Nel sistema di allevamento intensivo del bovino da carne i piani di razionamento sono basati su diete preparate con la tecnica dell’unifeed, una miscela unica ricca di alimenti concentrati per permettere alti accrescimenti e con una limitata parte di alimenti fibrosi per promuovere il comportamento naturale della ruminazione. In questo tipo di diete il fabbisogno di fibra è soddisfatto da foraggi come la paglia o il fieno di cereali mentre il silomais (SM) non è solitamente considerato dagli allevatori come possibile alternativa. Il SM è sempre stato ampiamente riconosciuto come alimento adatto alla nutrizione del bovino da carne e il presente progetto è stato sviluppato attraverso diversi approcci sperimentali a sostegno della tesi di un utilizzo di questo insilato come unico foraggio nelle razioni. Il progetto ha avuto inizio con un’indagine su un cospicuo campione di allevamenti intensivi di bovini da carne situati in un’area in cui la maggior parte delle attività agricole riguarda i cereali ed in particolare il mais. I dati raccolti riguardavano l’uso corrente del SM, le caratteristiche del suo utilizzo, la qualità del prodotto e delle diete in cui esso viene incluso. Un campione di 406 allevamenti commerciali situati nella Pianura Padana sono stati selezionati in modo da rappresentare le più diverse situazioni di dimensioni aziendali e tipi genetici in cui il SM viene fornito ai vitelloni nella fase di finissaggio. Ogni azienda è stata visitata per raccogliere informazioni sui piani di razionamento e campioni rappresentativi di unifeed e di SM sono stati raccolti al fine di sottoporli ad analisi fisica e chimica. Indipendentemente dalla lunghezza di taglio, la qualità della popolazione di SM raccolti è risultata soddisfacente sia dal punto di vista nutrizionale che da quello dello stato di conservazione, come indicato dai principali parametri chimici e del profilo fermentativo. Un’analisi della distribuzione particellare del SM ha mostrato un’ampia variabilità di dimensione delle particelle, a testimonianza delle diverse lunghezze di taglio ottenute al momento della trebbiatura. In media, il contenuto di SM nelle razioni si è attestato intorno agli 8 kg di tal quale o il 33.4% della sostanza secca (SS) totale della razione pur con un’ampia deviazione standard registrata tra allevamenti (11.4%) . La decisione sulla quantità di SM da inserire nella razione si è rivelata essere indipendente sia dalla composizione chimica che dalle caratteristiche fisiche del foraggio. In diete con alta inclusione di SM il rischio di insorgere di acidosi ruminale, dovuta all’apporto di amido portato da questo insilato è risultata bilanciata sia da una significativa riduzione dell’inclusione di alter fonti energetiche sia dal maggior contenuto fibroso e dalla maggior lunghezza di particelle che avrebbero il compito di stimolare la ruminazione. Un metodo matematico di stima del rischio della perdita di struttura del SM nelle fasi di preparazione della razione ha mostrato che in oltre il 30% degli allevamenti l’insilato ha subito tale danno con la conseguente riduzione del contenuto di particelle lunghe. L’analisi logistica ha poi dimostrato che il rischio relativo del danno era accresciuto sia da una maggior inclusione dell’insilato nella razione che dall’utilizzo di SM con maggior contenuto di particelle lunghe. Partendo dai risultati dell’indagine, un successivo studio ha verificato se diversi livelli d’inclusione di SM nelle razioni di vitelloni in finissaggio potesse avere effetti sulle caratteristiche qualitative della carcassa e della carne. Il livello massimo di inclusione del foraggio nelle razioni poteva essere considerato alto, alla luce dei dati registrati nella precedente indagine, e questo ha permesso di verificare nello specifico l’esistenza di effetti negativi in risposta ad una eventuale spinta sulla quantità di SM nelle razioni. Un ulteriore aspetto interessante dello studio è stato il fatto che gli animali presi a campione erano allevati in condizioni normali di mercato, senza interventi dei ricercatori sulle diete o sulla gestione delle pratiche aziendali. Un campione di 6 allevamenti di bovini da carne è stato selezionato in base ai piani di razionamento applicati durante la fase di finissaggio di vitelloni Charolais. Due aziende non facevano uso di SM, due ne utilizzavano il 22% e due il 44% della SS totale della razione. Cinque vitelloni sono stati presi a random da ogni allevamento e sono stati macellati a maturazione commerciale nello stesso macello. Le