Il presente lavoro ricostruisce i complessi rapporti tra l'Albania e la Jugoslavia in quel trentennio cruciale che va dal 1918 al 1948 e che segna il passaggio dalla guerra civile europea alla guerra civile mondiale. La disamina dei rapporti tra la Jugoslavia e l'Albania rappresenta un singolare capitolo di questa intricata vicenda storica. Nell’affrontare tale vicenda sono stati utilizzati fonti di origine e tempi diversi. Concretamente viene fatto riferimento non solo alle fonti della storiografia albanese, compresa quella ufficiale controllata dal regime comunista, ma anche ai documenti archivistici del Ministero degli Esteri dell’Albania, dell’Archivio Centrale dello Stato, o ai giornali pubblicati nell’arco del periodo preso in esame. Tra le fonti archivistiche si possono citare anche le raccolte di documenti archivistici pubblicate da vari autori o istituti di ricerca albanesi, e che riguardano non solo il periodo antecedente la guerra, ma anche quello della genesi dell’egemonia del partito comunista albanese (PCA). Si fa riferimento, inoltre, ai documenti pubblicati degli archivi stranieri come la serie di Documents on British Foreign Policy e alle serie di Documenti Diplomatici Italiani che comprende gli anni dalla fine della Prima guerra fino al 1939. Un altro importante punto di riferimento sono i vari autori stranieri o albanesi, che hanno utilizzato fonti originali estratte dagli archivi di vari paesi come Italia, Stati Unti, Francia, Gran Bretagna, Jugoslavia, e Russia, come Amedeo Giannini, Joseph Swire, Pietro Pastorelli, Pranvera Dibra, Paskal Milo, Arben Puto, Vladimir Dedijer, Zivko Avrmaovski, Islam Lauka. Di grande aiuto sono stati anche alcuni periodici di natura storica pubblicati in Albania durante il periodo del comunismo come la serie intitolata Studi Storici (Studime Historike), pubblicata fino alla fine della dittatura comunista. Si può dire che, nonostante l’orientamento politico e ideologico, questi periodici contengono articoli storici che fanno riferimento alle fonti accessibili o censurate degli archivi del regime. Dopo la caduta del regime di Hoxha, sono stati pubblicati innumerevoli documenti dell’Archivio Centrale dello Stato e dell’Archivio del PCA i quali forniscono un sostrato scientifico per comprendere le verità nascoste e scomode del regime che non conveniva pubblicare. Sono stati consultati, infine, i quotidiani albanesi che hanno pubblicato le memorie dei protagonisti vissuti sia durante il periodo di Zog sia durante il regime comunista, o libri pubblicati sotto forma di memorie dei personaggi importanti. Tra questi si possono citare; le Memorie di Mehdi Frasheri, ex primo ministro durante il periodo monarchico degli anni Trenta; le Memorie di Eqerem bey Vlora, un notabile di Valona, eletto deputato al ritorno di Zog; le Memorie di Sejfi Vllamasi, un oppositore del regime monarchico albanese; le Memorie di Enver Hoxha e del suo successore nonché l’ultimo leader comunista, Ramiz Alia. Sono state prese in esame le testimonianze di quei personaggi che hanno vissuto da protagonisti il trentennio 1918 - 1948. La tesi affronta in modo cronologico tutti gli avvenimenti importanti di questo periodo tenendo sempre conto anche dell’influenza che hanno avuto altri Stati, particolarmente l’Italia, nelle relazioni tra l’Albania e la Jugoslavia. Nel primo capitolo il lavoro si incentra sulla questione dell’Adriatico, con la quale la questione albanese era strettamente connessa, comprendendo un periodo che va dall’inizio della Conferenza della Pace fino al ritiro delle truppe d’occupazione jugoslave dai territori albanesi all’inizio del 1922. I momenti topici su cui si incentra l’attenzione sono la formazione del primo governo albanese a Durazzo, la sua attività diplomatica presso la Conferenza della Pace, il ruolo dell’Italia nella formazione di questo governo e le dispute diplomatiche e territoriali con la