Dopo aver conseguito la Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Padova con una tesi dal titolo "Valutatione della Malattia Residua Minima in pazienti LAL ricaduti", ho iniziato, presso lo stesso Ateneo, la Scuola di Dottorato in Medicina dello Sviluppo e Scienze della Programmazione con indirizzo in Emato-oncologia sotto la supervisione del Professor Giuseppe Basso. Nel corso della Scuola di Dottorato ho partecipato a progetti di ricerca focalizzati sullo studio di malattie emato-oncologiche. Nel corso dei primi due anni di Dottorato mi sono avvalsa di tecniche di biologia molecolare per monitorare il decorso clinico di pazienti affetti da leucemia acuta linfoblastica (LAL), la più frequente neoplasia ematologica dell'età pediatrica. In particolare, mi sono occupata di studi mirati alla valutazione del valore prognostico del monitoraggio della Malattia Residua Minima (MRM) in pazienti pediatrici LAL. Nonostante i notevoli progressi compiuti nelle ultime decadi nel trattamento della LAL pediatrica, la recidiva di malattia, che colpisce il 20% dei pazienti circa, resta la causa più frequente di fallimento terapeutico. La risposta precoce alla terapia è il fattore prognostico più importante nella LAL. Il 95% dei pazienti raggiunge la remissione completa (RC), che è definita secondo criteri morfologici come assenza di blasti leucemici nell'aspirato midollare. Tale reperto può tuttavia corrispondere ad una massa tumorale ancora considerevole. Pertanto molti pazienti, nonostante raggiungano la remissione completa, vanno incontro a recidiva. La persistenza di cellule leucemiche non identificabili con le comuni tecniche citomorfologiche è definita Malattia Residua Minima (MRM). Lo status della MRM al termine della terapia di induzione e all’inizio del consolidamento è considerato il fattore prognostico più importante nella LAL pediatrica, tanto da essere diventato un parametro usato routinariamente per stratificare i pazienti LAL in diverse classi di rischio che vengono trattate con distinti regimi terapeutici. La Real-Time quantitative PCR (RQ-PCR) per i riarrangiamenti genici dei recettori degli antigeni (Ig/TCR) è il metodo attualmente più usato per il monitoraggio della MRM essendo applicabile nella grande maggioranza dei pazienti. In uno studio condotto nel Laboratorio del Professor Basso, e descritto nel Capitolo 1.1, abbiamo analizzato il ruolo della MRM post-terapia di reinduzione sulla prognosi di 60 pazienti LAL ricaduti ad alto rischio, affetti da recidiva midollare precoce o ad immunofenotipo T, in accordo con i criteri del protocollo terapeutico AIEOP REC 2003. Abbiamo monitorato la MRM mediante uso di RQ-PCR per i riarrangiamenti genici Ig/TCR in diverse fasi della terapia: i) dopo l'induzione (TP1); ii) dopo la reinduzione (TP2) e iii) dopo il consolidamento post-ricaduta (TP3). L'Event Free Survival (EFS) a tre anni dalla ricaduta è risultata significativamente inferiore in pazienti con MRM con valori ≥10-4 al TP1 (19%), rispetto a pazienti con MRM negativa o con valori <10-4 (73 e 45%). Il valore prognostico predittivo della MRM è risultato essere statisticamente significativo anche mediante analisi multivariata. I risultati di questo studio dimostrano che una valutazione precoce del valore della MRM in pazienti LAL recidivati ad alto rischio permette di identicarne il subset che sembra non beneficiare dei regimi terapeutici convenzionali, quali la chemioterapia ed il trapianto allogeneico, e che potrebbe necessitare di innovative terapie sperimentali. La ricaduta midollare di LAL è attualmente definita secondo criteri morfologici come conta di blasti ≥25% in un prelievo midollare successivo a quello della remissione completa. Ad oggi è stato pubblicato un numero relativamente basso di studi che suggeriscono la possibilità di prevedere la ricaduta morfologica di LAL mediante monitoraggio della MRM in neoplasie ematologiche. In uno studio svoltosi presso il Laboratorio del Professor Basso, descritto nel Capitolo 1.2, abbiamo valutato il significato del monitoraggio MRM come indicatore di successiva ricorrenza ematologica di LAL. A questo scopo abbiamo monitorato i livelli di MRM nel corso e dopo il termine della terapia in 113 pazienti arruolati nel protocollo terapeutico AIEOP-BFM LAL 2000 ed abbiamo condotto uno studio caso-controllo su 37 pazienti LAL ricaduti e 37 