caratteristiche della carcassa, come le qualità organolettiche e l’analisi chimica della carne non hanno mostrato variazioni dovute al diverso quantitativo di SM nelle razioni. Dato che pochi parametri sono stati lievemente influenzati dalle differenze delle razioni, non sono state trovate prove a discapito dell’utilizzo di alte quantità di SM nelle razioni per vitelloni Charolais. Il successivo studio è stato predisposto per verificare la possibilità che un SM convenzionale, tagliato in campo e insilato tramite normali pratiche comuni nel settore dell’allevamento, fosse in grado di sostituire parzialmente o totalmente la paglia di frumento, ovvero il foraggio di bassa qualità la cui presenza è considerata irrinunciabile dagli allevatori per prevenire i problemi di acidosi ruminale. Quattro diete bilanciate per il contenuto di fibra, energia e proteina, formulate con progressive sostituzione di paglia con SM, sono state fornite a quattro vitelloni Simmental in fase di finissaggio seguendo lo schema sperimentale del quadrato latino con periodi di 28 giorni. Fin dal momento della formulazione delle razioni l’aumento del SM nella razione a danno del contenuto di paglia ha dimostrato il vantaggio di poter ridurre progressivamente anche l’apporto di alimenti concentrati grazie alle caratteristiche di questo insilato di apportare fibra ma anche un discreto contenuto di amido. Il consumo di SS e le performance medie dei vitelloni non sono state significativamente influenzate dalle suddette differenze di razionamento. È stato invece riscontrato un effetto nel comportamento alimentare degli animali nel fatto che essi hanno impiegato maggior tempo a consumare la razione senza SM a cui non ha corrisposto un aumento del tempo speso a ruminare la stessa razione. Anche quando alimentati con un SM di tipo convenzionale rispetto alle condizioni di mercato i vitelloni non hanno dimostrato necessità di selezionare le particelle più lunghe della razione come ad evitare di cadere in situazione di acidosi ruminale. La sostituzione tra foraggi ha influenzato la digeribilità totale apparente delle razioni: la formulazione con il maggior contenuto di SM ha fatto registrare i più alti valori per tutti i parametri di digeribilità. I parametri relativi all’ambiente ruminale e gli indicatori sanguigni dell’equilibrio acido-base sono risultati simili nei vitelloni alimentati con le diverse razioni e allo stesso tempo erano entro margini di sicurezza per quanto riguarda il rischio di acidosi. I risultati hanno suggerito che un SM di tipo convenzionale rispetto alle condizioni di mercato ha le caratteristiche adatte all’utilizzo come unico foraggio nelle razioni per bovino da carne, senza generare effetti negativi a livello fisiologico e produttivo. L’ultimo studio ha rappresentato un approccio diverso a sostegno dell’utilizzo del SM nella produzione del vitellone da carne. In questo caso il modello produttivo era quello dei grandi allevamenti del Nord America, nei quali i piani di razionamento sono basati su contenuti di alimenti energetici maggiori rispetto a quelli comuni in Europa Centrale. Lo studio è stato svolto nell’ambito delle comprovate teorie sulla capacità dei bovini di esprimere preferenze alimentari. L’idoneità dell’uso del SM nelle razioni per bovini all’ingrasso è stata testata attraverso l’interpretazione delle preferenze di animali a cui è stata offerta libertà di scelta tra alimenti offerti singolarmente o mescolati in un unifeed standard per le condizioni produttive locali. Un gruppo di 160 manze di incroci di razze da carne inglesi è stato utilizzato in uno studio della durata di 52 giorni: agli animali sono state offerte 4 alternative ognuna consistente nel libero accesso a 2 alimenti posti individualmente in mangiatoie adiacenti. Le associazioni erano unifeed vs unifeed, (scelta unifeed), SM vs granella schiacciata d’orzo (GO)(scelta SMGO), distillers secchi di frumento (DF) vs GO (scelta DFGO) e SM vs DF (scelta SMDF). Le performance dei bovini non sono variate mentre alcune differenze sono state registrate nel consumo di SS di SMDF. Dai risultati dell’interpretazione del comportamento alimentare sono state trovate alcune differenze specialmente tra le manze alimentate con la scelta unifeed e gli altri gruppi: le prime hanno mostrato maggiori tempi di presenza alla mangiatoia, maggiori valori di lunghezza media dei pasti e maggior numero di pasti durante un periodo di 24h. La preferenza è stata chiaramente manifestata nei confronti di alcune associazioni di alimenti, ad esempio nel