Le decisioni sono molto comuni nella nostra vita quotidiana. Spesso si tratta di decisioni banali, altre volte ci confrontiamo con scelte molto importanti, come ad esempio quelle che coinvolgono la nostra salute. Potremmo, ad esempio, essere chiamati a decidere se sottoporci o meno ad un certo trattamento medico, oppure potremmo trovarci a dover scegliere tra due o più alternative di trattamento. Ma come potremmo essere sicuri che la nostra scelta sia davvero la scelta giusta, o comunque la migliore per noi? E, ancora, come potremmo essere sicuri che quella sarebbe in qualsiasi caso la nostra decisione? La risposta della ricerca condotta nell’ambito delle decisioni mediche è “non possiamo esserne sicuri”. Numerosi effetti di contesto influenzano, infatti, le decisioni dei pazienti. In questa tesi illustro alcuni esempi che mostrano come le informazioni contestuali possano avere un effetto sulla presa di decisione. Nello specifico, tre studi indagano l’effetto di diverse variabili che influenzano i giudizi e le decisioni senza che i decisori stessi ne siano consapevoli. Nel primo studio mostro come la scelta tra un’alternativa rischiosa e un’alternativa sicura possa essere influenzata da tre fattori: l’ambito della decisione (medico vs. finanziario); l’obiettivo del decisore (necessario vs. futile); e l’informazione fornita (generica vs. dettagliata). I risultati suggeriscono che quando l’informazione è generica e l’obiettivo è futile, l’atteggiamento nei confronti del rischio è l’opposto nei due ambiti, suggerendo quindi che quando è la vita delle persone ad essere in gioco, esse si mostrano più caute, mentre risultano maggiormente disposte ad azzardare con il denaro, quando l’obiettivo è futile. Il secondo studio indaga numerose potenziali spiegazioni per un risultato riportato recentemente in letteratura che sembra andare in direzione opposta a quelli riportati negli studi che lo hanno preceduto. Infatti, sebbene generalmente le persone preferiscano opzioni i cui danni derivanti dalla mancata azione sono maggiori rispetto ai danni provocati dalla commissione di un’azione (“omission bias”), nel caso di una diagnosi di cancro sembra preferiscano trattamenti attivi rispetto alla possibilità di effettuare controlli regolari, senza trattamenti. Da una parte, i risultati del mio studio evidenziano che questo risultato dipende da come è concepita e descritta l’opzione di omissione dell’azione. Dall’altra, evidenziano anche che una diagnosi di tumore maligno è un caso particolare, rispetto ad altri tipi di diagnosi. ll terzo studio, infine, è una dimostrazione del fatto che anche gli studenti di medicina sono influenzati da fattori di contesto che, auspicabilmente, non dovrebbero invece influire sulle loro scelte. In particolare, sono influenzati sia dal numero di alternative a disposizione, sia da informazioni che, pur essendo relative alla storia clinica del paziente, dovrebbero essere irrilevanti per la decisione. Quindi, l’essere pazienti o medici che decidono per la propria o l’altrui salute non ci esime dall’essere soggetti a distorsioni e, tutti, siamo vittime di trappole cognitve e siamo influenzati da informazioni contestuali. Ma cosa succederebbe se fossimo esperti in comunicazione sulla salute? Come useremmo questa conoscenza? Sapere che i pazienti possono prendere decisioni diverse a seconda del modo in cui le informazioni sono presentate loro è certamente importante, ma anche l’uso che gli esperti in comunicazione sulla salute e coloro che attuano le decisioni a livello comunitario fanno di questa conoscenza è centrale nella presa di decisione in ambito medico. I diversi approcci possono essere collocati lungo un continuum. Ad un estremo, l’approccio paternalistico vede il medico come un padre apprensivo: in questo caso, è il medico a prendere la decisione, con poche o nessuna indicazione da parte del paziente. All’altro estremo, secondo l’approccio informato alle decisioni mediche, è il paziente che, dopo essere completamente informato su tutte le opzioni disponibili e sulle loro conseguenze, prende la decisione, con poche o nessuna indicazione da parte del medico. A seconda dell’approccio adottato, gli stessi messaggi per la salute possono avere forme diverse. Quando si promuove un comportamento salutista usando un approccio paternalistico, il messaggio dovrebbe cercare di convincere le persone ad attuare il comportamento desiderato, come ad esempio mettersi