L’elaborato, dal titolo “Salvatore Pugliatti e il suo tempo: per un diritto tra sistema e storia”, effettua una disamina ricostruttiva ed espositiva del pensiero giuridico e metodologico di Salvatore Pugliatti, giurista siciliano dei decenni posti a cavallo della metà del secolo scorso, morto nel 1976, fondatore della Scuola di diritto civile dell’Università di Messina, affrontando lo studio sia delle opere dell’Autore direttamente indirizzate all’analisi di questioni di indole teorico-metodologica, sia di quelle, tra le sue opere di diritto positivo, in cui è dato evincere, nelle pieghe dell’esposizione, l’attuazione dei traguardi speculativi di fondo altrove espressi. A tale scopo, il lavoro è ripartito in tre capitoli. Il primo di essi si prefigge l’obiettivo di inquadrare la figura scientifica di Salvatore Pugliatti entro il contesto temporale, compreso tra il 1927 e la prima metà degli anni Settanta, in cui l’Autore ha operato, ed è dedicato alla ricostruzione sia delle componenti storiche, sia di quelle più specificamente giuridico-normative e filosofico-metodologiche, che ne hanno maggiormente influenzato il pensiero. Se, dal punto di vista storico, emergono, e vengono analizzati, l’ascesa e la caduta del regime fascista, lo sfacelo della seconda guerra mondiale, e la lenta ricostruzione dell’assetto istituzionale italiano ad essa susseguente, dal punto di vista normativo assumono rilievo, e vengono via via analizzati, la legislazione speciale del regime mussoliniano, la ricodificazione fascista, l’entrata in vigore del Codice Civile del 1942 e, soprattutto, l’irrompere della Costituzione del 1948, che, per la sua portata formale e per il suo contenuto sostanziale, ha costretto la dottrina civilistica italiana, e dunque anche Pugliatti, a ridefinire quantomeno parte delle certezze dogmatiche sino ad allora raggiunte dalla scienza giuridica. Per quanto riguarda, inoltre, il contesto più marcatamente giusfilosofico e metodologico di riferimento, l’elaborato passa in rassegna le principali tendenze culturali che si sono manifestate suscettibili di influire sul pensiero di Pugliatti, ossia, più specificamente: in primo luogo, l’indirizzo, normativista ed astrattizzante, proprio del positivismo giuridico formalistico di matrice dogmatica e postpandettistica, tendente a ridurre la filosofia del diritto entro i confini della scienza giuridica strutturata secondo il metodo delle scienze sperimentali; in secondo luogo, l’indirizzo, gravitante nell’orbita del neoidealismo giuridico italiano, proprio dell’attualismo gentiliano e dello storicismo crociano, tendente ad escludere, seppure per vie diverse, la possibilità di munire del carattere della scientificità tanto la filosofia del diritto quanto la scienza giuridica; in terzo luogo, l’indirizzo, proprio del cosiddetto idealismo giuridico post-crociano empirico-storicistico, in cui spiccano, per l’influenza che hanno avuto sulla riflessione pugliattiana, le figure di Angelo Ermanno Cammarata e Widar Cesarini Sforza, e tendente a recuperare, a partire dall’idealismo stesso di Croce e Gentile, il valore storicamente concreto della giuridicità da cui promana qualsiasi forma di riflessione sul diritto. Il secondo capitolo affronta invece, alla luce di un simile contesto, il nucleo vero e proprio della riflessione teorica di Pugliatti, seguendo analiticamente, attraverso la disamina dei contributi dell’Autore dedicati a tematiche di indole specificamente metodologica, le linee anche cronologiche della sua progressiva evoluzione. L’elaborato analizza, innanzitutto, la prima fase, giovanile, della produzione scientifica pugliattiana, che appare ancora fortemente incardinata, sotto il profilo dei convincimenti teorico-giuridici, sui paradigmi metodologici di un deciso rigore sistematico di natura logico-normativista e di matrice giuspositivistica, e di un inevitabile dualismo tra le astrattezze formali del sistema concettuale elaborato dal giurista e la concretezza degli interessi storici ad essi sottesi ma ad essi, necessariamente, anche rigorosamente estranei. La seconda fase, più matura, dell’iter speculativo di Pugliatti, relativa agli anni Quaranta, consente