La capacità di identificare gli esseri animati e di cogliere rapporti causali tra eventi è probabilmente un'abilità fondamentale per la sopravvivenza delle diverse specie animali. É ben nota, al riguardo, la sorprendente capacità dell’essere umano di attribuire “animacy” (i.e., la caratteristica di possedere movimento auto-indotto e di poter agire come agente causale) e rapporti causali ad oggetti in movimento esclusivamente sulla base delle caratteristiche di tale movimento (Heider e Simmel, 1944; Michotte, 1963; Schlottmann, Ray, Mitchell, e Demetriou, 2006). Non si sa ancora nulla, tuttavia, riguardo all’origine di queste capacità, le quali potrebbero essere implicite o il prodotto di alcuni processi di apprendimento. Un’ulteriore fonte di dibattito, inoltre, riguarda il fatto che tali abilità possano essere presenti anche in specie animali diverse dalla nostra. Per queste ragioni lo scopo di questa tesi è stato di investigare la sensibilità alla causalità fisica in un’ottica comparativa, servendosi come soggetti sperimentali sia di neonati umani sia di pulcini di pollo domestico (Gallus gallus) appena nati. È stata studiata, inoltre, la suscettibilità del pulcino di pollo domestico al movimento di tipo auto-indotto (self-propelled) come indizio di animacy. Sensibilità per la causalità fisica in un ottica comparata La capacità di effettuare attribuzioni di causalità (i.e. di apprezzare l’interazione tra due eventi in termini di un rapporto causa-effetto) sembra essere un forte meccanismo mediante il quale l’essere umano dà un senso a molti aspetti del mondo fisico che lo circonda. La ricerca psicologica al riguardo si è focalizzata principalmente su due aspetti: l’esplorazione dei processi cognitivi di alto livello che permettono di compiere inferenze causali (Sperber, Premack e Premack, 1995) e la comprensione del ruolo dei processi percettivi di base nella percezione della causalità fisica (Michotte, 1963). Riguardo a quest’ultimo aspetto, i primi studi sperimentali sono stati condotti da Michotte (1963), il quale descrisse quello che probabilmente è l’esempio di causalità fisica percettiva più conosciuto: l’Effetto Lancio (“Launching Effect”). In questo evento, un oggetto (“A”) inizia a muoversi, a velocità costante e lungo una traiettoria rettilinea, verso un secondo oggetto (“B”), fermo, venendo in contatto con esso. Immediatamente dopo tale contatto “A” si ferma e “B” inizia a muoversi nella stessa direzione e lungo la stessa traiettoria percorsa da “A”. Soggetti umani adulti posti di fronte a questo evento riferiscono di percepire l’oggetto “A” come “causa fisica” del movimento di “B”. Secondo Michotte l’impressione di causalità suscitata dall’Effetto Lancio sarebbe prodotta automaticamente da un “perceptual input analyzer”: il rapporto causale sarebbe esperito come conseguenza di un semplice processo percettivo, che non implicherebbe alcun processo inferenziale (Michotte, 1963). Il fatto che la percezione di causalità fisica sia difficilmente influenzata da processi cognitivi di alto livello (mentre è vincolata ad alcune caratteristiche fisiche dello stimolo; e.g. Choi e Scholl, 2004, 2006; Schlottmann et al., 2006; White, 2006) sembra a favore di una sua origine ontogenetica (e filogenetica) precoce. Michotte stesso, nonostante le sue ricerche fossero basate su report verbali di adulti, abbracciò una forte posizione innatista riguardo all’origine della percezione di causalità fisica (Michotte, 1963). Recentemente, un corpus di dati sempre crescente in psicologia dello sviluppo (Leslie, 1988; Leslie e Keeble, 1987; Cohen e Amsel, 1998; Cohen e Oakes, 1993; Cohen, L.B., Rundell, L.J., Spellman, B.A. e Cashon, C.H., 1999; Oakes, 1994; Oakes e Cohen, 1990), ha dato luogo a due modelli diversi relativi all’origine di tale capacità. Secondo la corrente innatista, la capacità di percepire i fenomeni causali fisici sarebbe presente fin dalla nascita, in quanto supportata da un modulo innato e dominio-specifico (Michotte, 1963; Leslie, 1984; Leslie e Keeble, 1987) o in quanto parte di una risorsa rappresentazionale innata dominio-generale (Carey, 2009). Secondo la corrente costruttivista, invece, tali capacità si svilupperebbero nel corso dei primi anni di vita grazie all’esperienza (Oakes e Cohen, 1990), esperienza sia nei termini delle proprie azioni compiute con uno scopo, sia data dall’osservazione di interazioni tra oggetti esterni (Cohen, Chaput, Cashon, 2002). La capacità di percepire una causalità fisica tra eventi, tuttavia, non è mai stata studiata in soggetti la cui esperienza precedente fosse controllata efficacemente (e.g., neonati). Inoltre, pur essendo lecito ipotizzare che la capacità di cogliere relazioni causa-effetto non sia una prerogativa esclusiva della specie umana (considerato l’alto valore adattativo), non si sa molto riguardo a tale abilità in specie animali diverse dalla nostra (Sperberg et al., 1995). Per queste ragioni lo scopo di questa tesi è stato quello di investigare l’eventuale presenza di preferenze spontanee per la causalità fisica sia in neonati umani sia in pulcini di pollo domestico appena nati, in un’ottica comparata. Il pulcino di pollo domestico è stato ritenuto un buon modello in quanto si tratta di una specie precoce che ha dimostrato di possedere buone abilità in compiti anche complessi di percezione visiva (Mascalzoni, Regolin, Vallortigara, 2009) e di possedere una preferenza innata per pattern di movimento biologico (Vallortigara, Regolin, Marconato, 2005). Sono stati condotti due esperimenti con lo scopo di indagare la presenza di un’eventuale preferenza spontanea per uno stimolo causale (i.e., Effetto Lancio) vs non-causale in pulcini di