a dieta o effettuare un test di screening. Quando invece si informa il paziente sulle opzioni disponibili (approccio informato o condiviso), il messaggio non dovrebbe essere formulato in modo da influenzare la decisione del paziente, dovrebbe cioè essere neutro rispetto alla decisione. Gli altri tre studi presentati nella tesi indagano la decisione di sottoporsi a screening oncologici nell’ottica di questi due approcci. I primi due di questi studi indagano l’effetto del modo in cui sono presentate le informazioni relativamente allo screening per il cancro alla prostata. Il primo studio assume un approccio informato, mentre il secondo considera lo stesso argomento con un approccio paternalistico, prendendo la teoria del prospetto come riferimento. L’ultimo studio, anch’esso in una prospettiva paternalista, ma applicata allo screening per il cancro del colon, confronta diversi tipi di messaggio e valuta, anziché le intenzioni dei pazienti, il comportamento effettivo di adesione dei pazienti all’esame proposto. I dati ottenuti ci consentono di discutere in modo critico i risultati di una recente meta-analisi che ha confutato l’effetto framing, così come proposto dalla teoria del prospetto. Abbiamo preso in considerazione e testato un possibile aspetto, non valutato nella meta-analisi, che potrebbe aver contribuito a distorcere i risultati e la conclusione. In particolare, la nostra ipotesi è che la valenza lessicale dei termini usati per descrivere le conseguenze del comportamento sia un fattore rilevante nel determinare l’efficacia del messaggio. Per quanto ne sappiamo, questo fattore non è stato considerato né negli studi precedenti, né nella più recente meta-analisi. Per riassumere, i primi studi presentati in questa tesi hanno indagato alcuni dei fattori di contesto che influenzano i giudizi e le decisioni da una prospettiva sperimentale. Nelle ricerche successive, ho studiato più specificamente gli effetti del contesto nei messaggi che promuovono comportamenti di screening per tumori, mettendo in luce possibili approfondimenti teorici e alcune implicazioni pratiche.
On Context Effects in Medical Decision Making: When the Way Information is Presented Affects Patients' Decisions
GAVARUZZI, TERESA
2010
Abstract
Le decisioni sono molto comuni nella nostra vita quotidiana. Spesso si tratta di decisioni banali, altre volte ci confrontiamo con scelte molto importanti, come ad esempio quelle che coinvolgono la nostra salute. Potremmo, ad esempio, essere chiamati a decidere se sottoporci o meno ad un certo trattamento medico, oppure potremmo trovarci a dover scegliere tra due o più alternative di trattamento. Ma come potremmo essere sicuri che la nostra scelta sia davvero la scelta giusta, o comunque la migliore per noi? E, ancora, come potremmo essere sicuri che quella sarebbe in qualsiasi caso la nostra decisione? La risposta della ricerca condotta nell’ambito delle decisioni mediche è “non possiamo esserne sicuri”. Numerosi effetti di contesto influenzano, infatti, le decisioni dei pazienti. In questa tesi illustro alcuni esempi che mostrano come le informazioni contestuali possano avere un effetto sulla presa di decisione. Nello specifico, tre studi indagano l’effetto di diverse variabili che influenzano i giudizi e le decisioni senza che i decisori stessi ne siano consapevoli. Nel primo studio mostro come la scelta tra un’alternativa rischiosa e un’alternativa sicura possa essere influenzata da tre fattori: l’ambito della decisione (medico vs. finanziario); l’obiettivo del decisore (necessario vs. futile); e l’informazione fornita (generica vs. dettagliata). I risultati suggeriscono che quando l’informazione è generica e l’obiettivo è futile, l’atteggiamento nei confronti del rischio è l’opposto nei due ambiti, suggerendo quindi che quando è la vita delle persone ad essere in gioco, esse si mostrano più caute, mentre risultano maggiormente disposte ad azzardare con il denaro, quando l’obiettivo è futile. Il secondo studio indaga numerose potenziali spiegazioni per un risultato riportato recentemente in letteratura che sembra andare in direzione opposta a quelli riportati negli studi che lo hanno preceduto. Infatti, sebbene generalmente le persone preferiscano opzioni i cui danni derivanti dalla mancata azione sono maggiori rispetto ai danni provocati dalla commissione di un’azione (“omission bias”), nel caso di una diagnosi di cancro sembra preferiscano trattamenti