La tesi trae spunto da una rivalutazione della poesia britannica che emerse in piena età Thatcheriana e che studi contemporanei tendono a leggere come fenomeno ‘inglese’, nato a margine della crisi socio-politica che interessò la Gran Bretagna degli anni Ottanta e quindi di respiro meno ampio rispetto alla più recente poesia politica, interessata a questioni internazionali e legata al movimento pacifista degli ultimi anni del Novecento. Partendo dall’esperienza di quattro poeti inizialmente impegnati sul fronte dell’opposizione politica interna, Tony Harrison, Ken Smith, James Fenton e George Szirtes, mi propongo di indagare in quale modo la loro risposta al disfacimento dell’orizzonte liberale-democratico radicato negli anni della ricostruzione post-bellica si sia saldato, all’apice della contestazione anti-Thatcheriana, ad una riflessione più estesa. In contrasto con l’autocomprensione politica degli anni Ottanta e dei decenni che sono seguiti, questi poeti assunsero, infatti, un punto di vista spiccatamente europeo per analizzare la crisi dell’occidente nel momento in cui questo, all’indomani della caduta del muro di Berlino, si presentava come il solo, possibile ‘sistema d’ordine’. In Fenton, Harrison, Smith e Szirtes, il ritorno in Europa dell’ex blocco comunista scatenò un interesse crescente non tanto per l’Altro per definizione, la Russia ex comunista, quanto per quelle zone centrali tra la Russia e l’Europa occidentale che proprio negli anni Ottanta vissero un momento eccezionale di auto-definizione politica e culturale. Il passato di oppressione dei popoli centro-est europei e lo scetticismo nei confronti del ‘progresso’ di matrice illuministica, su cui intellettuali e poeti d’oltrecortina avevano sensibilizzato l’opinione occidentale negli anni settanta e ottanta, offre una chiave di lettura per comprendere l’ottica adottata dai poeti britannici che attraversarono queste regioni tra il 1985 e il 2000. Più che il vecchio nemico dell’occidente ‘democratico’, l’Est europeo diventò per loro un’area tanto indispensabile quanto opportunamente ‘oscurata’ della memoria storica europea, in grado di mettere l’Ovest a confronto con fantasmi mai esorcizzati, come quello del Nazismo, e con l’ottica intimamente sovversiva di popoli afflitti da problematiche economiche e culturali che, all’alba dell’età post- industriale, post-nazionale e post-moderna apparvero più che mai attuali.
Representations of Central and Eastern Europe in Contemporary British Poetry
MOZZATO, CINZIA
2009
Abstract
La tesi trae spunto da una rivalutazione della poesia britannica che emerse in piena età Thatcheriana e che studi contemporanei tendono a leggere come fenomeno ‘inglese’, nato a margine della crisi socio-politica che interessò la Gran Bretagna degli anni Ottanta e quindi di respiro meno ampio rispetto alla più recente poesia politica, interessata a questioni internazionali e legata al movimento pacifista degli ultimi anni del Novecento. Partendo dall’esperienza di quattro poeti inizialmente impegnati sul fronte dell’opposizione politica interna, Tony Harrison, Ken Smith, James Fenton e George Szirtes, mi propongo di indagare in quale modo la loro risposta al disfacimento dell’orizzonte liberale-democratico radicato negli anni della ricostruzione post-bellica si sia saldato, all’apice della contestazione anti-Thatcheriana, ad una riflessione più estesa. In contrasto con l’autocomprensione politica degli anni Ottanta e dei decenni che sono seguiti, questi poeti assunsero, infatti, un punto di vista spiccatamente europeo per analizzare la crisi dell’occidente nel momento in cui questo, all’indomani della caduta del muro di Berlino, si presentava come il solo, possibile ‘sistema d’ordine’. In Fenton, Harrison, Smith e Szirtes, il ritorno in Europa dell’ex blocco comunista scatenò un interesse crescente non tanto per l’Altro per definizione, la Russia ex comunista, quanto per quelle zone centrali tra la Russia e l’Europa occidentale che proprio negli anni Ottanta vissero un momento eccezionale di auto-definizione politica e culturale. Il passato di oppressione dei popoli centro-est europei e lo scetticismo nei confronti del ‘progresso’ di matrice illuministica, su cui intellettuali e poeti d’oltrecortina avevano sensibilizzato l’opinione occidentale negli anni settanta e ottanta, offre una chiave di lettura per comprendere l’ottica adottata dai poeti britannici che attraversarono queste regioni tra il 1985 e il 2000. Più che il vecchio nemico dell’occidente ‘democratico’, l’Est europeo diventò per loro un’area tanto indispensabile quanto opportunamente ‘oscurata’ della memoria storica europea, in grado di mettere l’Ovest a confronto con fantasmi mai esorcizzati, come quello del Nazismo, e con l’ottica intimamente sovversiva di popoli afflitti da problematiche economiche e culturali che, all’alba dell’età post- industriale, post-nazionale e post-moderna apparvero più che mai attuali.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/110363
URN:NBN:IT:UNIPD-110363