di individuare un’evoluzione nel credo metodologico dell’Autore: raccogliendo le sollecitazioni provenienti in modo particolare dalla sua partecipazione attiva alla nota “polemica sulla natura dei concetti giuridici” e al dibattito sulla “crisi” del diritto e della scienza giuridica, ma provenienti anche dal manifestato interesse per la linguistica e dalla lettura e conoscenza di figure eminenti come Santi Romano e Capograssi, Pugliatti giunge in questi anni a consolidare i propri convincimenti in una concezione rinnovata di giurisprudenza, che viene qualificata come scienza pratica, cioè come scienza che, senza dubbio ancorata al dato positivo e funzionale alla costruzione di perfetti sistemi giuridici astratti, logici e concettuali, non può tuttavia non radicarsi, traendone origine, anche negli interessi concreti dei consociati, nel fluire magmatico della storia, e, con esso, nel divenire mutevole delle norme, così che essa, rimanendo scienza, ma qualificandosi come scienza pratica, trova dunque in sé stessa la possibilità di una composizione dialettica del dualismo forma-sostanza, astratto-concreto, che altrimenti rimarrebbe insopprimibile. L’analisi della terza fase del pensiero di Pugliatti, infine, evidenzia nell’Autore il graduale perfezionamento, operato attraverso l’approfondimento della problematica relativa al rapporto tra il “continuo” e il “discontinuo” nel diritto, dei convincimenti precedentemente acquisiti: la sintesi dialettica del dualismo tra forma e sostanza, operata attraverso la concezione della giurisprudenza come scienza pratica, si cristallizza così nell’idea – conclusiva del percorso metodologico di Pugliatti – secondo cui la complessità dell’esperienza giuridica, nella quale convivono la sincronia giuridica del discontinuo astratto del sistema normativo e la diacronia storica del continuo mobile dell’ordinamento giuridico tout court (che non si risolve nelle norme poiché è anche altro rispetto ad esse), trova compimento nella formula che qualifica il diritto come “sintesi del molteplice nell’uno”. Il terzo capitolo analizza, infine, alcune tra le principali opere di Pugliatti relative a tematiche di diritto positivo in cui l’Autore impiega, nel momento in cui affronta questioni tecniche di puro diritto civile, lo strumentario metodologico di cui si è dotato: l’analisi passa dalla rappresentanza, di cui è valorizzato da Pugliatti il rilievo che assume, nella descrizione dei caratteri dell’istituto, il concreto e storico rapporto sottostante di gestione tra il dominus e il rappresentante, al fenomeno dei trasferimenti coattivi, dagli importantissimi studi pugliattiani sulle proprietà (in cui l’istituto proprietario è considerato al plurale, non più al singolare, stante la polverizzazione delle tipologie di diritti dominicali rinvenibili nell’ordinamento a fronte della diversificazione dei soggetti titolari del diritto e delle funzioni proprie dei singoli beni che ne sono oggetto), alla breve esposizione del rapporto dialettico intercorrente, per Pugliatti, tra il diritto pubblico e il diritto privato. Dall’analisi effettuata emerge, quale sintesi della figura di Pugliatti, l’immagine di un giurista completo, dotato di un forte bagaglio culturale e giuridico, costantemente proteso verso la ricerca di una chiarificazione dei criteri metodologici del proprio operare, il cui pensiero, se non riesce invero mai ad emanciparsi completamente dalla persistenza del dualismo tra astratto e concreto, tra forma e storia, cui la scienza giuridica sembra essere condannata, ricadendo tendenzialmente entro le spire di un normativismo positivista solo parzialmente, criticamente e consapevolmente attenuato, lascia comunque, come eredità metodologica per il giurista di oggi, il respiro lucido e profondo della propria solida complessità, fondata sull’intuizione della necessità costante dell’esegesi e della multidisciplinarietà, dell’altrettanto forte necessità del riferimento al dato positivo, e dell’insopprimibile necessità di calibrare qualsiasi riflessione, sia essa filosofica, metodologica o di diritto positivo, sul e col diritto, all’interno della cornice storica e concreta di riferimento.