pollo domestico. Tutti i pulcini utilizzati provenivano da uova incubate e schiuse al buio totale, così da controllare tutte le esperienze visive degli animali fino al momento del test. Il secondo giorno di vita ciascun pulcino veniva sottoposto ad un test di scelta spontanea, nel quale poteva scegliere tra due animazioni video (un Effetto Lancio, causale, ed una animazione di controllo, non-causale) presentate simultaneamente alle due estremità di un apparato virtualmente diviso in 3 settori, uno centrale e due laterali (adiacenti agli stimoli). All’inizio del test il pulcino veniva posto al centro dell’apparato. La permanenza del pulcino nel settore centrale era indice di un’assenza di scelta, mentre la sua permanenza in uno dei due settori laterali era considerata come scelta per lo stimolo adiacente a quel settore. Il comportamento dell’animale era osservato per un totale di 6 minuti, durante i quali venivano registrati i secondi di permanenza del pulcino in ciascuno dei due settori laterali, così da poter computare un indice percentuale di preferenza per lo stimolo di interesse (i.e., lo stimolo causale, “Lancio”). In entrambi gli esperimenti gli stimoli test consistevano in due animazioni video nelle quali erano visibili due quadratini della stessa dimensione e dello stesso colore. Nell’Esp.1 sono state utilizzate un’animazione “causale” di tipo “Lancio” vs uno stimolo “non-causale” di tipo “Delay”. Nello stimolo “Lancio” un quadratino (“A”) si muoveva verso un secondo quadratino (“B”) fermo. Subito dopo il contatto, “A” si fermava e “B” iniziava a muoversi nella stessa direzione, alla medesima velocità e coprendo la stessa distanza compiuta da “A”. In questo tipo di animazione gli esseri umani riportano di percepire l’oggetto “A” come causa fisica dello spostamento di “B”. Lo stimolo “Delay” era in tutto simile allo stimolo “Lancio” salvo per la presenza di un intervallo temporale di 2 secondi tra l’arresto del primo e la partenza del secondo mobile. Nei soggetti umani si sa che la presenza di questo intervallo annulla qualunque impressione di causalità fisica (Michotte, 1963). Nell’Esp. 2 lo stimolo “Delay” è stato sostituito da una animazione (i.e. “Passing”) nella quale non vi era alcun tipo di discontinuità di movimento, né spaziale né temporale: un primo quadratino (“A”) percorreva una traiettoria rettilinea passando davanti ad un secondo quadratino (“B”), il quale rimaneva statico. In questo modo non vi era alcun tipo di causalità fisica implicata, ma la traiettoria percorsa e la durata del movimento di “A” erano identiche a quella complessivamente percorsa da “A” e “B” nello stimolo di tipo “Lancio”. L’ipotesi avanzata per entrambi gli esperimenti era che potesse emergere una preferenza spontanea per uno dei due filmati test (causale/non causale), preferenza che avrebbe permesso di supporre una sensibilità agli indizi di causalità fisica anche in questa specie animale. Dai dati, tuttavia, non è emersa alcuna preferenza spontanea per nessuno degli stimoli utilizzati. Sembra quindi che il pulcino di pollo domestico non abbia preferenze per avvicinare uno stimolo di tipo causale rispetto ad uno non-causale. Per quanto concerne l’indagine di preferenze spontanee per stimoli di tipo causale in neonati umani, sono stati condotti tre esperimenti, in ciascuno dei quali è stata presentata al neonato una coppia di animazioni video, una causale (i.e, Effetto Lancio) ed una non causale. In ciascuna animazione erano coinvolti due dischi identici per forma e per colore, i quali percorrevano entrambi la stessa distanza, alla medesima velocità. È stata utilizzata una procedura di preferential looking, la quale permette di determinare un’eventuale preferenza spontanea del neonato attraverso la misurazione dei tempi di fissazione dati a due stimoli (i.e., causale vs non causale) presentati contemporaneamente. In questa procedura il neonato siede in braccio ad uno sperimentatore di fronte ad un monitor su cui vengono presentati gli stimoli, uno a sinistra, l’altro a destra di un punto di fissazione centrale; il test si compone di due fasi, nelle quali la posizione degli stimoli viene bilanciata (i.e. stimolo 1 a sinistra in prima fase, a destra in seconda fase). Le fissazioni date dal neonato a ciascuno stimolo vengono registrate on-line da uno sperimentatore ignaro delle ipotesi sperimentali, e vengono successivamente codificate off-line da un secondo sperimentatore. Nell’Esp. 1 è stata studiata un’eventuale preferenza spontanea del neonato per uno stimolo di tipo “Lancio” rispetto ad uno stimolo di controllo non causale identico al “Lancio” ma con le sequenze dei movimenti dei due oggetti invertite tra loro (i.e., l’oggetto “A” effettua il proprio spostamento solo dopo l’arresto di “B”). In questo secondo stimolo non era possibile percepire alcun tipo di causalità fisica tra i movimenti dei due oggetti. L’unica differenza tra i due filmati era nella sequenza dei movimenti dei due oggetti coinvolti. I dati hanno mostrato una preferenza significativa da parte dei neonati per il filmato di tipo “Lancio”, preferenza a favore dell’idea che nella nostra specie vi sia una suscettibilità per percepire eventi causali fin dalla nascita. Questi risultati, tuttavia, potevano essere dovuti ad una semplice preferenza per le caratteristiche spazio-temporali dello stimolo “Lancio”. Lo stimolo di controllo non causale, infatti, differiva dallo stimolo “Lancio” sia per l’assenza di un contatto tra i due dischi, sia per la discontinuità spaziale nei movimenti dei due oggetti. Per queste ragioni nell’Esp. 2 è stato utilizzato come stimolo non causale un filmato “Delay”, identico allo stimolo “Lancio” eccetto che per