Jugoslavia. Particolare attenzione é dedicata anche alla resistenza albanese contro l’occupazione jugoslava dell’Albania avvenuta alla fine della guerra e agli sforzi diplomatici della delegazione albanese a Parigi di far valere le proprie ragioni circa l’indipendenza dello Stato albanese. Un momento importante dell’azione diplomatica albanese rimane l’ingresso dell’Albania nella Società delle Nazioni nell’ambito della quale fu affrontata la questione nazionale, anche perché la delegazione del governo di Durazzo non fu ascoltata nella Conferenza della Pace e nemmeno riconosciuta come rappresentante legittima degli interessi albanesi. Nel secondo capitolo sono descritte le relazioni tra l’Albania e la Jugoslavia dal 1922 fino al 1939. L’inizio di questo periodo segna un cambiamento radicale nelle travagliate relazioni tra i due paesi in quanto la Jugoslavia, dopo il ritiro delle sue truppe, riconobbe il governo di Tirana e cercò di instaurare forti legami diplomatici ed economici e di sottrarre l’Albania all’influenza Italiana. In questo periodo i rapporti tra l’Albania e la Jugoslavia seguirono le oscillazioni della situazione internazionale e infuirono sui rapporti tra Tirana e Roma. Il periodo 1922-1939 è stato suddiviso in paragrafi che analizzano i momenti topici della duplice rivalità italo - jugoslava in Albania. Inoltre, i rapporti con la Jugoslavia erano determinati da diversi avvenimenti che accadevano in Albania, in particolare la cosiddetta Rivoluzione di Giugno 1924, organizzata da Monsignor Fan Noli, il quale rovesciò il governo di Iliaz Vrioni, di cui faceva parte anche Zogu. In questo periodo la Jugoslavia ha svolto un ruolo determinante: grazie all’aiuto degli jugoslavi, Ahmet Zogu riprese il potere rovesciando il governo di Noli dando un nuovo impulso alle relazioni tra i due paesi. In seguito Belgrado si sentì tradito da Ahmet Zogu; quest’ultimo stipulò alcuni importanti accordi economici e militari con l’Italia, suscitando le ire della Jugoslavia. Con la stipulazione degli accordi italo-albanesi, in particolare del Trattato di alleanza difensiva del 22 novembre 1927, la Jugoslavia perdeva le speranze di sottrarre l’Albania all’influenza italiana e stabilire relazioni più strette con essa. Da quel momento le relazioni tra i due paesi saranno di pura formalità fino all’annessione dell’Albania nel 1939 da parte dell’Italia. Il terzo capitolo si incentra sulle relazioni tra il partito comunista albanese (PCA) e quello Jugoslavo e sul ruolo che hanno svolto gli emissari jugoslavi nella fondazione del PCA e nella lotta interna tra le fazioni in Albania. Particolare attenzione è stato dedicato all’atteggiamento dei comunisti albanesi verso la questione del Kosovo e, infine, alla loro ascesa al potere. La storiografia comunista del regime di Enver Hoxha aveva negato il ruolo del partito comunista jugoslavo (PCJ) nella formazione del PCA. Tuttavia dalla pubblicazione dei documenti archivistici emerge che il ruolo degli emissari jugoslavi, Dushan Mugosha e Miladin Popovic era stato determinante nella formazione del PCA. Dal momento della fondazione del PCA. Mugosha e Popoviç diventarono di fatto i leader indiscussi dei comunisti albanesi mentre Hoxha, un giovane senza esperienza politica ed organizzativa, era semplicemente uno strumento nelle mani degli inviati jugoslavi. Gli jugoslavi indirizzarono l’azione politica e militare dei partigiani albanesi organizzati sotto il PCA, fino alla liberazione dell’Albania. L’ultimo capitolo tratta le relazioni tra l’Albania comunista e la Jugoslavia, il rafforzamento della influenza jugoslava in Albania, la questione del Kosovo e l’atteggiamento del PCA su tale questione, i preparativi per l’unione dell’Albania con la Jugoslavia, i conflitti interni del PCA tra i filo jugoslavi e anti-jugoslavi, e infine la rottura tra Tito e Stalin e di conseguenza la rottura tra Tito e Enver Hoxha, che da