Il PCI e la questione di Trieste 1946-1957 Abstract La presente ricerca prende in esame le posizioni del Partito Comunista Italiano (PCI) sulla questione dell'attribuzione della città di Trieste e delle zone limitrofe all'Italia o alla Jugoslavia successivamente agli eventi della Seconda guerra mondiale. Il periodo preso in considerazione parte dalla decisione della Conferenza di pace di Parigi di istituire il Territorio Libero di Trieste fino ad arrivare alla soluzione, più o meno condivisa dalle parti, del Memorandum d'Intesa del 1954, con un capitolo conclusivo che analizza gli strascichi della questione triestina nel movimento comunista locale e le residue tensioni esistenti tra alcuni suoi elementi e la direzione del PCI da un lato, e i dirigenti jugoslavi dall'altro. E' stato perciò deciso di non trattare il periodo, ampiamente studiato e sfruttato dal punto di vista documentale, relativo alla Seconda guerra mondiale in cui le relazioni che si svilupparono tra il Pci e Mosca in merito alla questione di Trieste cominciarono ad assumere particolare interesse. Si è volutamente tralasciato quindi la documentazione di come l'attività politico-diplomatica di Togliatti, pur molto intensa fino al viaggio a Belgrado del novembre 1946, fosse piuttosto vincolata dalle direttive di Mosca, le quali si avviavano verso la logica degli schieramenti contrapposti della Guerra Fredda, ignorando, o quasi, le questioni nazionali alla base della situazione triestina. E' stato invece dato rilievo ad episodi significativi dal punto di vista dell'autonomia dell'azione del segretario del PCI dalle direttive di Mosca, anche se nella maggior parte essi approdavano a scarsi risultati, come il già citato viaggio a Belgrado del novembre 1946, che portò alla proposta, criticatissima in Italia, di uno scambio Trieste per Gorizia sulla quale Togliatti sarebbe dovuto tornare per diversi anni a dare spiegazioni e su cui le interpretazioni degli studiosi sono varie. Tali episodi sono a dire il vero poco numerosi e anche dopo la rottura tra Tito e Stalin e la conseguente espulsione della Jugoslavia dal Kominform, la direzione del PCI sembra restare piuttosto cauta nel prendere iniziative, specialmente nei primi due anni, lasciando al p.c. triestino di Vidali il compito di sferrare attacchi alla “cricca di Tito”, forse perchè non si riteneva definitiva l'uscita della Jugoslavia dal blocco comunista o perchè tali erano le direttive da Mosca, sebbene in sede di riunioni Cominform il PCI venisse ripreso più volte per lo “scarso operato nella lotta al titismo”. Si assiste poi progressivamente ad un allineamento delle posizioni di PCI e Partito comunista del TLT (PCTLT) negli anni 1950-1952, con un intensa collaborazione tra i due apparati, continuando a sostenere la tesi sovietica dell'applicazione del trattato di pace con conseguente creazione del TLT e sgombero delle truppe di occupazione anglo-americane e jugoslave. Dopo il Primo accordo di Londra del 1952 si avverte nel PCI, o almeno in alcuni elementi della dirigenza, una certa rassegnazione verso la spartizione ormai inevitabile del Territorio di Trieste. A Trieste si continua caparbiamente a lottare e anche a proporre soluzioni politiche nuove come quella di Vidali dell'ottobre 1952 che invitava il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ad occuparsi della nomina di un'amministrazione civile per tutto il TLT che avrebbe sostituito l'amministrazione di carattere militare allora in carica e che si sarebbe impegnata anche nella sostituzione delle truppe d'occupazione con forze d'ordine designate dallo stesso Consiglio di Sicurezza. Affiora in alcuni casi nei verbali delle riunioni di Segreteria del 1953-1954 anche un certo malcontento e risentimento verso Vidali e gli altri dirigenti triestini che chiedono maggiore impegno da Roma. Anche questo, forse, contribuirà al “ritardo” nel rientrare nelle fila del PCI da parte della sezione triestina: il processo infatti si conclude solo nel 1957. La ricerca è stata realizzata principalmente consultando il materiale documentale dell'Archivio del PCI presso la Fondazione Istituto Gramsci a Roma, la stampa comunista dell'epoca e i resoconti degli Atti parlamentari. Posso affermare che un valore aggiunto alla ricerca è stato dato con il lavoro svolto presso l' Archivio Storico-Diplomatico della Farnesina, ove la Collezione dei Documenti Diplomatici Italiani, fornisce spunti interessanti per diverse interpretazioni dei fatti, sia rivelando la percezione del mondo diplomatico italiano circa le sfumature delle dichiarazioni di PCI e PCTLT sulla questione triestina, sia, mostrando alcune notevoli riflessioni di importanti diplomatici italiani sull'evoluzione della posizione sovietica sulla questione di Trieste e le implicazioni che essa poteva avere sull'azione e sulle prese di posizione dei drigenti del PCI.
