High Electron Mobility Transistors (HEMTs) sono utilizzati in molte applicazioni, tra le quali microwave power amplifiers, radars, applicazioni per telecomunicazioni e potenza. L’alta mobilità, dettata dalla riduzione dei fenomeni di scattering, e l’alta densità di portatori, dettata dal confinamento degli elettroni in una buca quantica triangolare (2DEG), hanno permesso il raggiungimento sia di un’alta densità di corrente, sia di una bassa resistenza di canale, rendendo questi dispositivi particolarmente indicati per applicazioni che richiedono alta frequenza. Gli HEMT sono in genere composti da materiali III-V, nello specifico arseniuro di gallio (GaAs) e in nitruro di gallio (GaN), come conseguenza delle loro proprietà a livello elettrico. Negli ultimi anni il nitruro di gallio è diventato uno tra i materiali più interessanti e utilizzati. L’alto energy gap diretto permette di raggiungere prestazioni molto migliori in particolare nei dispositivi optoelettronici, come Light emitting diodes, lasers and detectors. Inoltre l’alta velocità di saturazione dei portatori e l’alta mobilità hanno condotto ad alte prestazioni anche in dispositivi che lavorano ad alte frequenze, come gli HEMT. Infine, l’alto valore di campo elettrico di breakdown e la Johnson’s figure of merit ne permettono l’utilizzo in dispositivi per applicazioni di potenza, superando dunque in molti ambiti l’arseniuro di gallio. Tuttavia, per molte applicazioni, quali ad esempio strutture MMIC (monolithic microwave integrated circuits), si preferisce ricorrere all’arseniuro di gallio, principalmente per le eccellenti proprietà di trasporto di carica e le perdite minori a frequenze corrispondenti alle microonde. Inoltre, in particolare per scopi commerciali, l’arseniuro di gallio rimane un’ottima soluzione in quanto tecnologia molto stabile in termini di affidabilità. Nonostante le significative proprietà intrinseche, gli HEMT sia in arseniuro di gallio sia in nitruro di gallio sono ancora caratterizzati da numerosi problemi in termini di affidabilità che limitano in modo significativo le loro prestazioni nella maggior parte delle applicazioni. Lo scopo di questa tesi è dunque di studiare alcuni aspetti peculiari che limitano la tecnologia HEMT. Si è voluto proporre un approccio basato sui materiali utilizzati, principalmente GaAs, GaN, InAlN, per poter definire limiti e prestazioni corrispondenti prestando particolare attenzione al materiale considerato. La scelta di voler proporre una prospettiva maggiormente completa ha condotto a non focalizzare l’analisi solo su transistor HEMT discreti ma anche su strutture complete come amplificatori di potenza. In questo lavoro si presenta uno studio dettagliato di due meccanismi di degrado che influenzano ancora la tecnologia in arseniuro di gallio, limitandone le prestazioni sia in dispositivi discreti che in strutture complete commerciali: degrado termico e guasti per scariche elettrostatiche. Il degrado termico è stato innanzitutto studiato su strutture discrete, ovvero su HEMT pseudomorfici. Un primo obiettivo consiste nel definire i principali meccanismi e modi di degrado in seguito ad uno stress termico accelerato senza polarizzazione. Per monitorare il comportamento dei dispositivi numerose analisi sono state proposte, ovvero caratterizzazione DC, impulsata, misura delle end resistances e calcolo dell’altezza di barriera. Durante lo stress il degrado sembra essere non monotono, in quanto la corrente di drain inizialmente cala per poi crescere nuovamente, in modo coerente con gli spostamenti corrispondenti della tensione di soglia. Nonostante la variazione iniziale di corrente si possa attribuire a interdiffusione metallurgica (gate sinking), dimostrata anche da uno shift positivo della tensione di soglia, tale fenomeno è accompagnato anche da un degrado ai contatti ohmici, come dimostrato dalla variazione del picco della transconduttanza e dall’aumento delle corrispondenti resistenze parassite (end resistances). Un terzo meccanismo, descritto dalla diminuzione dell’altezza di barriera del diodo schottky, produce un effetto opposto all’interdiffusione metallurgica, in taluni casi anche prevalendo e comportando uno shift negativo della tensione di soglia. I dispositivi usati per applicazioni che richiedono alta potenza possono raggiungere significative temperature di giunzione come conseguenza della dissipazione in potenza, definendo così l’importanza di una corretta definizione della resistenza termica, i.e. la