quel momento divenne leader indiscusso del PCA. Questo lavoro si chiude, quindi, con la rottura delle relazioni jugoslavo-albanesi nel 1948, anno in cui Enver Hoxha, una volta liberato dalla pressione jugoslava, cominciò la lotta per il consolidamento del suo potere, epurando il partito dai suoi avversari, ex compagni nella guerra partigiana. Concludendo, questa tesi rappresenta un’indagine dei rapporti politici ed economici tra l’Albania e la Jugoslavia sia durante il periodo monarchico sia durante quello repubblicano in cui entrambi i paesi abbracciarono l’idea comunista. Ciò che emerge è che le relazioni tra i due paesi sono state spesso travagliate. Si deve notare che le intenzioni dei politici jugoslavi, a prescindere dal periodo in cui hanno vissuto e dalla ideologia predominante del momento, hanno sempre seguito una politica di soggiogamento dell’Albania. Anche quando Belgrado ha sostenuto l’indipendenza dell’Albania, questo avveniva non perché guidato da principi di giustizia e di buona fede ma perché ciò rimaneva la soluzione migliore quando un altra potenza cercava di esercitare la sua egemonia in Albania. La politica jugoslava, particolarmente quella serba, in realtà ha sempre mirato a distruggere l’indipendenza albanese e se ciò non fosse possibile annettere alcuni suoi territori del nord oltre a quelli che aveva già avuto dopo le guerre balcaniche. Nel caso anche la seconda opzione non fosse possibile Belgrado si era sempre impegnato ad avere uno Stato albanese debole e incapace di rafforzarsi e prosperare. Testimonianza di questa idea, di questo progetto espansionistico, sono le dichiarazioni del ex primo ministro serbo Pašic il quale, come si vedrà in seguito, dichiarava ai suoi collaboratori che “noi vogliamo un’Albania indipendente, ma debole e instabile”. Un altro diplomatico serbo, che si occupò a lungo della questione albanese nella Conferenza della Pace, Ivan Vukotič, ha scritto: “noi abbiamo chiesto un Albania indipendente dentro i confini del 1913, ma la nostra intenzione era quella di distruggere l’indipendenza albanese o per lo meno avere un’Albania debole per poter eliminare la sua indipendenza al momento opportuno”. Questo progetto jugoslavo era destinato a fallire di fronte alla volontà e alla capacità economica e politica dell’Italia la quale, anche se non approvata o sostenuta malvolentieri dagli albanesi, risultava migliore dell’egemonia slava. La stessa volontà di soggiogare l’Albania si avrà anche con il regime comunista di Tito, naturalmente con la complicità dei vertici comunisti albanesi i quali collaborarono con gli jugoslavi per poter realizzare l’unione dell’Albania alla federazione jugoslava di Tito. Si deve sottolineare che il regime di Enver Hoxha è spesso descritto da studiosi stranieri come un comunista nazionalista. Il nazionalismo albanese non poteva avere, e tuttora non potrà avere alcun senso senza la soluzione definitiva della questione del Kosovo. Dai documenti degli archivi del partito comunista albanese emerge che Hoxha si disinteressò della questione del Kosovo, condannando chiunque denunciasse le ingiustizie che la popolazione kosovara stava subendo, come il massacro di Antivari perpetrato sui partigiani kosovari da parte dei partigiani di Tito. Hoxha personalmente fu a favore del progetto titoista di unire l’Albania alla Jugoslavia, quale settima repubblica. Tuttavia questo piano fallì e le relazioni si interruppero per un lungo periodo, fino al 1968, ma anche dopo la loro ripresa si notava ancora la diffidenza, mentre Kosovo si ergeva una sorta di cortina di ferro tra i due paesi. In conclusione si può dire che analizzando i rapporti storici tra l’Albania e la Jugoslavia si possono capire meglio anche i rapporti recenti, i quali, nonostante l’esistenza formale di relazioni diplomatiche tra l’Albania e i paesi dell’ex Jugoslavia, sono tuttora caratterizzati da freddezza e diffidenza.