pazienti LAL in RC continua. L'incidenza cumulativa di ricaduta in pazienti con riscontro di uno o più prelievi con MRM positiva quantificabile nel corso del follow-up è risultata significativamente più elevata (86%) rispetto ai casi con MRM negativa o al di sotto del quantitative range della tecnica. Inoltre, in pazienti monitorati per MRM entro 3 mesi dalla ricaduta, la ricorrenza di malattia sarebbe risultata prevedibile nell'82% dei casi. Questo studio ha dimostrato che il riscontro di un prelievo positivo per MRM nel corso del follow-up è altamente predittivo di successiva ricaduta ematologica in pazienti pediatrici LAL. L'accuratezza di tale predizione sembra essere più elevata in caso di monitoraggio ogni 3 mesi. Inoltre, questi dati suggeriscono che una somministrazione precoce della terapia di recupero prima del manifestarsi della ricaduta ematologica, in presenza di una massa tumorale più limitata, potrebbe migliorare la risposta al trattamento ed il decorso clinico dei pazienti. Ulteriori studi clinici saranno necessari per dimostrare in maniera conclusiva se un intervento terapeutico basato sulla MRM può migliorare la prognosi dei pazienti pediatrici LAL. Al termine dei primi due anni di Dottorato ho deciso di dedicarmi in prima persona non solo a progetti di ricerca clinici, ma anche a progetti di ricerca di base, con lo scopo di capire e studiare i meccanismi fisiopatologici delle neoplasie ematologiche. Ho quindi continuato la mia formazione presso il Laboratorio del Professor Riccardo Dalla Favera, sotto la supervisione della Professoressa Laura Pasqualucci, il cui principale campo di interesse è lo studio della patogenesi dei linfomi a cellule B. Il cancro è una patologia associata con il progressivo accumulo di alterazioni genetiche, il cui spettro è molto importante non solo per comprenderne la patogenesi, ma anche per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche mirate. Abbiamo usato tecnologie genome-wide quali il next-generation whole exome sequencing e la analisi di SNP array in un pannello di neoplasie ematologiche costitutito da linfomi diffusi a grandi cellule (DLBCL) e da leucemie linfatiche croniche (CLL). Lo scopo di questi progetti è l'identificazione di nuovi geni coinvolti nella patogenesi di queste malattie, lo studio del loro ruolo fisiologico nello sviluppo dei linfociti B e patologico nella linfomagenesi. Il sequenziamento dell'esoma di 7 casi di DLBCL integrato con l'analisi di SNP Array di 72 casi di DLBCL ha portato all'identificazione di più di 450 loci colpiti da mutazioni somatiche e/o da aberrazioni del copy number (CNAs) focali e ricorrenti. Tra i geni validati fino ad ora, abbiamo trovato frequenti delezioni e/o mutazioni somatiche inattivanti i geni che codificano per CREBBP e, in una percentuale più bassa di casi, EP300 (frequenza totale, 39% dei DLBCL). CREBBP e EP300 sono due acetil-transferasi istoniche e non altamente correlate, che agiscono come coattivatori trascrizionali in numerose cascate di trasduzione del segnale. L’analisi di questi geni in altri tipi di linfomi a cellule B ha portato all’identificazione di lesioni genetiche a carico di CREBBP e EP300 anche nel 41% dei casi di linfoma follicolare (FL). La grande maggioranza di queste lesioni provoca la rimozione o l’inattivazione dell’HAT domain di questi due enzimi. Inoltre, le alterazioni di CREBBP e EP300 colpiscono frequentemente un singolo allele, suggerendo che la riduzione dell’HAT dosage ha un ruolo importante nella patogenesi dei DLBCL e dei FL. Lo studio funzionale delle consequenze di queste lesioni ha dimostrato l’evidenza di difetti nell’inattivazione dell’onco-proteina BCL6 e nell’attivazione dell’onco-soppressore p53 mediate da acetilazione. Questi dati hanno dunque dimostrato il ruolo patogenetico di lesioni geniche a carico di EP300/CREBBP in due comuni tipi di linfoma a cellule B. Inoltre i risultati di questo studio hanno un'implicazione clinica diretta, suggerendo il possibile utilizzo di farmaci operanti su meccanismi di acetilazione e deacetilazione nella terapia dei linfomi. I risultati di questo lavoro sono descritti nel Capitolo 2.1. Il sequenziamento dell’esoma di 5 casi di CLL ha rivelato 38 mutazioni somatiche a carico di 38 distinti geni, con una media di 7.6 mutazioni per caso (range, 5-10/caso). I geni mutati appartengono a diverse classi