caso in cui le manze potendo scegliere hanno consumato il doppio del foraggio rispetto a quando avevano a disposizione una razione con foraggi e concentrati mescolati tra loro; un altro evidente esempio è venuto dal comportamento nel caso di ogni associazione di alimenti: il tempo speso dagli animali in un giorno, la durata del pasto e la quantità di ingredienti assunta sono risultate spesso diversi a seconda delle diverse alternative offerte. A livello di stato di salute, in generale le manze che accedevano alla scelta unifeed hanno mostrato la più alta tendenza all’avvicinarsi del loro pH ruminale a soglie di rischio per l’insorgere di acidosi subclinica mentre gli animali del gruppo MSDG sono apparsi quelli meno esposti al rischio. Anche nel caso degli acidi grassi volatili è risultato esserci un legame con il tipo di scelta alimentare: la concentrazione degli acidi totali è risultata più alta nelle manze del gruppo unifeed mentre a livello di singoli acidi si è verificata una generale prevalenza dei composti C2 su quelli C3 a livello del rumine degli animali della scelta MSDG. Questo studio ha convalidato i precedenti risultati riguardo la capacità dei bovini di manifestare preferenze nei confronti di alimenti specifici ed ha confermato i risultati positivi ottenibili dall’utilizzo del SM come foraggio nelle diete per bovini da carne ad alto contenuto di concentrati. Come conclusione generale si ritiene di poter rispondere positivamente al quesito posto a inizio progetto riguardo la fattibilità di utilizzo di alte quantità di SM nelle razioni per bovini da carne. I punti critici di questo impiego dell’insilato sono individuabili nella gestione del foraggio durante le fasi di taglio in campo della pianta, della preparazione della trincea e della preparazione della razione. Tutte queste operazioni richiedono particolare attenzione e precisione da parte degli operatori dato che le proprietà ed i vantaggi che il SM può offrire agli allevatori di bovini da carne possono essere facilmente compromessi da errori che possono alterare le caratteristiche nutrizionali e fisiche dell’insilato.
The use of maize silage in beef cattle diets. Current in-farm managing of the forage and different experimental approaches to evaluate the potential to increase its inclusion in the diet
MAZZENGA, ALESSANDRO
2009
Abstract
Nel sistema di allevamento intensivo del bovino da carne i piani di razionamento sono basati su diete preparate con la tecnica dell’unifeed, una miscela unica ricca di alimenti concentrati per permettere alti accrescimenti e con una limitata parte di alimenti fibrosi per promuovere il comportamento naturale della ruminazione. In questo tipo di diete il fabbisogno di fibra è soddisfatto da foraggi come la paglia o il fieno di cereali mentre il silomais (SM) non è solitamente considerato dagli allevatori come possibile alternativa. Il SM è sempre stato ampiamente riconosciuto come alimento adatto alla nutrizione del bovino da carne e il presente progetto è stato sviluppato attraverso diversi approcci sperimentali a sostegno della tesi di un utilizzo di questo insilato come unico foraggio nelle razioni. Il progetto ha avuto inizio con un’indagine su un cospicuo campione di allevamenti intensivi di bovini da carne situati in un’area in cui la maggior parte delle attività agricole riguarda i cereali ed in particolare il mais. I dati raccolti riguardavano l’uso corrente del SM, le caratteristiche del suo utilizzo, la qualità del prodotto e delle diete in cui esso viene incluso. Un campione di 406 allevamenti commerciali situati nella Pianura Padana sono stati selezionati in modo da rappresentare le più diverse situazioni di dimensioni aziendali e tipi genetici in cui il SM viene fornito ai vitelloni nella fase di finissaggio. Ogni azienda è stata visitata per raccogliere informazioni sui piani di razionamento e campioni rappresentativi di unifeed e di SM sono stati raccolti al fine di sottoporli ad analisi fisica e chimica. Indipendentemente dalla lunghezza di taglio, la qualità della popolazione di SM raccolti è risultata soddisfacente sia dal punto di vista nutrizionale che da quello dello stato di conservazione, come indicato dai principali parametri chimici e del profilo fermentativo. Un’analisi della distribuzione particellare del SM ha mostrato un’ampia variabilità di dimensione delle particelle, a testimonianza delle diverse lunghezze di taglio ottenute al momento della trebbiatura. In media, il contenuto di SM nelle razioni si è attestato intorno agli 8 kg di tal