Questo lavoro si occupa del linguaggio dei 57 discorsi programmatici che ogni Presidente incaricato ha presentato al Parlamento dal 1948 ad oggi, con l’obiettivo di tracciare un profilo del genere discorsivo e di individuare gli elementi di continuità e le eventuali fratture in questi primi sessanta anni. Grazie a un’indagine iniziale di tipo quantitativo, con strumenti della metodologia statistica testuale, sono state individuate alcune piste di ricerca che sono state poi approfondite sul versante linguistico attraverso lo studio della testualità, delle costruzioni sintattiche, delle scelte lessicali e semantiche, accennando anche ad alcuni particolari usi retorici. Ne emerge un quadro che da un lato mette in luce la ritualità della tipologia testuale, legata ovviamente a un contesto di enunciazione fortemente istituzionalizzato: la struttura del discorso si mantiene sostanzialmente uguale negli anni; formule di apertura, omaggi e saluti marcano in modo netto la dimensione cerimoniale del testo; risultano stabili in tutti i discorsi del corpus strutture sintattiche tipiche del linguaggio burocratico e giuridico (si pensi alle costruzioni implicite, le frequenti nominalizzazioni, la prevalenza del sintagma nominale su quello verbale) ma anche altre di natura diversa come formule che richiamano lo slogan e l’aforisma, o ancora strutture elencative. Anche sul piano lessicale e semantico, si possono individuare come denominatore comune dei 57 testi alcune aree, ad esempio quella istituzionale e quella economica e finanziaria. D’altro lato, in questo quadro piuttosto uniforme si individua un fattore di evoluzione che è dato dallo sviluppo temporale delle prassi discorsive. Le analisi svolte sui vari piani del linguaggio delineano come non sia la personalità del Presidente a determinare le peculiarità linguistiche: è l’evoluzione diacronica a definire alcuni punti di rottura nella modalità comunicativa dei 57 discorsi. Al carattere prevalentemente tecnico dei discorsi della fase della Ricostruzione, segue una tendenza maggiore alla programmazione politica nei testi pronunciati da inizio anni Sessanta a fine anni Ottanta. A partire dall’inizio della cosiddetta Seconda Repubblica si registrano segnali di un cambiamento in una direzione meno rigida, che predilige, sul fronte linguistico, costruzioni più brevi e fruibili e che – con Berlusconi, Prodi e D’Alema- sembrano spingere il testo anche fuori dall’aula parlamentare, con richiami all’elettorato. In questo senso sembra che il linguaggio del discorso programmatico stia lentamente cambiando, toccato probabilemnte da quella genereale spettacolarizzazione della politica che coinvolge il linguaggio politico più in generale.
Continuità e discontinuità linguistiche nei discorsi programmatici del governo italiano (1948 - 2008)
DI BENEDETTO, CHIARA
2009
Abstract
Questo lavoro si occupa del linguaggio dei 57 discorsi programmatici che ogni Presidente incaricato ha presentato al Parlamento dal 1948 ad oggi, con l’obiettivo di tracciare un profilo del genere discorsivo e di individuare gli elementi di continuità e le eventuali fratture in questi primi sessanta anni. Grazie a un’indagine iniziale di tipo quantitativo, con strumenti della metodologia statistica testuale, sono state individuate alcune piste di ricerca che sono state poi approfondite sul versante linguistico attraverso lo studio della testualità, delle costruzioni sintattiche, delle scelte lessicali e semantiche, accennando anche ad alcuni particolari usi retorici. Ne emerge un quadro che da un lato mette in luce la ritualità della tipologia testuale, legata ovviamente a un contesto di enunciazione fortemente istituzionalizzato: la struttura del discorso si mantiene sostanzialmente uguale negli anni; formule di apertura, omaggi e saluti marcano in modo netto la dimensione cerimoniale del testo; risultano stabili in tutti i discorsi del corpus strutture sintattiche tipiche del linguaggio burocratico e giuridico (si pensi alle costruzioni implicite, le frequenti nominalizzazioni, la prevalenza del sintagma nominale su quello verbale) ma anche altre di natura diversa come formule che richiamano lo slogan e l’aforisma, o ancora strutture elencative. Anche sul piano lessicale e semantico, si possono individuare come denominatore comune dei 57 testi alcune aree, ad esempio quella istituzionale e quella economica e finanziaria. D’altro lato, in questo quadro piuttosto uniforme si individua un fattore di evoluzione che è dato dallo sviluppo temporale delle prassi discorsive. Le analisi svolte sui vari piani del linguaggio delineano come non sia la personalità del Presidente a determinare le peculiarità linguistiche: è l’evoluzione diacronica a definire alcuni punti di rottura nella modalità comunicativa dei 57 discorsi. Al carattere prevalentemente tecnico dei discorsi della fase della Ricostruzione, segue una tendenza maggiore alla programmazione politica nei testi pronunciati da inizio anni Sessanta a fine anni Ottanta. A partire dall’inizio della cosiddetta Seconda Repubblica si registrano segnali di un cambiamento in una direzione meno rigida, che predilige, sul fronte linguistico, costruzioni più brevi e fruibili e che – con Berlusconi, Prodi e D’Alema- sembrano spingere il testo anche fuori dall’aula parlamentare, con richiami all’elettorato. In questo senso sembra che il linguaggio del discorso programmatico stia lentamente cambiando, toccato probabilemnte da quella genereale spettacolarizzazione della politica che coinvolge il linguaggio politico più in generale.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
TESIDiBenedetto.pdf
accesso aperto
Dimensione
16.63 MB
Formato
Adobe PDF
|
16.63 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/110721
URN:NBN:IT:UNIPD-110721