Salvatore Pugliatti e il suo tempo: per un diritto tra sistema e storia

FAVARO, STEFANO
2010

Abstract

L’elaborato, dal titolo “Salvatore Pugliatti e il suo tempo: per un diritto tra sistema e storia”, effettua una disamina ricostruttiva ed espositiva del pensiero giuridico e metodologico di Salvatore Pugliatti, giurista siciliano dei decenni posti a cavallo della metà del secolo scorso, morto nel 1976, fondatore della Scuola di diritto civile dell’Università di Messina, affrontando lo studio sia delle opere dell’Autore direttamente indirizzate all’analisi di questioni di indole teorico-metodologica, sia di quelle, tra le sue opere di diritto positivo, in cui è dato evincere, nelle pieghe dell’esposizione, l’attuazione dei traguardi speculativi di fondo altrove espressi. A tale scopo, il lavoro è ripartito in tre capitoli. Il primo di essi si prefigge l’obiettivo di inquadrare la figura scientifica di Salvatore Pugliatti entro il contesto temporale, compreso tra il 1927 e la prima metà degli anni Settanta, in cui l’Autore ha operato, ed è dedicato alla ricostruzione sia delle componenti storiche, sia di quelle più specificamente giuridico-normative e filosofico-metodologiche, che ne hanno maggiormente influenzato il pensiero. Se, dal punto di vista storico, emergono, e vengono analizzati, l’ascesa e la caduta del regime fascista, lo sfacelo della seconda guerra mondiale, e la lenta ricostruzione dell’assetto istituzionale italiano ad essa susseguente, dal punto di vista normativo assumono rilievo, e vengono via via analizzati, la legislazione speciale del regime mussoliniano, la ricodificazione fascista, l’entrata in vigore del Codice Civile del 1942 e, soprattutto, l’irrompere della Costituzione del 1948, che, per la sua portata formale e per il suo contenuto sostanziale, ha costretto la dottrina civilistica italiana, e dunque anche Pugliatti, a ridefinire quantomeno parte delle certezze dogmatiche sino ad allora raggiunte dalla scienza giuridica. Per quanto riguarda, inoltre, il contesto più marcatamente giusfilosofico e metodologico di riferimento, l’elaborato passa in rassegna le principali tendenze culturali che si sono manifestate suscettibili di influire sul pensiero di Pugliatti, ossia, più specificamente: in primo luogo, l’indirizzo, normativista ed astrattizzante, proprio del positivismo giuridico formalistico di matrice dogmatica e postpandettistica, tendente a ridurre la filosofia del diritto entro i confini della scienza giuridica strutturata secondo il metodo delle scienze sperimentali; in secondo luogo, l’indirizzo, gravitante nell’orbita del neoidealismo giuridico italiano, proprio dell’attualismo gentiliano e dello storicismo crociano, tendente ad escludere, seppure per vie diverse, la possibilità di munire del carattere della scientificità tanto la filosofia del diritto quanto la scienza giuridica; in terzo luogo, l’indirizzo, proprio del cosiddetto idealismo giuridico post-crociano empirico-storicistico, in cui spiccano, per l’influenza che hanno avuto sulla riflessione pugliattiana, le figure di Angelo Ermanno Cammarata e Widar Cesarini Sforza, e tendente a recuperare, a partire dall’idealismo stesso di Croce e Gentile, il valore storicamente concreto della giuridicità da cui promana qualsiasi forma di riflessione sul diritto. Il secondo capitolo affronta invece, alla luce di un simile contesto, il nucleo vero e proprio della riflessione teorica di Pugliatti, seguendo analiticamente, attraverso la disamina dei contributi dell’Autore dedicati a tematiche di indole specificamente metodologica, le linee anche cronologiche della sua progressiva evoluzione. L’elaborato analizza, innanzitutto, la prima fase, giovanile, della produzione scientifica pugliattiana, che appare ancora fortemente incardinata, sotto il profilo dei convincimenti teorico-giuridici, sui paradigmi metodologici di un deciso rigore sistematico di natura logico-normativista e di matrice giuspositivistica, e di un inevitabile dualismo tra le astrattezze formali del sistema concettuale elaborato dal giurista e la concretezza degli interessi storici ad essi sottesi ma ad essi, necessariamente, anche rigorosamente estranei. La seconda fase, più matura, dell’iter speculativo di Pugliatti, relativa agli anni Quaranta, consente di individuare un’evoluzione nel credo