la presenza di una pausa di 1 secondo tra l’arresto del primo disco e la partenza del secondo, pausa che si sa essere sufficiente per annullare la percezione di qualsiasi tipo di causalità fisica tra i movimenti dei due oggetti in un essere umano adulto (Michotte, 1963; Schlottmann et. al., 2006). I dati hanno confermato una preferenza da parte dei neonati per il filmato di tipo “Lancio”, coerentemente con quanto riscontrato nell’esperimento precedente. Anche in questo caso, tuttavia, i risultati potevano essere dovuti ad una semplice preferenza per le caratteristiche spazio-temporali dello stimolo “Lancio” e non ad una preferenza per la causalità fisica per se. È stato condotto, quindi, un terzo esperimento i cui stimoli erano identici allo stimolo “Lancio” e “Delay” utilizzati nell’Esp. 2 eccetto che per una deviazione della traiettoria del secondo disco in movimento (“B”). Questo, infatti, invece di proseguire nella medesima direzione percorsa da “A”, deviava la propria traiettoria di 90°, effettuando quindi un movimento lungo la verticale. E’ noto che questo tipo di deviazione di traiettoria in uno stimolo identico al “Lancio” fa si che non sia percepito più alcun rapporto causale tra i movimenti dei due oggetti (Michotte,1963). Nessuno dei due stimoli, quindi, possedeva più alcuna caratteristica “causale”, mentre le caratteristiche spazio-temporali erano le stesse degli stimoli dell’esperimento precedente. Un’eventuale preferenza per lo stimolo di tipo “Lancio” con traiettoria del secondo oggetto a 90°, quindi, avrebbe permesso di spiegare la preferenza riscontrata negli esperimenti precedenti come semplice preferenza per le caratteristiche spazio-temporali del “Lancio” e non come una preferenza per la causalità fisica percepibile in esso. Dai dati, tuttavia, è emersa una preferenza significativa da parte dei neonati per lo stimolo di tipo “Delay”. Complessivamente, quindi, i risultati hanno mostrato una preferenza da parte dei neonati per uno stimolo di tipo causale (i.e., Effetto Lancio; Esp. 1 e 2). Uno stimolo con le stesse caratteristiche spazio-temporali del “Lancio” ma nel quale non sia possibile riscontrare, da parte di un essere umano adulto, alcun tipo di causalità fisica (Esp. 3) non scatena questo tipo di preferenza. Sembra quindi che fin dalla nascita sia presente nella nostra specie una sensibilità per cogliere dei semplici rapporti causa-effetto di tipo fisico. Sensibilità del pulcino domestico per il movimento auto-indotto come indizio di animacy Il movimento auto-indotto sembra essere uno degli indizi più forti per percepire un oggetto come “essere animato” (i.e., un oggetto in grado di muoversi autonomamente a differenza di altri che possono essere messi in movimento solo a seguito di una spinta ricevuta; Aristotele, Physics; New, Cosmides, Tooby, 2007). Ricerche condotte nell’ambito della psicologia dello sviluppo, ad esempio, hanno mostrato che già in tenera età gli infanti sono consapevoli che un oggetto statico può muoversi solo se spinto da un altro oggetto, a meno che non sia fornito di un meccanismo che gli permetta di spostarsi autonomamente (Luo e Baillargeon, 2005; Luo, Kaufman, Baillargeon, 2009). Le ricerche attuali, tuttavia, distinguono la rappresentazione di “animacy” (il grado con cui un oggetto appare come essere “animato”, capace di movimento auto-indotto e di agire come agente-causale) da una rappresentazione di “agency” (la capacità di un oggetto di agire intenzionalmente nell’ambiente che lo circonda, perseguendo uno scopo preciso). Ad oggi è dimostrato che un movimento di tipo auto-indotto (self-propelled) è un indizio rilevante per attribuzioni di “agency” (Luo e Baillargeon, 2005; Csibra, 2008), mentre il ruolo svolto da questo tipo di movimento nell’attribuzione di animacy non è stato ancora indagato appropriatamente. Da ricerche svolte nell’ambito della psicologia comparata, inoltre, non è chiaro quale ruolo abbia il movimento di tipo auto-indotto nel formarsi di aspettative riguardo alla potenziale capacità di un oggetto di cambiare la propria collocazione spaziale (Hauser, 1998). I risultati di tali ricerche, inoltre, potrebbero essere influenzati dalle esperienze passate degli animali presi in esame. Date queste premesse, nella seconda parte di questa tesi si è cercato di rispondere a due domande: la distinzione tra esseri animati e inanimati sulla base del tipo di movimento (auto-indotto o indotto dall’esterno) che li caratterizza è valida anche per specie animali diverse dalla nostra? Questo tipo di distinzione emerge grazie all’esperienza o è parte di una predisposizione naturale presente fin dalla nascita? Per questo si è scelto di indagare la sensibilità di pulcini di pollo domestico appena nati al movimento di tipo auto-indotto come indizio di animacy (i.e., come indizio della presenza di una forza di movimento interna; Leslie e Keeble, 1987). Trattandosi di una specie precoce, con prole atta, la scelta del pulcino domestico ha permesso, in primo luogo, un controllo rigoroso delle esperienze visive dei soggetti, in secondo luogo, di sfruttare il fenomeno dell’imprinting filiale (i.e., un fenomeno di rapido attaccamento sociale che i piccoli delle specie nidifughe sviluppano in seguito ad una semplice esposizione ad uno stimolo saliente e in assenza di rinforzo; Horn, 2004). Tutti i soggetti provenivano da uova incubate e schiuse al buio totale, per prevenire qualsiasi tipo di esperienza visiva. Sono stati condotti 4 esperimenti, tutti con la medesima procedura. Il primo giorno di vita, i pulcini venivano prelevati dalla schiuditrice a gruppi di 8, portati in una piccola scatola di cartone nella stanza sperimentale ed esposti per un’ora