attivi rispetto alla possibilità di effettuare controlli regolari, senza trattamenti. Da una parte, i risultati del mio studio evidenziano che questo risultato dipende da come è concepita e descritta l’opzione di omissione dell’azione. Dall’altra, evidenziano anche che una diagnosi di tumore maligno è un caso particolare, rispetto ad altri tipi di diagnosi. ll terzo studio, infine, è una dimostrazione del fatto che anche gli studenti di medicina sono influenzati da fattori di contesto che, auspicabilmente, non dovrebbero invece influire sulle loro scelte. In particolare, sono influenzati sia dal numero di alternative a disposizione, sia da informazioni che, pur essendo relative alla storia clinica del paziente, dovrebbero essere irrilevanti per la decisione. Quindi, l’essere pazienti o medici che decidono per la propria o l’altrui salute non ci esime dall’essere soggetti a distorsioni e, tutti, siamo vittime di trappole cognitve e siamo influenzati da informazioni contestuali. Ma cosa succederebbe se fossimo esperti in comunicazione sulla salute? Come useremmo questa conoscenza? Sapere che i pazienti possono prendere decisioni diverse a seconda del modo in cui le informazioni sono presentate loro è certamente importante, ma anche l’uso che gli esperti in comunicazione sulla salute e coloro che attuano le decisioni a livello comunitario fanno di questa conoscenza è centrale nella presa di decisione in ambito medico. I diversi approcci possono essere collocati lungo un continuum. Ad un estremo, l’approccio paternalistico vede il medico come un padre apprensivo: in questo caso, è il medico a prendere la decisione, con poche o nessuna indicazione da parte del paziente. All’altro estremo, secondo l’approccio informato alle decisioni mediche, è il paziente che, dopo essere completamente informato su tutte le opzioni disponibili e sulle loro conseguenze, prende la decisione, con poche o nessuna indicazione da parte del medico. A seconda dell’approccio adottato, gli stessi messaggi per la salute possono avere forme diverse. Quando si promuove un comportamento salutista usando un approccio paternalistico, il messaggio dovrebbe cercare di convincere le persone ad attuare il comportamento desiderato, come ad esempio mettersi a dieta o effettuare un test di screening. Quando invece si informa il paziente sulle opzioni disponibili (approccio informato o condiviso), il messaggio non dovrebbe essere formulato in modo da influenzare la decisione del paziente, dovrebbe cioè essere neutro rispetto alla decisione. Gli altri tre studi presentati nella tesi indagano la decisione di sottoporsi a screening oncologici nell’ottica di questi due approcci. I primi due di questi studi indagano l’effetto del modo in cui sono presentate le informazioni relativamente allo screening per il cancro alla prostata. Il primo studio assume un approccio informato, mentre il secondo considera lo stesso argomento con un approccio paternalistico, prendendo la teoria del prospetto come riferimento. L’ultimo studio, anch’esso in una prospettiva paternalista, ma applicata allo screening per il cancro del colon, confronta diversi tipi di messaggio e valuta, anziché le intenzioni dei pazienti, il comportamento effettivo di adesione dei pazienti all’esame proposto. I dati ottenuti ci consentono di discutere in modo critico i risultati di una recente meta-analisi che ha confutato l’effetto framing, così come proposto dalla teoria del prospetto. Abbiamo preso in considerazione e testato un possibile aspetto, non valutato nella meta-analisi, che potrebbe aver contribuito a distorcere i risultati e la conclusione. In particolare, la nostra ipotesi è che la valenza lessicale dei termini usati per descrivere le conseguenze del comportamento sia un fattore rilevante nel determinare l’efficacia del messaggio. Per quanto ne sappiamo, questo fattore non è stato considerato né negli studi precedenti, né nella più recente meta-analisi. Per riassumere, i primi studi presentati in questa tesi hanno indagato alcuni dei fattori di contesto che influenzano i giudizi e le decisioni da una prospettiva sperimentale. Nelle ricerche successive, ho studiato più specificamente gli effetti del contesto nei messaggi che promuovono comportamenti di screening per tumori, mettendo in luce possibili approfondimenti teorici e alcune implicazioni pratiche.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/111185
URN:NBN:IT:UNIPD-111185