variazione della temperatura di giunzione in funzione della potenza dissipata. Il secondo obiettivo è dunque quello di fornire una descrizione dettagliata di diverse tecniche (DC, impulsata, infrarossi) per stimare la temperatura di canale in un HEMT e proporre, di conseguenza, un confronto tra di esse esplicitando anche i corrispondenti vantaggi e svantaggi. A differenza dell’analisi con misure DC o impulsate, l’analisi con camera a infrarossi sottostima i risultati. Per riuscire a comprendere l’effetto delle imprecisioni in un’applicazione ad alta frequenza l’analisi è stata estesa ad un amplificatore di potenza sviluppato con struttura MMIC. Si conferma la significativa sottostima del metodo infrarossi. È inoltre possibile definire il fenomeno d’interazione termica tra diversi stadi e la sua influenza nella struttura analizzata. Attraverso un’analisi dettagliata della resistenza termica è stato condotto un test HTOL sugli amplificatori di potenza, sottoponendo questi ultimi sia ad uno stress di tipo elettrico che di tipo termico e confermando il non significativo degrado quando una temperatura di giunzione inferiore a 250°C è imposta. Il confronto della variazione di tensione di soglia nel test HTOL e nel test puramente termico suggerisce che i valori di resistenza termica siano stati leggermente sottostimati. La robustezza verso le scariche elettrostatiche è stata studiata in un amplificatore di potenza con struttura MMIC basato su una tecnologia in HEMT pseudomorfici in arseniuro di gallio, usato a livello commerciale per sistemi microonde point to point. La struttura è caratterizzata da un circuito di protezione ESD principalmente costituito da diodi Schottky in corrispondenza dei terminali di gate e circuiti risonanti agli ingressi RF. La robustezza è stata analizzata con un impulso TDR-TLP di 100ns. I risultati sono stati confermati sia da test HBM che da test MM. Non sono stati riportati guasti nelle connessioni RF e in corrispondenza dei terminali di drain fino ad una tensione di ±2 kV e ±200 V misurata rispettivamente in HBM e MM. I pad RF si rompono in corrispondenza di una corrente misurata con il TLP di 6.5-7A, risultando in un lato aperto in corrispondenza dell’induttore e in un corto circuito in corrispondenza del condensatore, entrambi appartenenti al circuito risonante di protezione. Le connessioni di gate degradano quando una tensione HBM negativa di precarica di -1kV è applicata; risultati coerenti sono riportati dalla misura MM, dimostrando degrado ad una tensione negativa di precarica pari a -75V. Il guasto è riscontrato in corrispondenza dei diodi Schottky posti in anti parallelo come struttura di protezione ESD. Le connessioni ausiliarie per incrementare le prestazioni del dynamic range risultano essere le più sensibili, con una tensione di rottura pari a ±500V e ±50V misurate rispettivamente in HBM e MM, in seguito alla rottura di resistori integrati. La seconda parte della tesi discute i meccanismi di trapping in dispositivi AlGaN/GaN. I fenomeni di trapping, e il conseguente current collapse, risultano essere tra gli aspetti che maggiormente limitano le prestazioni RF e di potenza nei dispositivi HEMT. L’analisi è stata effettuata su dispositivi con un differente drogaggio intenzionale di Ferro nel buffer layer. Tale drogaggio è in genere utilizzato per limitare i fenomeni parassiti e di punch through. Lo scopo primo dell’analisi è definire una correlazione tra i meccanismi di trapping e l’entità di drograggio nel buffer layer. In secondo luogo si è voluto studiare e proporre una correlazione tra differenti fenomeni di degrado nel momento in cui il dispositivo è sottoposto ad uno stress di affidabilità, in termini di caratterizzazione DC, effetti di trapping e analisi di elettroluminescenza. Un confronto di tale correlazione in dispositivi con differente quantità di ferro nel buffer layer è infine proposta. I risultati ottenuti sono coerenti con studi proposti in letteratura, che correlano l’uso di drogaggio in Ferro con una trappola con energia di attivazione pari a 0.57-0.7eV. L’analisi dimostra innanzitutto che il drogaggio in ferro determina un significativo current collapse, correlato con la presenza di una trappola (T1) presumibilmente localizzata nel buffer layer e caratterizzata da una costante di tempo pari a 3.2ms a T=40°C. La posizione della trappola è coerente con l’aumento dell’ampiezza corrispondente al variare della concentrazione di ferro nel buffer. Inoltre la trappola T1 mostra