e mezza circa ad un video nel quale erano visibili due oggetti ovali in movimento. I due oggetti coinvolti nell’animazione erano identici per forma e diversi per colore (rosso l’uno, porpora l’altro, con colore di ciascun oggetto e direzione del movimento bilanciate tra i gruppi). Al termine dell’esposizione i pulcini venivano prelevati uno alla volta e posti in un corridoio di scelta, alle estremità del quale si trovavano gli stimoli test. Questi ultimi erano costituiti dai due oggetti visti interagire nello stimolo di esposizione (“ovale rosso” e “ovale porpora”) in movimento sul piano frontale. Nel filmato di esposizione utilizzato per l’Esp. 1 i due oggetti ovali erano implicati in un tipico Effetto Lancio (simile a quello descritto precedentemente) in cui un essere umano adulto percepisce l’oggetto “A” come “agente causale dotato di movimento auto-indotto” che spinge “B” causandone lo spostamento. L’ipotesi era che i pulcini, se fossero stati in grado di discriminare tra i ruoli dei due oggetti visti interagire in fase di esposizione, in fase test avrebbero scelto di avvicinare l’oggetto precedentemente percepito come “agente causale” dotato di movimento auto-indotto, dal momento che sappiamo che questa specie nasce predisposta ad imprintarsi sull’oggetto maggiormente saliente nel proprio campo visivo e una delle caratteristiche maggiormente salienti di uno stimolo è proprio il suo movimento (anche di tipo biologico, Vallortigara et al., 2005). Posti di fronte alla scelta tra i due oggetti visti interagire nel filmato Lancio, i pulcini hanno mostrato una scelta significativa per lo stimolo che nell’animazione di esposizione aveva ricoperto il ruolo di “agente causale” dotato di movimento auto-indotto. Tuttavia, al fine di escludere che la preferenza riscontrata fosse semplicemente una scelta per il primo oggetto a muoversi, è stato condotto un secondo esperimento, nel quale i soggetti sono stati esposti ad un filmato identico allo stimolo “Lancio” eccetto che per la sequenza dei movimenti dei due oggetti, che era invertita (l’ovale “A”, quindi, iniziava il suo movimento solo dopo l’arresto di “B”). In questo modo veniva meno la relazione causale tra i movimenti dei due oggetti, ed entrambi erano percepibili come dotati di movimento auto-indotto. Se la preferenza mostrata dai pulcini nell’Esp. 1 fosse stata dovuta ad una scelta per il primo oggetto a muoversi anche in questo caso avremmo dovuto riscontrare lo stesso effetto. Dai dati, tuttavia, non è emersa alcuna scelta significativa da parte dei soggetti. Il filmato di tipo “Lancio”, tuttavia, differiva da quello utilizzato nel secondo esperimento non solo per la sequenza dei movimenti ma anche per la presenza, nel “Lancio”, di un contatto tra i due oggetti coinvolti. Nell’Esp. 3, quindi, si è voluto verificare se la preferenza espressa nel primo esperimento potesse essere dovuta ad una scelta per lo stimolo che era stato visto muoversi “prima del contatto” (e non ad una scelta per l’oggetto dotato di movimento auto-indotto). Come stimolo di esposizione è stato utilizzato un filmato di tipo “Delay”, del tutto identico al “Lancio” eccetto che per un intervallo di tre secondi tra l’arresto del primo e la partenza del secondo oggetto. Questo intervallo si sa essere sufficiente, nell’essere umano adulto, per abolire qualsiasi tipo di percezione causale tra i movimenti dei due oggetti: entrambi, quindi, apparivano come dotati di movimento auto-indotto. Anche in questo esperimento, come nel precedente, non è emersa alcuna preferenza da parte dei pulcini per gli stimoli test. È stato condotto, infine, un quarto esperimento, con lo scopo di determinare se la preferenza riscontrata nell’Esp. 1 fosse dovuta ad una scelta per l’oggetto che era percepito come “causa” del movimento del secondo, senza tuttavia cogliere la natura del suo movimento. I soggetti sono stati esposti ad un filmato identico al “Lancio” usato nel primo esperimento, eccetto che per la presenza di due piccoli schermi che coprivano la parte iniziale e finale della sequenza. In questo modo non c’erano indizi riguardo alla natura del movimento (auto-indotto o non) dell’oggetto “A”, mentre quest’ultimo continuava ad essere percepibile come causa del movimento di “B”. I dati non hanno mostrato alcuna scelta significativa da parte dei pulcini, che quindi non sembrano mostrare preferenze né per l’oggetto che ha avuto il ruolo di “causa” né per quello che è stato “ricevente” nella relazione causale vista in fase di esposizione. Dai dati sembra quindi che i pulcini di pollo domestico siano in grado di cogliere la natura di un movimento, mostrando di preferire un oggetto che si muove di movimento auto-indotto rispetto ad un oggetto il cui movimento è stato causato da altro (Esp. 1). Il primo oggetto a muoversi tra due (Esp. 2), un contatto fisico in assenza di relazioni causali (Esp. 3) o una relazione causale che non permetta di fare inferenze riguardo alla natura del movimento dei due oggetti coinvolti (Esp. 4), non sono sufficienti a scatenare alcun tipo di preferenza. Questi risultati sembrano dimostrare la presenza di una sensibilità innata nel pulcino di pollo domestico per cogliere la natura di un movimento e preferire un oggetto dotato di movimento auto-indotto come target di imprinting. Questa sensibilità, quindi, potrebbe essere sufficiente per vincolare in modo adattativo la scelta dell’oggetto su cui imprintarsi. Complessivamente, i risultati riportati in questa tesi sembrano essere compatibili con l’ipotesi che diverse specie di vertebrati, incluso l’essere umano, posseggano un bias innato per prestare attenzione alle informazioni sensoriali riguardanti altri esseri animati.

