L’attività di ricerca condotta dal candidato ha ad oggetto il principio del legittimo affidamento e la sua tutela nei confronti dell’attività legislativa alla luce delle elaborazioni della dottrina e, soprattutto, della giurisprudenza costituzionale e sovranazionale. In particolare, la tesi si sofferma sulla salvaguardia delle posizioni di affidamento maturate dai singoli nei confronti di leggi retroattive in senso proprio o improprio potenzialmente lesive delle situazioni di vantaggio ormai consolidate in capo ai privati in forza della normativa pregressa ricostruendo criticamente gli orientamenti della Corte costituzionale mettendone in evidenza la distanza rispetto alla giurisprudenza della Corte di giustizia e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Nello specifico, la disamina condotta dal candidato affronta da prima il rapporto tra buona fede oggettiva e legittimo affidamento alla luce delle principali ricostruzioni della dottrina civilistica per poi soffermarsi sull’estensione dei principi in parola all’alveo dei rapporti pubblicistici. Al riguardo, l’Autore mette in evidenza come, nonostante alcuni elementi di prossimità, il principio di affidamento si atteggi diversamente nei confronti dell’attività legislativa e di quella amministrativa, sicché risultano difficilmente condivisibili le conclusioni cui è pervenuta la dottrina amministrativistica, in gran parte recepite dalla giurisprudenza amministrativa e incentrate sull’operatività del principio di buona fede oggettiva non solo nell’ambito dei rapporti tra i cittadini e la pubblica amministrazione, ma anche in quelli tra i privati e l’esercizio dell’attività legislativa. Esclusa la possibilità che il principio di buona fede oggettiva, inteso quale principio costituzionale implicito, possa disciplinare i rapporti tra i cittadini e il legislatore, l’Autore si sofferma sulla ricerca del fondamento costituzionale del principio in parola al fine di ricostruire il parametro alla stregua del quale sindacare le leggi lesive dell’affidamento. Orbene, benché la giurisprudenza della Consulta, mediante una progressiva evoluzione, abbia individuato il referente costituzionale del principio di cui si discute nell’art. 3, comma 1, Cost., l’Autore mette in luce come l’affidamento trovi il proprio fondamento in una molteplicità di norme costituzionali optando in tal modo per una tutela sistemica dello stesso e non esclusivamente agganciata al principio di ragionevolezza. Ciò detto, dopo aver messo in evidenza la distinzione tra l’affidamento, continuità normativa e, soprattutto, certezza del diritto, il dott. Pagano si sofferma sulla diversa portata e configurazione dell’affidamento nell’ordinamento interno, in quello dell’Unione Europea e nel sistema della CEDU. Soprattutto, viene messo in luce come tanto la giurisprudenza della Corte di giustizia e quella della Corte di Strasburgo sovrappongano certezza del diritto e legittimo affidamento riconoscendo, almeno in astratto, un’estensione molto ampia al principio di cui si discetta dando origine ad una contrapposizione interpretativa che ha ad oggetto principalmente l’ammissibilità di leggi retroattive e, soprattutto, di interpretazione autentica. Le riflessioni del candidato si concentrano, poi, su una puntuale analisi della giurisprudenza costituzionale tesa ad individuare alcune figure sintomatiche di lesione dell’affidamento ad opera del legislatore in modo da evitare, quantomeno nei casi in cui ricorrano dette figure, di dover ricorrere a complesse operazioni di bilanciamento tra la situazione di vantaggio fatta valere dal singolo e le ragioni di interesse pubblico che inducono il legislatore a modificare la disciplina pregressa retroattivamente o anche solo pro futuro, ma incidendo su rapporti di durata sorti sotto la vigenza della precedente normativa. La seconda parte della ricerca si sofferma in modo più puntuale sul rapporto tra legittimo affidamento e alcune tipologie di leggi particolarmente idonee ad incidere su detto principio, ossia le già menzionate leggi interpretative e, più in generale, le leggi – provvedimento. In particolare, con riferimento a quest’ultime si mette in evidenza come, tra le molteplici tipologie di leggi provvedimentali, quelle in luogo o in sostituzione di provvedimento siano le più problematiche con riguardo all’affidamento e si suggerisce uno scrutinio di costituzionalità particolarmente attento ai profili di lesione del principio in parola pur nel contesto di una giurisprudenza costituzionale tradizionalmente incline a far salve le leggi - provvedimento. Parimenti si giudica cnon sospetto la possibilità che il giudice possa comunque, alla stregua della più recente giurisprudenza europea, disapplicare le leggi provvedimentali qualora l’ordinamento nazionale non fornisca un adeguata tutela avverso quest’ultime o quando risulti violato il diritto dell’UE. Infatti, in disparte dei profili di diffusione del sindacato di costituzionalità, che verrebbero ulteriormente ampliati, si dubita che lo strumento della disapplicazione possa risolvere delle