un’attivazione termica molto inferiore (0.2eV) nei dispositivi senza buffer drogato. L’ampiezza della trappola T1 in dispositivi con diversa struttura e il confronto con lavoro precedentemente esposti in letteratura suggerisce che la trappola sia dovuta ad un difetto intrinseco nel buffer layer tipico del GaN; tuttavia la sua concentrazione varia significativamente con la presenza di ferro. L’analisi dei transienti di corrente al variare del tempo di intrappolamento ci permette di ipotizzare che l’intrappolamento non sia dovuto a difetti puntuali o comunque sia dovuta a difetti puntuali ammassati vicino alle dislocazioni. Una seconda trappola, T2, è evidenziata. L’analisi delle trappola in dispositivi con differente drogaggio e il confronto con analisi gm(f) ci permette di supporre che tale trappola, con una costante di tempo di 0.25s a T=40°C, sia situata nello strato AlGaN. I risultati ottenuti da uno stress elettrico imposto al terminale di gate in dispositivi drogati con ferro ne definiscono gli effetti principali: (i) aumento della corrente di leakage, fortemente correlato con l’aumento di hot spot nell’elettroluminescenza e, superata la tensione critica, con un aumento del current collapse. (ii) aumento del segnale associato a segnali preesistenti senza generazione di nuovi stati trappola. L’analisi, estesa a dispositivi con differente o nullo drogaggio in ferro dimostra che, se sottomessi a uno stress di affidabilità, tutti i dispositivi mostrano una variazione della corrente di leakage. Lo stress comporta inoltre un aumento del current collaspe, non correlato alla generazione di nuovi stati trappola bensì all’aumento del segnale associato alle trappole preesistenti, chiamate T1 e T2. La variazione dell’ampiezza di segnale in T2, che si presume essere nell’AlGaN, può essere connessa ad un aumento della concentrazione del difetto; la variazione di T1, che al contrario si presume essere nel buffer layer, può essere chiarita con la generazione di difetti connessi a cammini parassiti conduttivi tra il gate e il canale, generati a causa dello stress, che favoriscono il trasferimento di elettroni verso gli stati trappola. Nell’ultima sezione si studiano nuovi materiali per migliorare le prestazioni della tecnologia GaN. Le strutture InAlN/GaN stanno diventando importanti grazie all’alta densità di portatori nel 2DEG e alla possibilità di ottenere una struttura lattice matched, migliorandone dunque la stabilità elettrica e termica. In questa tesi nuove strutture, in particolare ai contatti, sono discusse. Una prima analisi consiste nell’uso di un differente materiale per il contatto Schottky. Si propone un confronto tra HEMT InAlN/GaN con struttura identica ma differente gate, nello specifico Mo/Au e Ni/Pt/Au. Nonostante non si noti alcuna variazione significativa nell’analisi DC, la valutazione dei fenomeni di trapping mostra che l’uso di un contatto in Mo/Au mostra un miglioramento significativo nelle caratteristiche di trapping, principalmente dettata dal processo usato per la deposizione dei contatti. L’uso di un contatto in Mo/Au, come dimostrato dai risultati di uno stress in OFF state, non influenza la stabilità del dispositivo. Una seconda analisi presenta una struttura in cui è effettuato un recesso prima della deposizione dei contatti ohmici per ridurre le resistenze parassite. Si propone un confronto tra due wafer, caratterizzati da una struttura simile e diversa quantità di drogaggio in carbonio al loro interno per limitare il fenomeno del punch through. L’analisi DC mostra una significativa variazione nel valore , mostrando che un valore minore di IDSS corrisponde a strutture con recesso ai contatti ohmici. Questo effetto è dovuto al non raggiungimento di una resistenza in zona lineare minore. L’analisi impulsata dimostra un alto valore di current collapse senza correlazione con struttura del dispositivo o presenza di recesso ai contatti ohmici. I transienti di corrente mostrano due trappole principali, T1 e T2. L’energia di attivazione, a differenza della sezione di cattura, non è influenzato dalla struttura del dispositivo o dal recesso ai contatti ohmici. I transienti di corrente, le misure gm(f) e lavori precedentemente proposti in letteratura ci permettono di ipotizzare che la trappola T1 sia situata nel buffer layer, a differenza della trappola T1 che è probabilmente sita nello strato AlGaN. Misure al variare del tempo di trapping confermano che entrambe le trappole non sono definite da difetti puntuali.