metodologico dell’Autore: raccogliendo le sollecitazioni provenienti in modo particolare dalla sua partecipazione attiva alla nota “polemica sulla natura dei concetti giuridici” e al dibattito sulla “crisi” del diritto e della scienza giuridica, ma provenienti anche dal manifestato interesse per la linguistica e dalla lettura e conoscenza di figure eminenti come Santi Romano e Capograssi, Pugliatti giunge in questi anni a consolidare i propri convincimenti in una concezione rinnovata di giurisprudenza, che viene qualificata come scienza pratica, cioè come scienza che, senza dubbio ancorata al dato positivo e funzionale alla costruzione di perfetti sistemi giuridici astratti, logici e concettuali, non può tuttavia non radicarsi, traendone origine, anche negli interessi concreti dei consociati, nel fluire magmatico della storia, e, con esso, nel divenire mutevole delle norme, così che essa, rimanendo scienza, ma qualificandosi come scienza pratica, trova dunque in sé stessa la possibilità di una composizione dialettica del dualismo forma-sostanza, astratto-concreto, che altrimenti rimarrebbe insopprimibile. L’analisi della terza fase del pensiero di Pugliatti, infine, evidenzia nell’Autore il graduale perfezionamento, operato attraverso l’approfondimento della problematica relativa al rapporto tra il “continuo” e il “discontinuo” nel diritto, dei convincimenti precedentemente acquisiti: la sintesi dialettica del dualismo tra forma e sostanza, operata attraverso la concezione della giurisprudenza come scienza pratica, si cristallizza così nell’idea – conclusiva del percorso metodologico di Pugliatti – secondo cui la complessità dell’esperienza giuridica, nella quale convivono la sincronia giuridica del discontinuo astratto del sistema normativo e la diacronia storica del continuo mobile dell’ordinamento giuridico tout court (che non si risolve nelle norme poiché è anche altro rispetto ad esse), trova compimento nella formula che qualifica il diritto come “sintesi del molteplice nell’uno”. Il terzo capitolo analizza, infine, alcune tra le principali opere di Pugliatti relative a tematiche di diritto positivo in cui l’Autore impiega, nel momento in cui affronta questioni tecniche di puro diritto civile, lo strumentario metodologico di cui si è dotato: l’analisi passa dalla rappresentanza, di cui è valorizzato da Pugliatti il rilievo che assume, nella descrizione dei caratteri dell’istituto, il concreto e storico rapporto sottostante di gestione tra il dominus e il rappresentante, al fenomeno dei trasferimenti coattivi, dagli importantissimi studi pugliattiani sulle proprietà (in cui l’istituto proprietario è considerato al plurale, non più al singolare, stante la polverizzazione delle tipologie di diritti dominicali rinvenibili nell’ordinamento a fronte della diversificazione dei soggetti titolari del diritto e delle funzioni proprie dei singoli beni che ne sono oggetto), alla breve esposizione del rapporto dialettico intercorrente, per Pugliatti, tra il diritto pubblico e il diritto privato. Dall’analisi effettuata emerge, quale sintesi della figura di Pugliatti, l’immagine di un giurista completo, dotato di un forte bagaglio culturale e giuridico, costantemente proteso verso la ricerca di una chiarificazione dei criteri metodologici del proprio operare, il cui pensiero, se non riesce invero mai ad emanciparsi completamente dalla persistenza del dualismo tra astratto e concreto, tra forma e storia, cui la scienza giuridica sembra essere condannata, ricadendo tendenzialmente entro le spire di un normativismo positivista solo parzialmente, criticamente e consapevolmente attenuato, lascia comunque, come eredità metodologica per il giurista di oggi, il respiro lucido e profondo della propria solida complessità, fondata sull’intuizione della necessità costante dell’esegesi e della multidisciplinarietà, dell’altrettanto forte necessità del riferimento al dato positivo, e dell’insopprimibile necessità di calibrare qualsiasi riflessione, sia essa filosofica, metodologica o di diritto positivo, sul e col diritto, all’interno della cornice storica e concreta di riferimento.
nov-2010
Italiano
Pugliatti, concetti giuridici, idealismo giuridico, positivisimo giuridico, scienza giuridica, proprietà, rappresentanza
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-110830