Le Relazioni tra Jugoslavia e l'Albania 1919-1948

REZART, BEJKAJ
2012

Abstract

Il presente lavoro ricostruisce i complessi rapporti tra l'Albania e la Jugoslavia in quel trentennio cruciale che va dal 1918 al 1948 e che segna il passaggio dalla guerra civile europea alla guerra civile mondiale. La disamina dei rapporti tra la Jugoslavia e l'Albania rappresenta un singolare capitolo di questa intricata vicenda storica. Nell’affrontare tale vicenda sono stati utilizzati fonti di origine e tempi diversi. Concretamente viene fatto riferimento non solo alle fonti della storiografia albanese, compresa quella ufficiale controllata dal regime comunista, ma anche ai documenti archivistici del Ministero degli Esteri dell’Albania, dell’Archivio Centrale dello Stato, o ai giornali pubblicati nell’arco del periodo preso in esame. Tra le fonti archivistiche si possono citare anche le raccolte di documenti archivistici pubblicate da vari autori o istituti di ricerca albanesi, e che riguardano non solo il periodo antecedente la guerra, ma anche quello della genesi dell’egemonia del partito comunista albanese (PCA). Si fa riferimento, inoltre, ai documenti pubblicati degli archivi stranieri come la serie di Documents on British Foreign Policy e alle serie di Documenti Diplomatici Italiani che comprende gli anni dalla fine della Prima guerra fino al 1939. Un altro importante punto di riferimento sono i vari autori stranieri o albanesi, che hanno utilizzato fonti originali estratte dagli archivi di vari paesi come Italia, Stati Unti, Francia, Gran Bretagna, Jugoslavia, e Russia, come Amedeo Giannini, Joseph Swire, Pietro Pastorelli, Pranvera Dibra, Paskal Milo, Arben Puto, Vladimir Dedijer, Zivko Avrmaovski, Islam Lauka. Di grande aiuto sono stati anche alcuni periodici di natura storica pubblicati in Albania durante il periodo del comunismo come la serie intitolata Studi Storici (Studime Historike), pubblicata fino alla fine della dittatura comunista. Si può dire che, nonostante l’orientamento politico e ideologico, questi periodici contengono articoli storici che fanno riferimento alle fonti accessibili o censurate degli archivi del regime. Dopo la caduta del regime di Hoxha, sono stati pubblicati innumerevoli documenti dell’Archivio Centrale dello Stato e dell’Archivio del PCA i quali forniscono un sostrato scientifico per comprendere le verità nascoste e scomode del regime che non conveniva pubblicare. Sono stati consultati, infine, i quotidiani albanesi che hanno pubblicato le memorie dei protagonisti vissuti sia durante il periodo di Zog sia durante il regime comunista, o libri pubblicati sotto forma di memorie dei personaggi importanti. Tra questi si possono citare; le Memorie di Mehdi Frasheri, ex primo ministro durante il periodo monarchico degli anni Trenta; le Memorie di Eqerem bey Vlora, un notabile di Valona, eletto deputato al ritorno di Zog; le Memorie di Sejfi Vllamasi, un oppositore del regime monarchico albanese; le Memorie di Enver Hoxha e del suo successore nonché l’ultimo leader comunista, Ramiz Alia. Sono state prese in esame le testimonianze di quei personaggi che hanno vissuto da protagonisti il trentennio 1918 - 1948. La tesi affronta in modo cronologico tutti gli avvenimenti importanti di questo periodo tenendo sempre conto anche dell’influenza che hanno avuto altri Stati, particolarmente l’Italia, nelle relazioni tra l’Albania e la Jugoslavia. Nel primo capitolo il lavoro si incentra sulla questione dell’Adriatico, con la quale la questione albanese era strettamente connessa, comprendendo un periodo che va dall’inizio della Conferenza della Pace fino al ritiro delle truppe d’occupazione jugoslave dai territori albanesi all’inizio del 1922. I momenti topici su cui si incentra l’attenzione sono la formazione del primo governo albanese a Durazzo, la sua attività diplomatica presso la Conferenza della Pace, il ruolo dell’Italia nella formazione di questo governo e le dispute diplomatiche e territoriali con la