antinomie tra una norma interna e un principio generale dell’Unione quale l’affidamento. Ne consegue la sola possibilità di impugnare la legge sostitutiva del provvedimento davanti alla Consulta facendo valere la lesione delle norme parametro che fondano il principio di cui si tratta. L’ultima parte della tesi è volta a dimostrare come vi sia una netta divaricazione tra la nozione di legge a livello europeo e sul piano interno e come ciò si rifletta sulla diversa estensione dell’affidamento. Nello specifico, nell’ambito dell’Unione si assiste ad una sovrapposizione tra legge e atto amministrativo che, in ragione di molteplici fattori, non ultimo l’influenza dello stesso diritto UE, si registra anche nel nostro ordinamento attraverso l’estensione all’attività legislativa, in un numero di casi sempre maggiore, di istituti e forme di partecipazione tradizionalmente appannaggio del diritto amministrativo. La conseguenza di una situazione di tal fatta è, evidentemente, la perdita della politicità della legge che viene sempre più trattata alla stregua di un qualsiasi atto del pubblico potere mettendo in crisi il principio democratico. Da ultimo, l’autore si sofferma sulla possibilità di riconoscere una tutela risarcitoria nei confronti del cittadino danneggiato da una legge lesiva dell’affidamento. Esclusa l’operatività di una qualsiasi forma di illecito costituzionale e l’applicazione della responsabilità del legislatore per la mancata attuazione del diritto europeo, l’Autore prospetta una residua responsabilità per l’adozione delle leggi sostitutive del provvedimento lesive dell’affidamento. Quest’ultime, quindi, in forza del principio di prevalenza della forma accolto nel nostro ordinamento rimarrebbero soggette al sindacato della Consulta quoad forma, mentre quanto al loro contenuto si atteggerebbero alla stregua provvedimento amministrativo del quale producono i medesimi effetti, sicché la lesione dell’affidamento così prodotta potrebbe essere risarcita sulla falsariga della lesione dell’interesse legittimo. Inoltre, potrebbero configurarsi, secondo l’Autore, delle forme di ristoro indennitario a carico dello Stato tutte quelle volte in cui, all’esito di un ragionevole bilanciamento, il legislatore sacrifichi legittimamente delle posizioni di affidamento. In tal caso, si potrebbe discorrere secondo quanto suggerito nella tesi di una forma di responsabilità del legislatore da atto lecito.
Il principio del legittimo affidamento nella giurisprudenza nazionale e sovranazionale
PAGANO, FABIO FRANCESCO
2015
Abstract
L’attività di ricerca condotta dal candidato ha ad oggetto il principio del legittimo affidamento e la sua tutela nei confronti dell’attività legislativa alla luce delle elaborazioni della dottrina e, soprattutto, della giurisprudenza costituzionale e sovranazionale. In particolare, la tesi si sofferma sulla salvaguardia delle posizioni di affidamento maturate dai singoli nei confronti di leggi retroattive in senso proprio o improprio potenzialmente lesive delle situazioni di vantaggio ormai consolidate in capo ai privati in forza della normativa pregressa ricostruendo criticamente gli orientamenti della Corte costituzionale mettendone in evidenza la distanza rispetto alla giurisprudenza della Corte di giustizia e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Nello specifico, la disamina condotta dal candidato affronta da prima il rapporto tra buona fede oggettiva e legittimo affidamento alla luce delle principali ricostruzioni della dottrina civilistica per poi soffermarsi sull’estensione dei principi in parola all’alveo dei rapporti pubblicistici. Al riguardo, l’Autore mette in evidenza come, nonostante alcuni elementi di prossimità, il principio di affidamento si atteggi diversamente nei confronti dell’attività legislativa e di quella amministrativa, sicché risultano difficilmente condivisibili le conclusioni cui è pervenuta la dottrina amministrativistica, in gran parte recepite dalla giurisprudenza amministrativa e incentrate sull’operatività del principio di buona fede oggettiva non solo nell’ambito dei rapporti tra i cittadini e la pubblica amministrazione, ma anche in quelli tra i privati e l’esercizio dell’attività legislativa. Esclusa la possibilità che il principio di buona fede oggettiva, inteso quale principio costituzionale implicito, possa disciplinare i rapporti tra i cittadini e il legislatore, l’Autore si sofferma sulla ricerca del fondamento costituzionale del principio in parola al fine di ricostruire il parametro alla stregua del quale sindacare le leggi lesive dell’affidamento. Orbene, benché la giurisprudenza della Consulta, mediante una progressiva evoluzione, abbia individuato il referente costituzionale del principio di cui si discute nell’art. 3, comma 1, Cost., l’Autore mette in luce come l’affidamento trovi il proprio fondamento in una molteplicità di norme costituzionali optando in tal modo per una tutela sistemica dello stesso e non esclusivamente agganciata al principio di ragionevolezza. Ciò detto, dopo aver messo in evidenza la distinzione