seconda sezione ho tentato di delineare alcuni fondamenti per una grammatica (= descrizione grammaticale) della lingua etrusca, tarando il modo di operare questa descrizione (al di là di generalia comunque validi) sull’oggetto, in conformità alla sua natura di lingua storica giunta a noi come Restsprache, testimoniata perlopiù da iscrizioni brevi e ripetitive, e per cui non sono evidenti affinità linguistiche se non con le varietà retica e lemnia. Il secondo capitolo, strettamente linguistico, è dedicato al sintagma nominale in etrusco, in particolare alla morfologia di plurale e di femminile. Per quanto riguarda la morfologia di plurale ho tentato di rendere conto dei dati che paiono scostarsi dalla generalizzazione di Agostiniani (1992, 1993) secondo la quale il plurale sarebbe espresso da due morf(em)i, l’uno dedicato alla classe dei sostantivi animati, l’altro dedicato alla classe dei sostantivi inanimati. Nella seconda parte ho tentato invece di inquadrare l’ipotesi vulgata di una origine da (una varietà di) indoeuropeo dei morfemi di femminile –i, -ia (< i.e. *-j(e/o)H2(-)), sviluppando un tema che credo capitale per l’etrusco (e il suo ‘farsi’) e importante per il (pre)latino e il (pre)italico per la vastità delle sue implicazioni. Nell’ultima sezione sono state offerte alcune considerazioni di massima sulla vexata quaestio delle affinità linguistiche dell’etrusco, alla luce di quanto è emerso nelle sezioni dedicate alla morfologia di plurale e di femminile.
Per una grammatica dell'etrusco: exempla
RIGOBIANCO, LUCA
2011
Abstract
L’obiettivo di questo lavoro è offrire alcuni exempla per una grammatica dell’etrusco. La tesi è articolata in tre capitoli. Il primo capitolo inizia con una sezione di carattere storiografico, in cui ho presentato un excursus delle riflessioni grammaticali sulla lingua etrusca; nello specifico ho ripreso e sviluppato un’ipotesi già avanzata da Prosdocimi (1985), secondo la quale il 1984 può essere assunto –pur con tutti i caveat sottesi a ogni periodizzazione- come anno di irruzione di nuovo paradigma (della grammatica) nell’ambito degli studi etruscologici: sono stati passati in rassegna gli studi sulla lingua etrusca degli ultimi venticinque anni, così da sondare, per quanto possibile, se e quanta sia stata l’influenza del nuovo paradigma individuato. Nella seconda sezione ho tentato di delineare alcuni fondamenti per una grammatica (= descrizione grammaticale) della lingua etrusca, tarando il modo di operare questa descrizione (al di là di generalia comunque validi) sull’oggetto, in conformità alla sua natura di lingua storica giunta a noi come Restsprache, testimoniata perlopiù da iscrizioni brevi e ripetitive, e per cui non sono evidenti affinità linguistiche se non con le varietà retica e lemnia. Il secondo capitolo, strettamente linguistico, è dedicato al sintagma nominale in etrusco, in particolare alla morfologia di plurale e di femminile. Per quanto riguarda la morfologia di plurale ho tentato di rendere conto dei dati che paiono scostarsi dalla generalizzazione di Agostiniani (1992, 1993) secondo la quale il plurale sarebbe espresso da due morf(em)i, l’uno dedicato alla classe dei sostantivi animati, l’altro dedicato alla classe dei sostantivi inanimati. Nella seconda parte ho tentato invece di inquadrare l’ipotesi vulgata di una origine da (una varietà di) indoeuropeo dei morfemi di femminile –i, -ia (< i.e. *-j(e/o)H2(-)), sviluppando un tema che credo capitale per l’etrusco (e il suo ‘farsi’) e importante per il (pre)latino e il (pre)italico per la vastità delle sue implicazioni. Nell’ultima sezione sono state offerte alcune considerazioni di massima sulla vexata quaestio delle affinità linguistiche dell’etrusco, alla luce di quanto è emerso nelle sezioni dedicate alla morfologia di plurale e di femminile.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/110219
URN:NBN:IT:UNIPD-110219