quale o il 33.4% della sostanza secca (SS) totale della razione pur con un’ampia deviazione standard registrata tra allevamenti (11.4%) . La decisione sulla quantità di SM da inserire nella razione si è rivelata essere indipendente sia dalla composizione chimica che dalle caratteristiche fisiche del foraggio. In diete con alta inclusione di SM il rischio di insorgere di acidosi ruminale, dovuta all’apporto di amido portato da questo insilato è risultata bilanciata sia da una significativa riduzione dell’inclusione di alter fonti energetiche sia dal maggior contenuto fibroso e dalla maggior lunghezza di particelle che avrebbero il compito di stimolare la ruminazione. Un metodo matematico di stima del rischio della perdita di struttura del SM nelle fasi di preparazione della razione ha mostrato che in oltre il 30% degli allevamenti l’insilato ha subito tale danno con la conseguente riduzione del contenuto di particelle lunghe. L’analisi logistica ha poi dimostrato che il rischio relativo del danno era accresciuto sia da una maggior inclusione dell’insilato nella razione che dall’utilizzo di SM con maggior contenuto di particelle lunghe. Partendo dai risultati dell’indagine, un successivo studio ha verificato se diversi livelli d’inclusione di SM nelle razioni di vitelloni in finissaggio potesse avere effetti sulle caratteristiche qualitative della carcassa e della carne. Il livello massimo di inclusione del foraggio nelle razioni poteva essere considerato alto, alla luce dei dati registrati nella precedente indagine, e questo ha permesso di verificare nello specifico l’esistenza di effetti negativi in risposta ad una eventuale spinta sulla quantità di SM nelle razioni. Un ulteriore aspetto interessante dello studio è stato il fatto che gli animali presi a campione erano allevati in condizioni normali di mercato, senza interventi dei ricercatori sulle diete o sulla gestione delle pratiche aziendali. Un campione di 6 allevamenti di bovini da carne è stato selezionato in base ai piani di razionamento applicati durante la fase di finissaggio di vitelloni Charolais. Due aziende non facevano uso di SM, due ne utilizzavano il 22% e due il 44% della SS totale della razione. Cinque vitelloni sono stati presi a random da ogni allevamento e sono stati macellati a maturazione commerciale nello stesso macello. Le caratteristiche della carcassa, come le qualità organolettiche e l’analisi chimica della carne non hanno mostrato variazioni dovute al diverso quantitativo di SM nelle razioni. Dato che pochi parametri sono stati lievemente influenzati dalle differenze delle razioni, non sono state trovate prove a discapito dell’utilizzo di alte quantità di SM nelle razioni per vitelloni Charolais. Il successivo studio è stato predisposto per verificare la possibilità che un SM convenzionale, tagliato in campo e insilato tramite normali pratiche comuni nel settore dell’allevamento, fosse in grado di sostituire parzialmente o totalmente la paglia di frumento, ovvero il foraggio di bassa qualità la cui presenza è considerata irrinunciabile dagli allevatori per prevenire i problemi di acidosi ruminale. Quattro diete bilanciate per il contenuto di fibra, energia e proteina, formulate con progressive sostituzione di paglia con SM, sono state fornite a quattro vitelloni Simmental in fase di finissaggio seguendo lo schema sperimentale del quadrato latino con periodi di 28 giorni. Fin dal momento della formulazione delle razioni l’aumento del SM nella razione a danno del contenuto di paglia ha dimostrato il vantaggio di poter ridurre progressivamente anche l’apporto di alimenti concentrati grazie alle caratteristiche di questo insilato di apportare fibra ma anche un discreto contenuto di amido. Il consumo di SS e le performance medie dei vitelloni non sono state significativamente influenzate dalle suddette differenze di razionamento. È stato invece riscontrato un effetto nel comportamento alimentare degli animali nel fatto che essi hanno impiegato maggior tempo a consumare la razione senza SM a cui non ha corrisposto un aumento del tempo speso a ruminare la stessa razione. Anche quando alimentati con un SM di tipo convenzionale rispetto alle condizioni di mercato i vitelloni non hanno dimostrato necessità di selezionare le particelle più lunghe della razione come ad evitare di cadere in situazione di acidosi ruminale. La sostituzione tra foraggi ha influenzato la digeribilità totale apparente delle razioni: la formulazione con il maggior contenuto di SM ha fatto registrare i più alti valori per tutti