From GaAs to GaN technology: study of limits and reliability of High Electron Mobility Transistors
ROSSETTO, ISABELLA
2014
Abstract
High Electron Mobility Transistors (HEMTs) sono utilizzati in molte applicazioni, tra le quali microwave power amplifiers, radars, applicazioni per telecomunicazioni e potenza. L’alta mobilità, dettata dalla riduzione dei fenomeni di scattering, e l’alta densità di portatori, dettata dal confinamento degli elettroni in una buca quantica triangolare (2DEG), hanno permesso il raggiungimento sia di un’alta densità di corrente, sia di una bassa resistenza di canale, rendendo questi dispositivi particolarmente indicati per applicazioni che richiedono alta frequenza. Gli HEMT sono in genere composti da materiali III-V, nello specifico arseniuro di gallio (GaAs) e in nitruro di gallio (GaN), come conseguenza delle loro proprietà a livello elettrico. Negli ultimi anni il nitruro di gallio è diventato uno tra i materiali più interessanti e utilizzati. L’alto energy gap diretto permette di raggiungere prestazioni molto migliori in particolare nei dispositivi optoelettronici, come Light emitting diodes, lasers and detectors. Inoltre l’alta velocità di saturazione dei portatori e l’alta mobilità hanno condotto ad alte prestazioni anche in dispositivi che lavorano ad alte frequenze, come gli HEMT. Infine, l’alto valore di campo elettrico di breakdown e la Johnson’s figure of merit ne permettono l’utilizzo in dispositivi per applicazioni di potenza, superando dunque in molti ambiti l’arseniuro di gallio. Tuttavia, per molte applicazioni, quali ad esempio strutture MMIC (monolithic microwave integrated circuits), si preferisce ricorrere all’arseniuro di gallio, principalmente per le eccellenti proprietà di trasporto di carica e le perdite minori a frequenze corrispondenti alle microonde. Inoltre, in particolare per scopi commerciali, l’arseniuro di gallio rimane un’ottima soluzione in quanto tecnologia molto stabile in termini di affidabilità. Nonostante le significative proprietà intrinseche, gli HEMT sia in arseniuro di gallio sia in nitruro di gallio sono ancora caratterizzati da numerosi problemi in termini di affidabilità che limitano in modo significativo le loro prestazioni nella maggior parte delle applicazioni. Lo scopo di questa tesi è dunque di studiare alcuni aspetti peculiari che limitano la tecnologia HEMT. Si è voluto proporre un approccio basato sui materiali utilizzati, principalmente GaAs, GaN, InAlN, per poter definire limiti e prestazioni corrispondenti prestando particolare attenzione al materiale considerato. La scelta di voler proporre una prospettiva maggiormente completa ha condotto a non focalizzare l’analisi solo su transistor HEMT discreti ma anche su strutture complete come amplificatori di potenza. In questo lavoro si presenta uno studio dettagliato di due meccanismi di degrado che influenzano ancora la tecnologia in arseniuro di gallio, limitandone le prestazioni sia in dispositivi discreti che in strutture complete commerciali: degrado termico e guasti per scariche elettrostatiche. Il degrado termico è stato innanzitutto studiato su strutture discrete, ovvero su HEMT pseudomorfici. Un primo obiettivo consiste nel definire i principali meccanismi e modi di degrado in seguito ad uno stress termico accelerato senza polarizzazione. Per monitorare il comportamento dei dispositivi numerose analisi sono state proposte, ovvero caratterizzazione DC, impulsata, misura delle end resistances e calcolo dell’altezza di barriera. Durante lo stress il degrado sembra essere non monotono, in quanto la corrente di drain inizialmente cala per poi crescere nuovamente, in modo coerente con gli spostamenti corrispondenti della tensione di soglia. Nonostante la variazione iniziale di corrente si possa attribuire a interdiffusione metallurgica (gate sinking), dimostrata anche da uno shift positivo della tensione di soglia, tale fenomeno è accompagnato anche da un degrado ai contatti ohmici, come dimostrato dalla variazione del picco della transconduttanza e dall’aumento delle corrispondenti resistenze parassite (end resistances). Un terzo meccanismo, descritto dalla diminuzione dell’altezza di barriera del diodo schottky, produce un effetto opposto all’interdiffusione metallurgica, in taluni casi anche prevalendo e comportando uno shift negativo della tensione di soglia. I dispositivi usati per applicazioni che richiedono alta potenza possono raggiungere significative temperature di giunzione come conseguenza della dissipazione in potenza, definendo così l’importanza di