ORIGINS OF SENSITIVITY TO PHYSICAL CAUSALITY AND ANIMACY: Evidence from newborn babies and newly-hatched chicks

MASCALZONI, ELENA
2010

Abstract

La capacità di identificare gli esseri animati e di cogliere rapporti causali tra eventi è probabilmente un'abilità fondamentale per la sopravvivenza delle diverse specie animali. É ben nota, al riguardo, la sorprendente capacità dell’essere umano di attribuire “animacy” (i.e., la caratteristica di possedere movimento auto-indotto e di poter agire come agente causale) e rapporti causali ad oggetti in movimento esclusivamente sulla base delle caratteristiche di tale movimento (Heider e Simmel, 1944; Michotte, 1963; Schlottmann, Ray, Mitchell, e Demetriou, 2006). Non si sa ancora nulla, tuttavia, riguardo all’origine di queste capacità, le quali potrebbero essere implicite o il prodotto di alcuni processi di apprendimento. Un’ulteriore fonte di dibattito, inoltre, riguarda il fatto che tali abilità possano essere presenti anche in specie animali diverse dalla nostra. Per queste ragioni lo scopo di questa tesi è stato di investigare la sensibilità alla causalità fisica in un’ottica comparativa, servendosi come soggetti sperimentali sia di neonati umani sia di pulcini di pollo domestico (Gallus gallus) appena nati. È stata studiata, inoltre, la suscettibilità del pulcino di pollo domestico al movimento di tipo auto-indotto (self-propelled) come indizio di animacy. Sensibilità per la causalità fisica in un ottica comparata La capacità di effettuare attribuzioni di causalità (i.e. di apprezzare l’interazione tra due eventi in termini di un rapporto causa-effetto) sembra essere un forte meccanismo mediante il quale l’essere umano dà un senso a molti aspetti del mondo fisico che lo circonda. La ricerca psicologica al riguardo si è focalizzata principalmente su due aspetti: l’esplorazione dei processi cognitivi di alto livello che permettono di compiere inferenze causali (Sperber, Premack e Premack, 1995) e la comprensione del ruolo dei processi percettivi di base nella percezione della causalità fisica (Michotte, 1963). Riguardo a quest’ultimo aspetto, i primi studi sperimentali sono stati condotti da Michotte (1963), il quale descrisse quello che probabilmente è l’esempio di causalità fisica percettiva più conosciuto: l’Effetto Lancio (“Launching Effect”). In questo evento, un oggetto (“A”) inizia a muoversi, a velocità costante e lungo una traiettoria rettilinea, verso un secondo oggetto (“B”), fermo, venendo in contatto con esso. Immediatamente dopo tale contatto “A” si ferma e “B” inizia a muoversi nella stessa direzione e lungo la stessa traiettoria percorsa da “A”. Soggetti umani adulti posti di fronte a questo evento riferiscono di percepire l’oggetto “A” come “causa fisica” del movimento di “B”. Secondo Michotte l’impressione di causalità suscitata dall’Effetto Lancio sarebbe prodotta automaticamente da un “perceptual input analyzer”: il rapporto causale sarebbe esperito come conseguenza di un semplice processo percettivo, che non implicherebbe alcun processo inferenziale (Michotte, 1963). Il fatto che la percezione di causalità fisica sia difficilmente influenzata da processi cognitivi di alto livello (mentre è vincolata ad alcune caratteristiche fisiche dello stimolo; e.g. Choi e Scholl, 2004, 2006; Schlottmann et al., 2006; White, 2006) sembra a favore di una sua origine ontogenetica (e filogenetica) precoce. Michotte stesso, nonostante le sue ricerche fossero basate su report verbali di adulti, abbracciò una forte posizione innatista riguardo all’origine della percezione di causalità fisica (Michotte, 1963). Recentemente, un corpus di dati sempre crescente in psicologia dello sviluppo (Leslie, 1988; Leslie e Keeble, 1987; Cohen e Amsel, 1998; Cohen e Oakes, 1993; Cohen, L.B., Rundell, L.J., Spellman, B.A. e Cashon, C.H., 1999; Oakes, 1994; Oakes e Cohen, 1990), ha dato luogo a due modelli diversi relativi all’origine di tale capacità. Secondo la corrente innatista, la capacità di percepire i fenomeni causali fisici sarebbe presente fin dalla nascita, in quanto supportata da un modulo innato e dominio-specifico (Michotte, 1963; Leslie, 1984; Leslie e Keeble, 1987) o in quanto parte di una risorsa rappresentazionale innata dominio-generale (Carey, 2009). Secondo la corrente costruttivista, invece, tali capacità si svilupperebbero nel corso dei primi anni di vita grazie all’esperienza (Oakes e Cohen, 1990), esperienza sia nei termini delle proprie azioni compiute con uno scopo, sia data dall’osservazione di interazioni tra oggetti esterni (Cohen, Chaput, Cashon, 2002). La capacità di percepire una causalità fisica tra eventi, tuttavia, non è mai stata studiata in soggetti la cui esperienza precedente fosse controllata efficacemente (e.g., neonati). Inoltre, pur essendo lecito ipotizzare che la capacità di cogliere relazioni causa-effetto non sia una prerogativa esclusiva della specie umana (considerato l’alto valore adattativo), non si sa molto riguardo a tale abilità in specie animali diverse dalla nostra (Sperberg et al., 1995). Per queste ragioni lo scopo di questa tesi è stato quello di investigare l’eventuale presenza di preferenze spontanee per la causalità fisica sia in neonati umani sia in pulcini di pollo domestico appena nati, in un’ottica comparata. Il pulcino di pollo domestico è stato ritenuto un buon modello in quanto si tratta di una specie precoce che ha dimostrato di possedere buone abilità in compiti anche complessi di percezione visiva (Mascalzoni, Regolin, Vallortigara, 2009) e di possedere una preferenza innata per pattern di movimento biologico (Vallortigara, Regolin, Marconato, 2005). Sono stati condotti due esperimenti con lo scopo di indagare la presenza di un’eventuale preferenza spontanea per