tra l’affidamento, continuità normativa e, soprattutto, certezza del diritto, il dott. Pagano si sofferma sulla diversa portata e configurazione dell’affidamento nell’ordinamento interno, in quello dell’Unione Europea e nel sistema della CEDU. Soprattutto, viene messo in luce come tanto la giurisprudenza della Corte di giustizia e quella della Corte di Strasburgo sovrappongano certezza del diritto e legittimo affidamento riconoscendo, almeno in astratto, un’estensione molto ampia al principio di cui si discetta dando origine ad una contrapposizione interpretativa che ha ad oggetto principalmente l’ammissibilità di leggi retroattive e, soprattutto, di interpretazione autentica. Le riflessioni del candidato si concentrano, poi, su una puntuale analisi della giurisprudenza costituzionale tesa ad individuare alcune figure sintomatiche di lesione dell’affidamento ad opera del legislatore in modo da evitare, quantomeno nei casi in cui ricorrano dette figure, di dover ricorrere a complesse operazioni di bilanciamento tra la situazione di vantaggio fatta valere dal singolo e le ragioni di interesse pubblico che inducono il legislatore a modificare la disciplina pregressa retroattivamente o anche solo pro futuro, ma incidendo su rapporti di durata sorti sotto la vigenza della precedente normativa. La seconda parte della ricerca si sofferma in modo più puntuale sul rapporto tra legittimo affidamento e alcune tipologie di leggi particolarmente idonee ad incidere su detto principio, ossia le già menzionate leggi interpretative e, più in generale, le leggi – provvedimento. In particolare, con riferimento a quest’ultime si mette in evidenza come, tra le molteplici tipologie di leggi provvedimentali, quelle in luogo o in sostituzione di provvedimento siano le più problematiche con riguardo all’affidamento e si suggerisce uno scrutinio di costituzionalità particolarmente attento ai profili di lesione del principio in parola pur nel contesto di una giurisprudenza costituzionale tradizionalmente incline a far salve le leggi - provvedimento. Parimenti si giudica cnon sospetto la possibilità che il giudice possa comunque, alla stregua della più recente giurisprudenza europea, disapplicare le leggi provvedimentali qualora l’ordinamento nazionale non fornisca un adeguata tutela avverso quest’ultime o quando risulti violato il diritto dell’UE. Infatti, in disparte dei profili di diffusione del sindacato di costituzionalità, che verrebbero ulteriormente ampliati, si dubita che lo strumento della disapplicazione possa risolvere delle antinomie tra una norma interna e un principio generale dell’Unione quale l’affidamento. Ne consegue la sola possibilità di impugnare la legge sostitutiva del provvedimento davanti alla Consulta facendo valere la lesione delle norme parametro che fondano il principio di cui si tratta. L’ultima parte della tesi è volta a dimostrare come vi sia una netta divaricazione tra la nozione di legge a livello europeo e sul piano interno e come ciò si rifletta sulla diversa estensione dell’affidamento. Nello specifico, nell’ambito dell’Unione si assiste ad una sovrapposizione tra legge e atto amministrativo che, in ragione di molteplici fattori, non ultimo l’influenza dello stesso diritto UE, si registra anche nel nostro ordinamento attraverso l’estensione all’attività legislativa, in un numero di casi sempre maggiore, di istituti e forme di partecipazione tradizionalmente appannaggio del diritto amministrativo. La conseguenza di una situazione di tal fatta è, evidentemente, la perdita della politicità della legge che viene sempre più trattata alla stregua di un qualsiasi atto del pubblico potere mettendo in crisi il principio democratico. Da ultimo, l’autore si sofferma sulla possibilità di riconoscere una tutela risarcitoria nei confronti del cittadino danneggiato da una legge lesiva dell’affidamento. Esclusa l’operatività di una qualsiasi forma di illecito costituzionale e l’applicazione della responsabilità del legislatore per la mancata attuazione del diritto europeo, l’Autore prospetta una residua responsabilità per l’adozione delle leggi sostitutive del provvedimento lesive dell’affidamento. Quest’ultime, quindi, in forza del principio di prevalenza della forma accolto nel nostro ordinamento rimarrebbero soggette al sindacato della Consulta quoad forma, mentre quanto al loro contenuto si atteggerebbero alla stregua provvedimento amministrativo del quale producono i medesimi effetti, sicché la lesione dell’affidamento così prodotta potrebbe essere risarcita sulla falsariga della lesione dell’interesse legittimo. Inoltre, potrebbero configurarsi, secondo l’Autore, delle forme di ristoro indennitario a carico dello Stato tutte quelle volte in cui, all’esito di un ragionevole bilanciamento, il legislatore sacrifichi legittimamente delle posizioni di affidamento. In tal caso, si potrebbe discorrere secondo quanto suggerito nella tesi di una forma di responsabilità del legislatore da atto lecito.I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/112023
URN:NBN:IT:UNIROMA1-112023