Le Denominazioni di Origine Protetta (DOP) sono strumenti atti a proteggere la reputazione dei prodotti locali e preservare i consumatori dalla concorrenza sleale di prodotti non originali. Il conseguimento del marchio DOP rappresenta un'opportunità per aumentare la remuneratività di prodotti originari da zone di produzione svantaggiate come ad esempio le Alpi, dove la sussistenza di un’economia sana è basilare ai fini della preservazione del territorio. Più del 50% del latte prodotto in Italia, è trasformato in formaggi DOP e i due più importanti consorzi di produzione Italiani (Grana Padano e Parmigiano Reggiano) coprono quasi il 70% della produzione di formaggi DOP italiani. Il trentingrana è un esempio di formaggio DOP a pasta dura e lunga maturazione prodotto in provincia di Trento. Nonostante commercialmente Trentingrana sia la produzione alpina del ben più famoso grana Padano, il protocollo di produzione presenta regole più ferree rispetto al Grana Padano, risultando, di fatto, molto più simile al disciplinare di produzione adottato per l’altro grande formaggio a pasta dura italiano: il Parmigiano Reggiano. La tesi qui presentata si basa sui risultati ottenuti da un progetto di ricerca che avuto come oggetto il monitoraggio dinamico dell’intera filiera di produzione Trentingrana. Obiettivi della tesi sono dunque a) analizzare le fonti di variazione del latte di massa utilizzato quotidianamente per la produzione di Trentingrana e del punteggio mensile, utilizzato quest’ultimo ai fini della definizione del compenso mensile del latte alle aziende produttrici (Capitolo 2), b) valutare l’influenza del periodo di stagionatura in magazzino sulla qualità, e quindi classificazione, delle forme di Trentingrana (Capitolo 3) e c) analizzare le fonti di variazione degli aspetti sensoriali normalmente deputati a definire la qualità organolettica del formaggio a fine stagionatura e studiarne l’indice di qualità organolettico, parametro di fondamentale importanza ai fini della definizione del prezzo di mercato del Trentingrana. La tesi inizia con un’introduzione generale (Capitolo 1), in cui si riporta una breve visione d’insieme del settore lattiero caseario, seguita dai tre contributi scientifici e il capitolo di conclusioni generali (Capitolo 5). Nel capitolo 2 è stato affrontato lo studio delle fonti di variazione del latte di massa utilizzato per la produzione di Trentingrana. È stato utilizzato un modello lineare che ha tenuto conto degli effetti fissi del caseificio di produzione, dell’anno di produzione, del mese di produzione e delle interazioni di primo ordine. Si sono considerati come variabili parametri composizionali e sanitari del latte utilizzati per il pagamento latte qualità e il punteggio mensile attribuito a ciascuna azienda conferente, calcolato in base agli esiti delle analisi di laboratorio dei parametri sopracitati. L’effetto del caseificio ha riportato una grossa variabilità tra le strutture considerate, soprattutto per quanto riguarda il peso di latte conferito a munta da ciascuna azienda. L’anno di produzione ha visto un generale miglioramento di tutte le variabili considerate eccetto che per SCS, mentre l’effetto del mese di produzione ha evidenziato come vi sia un chiaro andamento circannuale, con i valori migliori in inverno e i peggiori in estate. Lo stesso punteggio mensile del latte ha riportato un’ alta variabilità ed un aumento, tra il primo e l’ultimo anno preso in considerazione, pari all’8,5%. Nel capitolo 3 si analizzato come il periodo di stagionatura incida sulla qualità del formaggio e quindi sulla classificazione delle forme di Trentingrana. Le principali variabili considerate sono state la percentuale di forme risultanti di prima qualità all’esame ispettivo a 9 mesi di stagionatura sulle totali prodotte nel bimestre di produzione di riferimento (QW9mo); la percentuale di forme risultanti di prima qualità all’esame ispettivo a 18 mesi di stagionatura sulle forme risultanti