uno stimolo causale (i.e., Effetto Lancio) vs non-causale in pulcini di pollo domestico. Tutti i pulcini utilizzati provenivano da uova incubate e schiuse al buio totale, così da controllare tutte le esperienze visive degli animali fino al momento del test. Il secondo giorno di vita ciascun pulcino veniva sottoposto ad un test di scelta spontanea, nel quale poteva scegliere tra due animazioni video (un Effetto Lancio, causale, ed una animazione di controllo, non-causale) presentate simultaneamente alle due estremità di un apparato virtualmente diviso in 3 settori, uno centrale e due laterali (adiacenti agli stimoli). All’inizio del test il pulcino veniva posto al centro dell’apparato. La permanenza del pulcino nel settore centrale era indice di un’assenza di scelta, mentre la sua permanenza in uno dei due settori laterali era considerata come scelta per lo stimolo adiacente a quel settore. Il comportamento dell’animale era osservato per un totale di 6 minuti, durante i quali venivano registrati i secondi di permanenza del pulcino in ciascuno dei due settori laterali, così da poter computare un indice percentuale di preferenza per lo stimolo di interesse (i.e., lo stimolo causale, “Lancio”). In entrambi gli esperimenti gli stimoli test consistevano in due animazioni video nelle quali erano visibili due quadratini della stessa dimensione e dello stesso colore. Nell’Esp.1 sono state utilizzate un’animazione “causale” di tipo “Lancio” vs uno stimolo “non-causale” di tipo “Delay”. Nello stimolo “Lancio” un quadratino (“A”) si muoveva verso un secondo quadratino (“B”) fermo. Subito dopo il contatto, “A” si fermava e “B” iniziava a muoversi nella stessa direzione, alla medesima velocità e coprendo la stessa distanza compiuta da “A”. In questo tipo di animazione gli esseri umani riportano di percepire l’oggetto “A” come causa fisica dello spostamento di “B”. Lo stimolo “Delay” era in tutto simile allo stimolo “Lancio” salvo per la presenza di un intervallo temporale di 2 secondi tra l’arresto del primo e la partenza del secondo mobile. Nei soggetti umani si sa che la presenza di questo intervallo annulla qualunque impressione di causalità fisica (Michotte, 1963). Nell’Esp. 2 lo stimolo “Delay” è stato sostituito da una animazione (i.e. “Passing”) nella quale non vi era alcun tipo di discontinuità di movimento, né spaziale né temporale: un primo quadratino (“A”) percorreva una traiettoria rettilinea passando davanti ad un secondo quadratino (“B”), il quale rimaneva statico. In questo modo non vi era alcun tipo di causalità fisica implicata, ma la traiettoria percorsa e la durata del movimento di “A” erano identiche a quella complessivamente percorsa da “A” e “B” nello stimolo di tipo “Lancio”. L’ipotesi avanzata per entrambi gli esperimenti era che potesse emergere una preferenza spontanea per uno dei due filmati test (causale/non causale), preferenza che avrebbe permesso di supporre una sensibilità agli indizi di causalità fisica anche in questa specie animale. Dai dati, tuttavia, non è emersa alcuna preferenza spontanea per nessuno degli stimoli utilizzati. Sembra quindi che il pulcino di pollo domestico non abbia preferenze per avvicinare uno stimolo di tipo causale rispetto ad uno non-causale. Per quanto concerne l’indagine di preferenze spontanee per stimoli di tipo causale in neonati umani, sono stati condotti tre esperimenti, in ciascuno dei quali è stata presentata al neonato una coppia di animazioni video, una causale (i.e, Effetto Lancio) ed una non causale. In ciascuna animazione erano coinvolti due dischi identici per forma e per colore, i quali percorrevano entrambi la stessa distanza, alla medesima velocità. È stata utilizzata una procedura di preferential looking, la quale permette di determinare un’eventuale preferenza spontanea del neonato attraverso la misurazione dei tempi di fissazione dati a due stimoli (i.e., causale vs non causale) presentati contemporaneamente. In questa procedura il neonato siede in braccio ad uno sperimentatore di fronte ad un monitor su cui vengono presentati gli stimoli, uno a sinistra, l’altro a destra di un punto di fissazione centrale; il test si compone di due fasi, nelle quali la posizione degli stimoli viene bilanciata (i.e. stimolo 1 a sinistra in prima fase, a destra in seconda fase). Le fissazioni date dal neonato a ciascuno stimolo vengono registrate on-line da uno sperimentatore ignaro delle ipotesi sperimentali, e vengono successivamente codificate off-line da un secondo sperimentatore. Nell’Esp. 1 è stata studiata un’eventuale preferenza spontanea del neonato per uno stimolo di tipo “Lancio” rispetto ad uno stimolo di controllo non causale identico al “Lancio” ma con le sequenze dei movimenti dei due oggetti invertite tra loro (i.e., l’oggetto “A” effettua il proprio spostamento solo dopo l’arresto di “B”). In questo secondo stimolo non era possibile percepire alcun tipo di causalità fisica tra i movimenti dei due oggetti. L’unica differenza tra i due filmati era nella sequenza dei movimenti dei due oggetti coinvolti. I dati hanno mostrato una preferenza significativa da parte dei neonati per il filmato di tipo “Lancio”, preferenza a favore dell’idea che nella nostra specie vi sia una suscettibilità per percepire eventi causali fin dalla nascita. Questi risultati, tuttavia, potevano essere dovuti ad una semplice preferenza per le caratteristiche spazio-temporali dello stimolo “Lancio”. Lo stimolo di controllo non causale, infatti, differiva dallo stimolo “Lancio” sia per l’assenza di un contatto tra i due dischi, sia per la discontinuità spaziale nei movimenti dei due oggetti. Per queste ragioni nell’Esp. 2 è stato utilizzato come stimolo non causale un filmato “Delay”, identico allo stimolo “Lancio” eccetto che per la