L’utilizzo di antipsicotici atipici nei pazienti con grave cerebrolesione acquisita ha il suo razionale nel meccanismo d’azione di queste molecole rispetto ai neurolettici convenzionali. In questa tipologia di pazienti è necessario nella maggior parte dei casi intervenire farmacologicamente su quadri di tipo comportamentale e su aspetti cognitivi che si manifestano in seguito al danno, piuttosto che sulla produttività psicotica classica dei quadri schizofrenici. In altre parole, l’efficacia antipsicotica derivante dal blocco della via dopaminergica mesolimbica sulla sintomatologia positiva, non è la caratteristica dirimente nella scelta di un farmaco antipsicotico nel grave cerebroleso. Svolgono un ruolo di i maggiore rilevanza nella scelta terepeutica le potenzialità che ha il farmaco di non influire negativamente su un quadro motorio già gravemente compromesso, e contemporaneamente di contenere aspetti comportamentali di entità tale da compromettere il buon esito di un percorso riabilitativo. Alla luce di quanto detto, l’agonismo D2 dovrebbe non interferire con i livelli fisiologici di dopamina nelle vie deputate al corretto funzionamento della motricità e del sistema endocrino, risparmiando quindi ai pazienti effetti secondari quali i sintomi extrapiramidali e l’iperprolattinemia, che si avrebbero con il blocco dei recettori dopaminergici delle vie nigrostriatali, mesocorticali e tuberoinfundibolari. Inoltre, per ciò che riguarda la sintomatologia negativa, l’agonismo dopaminergico dovrebbe ripristinare un’adeguata attività dopaminergica nelle vie in cui questa è deficitaria, come può essere la via mesocorticale. A differenza di quanto accade nella schizofrenia, il deficit nel caso di paziente con grave cerebrolesione acquisita è verosimilmente di natura secondaria, cioè legato alla lesione riportata. Anche se si tratta di meccanismi d’azione adottati per la schizofrenia, dunque, di frequente nei pazienti con grave cerebrolesione si assiste alla comparsa di una sintomatologia simile a quella negativa propriamente schizofrenica, con apatia, abulia, mancanza di iniziativa o, come nel nostro campione di pazienti oggetto di studio, si assiste alla comparsa di alterazioni comportamentali sul versante produttivo dell’agitazione e dell’aggressività. Un ulteriore aspetto dirimente nella scelta di un antipsicotico nel trattamento riabilitativo di questi pazienti è la sua efficacia sulla dimensione cognitiva. Sono stati reclutati 20 soggetti in regime di ricovero ordinario presso l’Unità per la Riabilitazione delle turbe Neuropsicologiche Acquisite (URNA) dell’IRCCS “E. Medea” Ass. La Nostra famiglia-Polo Veneto di Conegliano e Pieve di Soligo (TV). I soggetti sono affetti da agitazione post-lesionale come conseguenza di grave cerebrolesione acquisita (GCA). I soggetti del campione, al manifestarsi nel corso del ricovero di comportamenti aggressivi o di episodi di agitazione di entità e durata tali da necessitare trattamento clinico, sono stati trattati farmacologicamente con quetiapina. Le variazioni comportamentali sono state registrare con la scala ABS. Al momento del reclutamento, il punteggio alla scala Level of Cognitive Functioning (LCF) era compreso tra 4 e 6. Si è inoltre provveduto a reclutare un campione di controllo, comparabile per sesso, età e LCF che manifestasse alterazioni della sfera cognitiva e comportamentale, ma per il quale non fosse opportuno dal punto di vista clinico il trattamento farmacologico. Entrambi i gruppi sono stati valutati sul piano motorio con la FIM. I due gruppi di pazienti ricevono in misura uguale trattamenti riabilitativi multidisciplinari, in regime di ricovero ospedaliero. Al termine dell’osservazione, i due gruppi ( trattato e non trattato farmacologicamente) sono stati misurati e confrontati per LCF e FIM per valutare ove presente l’entità del miglioramento e se presenti o meno influenze del farmaco sul piano cognitivo e motorio nel campione che ha assunto il farmaco rispetto all’altro. Nel campione trattato è stata fatta un’analisi qualitativa per quantificare, descrivere le caratteristiche e l’andamento del disturbo comportamentale in relazione all’assunzione dell’antipsicotico, per descrivere la distribuzione dei punteggi nelle sottoscale dell’ABS in modo da definire meglio le caratteristiche del disturbo comportamentale anche in relazione a variabili quali il momento della giornata o all’eziologia del danno. Questi dati possono essere utili oltre che per coadiuvare le scelte del trattamento farmacologico, anche per fornire strumenti che possono contribuire a una piu’ appropriata gestione del disturbo comportamentale all’interno di un setting riabilitativo. I risultati dimostrano che la quetiapina riduce effettivamente la sintomatologia comportamentale; il campione che ha assunto il farmaco è risultato comunque migliorare dal punto di vista cognitivo e anche sul piano motorio. In altre parole, la quetiapina utilizzata nel paziente con grave cerebrolesione acquisita affetto da agitazione e aggressività, consente di ridurre la sintomatologia senza influenzare negativamente gli aspetti cognitivi e motori.

