Il lavoro di tesi è dedicato all’analisi della disciplina della certificazione dei contrati di lavoro introdotta dagli artt. 75 ss. del d.lgs. n. 276/2003. Filo conduttore dello studio, con il quale si affronta l’analisi dell’istituto sotto il profilo tecnico-dogmatico, è la costante attenzione alla finalità deflattiva del contenzioso giudiziale, assunta quale essenziale strumento fornito all’interprete dal legislatore con il quale indagare la razionalità interna della normativa. In quest’ottica, sono stati trattati separatamente i due diversi piani di rilevanza della certificazione, cioè, quello dei rapporti sostanziali e quello delle relazioni con la giurisdizione. Il primo livello d’indagine, a sua volta, considera la certificazione distintamente nelle sue tre diverse funzioni prospettate dalla dottrina, a seconda che attenga alla qualificazione del contratto, alla disposizione dei diritti, o alla c.d. derogabilità assistita. Negata sostanzialmente questa terza funzione, sulla scia della dottrina dominante, si è riconosciuto un ruolo preponderante all’attività qualificatoria, senza disconoscere, tuttavia, i profili di disponibilità dei diritti che possono innestarsi nell’ambito del procedimento di certificazione, ma anche fuori da questo. La centralità del profilo qualificatorio non comporta tuttavia che il procedimento di certificazione sia del tutto estraneo alla definizione del contenuto del contratto. Sotto questo profilo, si ritiene che le parti possano sottoporre all’attenzione delle commissioni di certificazione esclusivamente una proposta di contratto che dovrà poi essere compiutamente definita con l’ausilio dei certificatori, nell’ambito dell’attività di assistenza e consulenza, solo all’esito della quale verrà emanato l’atto di certificazione. Nel’ambito del procedimento di certificazione possono quindi riconoscersi due diverse attività, fra loro intrecciate, ma comunque distinte, l’una di assistenza nella definizione del contenuto dell’accordo, l’altra qualificatoria. Solo quest’ultima, poi, entrerà a far parte della fase costitutiva del procedimento che sfocia nell’emanazione di un atto amministrativo vincolato, di natura non provvedimentale, che accerta la natura del contratto. Non si tratta quindi di mero parere né di un atto di certazione, bensì di un atto amministrativo di nuovo tipo, che partecipa della natura degli atti di accertamento - seppure non attenga a fatti ma si avvicini all’attività giudiziale di qualificazione - cui accedono caratteristiche del tutto peculiari. Infatti, l’accertamento ivi contenuto riguarda non solo le dichiarazioni effettuate nel corso del procedimento, bensì anche la loro genuinità - e in tal modo anche eventuali accordi simulatori - ed i suoi effetti prevalgono sui comportamenti difformi attuati nel corso del rapporto, quindi anche con riguardo ad novazioni. In particolare, si produce nei confronti del giudice e dei terzi direttamente, ma anche delle parti, indirettamente, l’obbligo di attenersi alla qualificazione attestata nell’atto di certificazione fino a che questa non venga superata dalla diversa qualificazione giudiziale di cui all’art. 80. Si rivela pertanto centrale, per la ricostruzione del sistema, l’indagine sui “rimedi” contro la certificazione predisposti dal legislatore, con particolare riguardo ai ricorsi per erroneità e difformità esecutiva. Sul punto, si perviene ad un’autonoma lettura del dettato normativo rispetto alle opzioni ricostruttive offerte dalla dottrina. In particolare, viene dimostrata l’esclusività e l’autonomia dei ricorsi per erroneità e per difformità esecutiva senza tuttavia, sol per questo, vederne delle azioni costitutive di annullamento. Infatti, anche prendendo spunto a tal fine dalle più risalenti elaborazioni sulla natura del processo tributario, si sostiene che i menzionati ricorsi introducano pur sempre un giudizio dichiarativo sulla natura del contratto certificato, giudizio che è diretto a far cadere gli effetti della certificazione in virtù della prevalenza dell’accertamento giudiziario su quello amministrativo. Lo studio si conclude sostenendo che la competenza del giudice amministrativo - con particolare riguardo all’impugnazione per eccesso di potere - attiene esclusivamente alle fattispecie che non implichino un’autonoma statuizione da parte di tale giudice, anche solo indiretta, sulla natura del contratto di lavoro.