presenza di una pausa di 1 secondo tra l’arresto del primo disco e la partenza del secondo, pausa che si sa essere sufficiente per annullare la percezione di qualsiasi tipo di causalità fisica tra i movimenti dei due oggetti in un essere umano adulto (Michotte, 1963; Schlottmann et. al., 2006). I dati hanno confermato una preferenza da parte dei neonati per il filmato di tipo “Lancio”, coerentemente con quanto riscontrato nell’esperimento precedente. Anche in questo caso, tuttavia, i risultati potevano essere dovuti ad una semplice preferenza per le caratteristiche spazio-temporali dello stimolo “Lancio” e non ad una preferenza per la causalità fisica per se. È stato condotto, quindi, un terzo esperimento i cui stimoli erano identici allo stimolo “Lancio” e “Delay” utilizzati nell’Esp. 2 eccetto che per una deviazione della traiettoria del secondo disco in movimento (“B”). Questo, infatti, invece di proseguire nella medesima direzione percorsa da “A”, deviava la propria traiettoria di 90°, effettuando quindi un movimento lungo la verticale. E’ noto che questo tipo di deviazione di traiettoria in uno stimolo identico al “Lancio” fa si che non sia percepito più alcun rapporto causale tra i movimenti dei due oggetti (Michotte,1963). Nessuno dei due stimoli, quindi, possedeva più alcuna caratteristica “causale”, mentre le caratteristiche spazio-temporali erano le stesse degli stimoli dell’esperimento precedente. Un’eventuale preferenza per lo stimolo di tipo “Lancio” con traiettoria del secondo oggetto a 90°, quindi, avrebbe permesso di spiegare la preferenza riscontrata negli esperimenti precedenti come semplice preferenza per le caratteristiche spazio-temporali del “Lancio” e non come una preferenza per la causalità fisica percepibile in esso. Dai dati, tuttavia, è emersa una preferenza significativa da parte dei neonati per lo stimolo di tipo “Delay”. Complessivamente, quindi, i risultati hanno mostrato una preferenza da parte dei neonati per uno stimolo di tipo causale (i.e., Effetto Lancio; Esp. 1 e 2). Uno stimolo con le stesse caratteristiche spazio-temporali del “Lancio” ma nel quale non sia possibile riscontrare, da parte di un essere umano adulto, alcun tipo di causalità fisica (Esp. 3) non scatena questo tipo di preferenza. Sembra quindi che fin dalla nascita sia presente nella nostra specie una sensibilità per cogliere dei semplici rapporti causa-effetto di tipo fisico. Sensibilità del pulcino domestico per il movimento auto-indotto come indizio di animacy Il movimento auto-indotto sembra essere uno degli indizi più forti per percepire un oggetto come “essere animato” (i.e., un oggetto in grado di muoversi autonomamente a differenza di altri che possono essere messi in movimento solo a seguito di una spinta ricevuta; Aristotele, Physics; New, Cosmides, Tooby, 2007). Ricerche condotte nell’ambito della psicologia dello sviluppo, ad esempio, hanno mostrato che già in tenera età gli infanti sono consapevoli che un oggetto statico può muoversi solo se spinto da un altro oggetto, a meno che non sia fornito di un meccanismo che gli permetta di spostarsi autonomamente (Luo e Baillargeon, 2005; Luo, Kaufman, Baillargeon, 2009). Le ricerche attuali, tuttavia, distinguono la rappresentazione di “animacy” (il grado con cui un oggetto appare come essere “animato”, capace di movimento auto-indotto e di agire come agente-causale) da una rappresentazione di “agency” (la capacità di un oggetto di agire intenzionalmente nell’ambiente che lo circonda, perseguendo uno scopo preciso). Ad oggi è dimostrato che un movimento di tipo auto-indotto (self-propelled) è un indizio rilevante per attribuzioni di “agency” (Luo e Baillargeon, 2005; Csibra, 2008), mentre il ruolo svolto da questo tipo di movimento nell’attribuzione di animacy non è stato ancora indagato appropriatamente. Da ricerche svolte nell’ambito della psicologia comparata, inoltre, non è chiaro quale ruolo abbia il movimento di tipo auto-indotto nel formarsi di aspettative riguardo alla potenziale capacità di un oggetto di cambiare la propria collocazione spaziale (Hauser, 1998). I risultati di tali ricerche, inoltre, potrebbero essere influenzati dalle esperienze passate degli animali presi in esame. Date queste premesse, nella seconda parte di questa tesi si è cercato di rispondere a due domande: la distinzione tra esseri animati e inanimati sulla base del tipo di movimento (auto-indotto o indotto dall’esterno) che li caratterizza è valida anche per specie animali diverse dalla nostra? Questo tipo di distinzione emerge grazie all’esperienza o è parte di una predisposizione naturale presente fin dalla nascita? Per questo si è scelto di indagare la sensibilità di pulcini di pollo domestico appena nati al movimento di tipo auto-indotto come indizio di animacy (i.e., come indizio della presenza di una forza di movimento interna; Leslie e Keeble, 1987). Trattandosi di una specie precoce, con prole atta, la scelta del pulcino domestico ha permesso, in primo luogo, un controllo rigoroso delle esperienze visive dei soggetti, in secondo luogo, di sfruttare il fenomeno dell’imprinting filiale (i.e., un fenomeno di rapido attaccamento sociale che i piccoli delle specie nidifughe sviluppano in seguito ad una semplice esposizione ad uno stimolo saliente e in assenza di rinforzo; Horn, 2004). Tutti i soggetti provenivano da uova incubate e schiuse al buio totale, per prevenire qualsiasi tipo di esperienza visiva. Sono stati condotti 4 esperimenti, tutti con la medesima procedura. Il primo giorno di vita, i pulcini venivano prelevati dalla schiuditrice a gruppi di 8, portati in una piccola scatola di cartone nella stanza sperimentale ed esposti per un’ora e mezza circa ad un video nel quale erano visibili due oggetti ovali in movimento. I