i parametri di digeribilità. I parametri relativi all’ambiente ruminale e gli indicatori sanguigni dell’equilibrio acido-base sono risultati simili nei vitelloni alimentati con le diverse razioni e allo stesso tempo erano entro margini di sicurezza per quanto riguarda il rischio di acidosi. I risultati hanno suggerito che un SM di tipo convenzionale rispetto alle condizioni di mercato ha le caratteristiche adatte all’utilizzo come unico foraggio nelle razioni per bovino da carne, senza generare effetti negativi a livello fisiologico e produttivo. L’ultimo studio ha rappresentato un approccio diverso a sostegno dell’utilizzo del SM nella produzione del vitellone da carne. In questo caso il modello produttivo era quello dei grandi allevamenti del Nord America, nei quali i piani di razionamento sono basati su contenuti di alimenti energetici maggiori rispetto a quelli comuni in Europa Centrale. Lo studio è stato svolto nell’ambito delle comprovate teorie sulla capacità dei bovini di esprimere preferenze alimentari. L’idoneità dell’uso del SM nelle razioni per bovini all’ingrasso è stata testata attraverso l’interpretazione delle preferenze di animali a cui è stata offerta libertà di scelta tra alimenti offerti singolarmente o mescolati in un unifeed standard per le condizioni produttive locali. Un gruppo di 160 manze di incroci di razze da carne inglesi è stato utilizzato in uno studio della durata di 52 giorni: agli animali sono state offerte 4 alternative ognuna consistente nel libero accesso a 2 alimenti posti individualmente in mangiatoie adiacenti. Le associazioni erano unifeed vs unifeed, (scelta unifeed), SM vs granella schiacciata d’orzo (GO)(scelta SMGO), distillers secchi di frumento (DF) vs GO (scelta DFGO) e SM vs DF (scelta SMDF). Le performance dei bovini non sono variate mentre alcune differenze sono state registrate nel consumo di SS di SMDF. Dai risultati dell’interpretazione del comportamento alimentare sono state trovate alcune differenze specialmente tra le manze alimentate con la scelta unifeed e gli altri gruppi: le prime hanno mostrato maggiori tempi di presenza alla mangiatoia, maggiori valori di lunghezza media dei pasti e maggior numero di pasti durante un periodo di 24h. La preferenza è stata chiaramente manifestata nei confronti di alcune associazioni di alimenti, ad esempio nel caso in cui le manze potendo scegliere hanno consumato il doppio del foraggio rispetto a quando avevano a disposizione una razione con foraggi e concentrati mescolati tra loro; un altro evidente esempio è venuto dal comportamento nel caso di ogni associazione di alimenti: il tempo speso dagli animali in un giorno, la durata del pasto e la quantità di ingredienti assunta sono risultate spesso diversi a seconda delle diverse alternative offerte. A livello di stato di salute, in generale le manze che accedevano alla scelta unifeed hanno mostrato la più alta tendenza all’avvicinarsi del loro pH ruminale a soglie di rischio per l’insorgere di acidosi subclinica mentre gli animali del gruppo MSDG sono apparsi quelli meno esposti al rischio. Anche nel caso degli acidi grassi volatili è risultato esserci un legame con il tipo di scelta alimentare: la concentrazione degli acidi totali è risultata più alta nelle manze del gruppo unifeed mentre a livello di singoli acidi si è verificata una generale prevalenza dei composti C2 su quelli C3 a livello del rumine degli animali della scelta MSDG. Questo studio ha convalidato i precedenti risultati riguardo la capacità dei bovini di manifestare preferenze nei confronti di alimenti specifici ed ha confermato i risultati positivi ottenibili dall’utilizzo del SM come foraggio nelle diete per bovini da carne ad alto contenuto di concentrati. Come conclusione generale si ritiene di poter rispondere positivamente al quesito posto a inizio progetto riguardo la fattibilità di utilizzo di alte quantità di SM nelle razioni per bovini da carne. I punti critici di questo impiego dell’insilato sono individuabili nella gestione del foraggio durante le fasi di taglio in campo della pianta, della preparazione della trincea e della preparazione della razione. Tutte queste operazioni richiedono particolare attenzione e precisione da parte degli operatori dato che le proprietà ed i vantaggi che il SM può offrire agli allevatori di bovini da carne possono essere facilmente compromessi da errori che possono alterare le caratteristiche nutrizionali e fisiche dell’insilato.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/118134
URN:NBN:IT:UNIPD-118134