di prima qualità all’esame ispettivo a 9 mesi (QW18mo) e la percentuale di forme risultanti di prima qualità all’esame ispettivo a 18 mesi di stagionatura sulle totali prodotte nel bimestre di produzione di riferimento (QWTOT). L’unità sperimentale si identifica nei 6 bimestri di produzione di ciascuno dei 10 caseifici considerati, in un intervallo temporale di 7 anni (dal 2002 al 2008). Le variabili sono state valutate utilizzando un modello lineare che includeva gli effetti fissi del caseificio di produzione, dell’anno di produzione, del bimestre di produzione e delle interazioni tra caseificio e anno e tra caseificio e bimestre. Tutti gli effetti influenzano significativamente (P<0,05) I parametri considerati. Il caseificio è stato la maggiore fonte di variazione, seguito dall’effetto del bimestre e dall’anno di produzione. Si è riscontrato come vi sia stato un significativo peggioramento della qualità durante I primi 4 anni di osservazione. Il bimestre di produzione ha riportato valori migliori per forme prodotte in primavera – estate e peggiori durante il periodo autunno – invernale. Nel capitolo 4 si è andati a valutare le fonti di variazione dei parametri organolettici e dell’indice di qualità di 652 forme, scelte a campione in 11 caseifici nel corso di 10 anni di produzione. Gli effetti fissi considerati nel modello lineare sono stati il caseificio di produzione, l’anno e il bimestre di produzione e le interazioni di primo ordine. Tutti i fattori hanno significativamente influenzato i parametri trattati (P<0,05) con l’eccezione dell’interazione tra caseificio e bimestre per i parametri “aspetto esterno” e “texture” e dell’interazione tra anno e stagione per il parametro “odore” (P>0,05). Il caseificio è stato la maggiore fonte di variazione per i parametri visivi e l’indice di qualità, mentre l’anno influisce fortemente sui parametri olfatto – gustativi.
Sources of variation in the Trentingrana cheese production chain
COLOGNA, NICOLA
2011
Abstract
Le Denominazioni di Origine Protetta (DOP) sono strumenti atti a proteggere la reputazione dei prodotti locali e preservare i consumatori dalla concorrenza sleale di prodotti non originali. Il conseguimento del marchio DOP rappresenta un'opportunità per aumentare la remuneratività di prodotti originari da zone di produzione svantaggiate come ad esempio le Alpi, dove la sussistenza di un’economia sana è basilare ai fini della preservazione del territorio. Più del 50% del latte prodotto in Italia, è trasformato in formaggi DOP e i due più importanti consorzi di produzione Italiani (Grana Padano e Parmigiano Reggiano) coprono quasi il 70% della produzione di formaggi DOP italiani. Il trentingrana è un esempio di formaggio DOP a pasta dura e lunga maturazione prodotto in provincia di Trento. Nonostante commercialmente Trentingrana sia la produzione alpina del ben più famoso grana Padano, il protocollo di produzione presenta regole più ferree rispetto al Grana Padano, risultando, di fatto, molto più simile al disciplinare di produzione adottato per l’altro grande formaggio a pasta dura italiano: il Parmigiano Reggiano. La tesi qui presentata si basa sui risultati ottenuti da un progetto di ricerca che avuto come oggetto il monitoraggio dinamico dell’intera filiera di produzione Trentingrana. Obiettivi della tesi sono dunque a) analizzare le fonti di variazione del latte di massa utilizzato quotidianamente per la produzione di Trentingrana e del punteggio mensile, utilizzato quest’ultimo ai fini della definizione del compenso mensile del latte alle aziende produttrici (Capitolo 2), b) valutare l’influenza del periodo di stagionatura in magazzino sulla qualità, e quindi classificazione, delle forme di Trentingrana (Capitolo 3) e c) analizzare le fonti di variazione degli aspetti sensoriali normalmente deputati a definire la qualità organolettica del formaggio a fine stagionatura e studiarne l’indice di qualità organolettico, parametro di fondamentale