due oggetti coinvolti nell’animazione erano identici per forma e diversi per colore (rosso l’uno, porpora l’altro, con colore di ciascun oggetto e direzione del movimento bilanciate tra i gruppi). Al termine dell’esposizione i pulcini venivano prelevati uno alla volta e posti in un corridoio di scelta, alle estremità del quale si trovavano gli stimoli test. Questi ultimi erano costituiti dai due oggetti visti interagire nello stimolo di esposizione (“ovale rosso” e “ovale porpora”) in movimento sul piano frontale. Nel filmato di esposizione utilizzato per l’Esp. 1 i due oggetti ovali erano implicati in un tipico Effetto Lancio (simile a quello descritto precedentemente) in cui un essere umano adulto percepisce l’oggetto “A” come “agente causale dotato di movimento auto-indotto” che spinge “B” causandone lo spostamento. L’ipotesi era che i pulcini, se fossero stati in grado di discriminare tra i ruoli dei due oggetti visti interagire in fase di esposizione, in fase test avrebbero scelto di avvicinare l’oggetto precedentemente percepito come “agente causale” dotato di movimento auto-indotto, dal momento che sappiamo che questa specie nasce predisposta ad imprintarsi sull’oggetto maggiormente saliente nel proprio campo visivo e una delle caratteristiche maggiormente salienti di uno stimolo è proprio il suo movimento (anche di tipo biologico, Vallortigara et al., 2005). Posti di fronte alla scelta tra i due oggetti visti interagire nel filmato Lancio, i pulcini hanno mostrato una scelta significativa per lo stimolo che nell’animazione di esposizione aveva ricoperto il ruolo di “agente causale” dotato di movimento auto-indotto. Tuttavia, al fine di escludere che la preferenza riscontrata fosse semplicemente una scelta per il primo oggetto a muoversi, è stato condotto un secondo esperimento, nel quale i soggetti sono stati esposti ad un filmato identico allo stimolo “Lancio” eccetto che per la sequenza dei movimenti dei due oggetti, che era invertita (l’ovale “A”, quindi, iniziava il suo movimento solo dopo l’arresto di “B”). In questo modo veniva meno la relazione causale tra i movimenti dei due oggetti, ed entrambi erano percepibili come dotati di movimento auto-indotto. Se la preferenza mostrata dai pulcini nell’Esp. 1 fosse stata dovuta ad una scelta per il primo oggetto a muoversi anche in questo caso avremmo dovuto riscontrare lo stesso effetto. Dai dati, tuttavia, non è emersa alcuna scelta significativa da parte dei soggetti. Il filmato di tipo “Lancio”, tuttavia, differiva da quello utilizzato nel secondo esperimento non solo per la sequenza dei movimenti ma anche per la presenza, nel “Lancio”, di un contatto tra i due oggetti coinvolti. Nell’Esp. 3, quindi, si è voluto verificare se la preferenza espressa nel primo esperimento potesse essere dovuta ad una scelta per lo stimolo che era stato visto muoversi “prima del contatto” (e non ad una scelta per l’oggetto dotato di movimento auto-indotto). Come stimolo di esposizione è stato utilizzato un filmato di tipo “Delay”, del tutto identico al “Lancio” eccetto che per un intervallo di tre secondi tra l’arresto del primo e la partenza del secondo oggetto. Questo intervallo si sa essere sufficiente, nell’essere umano adulto, per abolire qualsiasi tipo di percezione causale tra i movimenti dei due oggetti: entrambi, quindi, apparivano come dotati di movimento auto-indotto. Anche in questo esperimento, come nel precedente, non è emersa alcuna preferenza da parte dei pulcini per gli stimoli test. È stato condotto, infine, un quarto esperimento, con lo scopo di determinare se la preferenza riscontrata nell’Esp. 1 fosse dovuta ad una scelta per l’oggetto che era percepito come “causa” del movimento del secondo, senza tuttavia cogliere la natura del suo movimento. I soggetti sono stati esposti ad un filmato identico al “Lancio” usato nel primo esperimento, eccetto che per la presenza di due piccoli schermi che coprivano la parte iniziale e finale della sequenza. In questo modo non c’erano indizi riguardo alla natura del movimento (auto-indotto o non) dell’oggetto “A”, mentre quest’ultimo continuava ad essere percepibile come causa del movimento di “B”. I dati non hanno mostrato alcuna scelta significativa da parte dei pulcini, che quindi non sembrano mostrare preferenze né per l’oggetto che ha avuto il ruolo di “causa” né per quello che è stato “ricevente” nella relazione causale vista in fase di esposizione. Dai dati sembra quindi che i pulcini di pollo domestico siano in grado di cogliere la natura di un movimento, mostrando di preferire un oggetto che si muove di movimento auto-indotto rispetto ad un oggetto il cui movimento è stato causato da altro (Esp. 1). Il primo oggetto a muoversi tra due (Esp. 2), un contatto fisico in assenza di relazioni causali (Esp. 3) o una relazione causale che non permetta di fare inferenze riguardo alla natura del movimento dei due oggetti coinvolti (Esp. 4), non sono sufficienti a scatenare alcun tipo di preferenza. Questi risultati sembrano dimostrare la presenza di una sensibilità innata nel pulcino di pollo domestico per cogliere la natura di un movimento e preferire un oggetto dotato di movimento auto-indotto come target di imprinting. Questa sensibilità, quindi, potrebbe essere sufficiente per vincolare in modo adattativo la scelta dell’oggetto su cui imprintarsi. Complessivamente, i risultati riportati in questa tesi sembrano essere compatibili con l’ipotesi che diverse specie di vertebrati, incluso l’essere umano, posseggano un bias innato per prestare attenzione alle informazioni sensoriali riguardanti altri esseri animati.
28-gen-2010
Inglese
Physical Causality, Self-propelled motion, Animacy, Newborns, Domestic chick
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-111125