una corretta definizione della resistenza termica, i.e. la variazione della temperatura di giunzione in funzione della potenza dissipata. Il secondo obiettivo è dunque quello di fornire una descrizione dettagliata di diverse tecniche (DC, impulsata, infrarossi) per stimare la temperatura di canale in un HEMT e proporre, di conseguenza, un confronto tra di esse esplicitando anche i corrispondenti vantaggi e svantaggi. A differenza dell’analisi con misure DC o impulsate, l’analisi con camera a infrarossi sottostima i risultati. Per riuscire a comprendere l’effetto delle imprecisioni in un’applicazione ad alta frequenza l’analisi è stata estesa ad un amplificatore di potenza sviluppato con struttura MMIC. Si conferma la significativa sottostima del metodo infrarossi. È inoltre possibile definire il fenomeno d’interazione termica tra diversi stadi e la sua influenza nella struttura analizzata. Attraverso un’analisi dettagliata della resistenza termica è stato condotto un test HTOL sugli amplificatori di potenza, sottoponendo questi ultimi sia ad uno stress di tipo elettrico che di tipo termico e confermando il non significativo degrado quando una temperatura di giunzione inferiore a 250°C è imposta. Il confronto della variazione di tensione di soglia nel test HTOL e nel test puramente termico suggerisce che i valori di resistenza termica siano stati leggermente sottostimati. La robustezza verso le scariche elettrostatiche è stata studiata in un amplificatore di potenza con struttura MMIC basato su una tecnologia in HEMT pseudomorfici in arseniuro di gallio, usato a livello commerciale per sistemi microonde point to point. La struttura è caratterizzata da un circuito di protezione ESD principalmente costituito da diodi Schottky in corrispondenza dei terminali di gate e circuiti risonanti agli ingressi RF. La robustezza è stata analizzata con un impulso TDR-TLP di 100ns. I risultati sono stati confermati sia da test HBM che da test MM. Non sono stati riportati guasti nelle connessioni RF e in corrispondenza dei terminali di drain fino ad una tensione di ±2 kV e ±200 V misurata rispettivamente in HBM e MM. I pad RF si rompono in corrispondenza di una corrente misurata con il TLP di 6.5-7A, risultando in un lato aperto in corrispondenza dell’induttore e in un corto circuito in corrispondenza del condensatore, entrambi appartenenti al circuito risonante di protezione. Le connessioni di gate degradano quando una tensione HBM negativa di precarica di -1kV è applicata; risultati coerenti sono riportati dalla misura MM, dimostrando degrado ad una tensione negativa di precarica pari a -75V. Il guasto è riscontrato in corrispondenza dei diodi Schottky posti in anti parallelo come struttura di protezione ESD. Le connessioni ausiliarie per incrementare le prestazioni del dynamic range risultano essere le più sensibili, con una tensione di rottura pari a ±500V e ±50V misurate rispettivamente in HBM e MM, in seguito alla rottura di resistori integrati. La seconda parte della tesi discute i meccanismi di trapping in dispositivi AlGaN/GaN. I fenomeni di trapping, e il conseguente current collapse, risultano essere tra gli aspetti che maggiormente limitano le prestazioni RF e di potenza nei dispositivi HEMT. L’analisi è stata effettuata su dispositivi con un differente drogaggio intenzionale di Ferro nel buffer layer. Tale drogaggio è in genere utilizzato per limitare i fenomeni parassiti e di punch through. Lo scopo primo dell’analisi è definire una correlazione tra i meccanismi di trapping e l’entità di drograggio nel buffer layer. In secondo luogo si è voluto studiare e proporre una correlazione tra differenti fenomeni di degrado nel momento in cui il dispositivo è sottoposto ad uno stress di affidabilità, in termini di caratterizzazione DC, effetti di trapping e analisi di elettroluminescenza. Un confronto di tale correlazione in dispositivi con differente quantità di ferro nel buffer layer è infine proposta. I risultati ottenuti sono coerenti con studi proposti in letteratura, che correlano l’uso di drogaggio in Ferro con una trappola con energia di attivazione pari a 0.57-0.7eV. L’analisi dimostra innanzitutto che il drogaggio in ferro determina un significativo current collapse, correlato con la presenza di una trappola (T1) presumibilmente localizzata nel buffer layer e caratterizzata da una costante di tempo pari a 3.2ms a T=40°C. La posizione della trappola è coerente con l’aumento dell’ampiezza corrispondente al variare della concentrazione di ferro nel buffer. Inoltre la trappola T1 mostra un’attivazione