L’argomento della presente attività di ricerca è stato lo studio delle modificazioni comportamentali e cerebrali in pazienti con deterioramento cognitivo di tipo Alzheimer (AD) in seguito a trattamenti non-farmacologici. Obiettivo dei diversi studi è stato quello di identificare interventi utili al rallentamento della patologia osservando le modificazioni cognitive, emotive, e funzionali. Inoltre, a livello elettrofisiologico, sono state analizzate le modificazioni dei network cerebrali. Sono stati condotti tre studi con pazienti con AD probabile di grado lieve-moderato con i quali si sono sperimentati diversi interventi aumentando e modificando progressivamente il tipo di stimolazione e le analisi effettuate. Nel primo studio si è valutata l’efficacia di cicli di training cognitivo (CT) svolti nell’arco di un anno sulla performance cognitiva e a livello emotivo e funzionale. I risultati hanno mostrato che cicli intensivi di CT, in associazione al trattamento farmacologico, permettono di migliorare la prestazione ai test che coinvolgono principalmente le funzioni esecutive di controllo, e di non perdere l’autonomia nel quotidiano. Questi risultati sono stati confrontati con pazienti che hanno svolto attività più generali e meno specifiche frequentando un Centro Diurno. Nel secondo studio sono state analizzate anche le modificazioni dei network cerebrali, utilizzando indici elettrofisiologici quali i potenziali evento-relati (ERP), dopo un ciclo di CT all’interno del quale un compito cognitivo è stato intensivamente esercitato. I dati ottenuti suggeriscono come dopo l’esercitazione di un compito cognitivo ci sia stato un apprendimento e un cambiamento delle strategie legate all’esecuzione del compito stesso, che si riflette nei cambiamenti d’attivazione corticale ottenuti al post-training, segnalando una riorganizzazione plastica dei network corticali ancora funzionanti. La maggior attivazione registrata durante il compito riproposto per tutta la durata del training a livello dei siti anteriori sinistri può essere, infatti, interpretata come un meccanismo strategico compensatorio che attiva le reti linguistiche per sopperire alla compromissione della memoria. Nel terzo studio l’intervento ha incluso CT associato a esercizi e attività fisica, aumentando la stimolazione da due a quattro ore al giorno. In questo caso non si è evidenziata una strategia compito-specifica per l’esecuzione del compito proposto, ma un pattern d’attivazione ugualmente distribuito alle regioni anteriori e posteriori, senza fenomeni di riorganizzazione plastica dovuti all’utilizzo di strategie funzionali allo svolgimento del compito stesso. A differenza del secondo studio, in questo terzo studio, il compito di controllo (non esercitato) ha mostrato la maggiore modulazione tra prima e dopo il training. In questo caso, infatti, si è osservata una significativa ridistribuzione dell’attivazione corticale dalle aree posteriori (prima del training) a quelle anteriori (dopo il training). Questo maggior coinvolgimento delle aree frontali è stato confermato ai dati neuropsicologici che hanno evidenziato un miglioramento alla performance dei test che elicitano le funzioni esecutive di controllo. Inoltre l’umore, il benessere percepito e la qualità di vita migliorano, così come anche l’andatura. Per quanto riguarda l’analisi delle componenti automatiche del linguaggio emerge chiaramente, in entrambi gli studi 2 e 3, un marcato effetto di potenziamento plastico che ha mostrato come fenomeni di apprendimento, conseguenti ad un training intensivo condotto in un contesto ecologico, siano individuabili mediante la tecnica dei potenziali evocati anche in pazienti con AD. Sono quindi ancora possibili, per questi pazienti con una patologia neurodegenerativa, fenomeni plastici di potenziamento delle reti neurali in aree fondamentali per il linguaggio. Questi studi hanno permesso di verificare l’efficacia di CT per pazienti in fase lieve-moderata evidenziando non solo un mantenimento del quadro cognitivo e funzionale a distanza di tempo, ma anche modificazioni di network cerebrali ancora funzionanti.