Contratti di lavoro e certificazione. Per una lettura finalisticamente orientata dell'istituto della certificazione dei contratti di lavoro
FABRIS, CLAUDIO
2009
Abstract
Il lavoro di tesi è dedicato all’analisi della disciplina della certificazione dei contrati di lavoro introdotta dagli artt. 75 ss. del d.lgs. n. 276/2003. Filo conduttore dello studio, con il quale si affronta l’analisi dell’istituto sotto il profilo tecnico-dogmatico, è la costante attenzione alla finalità deflattiva del contenzioso giudiziale, assunta quale essenziale strumento fornito all’interprete dal legislatore con il quale indagare la razionalità interna della normativa. In quest’ottica, sono stati trattati separatamente i due diversi piani di rilevanza della certificazione, cioè, quello dei rapporti sostanziali e quello delle relazioni con la giurisdizione. Il primo livello d’indagine, a sua volta, considera la certificazione distintamente nelle sue tre diverse funzioni prospettate dalla dottrina, a seconda che attenga alla qualificazione del contratto, alla disposizione dei diritti, o alla c.d. derogabilità assistita. Negata sostanzialmente questa terza funzione, sulla scia della dottrina dominante, si è riconosciuto un ruolo preponderante all’attività qualificatoria, senza disconoscere, tuttavia, i profili di disponibilità dei diritti che possono innestarsi nell’ambito del procedimento di certificazione, ma anche fuori da questo. La centralità del profilo qualificatorio non comporta tuttavia che il procedimento di certificazione sia del tutto estraneo alla definizione del contenuto del contratto. Sotto questo profilo, si ritiene che le parti possano sottoporre all’attenzione delle commissioni di certificazione esclusivamente una proposta di contratto che dovrà poi essere compiutamente definita con l’ausilio dei certificatori, nell’ambito dell’attività di assistenza e consulenza, solo all’esito della quale verrà emanato l’atto di certificazione. Nel’ambito del procedimento di certificazione possono quindi riconoscersi due diverse attività, fra loro intrecciate, ma comunque distinte, l’una di assistenza nella definizione del contenuto dell’accordo, l’altra qualificatoria. Solo quest’ultima, poi, entrerà a far parte della fase costitutiva del procedimento che sfocia nell’emanazione di un atto amministrativo vincolato, di natura non provvedimentale, che accerta la natura del contratto. Non si tratta quindi di mero parere né di un atto di certazione, bensì di un atto amministrativo di nuovo tipo, che partecipa della natura degli atti di accertamento - seppure non attenga a fatti ma si avvicini all’attività giudiziale di qualificazione - cui accedono caratteristiche del tutto peculiari. Infatti, l’accertamento ivi contenuto riguarda non solo le dichiarazioni effettuate nel corso del procedimento, bensì anche la loro genuinità - e in tal modo anche eventuali accordi simulatori - ed i suoi effetti prevalgono sui comportamenti difformi attuati nel corso del rapporto, quindi anche con riguardo ad novazioni. In particolare, si produce nei confronti del giudice e dei terzi direttamente, ma anche delle parti, indirettamente, l’obbligo di attenersi alla qualificazione attestata nell’atto di certificazione fino a che questa non venga superata dalla diversa qualificazione giudiziale di cui all’art. 80. Si rivela pertanto centrale, per la ricostruzione del sistema, l’indagine sui “rimedi” contro la certificazione predisposti dal legislatore, con particolare riguardo ai ricorsi per erroneità e difformità esecutiva. Sul punto, si perviene ad un’autonoma lettura del dettato normativo rispetto alle opzioni ricostruttive offerte dalla dottrina. In particolare, viene dimostrata l’esclusività e l’autonomia dei ricorsi per erroneità e per difformità esecutiva senza tuttavia, sol per questo, vederne delle azioni costitutive di annullamento. Infatti, anche prendendo spunto a tal fine dalle più risalenti elaborazioni sulla natura del processo tributario, si sostiene che i menzionati ricorsi introducano pur sempre un giudizio dichiarativo sulla natura del contratto certificato, giudizio che è diretto a far cadere gli effetti della certificazione in virtù della prevalenza dell’accertamento giudiziario su quello amministrativo. Lo studio si conclude sostenendo che la competenza del giudice amministrativo - con particolare riguardo all’impugnazione per eccesso di potere - attiene esclusivamente alle fattispecie che non implichino un’autonoma statuizione da parte di tale giudice, anche solo indiretta, sulla natura del contratto di lavoro.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/110670
URN:NBN:IT:UNIPD-110670