termica molto inferiore (0.2eV) nei dispositivi senza buffer drogato. L’ampiezza della trappola T1 in dispositivi con diversa struttura e il confronto con lavoro precedentemente esposti in letteratura suggerisce che la trappola sia dovuta ad un difetto intrinseco nel buffer layer tipico del GaN; tuttavia la sua concentrazione varia significativamente con la presenza di ferro. L’analisi dei transienti di corrente al variare del tempo di intrappolamento ci permette di ipotizzare che l’intrappolamento non sia dovuto a difetti puntuali o comunque sia dovuta a difetti puntuali ammassati vicino alle dislocazioni. Una seconda trappola, T2, è evidenziata. L’analisi delle trappola in dispositivi con differente drogaggio e il confronto con analisi gm(f) ci permette di supporre che tale trappola, con una costante di tempo di 0.25s a T=40°C, sia situata nello strato AlGaN. I risultati ottenuti da uno stress elettrico imposto al terminale di gate in dispositivi drogati con ferro ne definiscono gli effetti principali: (i) aumento della corrente di leakage, fortemente correlato con l’aumento di hot spot nell’elettroluminescenza e, superata la tensione critica, con un aumento del current collapse. (ii) aumento del segnale associato a segnali preesistenti senza generazione di nuovi stati trappola. L’analisi, estesa a dispositivi con differente o nullo drogaggio in ferro dimostra che, se sottomessi a uno stress di affidabilità, tutti i dispositivi mostrano una variazione della corrente di leakage. Lo stress comporta inoltre un aumento del current collaspe, non correlato alla generazione di nuovi stati trappola bensì all’aumento del segnale associato alle trappole preesistenti, chiamate T1 e T2. La variazione dell’ampiezza di segnale in T2, che si presume essere nell’AlGaN, può essere connessa ad un aumento della concentrazione del difetto; la variazione di T1, che al contrario si presume essere nel buffer layer, può essere chiarita con la generazione di difetti connessi a cammini parassiti conduttivi tra il gate e il canale, generati a causa dello stress, che favoriscono il trasferimento di elettroni verso gli stati trappola. Nell’ultima sezione si studiano nuovi materiali per migliorare le prestazioni della tecnologia GaN. Le strutture InAlN/GaN stanno diventando importanti grazie all’alta densità di portatori nel 2DEG e alla possibilità di ottenere una struttura lattice matched, migliorandone dunque la stabilità elettrica e termica. In questa tesi nuove strutture, in particolare ai contatti, sono discusse. Una prima analisi consiste nell’uso di un differente materiale per il contatto Schottky. Si propone un confronto tra HEMT InAlN/GaN con struttura identica ma differente gate, nello specifico Mo/Au e Ni/Pt/Au. Nonostante non si noti alcuna variazione significativa nell’analisi DC, la valutazione dei fenomeni di trapping mostra che l’uso di un contatto in Mo/Au mostra un miglioramento significativo nelle caratteristiche di trapping, principalmente dettata dal processo usato per la deposizione dei contatti. L’uso di un contatto in Mo/Au, come dimostrato dai risultati di uno stress in OFF state, non influenza la stabilità del dispositivo. Una seconda analisi presenta una struttura in cui è effettuato un recesso prima della deposizione dei contatti ohmici per ridurre le resistenze parassite. Si propone un confronto tra due wafer, caratterizzati da una struttura simile e diversa quantità di drogaggio in carbonio al loro interno per limitare il fenomeno del punch through. L’analisi DC mostra una significativa variazione nel valore , mostrando che un valore minore di IDSS corrisponde a strutture con recesso ai contatti ohmici. Questo effetto è dovuto al non raggiungimento di una resistenza in zona lineare minore. L’analisi impulsata dimostra un alto valore di current collapse senza correlazione con struttura del dispositivo o presenza di recesso ai contatti ohmici. I transienti di corrente mostrano due trappole principali, T1 e T2. L’energia di attivazione, a differenza della sezione di cattura, non è influenzato dalla struttura del dispositivo o dal recesso ai contatti ohmici. I transienti di corrente, le misure gm(f) e lavori precedentemente proposti in letteratura ci permettono di ipotizzare che la trappola T1 sia situata nel buffer layer, a differenza della trappola T1 che è probabilmente sita nello strato AlGaN. Misure al variare del tempo di trapping confermano che entrambe le trappole non sono definite da difetti puntuali.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/118103
URN:NBN:IT:UNIPD-118103