importanza ai fini della definizione del prezzo di mercato del Trentingrana. La tesi inizia con un’introduzione generale (Capitolo 1), in cui si riporta una breve visione d’insieme del settore lattiero caseario, seguita dai tre contributi scientifici e il capitolo di conclusioni generali (Capitolo 5). Nel capitolo 2 è stato affrontato lo studio delle fonti di variazione del latte di massa utilizzato per la produzione di Trentingrana. È stato utilizzato un modello lineare che ha tenuto conto degli effetti fissi del caseificio di produzione, dell’anno di produzione, del mese di produzione e delle interazioni di primo ordine. Si sono considerati come variabili parametri composizionali e sanitari del latte utilizzati per il pagamento latte qualità e il punteggio mensile attribuito a ciascuna azienda conferente, calcolato in base agli esiti delle analisi di laboratorio dei parametri sopracitati. L’effetto del caseificio ha riportato una grossa variabilità tra le strutture considerate, soprattutto per quanto riguarda il peso di latte conferito a munta da ciascuna azienda. L’anno di produzione ha visto un generale miglioramento di tutte le variabili considerate eccetto che per SCS, mentre l’effetto del mese di produzione ha evidenziato come vi sia un chiaro andamento circannuale, con i valori migliori in inverno e i peggiori in estate. Lo stesso punteggio mensile del latte ha riportato un’ alta variabilità ed un aumento, tra il primo e l’ultimo anno preso in considerazione, pari all’8,5%. Nel capitolo 3 si analizzato come il periodo di stagionatura incida sulla qualità del formaggio e quindi sulla classificazione delle forme di Trentingrana. Le principali variabili considerate sono state la percentuale di forme risultanti di prima qualità all’esame ispettivo a 9 mesi di stagionatura sulle totali prodotte nel bimestre di produzione di riferimento (QW9mo); la percentuale di forme risultanti di prima qualità all’esame ispettivo a 18 mesi di stagionatura sulle forme risultanti di prima qualità all’esame ispettivo a 9 mesi (QW18mo) e la percentuale di forme risultanti di prima qualità all’esame ispettivo a 18 mesi di stagionatura sulle totali prodotte nel bimestre di produzione di riferimento (QWTOT). L’unità sperimentale si identifica nei 6 bimestri di produzione di ciascuno dei 10 caseifici considerati, in un intervallo temporale di 7 anni (dal 2002 al 2008). Le variabili sono state valutate utilizzando un modello lineare che includeva gli effetti fissi del caseificio di produzione, dell’anno di produzione, del bimestre di produzione e delle interazioni tra caseificio e anno e tra caseificio e bimestre. Tutti gli effetti influenzano significativamente (P<0,05) I parametri considerati. Il caseificio è stato la maggiore fonte di variazione, seguito dall’effetto del bimestre e dall’anno di produzione. Si è riscontrato come vi sia stato un significativo peggioramento della qualità durante I primi 4 anni di osservazione. Il bimestre di produzione ha riportato valori migliori per forme prodotte in primavera – estate e peggiori durante il periodo autunno – invernale. Nel capitolo 4 si è andati a valutare le fonti di variazione dei parametri organolettici e dell’indice di qualità di 652 forme, scelte a campione in 11 caseifici nel corso di 10 anni di produzione. Gli effetti fissi considerati nel modello lineare sono stati il caseificio di produzione, l’anno e il bimestre di produzione e le interazioni di primo ordine. Tutti i fattori hanno significativamente influenzato i parametri trattati (P<0,05) con l’eccezione dell’interazione tra caseificio e bimestre per i parametri “aspetto esterno” e “texture” e dell’interazione tra anno e stagione per il parametro “odore” (P>0,05). Il caseificio è stato la maggiore fonte di variazione per i parametri visivi e l’indice di qualità, mentre l’anno influisce fortemente sui parametri olfatto – gustativi.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/111023
URN:NBN:IT:UNIPD-111023