Il PCI e la questione di Trieste 1946-1957
STEFANO, FONTANA;STEFANO, FONTANA
2011
Abstract
Il PCI e la questione di Trieste 1946-1957 Abstract La presente ricerca prende in esame le posizioni del Partito Comunista Italiano (PCI) sulla questione dell'attribuzione della città di Trieste e delle zone limitrofe all'Italia o alla Jugoslavia successivamente agli eventi della Seconda guerra mondiale. Il periodo preso in considerazione parte dalla decisione della Conferenza di pace di Parigi di istituire il Territorio Libero di Trieste fino ad arrivare alla soluzione, più o meno condivisa dalle parti, del Memorandum d'Intesa del 1954, con un capitolo conclusivo che analizza gli strascichi della questione triestina nel movimento comunista locale e le residue tensioni esistenti tra alcuni suoi elementi e la direzione del PCI da un lato, e i dirigenti jugoslavi dall'altro. E' stato perciò deciso di non trattare il periodo, ampiamente studiato e sfruttato dal punto di vista documentale, relativo alla Seconda guerra mondiale in cui le relazioni che si svilupparono tra il Pci e Mosca in merito alla questione di Trieste cominciarono ad assumere particolare interesse. Si è volutamente tralasciato quindi la documentazione di come l'attività politico-diplomatica di Togliatti, pur molto intensa fino al viaggio a Belgrado del novembre 1946, fosse piuttosto vincolata dalle direttive di Mosca, le quali si avviavano verso la logica degli schieramenti contrapposti della Guerra Fredda, ignorando, o quasi, le questioni nazionali alla base della situazione triestina. E' stato invece dato rilievo ad episodi significativi dal punto di vista dell'autonomia dell'azione del segretario del PCI dalle direttive di Mosca, anche se nella maggior parte essi approdavano a scarsi risultati, come il già citato viaggio a Belgrado del novembre 1946, che portò alla proposta, criticatissima in Italia, di uno scambio Trieste per Gorizia sulla quale Togliatti sarebbe dovuto tornare per diversi anni a dare spiegazioni e su cui le interpretazioni degli studiosi sono varie. Tali episodi sono a dire il vero poco numerosi e anche dopo la rottura tra Tito e Stalin e la conseguente espulsione della Jugoslavia dal Kominform, la direzione del PCI sembra restare piuttosto cauta nel prendere iniziative, specialmente nei primi due anni, lasciando al p.c. triestino di Vidali il compito di sferrare attacchi alla “cricca di Tito”, forse perchè non si riteneva definitiva l'uscita della Jugoslavia dal blocco comunista o perchè tali erano le direttive da Mosca, sebbene in sede di riunioni Cominform il PCI venisse ripreso più volte per lo “scarso operato nella lotta al titismo”. Si assiste poi progressivamente ad un allineamento delle posizioni di PCI e Partito comunista del TLT (PCTLT) negli anni 1950-1952, con un intensa collaborazione tra i due apparati, continuando a sostenere la tesi sovietica dell'applicazione del trattato di pace con conseguente creazione del TLT e sgombero delle truppe di occupazione anglo-americane e jugoslave. Dopo il Primo accordo di Londra del 1952 si avverte nel PCI, o almeno in alcuni elementi della dirigenza, una certa rassegnazione verso la spartizione ormai inevitabile del Territorio di Trieste. A Trieste si continua caparbiamente a lottare e anche a proporre soluzioni politiche nuove come quella di Vidali dell'ottobre 1952 che invitava il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ad occuparsi della nomina di un'amministrazione civile per tutto il TLT che avrebbe sostituito l'amministrazione di carattere militare allora in carica e che si sarebbe impegnata anche nella sostituzione delle truppe d'occupazione con forze d'ordine designate dallo stesso Consiglio di Sicurezza. Affiora in alcuni casi nei verbali delle riunioni di Segreteria del 1953-1954 anche un certo malcontento e risentimento verso Vidali e gli altri dirigenti triestini che chiedono maggiore impegno da Roma. Anche questo, forse, contribuirà al “ritardo” nel rientrare nelle fila del PCI da parte della sezione triestina: il processo infatti si conclude solo nel 1957. La ricerca è stata realizzata principalmente consultando il materiale documentale dell'Archivio del PCI presso la Fondazione Istituto Gramsci a Roma, la stampa comunista dell'epoca e i resoconti degli Atti parlamentari. Posso affermare che un valore aggiunto alla ricerca è stato dato con il lavoro svolto presso l' Archivio Storico-Diplomatico della Farnesina, ove la Collezione dei Documenti Diplomatici Italiani, fornisce spunti interessanti per diverse interpretazioni dei fatti, sia rivelando la percezione del mondo diplomatico italiano circa le sfumature delle dichiarazioni di PCI e PCTLT sulla questione triestina, sia, mostrando alcune notevoli riflessioni di importanti diplomatici italiani sull'evoluzione della posizione sovietica sulla questione di Trieste e le implicazioni che essa poteva avere sull'azione e sulle prese di posizione dei drigenti del PCI.I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/111921
URN:NBN:IT:UNIROMA1-111921