Jugoslavia. Particolare attenzione é dedicata anche alla resistenza albanese contro l’occupazione jugoslava dell’Albania avvenuta alla fine della guerra e agli sforzi diplomatici della delegazione albanese a Parigi di far valere le proprie ragioni circa l’indipendenza dello Stato albanese. Un momento importante dell’azione diplomatica albanese rimane l’ingresso dell’Albania nella Società delle Nazioni nell’ambito della quale fu affrontata la questione nazionale, anche perché la delegazione del governo di Durazzo non fu ascoltata nella Conferenza della Pace e nemmeno riconosciuta come rappresentante legittima degli interessi albanesi. Nel secondo capitolo sono descritte le relazioni tra l’Albania e la Jugoslavia dal 1922 fino al 1939. L’inizio di questo periodo segna un cambiamento radicale nelle travagliate relazioni tra i due paesi in quanto la Jugoslavia, dopo il ritiro delle sue truppe, riconobbe il governo di Tirana e cercò di instaurare forti legami diplomatici ed economici e di sottrarre l’Albania all’influenza Italiana. In questo periodo i rapporti tra l’Albania e la Jugoslavia seguirono le oscillazioni della situazione internazionale e infuirono sui rapporti tra Tirana e Roma. Il periodo 1922-1939 è stato suddiviso in paragrafi che analizzano i momenti topici della duplice rivalità italo - jugoslava in Albania. Inoltre, i rapporti con la Jugoslavia erano determinati da diversi avvenimenti che accadevano in Albania, in particolare la cosiddetta Rivoluzione di Giugno 1924, organizzata da Monsignor Fan Noli, il quale rovesciò il governo di Iliaz Vrioni, di cui faceva parte anche Zogu. In questo periodo la Jugoslavia ha svolto un ruolo determinante: grazie all’aiuto degli jugoslavi, Ahmet Zogu riprese il potere rovesciando il governo di Noli dando un nuovo impulso alle relazioni tra i due paesi. In seguito Belgrado si sentì tradito da Ahmet Zogu; quest’ultimo stipulò alcuni importanti accordi economici e militari con l’Italia, suscitando le ire della Jugoslavia. Con la stipulazione degli accordi italo-albanesi, in particolare del Trattato di alleanza difensiva del 22 novembre 1927, la Jugoslavia perdeva le speranze di sottrarre l’Albania all’influenza italiana e stabilire relazioni più strette con essa. Da quel momento le relazioni tra i due paesi saranno di pura formalità fino all’annessione dell’Albania nel 1939 da parte dell’Italia. Il terzo capitolo si incentra sulle relazioni tra il partito comunista albanese (PCA) e quello Jugoslavo e sul ruolo che hanno svolto gli emissari jugoslavi nella fondazione del PCA e nella lotta interna tra le fazioni in Albania. Particolare attenzione è stato dedicato all’atteggiamento dei comunisti albanesi verso la questione del Kosovo e, infine, alla loro ascesa al potere. La storiografia comunista del regime di Enver Hoxha aveva negato il ruolo del partito comunista jugoslavo (PCJ) nella formazione del PCA. Tuttavia dalla pubblicazione dei documenti archivistici emerge che il ruolo degli emissari jugoslavi, Dushan Mugosha e Miladin Popovic era stato determinante nella formazione del PCA. Dal momento della fondazione del PCA. Mugosha e Popoviç diventarono di fatto i leader indiscussi dei comunisti albanesi mentre Hoxha, un giovane senza esperienza politica ed organizzativa, era semplicemente uno strumento nelle mani degli inviati jugoslavi. Gli jugoslavi indirizzarono l’azione politica e militare dei partigiani albanesi organizzati sotto il PCA, fino alla liberazione dell’Albania. L’ultimo capitolo tratta le relazioni tra l’Albania comunista e la Jugoslavia, il rafforzamento della influenza jugoslava in Albania, la questione del Kosovo e l’atteggiamento del PCA su tale questione, i preparativi per l’unione dell’Albania con la Jugoslavia, i conflitti interni del PCA tra i filo jugoslavi e anti-jugoslavi, e infine la rottura tra Tito e Stalin e di conseguenza la rottura tra Tito e Enver Hoxha, che da quel momento divenne leader indiscusso del PCA. Questo lavoro si chiude, quindi, con