Training cognitivo e demenza di Alzheimer: dati sulla plasticità cerebrale in patologie neurodegenerative
BERGAMASCHI, SUSANNA
2011
Abstract
L’argomento della presente attività di ricerca è stato lo studio delle modificazioni comportamentali e cerebrali in pazienti con deterioramento cognitivo di tipo Alzheimer (AD) in seguito a trattamenti non-farmacologici. Obiettivo dei diversi studi è stato quello di identificare interventi utili al rallentamento della patologia osservando le modificazioni cognitive, emotive, e funzionali. Inoltre, a livello elettrofisiologico, sono state analizzate le modificazioni dei network cerebrali. Sono stati condotti tre studi con pazienti con AD probabile di grado lieve-moderato con i quali si sono sperimentati diversi interventi aumentando e modificando progressivamente il tipo di stimolazione e le analisi effettuate. Nel primo studio si è valutata l’efficacia di cicli di training cognitivo (CT) svolti nell’arco di un anno sulla performance cognitiva e a livello emotivo e funzionale. I risultati hanno mostrato che cicli intensivi di CT, in associazione al trattamento farmacologico, permettono di migliorare la prestazione ai test che coinvolgono principalmente le funzioni esecutive di controllo, e di non perdere l’autonomia nel quotidiano. Questi risultati sono stati confrontati con pazienti che hanno svolto attività più generali e meno specifiche frequentando un Centro Diurno. Nel secondo studio sono state analizzate anche le modificazioni dei network cerebrali, utilizzando indici elettrofisiologici quali i potenziali evento-relati (ERP), dopo un ciclo di CT all’interno del quale un compito cognitivo è stato intensivamente esercitato. I dati ottenuti suggeriscono come dopo l’esercitazione di un compito cognitivo ci sia stato un apprendimento e un cambiamento delle strategie legate all’esecuzione del compito stesso, che si riflette nei cambiamenti d’attivazione corticale ottenuti al post-training, segnalando una riorganizzazione plastica dei network corticali ancora funzionanti. La maggior attivazione registrata durante il compito riproposto per tutta la durata del training a livello dei siti anteriori sinistri può essere, infatti, interpretata come un meccanismo strategico compensatorio che attiva le reti linguistiche per sopperire alla compromissione della memoria. Nel terzo studio l’intervento ha incluso CT associato a esercizi e attività fisica, aumentando la stimolazione da due a quattro ore al giorno. In questo caso non si è evidenziata una strategia compito-specifica per l’esecuzione del compito proposto, ma un pattern d’attivazione ugualmente distribuito alle regioni anteriori e posteriori, senza fenomeni di riorganizzazione plastica dovuti all’utilizzo di strategie funzionali allo svolgimento del compito stesso. A differenza del secondo studio, in questo terzo studio, il compito di controllo (non esercitato) ha mostrato la maggiore modulazione tra prima e dopo il training. In questo caso, infatti, si è osservata una significativa ridistribuzione dell’attivazione corticale dalle aree posteriori (prima del training) a quelle anteriori (dopo il training). Questo maggior coinvolgimento delle aree frontali è stato confermato ai dati neuropsicologici che hanno evidenziato un miglioramento alla performance dei test che elicitano le funzioni esecutive di controllo. Inoltre l’umore, il benessere percepito e la qualità di vita migliorano, così come anche l’andatura. Per quanto riguarda l’analisi delle componenti automatiche del linguaggio emerge chiaramente, in entrambi gli studi 2 e 3, un marcato effetto di potenziamento plastico che ha mostrato come fenomeni di apprendimento, conseguenti ad un training intensivo condotto in un contesto ecologico, siano individuabili mediante la tecnica dei potenziali evocati anche in pazienti con AD. Sono quindi ancora possibili, per questi pazienti con una patologia neurodegenerativa, fenomeni plastici di potenziamento delle reti neurali in aree fondamentali per il linguaggio. Questi studi hanno permesso di verificare l’efficacia di CT per pazienti in fase lieve-moderata evidenziando non solo un mantenimento del quadro cognitivo e funzionale a distanza di tempo, ma anche modificazioni di network cerebrali ancora funzionanti.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/110322
URN:NBN:IT:UNIPD-110322