La quetiapina nella gestione dell'agitazione e dell'aggressività nel paziente adulto con grave cerebrolesione acquisita: uno studio prospettico osservazionale

PICCOLI, SARA
2010

Abstract

L’utilizzo di antipsicotici atipici nei pazienti con grave cerebrolesione acquisita ha il suo razionale nel meccanismo d’azione di queste molecole rispetto ai neurolettici convenzionali. In questa tipologia di pazienti è necessario nella maggior parte dei casi intervenire farmacologicamente su quadri di tipo comportamentale e su aspetti cognitivi che si manifestano in seguito al danno, piuttosto che sulla produttività psicotica classica dei quadri schizofrenici. In altre parole, l’efficacia antipsicotica derivante dal blocco della via dopaminergica mesolimbica sulla sintomatologia positiva, non è la caratteristica dirimente nella scelta di un farmaco antipsicotico nel grave cerebroleso. Svolgono un ruolo di i maggiore rilevanza nella scelta terepeutica le potenzialità che ha il farmaco di non influire negativamente su un quadro motorio già gravemente compromesso, e contemporaneamente di contenere aspetti comportamentali di entità tale da compromettere il buon esito di un percorso riabilitativo. Alla luce di quanto detto, l’agonismo D2 dovrebbe non interferire con i livelli fisiologici di dopamina nelle vie deputate al corretto funzionamento della motricità e del sistema endocrino, risparmiando quindi ai pazienti effetti secondari quali i sintomi extrapiramidali e l’iperprolattinemia, che si avrebbero con il blocco dei recettori dopaminergici delle vie nigrostriatali, mesocorticali e tuberoinfundibolari. Inoltre, per ciò che riguarda la sintomatologia negativa, l’agonismo dopaminergico dovrebbe ripristinare un’adeguata attività dopaminergica nelle vie in cui questa è deficitaria, come può essere la via mesocorticale. A differenza di quanto accade nella schizofrenia, il deficit nel caso di paziente con grave cerebrolesione acquisita è verosimilmente di natura secondaria, cioè legato alla lesione riportata. Anche se si tratta di meccanismi d’azione adottati per la schizofrenia, dunque, di frequente nei pazienti con grave cerebrolesione si assiste alla comparsa di una sintomatologia simile a quella negativa propriamente schizofrenica, con apatia, abulia, mancanza di iniziativa o, come nel nostro campione di pazienti oggetto di studio, si assiste alla comparsa di alterazioni comportamentali sul versante produttivo dell’agitazione e dell’aggressività. Un ulteriore aspetto dirimente nella scelta di un antipsicotico nel trattamento riabilitativo di questi pazienti è la sua efficacia sulla dimensione cognitiva. Sono stati reclutati 20 soggetti in regime di ricovero ordinario presso l’Unità per la Riabilitazione delle turbe Neuropsicologiche Acquisite (URNA) dell’IRCCS “E. Medea” Ass. La Nostra famiglia-Polo Veneto di Conegliano e Pieve di Soligo (TV). I soggetti sono affetti da agitazione post-lesionale come conseguenza di grave cerebrolesione acquisita (GCA). I soggetti del campione, al manifestarsi nel corso del ricovero di comportamenti aggressivi o di episodi di agitazione di entità e durata tali da necessitare trattamento clinico, sono stati trattati farmacologicamente con quetiapina. Le variazioni comportamentali sono state registrare con la scala ABS. Al momento del reclutamento, il punteggio alla scala Level of Cognitive Functioning (LCF) era compreso tra 4 e 6. Si è inoltre provveduto a reclutare un campione di controllo, comparabile per sesso, età e LCF che manifestasse alterazioni della sfera cognitiva e comportamentale, ma per il quale non fosse opportuno dal punto di vista clinico il trattamento farmacologico. Entrambi i gruppi sono stati valutati sul piano motorio con la FIM. I due gruppi di pazienti ricevono in misura uguale trattamenti riabilitativi multidisciplinari, in regime di ricovero ospedaliero. Al termine dell’osservazione, i due gruppi ( trattato e non trattato farmacologicamente) sono stati misurati e confrontati per LCF e FIM per valutare ove presente l’entità del miglioramento e se presenti o meno influenze del farmaco sul piano cognitivo e motorio nel campione che ha assunto il farmaco rispetto all’altro. Nel campione trattato è stata fatta un’analisi qualitativa per quantificare, descrivere le caratteristiche e l’andamento del disturbo comportamentale in relazione all’assunzione dell’antipsicotico, per descrivere la distribuzione dei punteggi nelle sottoscale dell’ABS in modo da definire meglio le caratteristiche del disturbo comportamentale anche in relazione a variabili quali il momento della giornata o all’eziologia del danno. Questi dati possono essere utili oltre che per coadiuvare le scelte del trattamento farmacologico, anche per fornire strumenti che possono contribuire a una piu’ appropriata gestione del disturbo comportamentale all’interno di un setting riabilitativo. I risultati dimostrano che la quetiapina riduce effettivamente la sintomatologia comportamentale; il campione che ha assunto il farmaco è risultato comunque migliorare dal punto di vista cognitivo e anche sul piano motorio. In altre parole, la quetiapina utilizzata nel paziente con grave cerebrolesione acquisita affetto da agitazione e aggressività, consente di ridurre la sintomatologia senza influenzare negativamente gli aspetti cognitivi e motori.
15-mar-2010
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gravi cerebrolesioni acquisite quetiapina agitazione aggressività
Università degli studi di Padova
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