la rottura delle relazioni jugoslavo-albanesi nel 1948, anno in cui Enver Hoxha, una volta liberato dalla pressione jugoslava, cominciò la lotta per il consolidamento del suo potere, epurando il partito dai suoi avversari, ex compagni nella guerra partigiana. Concludendo, questa tesi rappresenta un’indagine dei rapporti politici ed economici tra l’Albania e la Jugoslavia sia durante il periodo monarchico sia durante quello repubblicano in cui entrambi i paesi abbracciarono l’idea comunista. Ciò che emerge è che le relazioni tra i due paesi sono state spesso travagliate. Si deve notare che le intenzioni dei politici jugoslavi, a prescindere dal periodo in cui hanno vissuto e dalla ideologia predominante del momento, hanno sempre seguito una politica di soggiogamento dell’Albania. Anche quando Belgrado ha sostenuto l’indipendenza dell’Albania, questo avveniva non perché guidato da principi di giustizia e di buona fede ma perché ciò rimaneva la soluzione migliore quando un altra potenza cercava di esercitare la sua egemonia in Albania. La politica jugoslava, particolarmente quella serba, in realtà ha sempre mirato a distruggere l’indipendenza albanese e se ciò non fosse possibile annettere alcuni suoi territori del nord oltre a quelli che aveva già avuto dopo le guerre balcaniche. Nel caso anche la seconda opzione non fosse possibile Belgrado si era sempre impegnato ad avere uno Stato albanese debole e incapace di rafforzarsi e prosperare. Testimonianza di questa idea, di questo progetto espansionistico, sono le dichiarazioni del ex primo ministro serbo Pašic il quale, come si vedrà in seguito, dichiarava ai suoi collaboratori che “noi vogliamo un’Albania indipendente, ma debole e instabile”. Un altro diplomatico serbo, che si occupò a lungo della questione albanese nella Conferenza della Pace, Ivan Vukotič, ha scritto: “noi abbiamo chiesto un Albania indipendente dentro i confini del 1913, ma la nostra intenzione era quella di distruggere l’indipendenza albanese o per lo meno avere un’Albania debole per poter eliminare la sua indipendenza al momento opportuno”. Questo progetto jugoslavo era destinato a fallire di fronte alla volontà e alla capacità economica e politica dell’Italia la quale, anche se non approvata o sostenuta malvolentieri dagli albanesi, risultava migliore dell’egemonia slava. La stessa volontà di soggiogare l’Albania si avrà anche con il regime comunista di Tito, naturalmente con la complicità dei vertici comunisti albanesi i quali collaborarono con gli jugoslavi per poter realizzare l’unione dell’Albania alla federazione jugoslava di Tito. Si deve sottolineare che il regime di Enver Hoxha è spesso descritto da studiosi stranieri come un comunista nazionalista. Il nazionalismo albanese non poteva avere, e tuttora non potrà avere alcun senso senza la soluzione definitiva della questione del Kosovo. Dai documenti degli archivi del partito comunista albanese emerge che Hoxha si disinteressò della questione del Kosovo, condannando chiunque denunciasse le ingiustizie che la popolazione kosovara stava subendo, come il massacro di Antivari perpetrato sui partigiani kosovari da parte dei partigiani di Tito. Hoxha personalmente fu a favore del progetto titoista di unire l’Albania alla Jugoslavia, quale settima repubblica. Tuttavia questo piano fallì e le relazioni si interruppero per un lungo periodo, fino al 1968, ma anche dopo la loro ripresa si notava ancora la diffidenza, mentre Kosovo si ergeva una sorta di cortina di ferro tra i due paesi. In conclusione si può dire che analizzando i rapporti storici tra l’Albania e la Jugoslavia si possono capire meglio anche i rapporti recenti, i quali, nonostante l’esistenza formale di relazioni diplomatiche tra l’Albania e i paesi dell’ex Jugoslavia, sono tuttora caratterizzati da freddezza e diffidenza.
27-set-2012
Italiano
VALLE, Roberto
MOTTA, GIOVANNA
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
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