funzionali, essendo coinvolti in processi di rimodellamento cromatinico, in pathways quali NF-κB, TGF-β e Wnt, e in meccanismi di organizzazione del citoscheletro e di motilità cellulare. La maggioranza delle mutazioni somatiche identificate è risultata essere costituita da sostituzioni di una singola base (N=36, di cui 32 mutazioni missenso e 4 nonsenso), mentre una minoranza da inserzioni/delezioni causanti alterazioni del frame (N=2 delezioni di 4 e 32 basi, rispettivamente). L’analisi dello spettro delle mutazioni puntiformi ha mostrato una prevalenza di transizioni (69% degli eventi) e un’elevata ratio G+C/A+T (69%/31%). Tale pattern è risultato essere analogo allo spettro di mutazioni riportato nell’esoma di neoplasie epiteliali, tra cui tumori a carico del colon e del pancreas, e tumori del sistema nervoso centrale, tra cui neuroblastomi e medulloblastomi. L’analisi di SNP array degli stessi casi usati per il sequenziamento dell’esoma ha rivelato un numero relativamente basso di CNAs (N=14), corrispondente ad una media di 2.8 lesioni per caso (range, 0-5 CNAs/caso), rappresentate soprattuto da delezioni (N=11/14, 80%). L'analisi dei nuovi geni identificati tramite il sequenziamento dell'esoma in un pannello indipendente di 48 casi di CLL ha rivelato che la maggioranza di questi geni non è alterata in modo ricorrente nella CLL. In 5 geni sono state riscontrate mutazioni e/o CNAs con una frequenza relativamente bassa (≤ 6% dei casi). In conclusione, questi dati dimostrano che il genoma codificante della CLL contiene in media 10 alterazioni geniche per caso. Lo screening di questi geni per mutazioni e CNAs in un pannello esteso di casi ha rivelato che i geni identificati tramite questo approccio sono alterati a bassa frequenza nella CLL. Tale bassa frequenza di alterazioni a carico del singolo gene può suggerire la presenza di alterazioni ricorrenti a carico di altri geni coinvolti in pathways comuni che potrebbero avere un ruolo importante nella patogenesi della CLL. I risultati di questo studio sono descritti nel Capitolo 2.2.

Genome-based technologies provide novel insights into the pathogenesis and the clinical response of lymphoid malignancies

FABBRI, GIULIA
2011

Abstract

Dopo aver conseguito la Laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Padova con una tesi dal titolo "Valutatione della Malattia Residua Minima in pazienti LAL ricaduti", ho iniziato, presso lo stesso Ateneo, la Scuola di Dottorato in Medicina dello Sviluppo e Scienze della Programmazione con indirizzo in Emato-oncologia sotto la supervisione del Professor Giuseppe Basso. Nel corso della Scuola di Dottorato ho partecipato a progetti di ricerca focalizzati sullo studio di malattie emato-oncologiche. Nel corso dei primi due anni di Dottorato mi sono avvalsa di tecniche di biologia molecolare per monitorare il decorso clinico di pazienti affetti da leucemia acuta linfoblastica (LAL), la più frequente neoplasia ematologica dell'età pediatrica. In particolare, mi sono occupata di studi mirati alla valutazione del valore prognostico del monitoraggio della Malattia Residua Minima (MRM) in pazienti pediatrici LAL. Nonostante i notevoli progressi compiuti nelle ultime decadi nel trattamento della LAL pediatrica, la recidiva di malattia, che colpisce il 20% dei pazienti circa, resta la causa più frequente di fallimento terapeutico. La risposta precoce alla terapia è il fattore prognostico più importante nella LAL. Il 95% dei pazienti raggiunge la remissione completa (RC), che è definita secondo criteri morfologici come assenza di blasti leucemici nell'aspirato midollare. Tale reperto può tuttavia corrispondere ad una massa tumorale ancora considerevole. Pertanto molti pazienti, nonostante raggiungano la remissione completa, vanno incontro a recidiva. La persistenza di cellule leucemiche non identificabili con le comuni tecniche citomorfologiche è definita Malattia Residua Minima (MRM). Lo status della MRM al termine della terapia di induzione e all’inizio del consolidamento è considerato il fattore prognostico più importante nella LAL pediatrica, tanto da essere diventato un parametro usato routinariamente per stratificare i pazienti LAL in diverse classi di rischio che vengono trattate con distinti regimi terapeutici. La Real-Time quantitative PCR (RQ-PCR) per i riarrangiamenti genici dei recettori degli antigeni (Ig/TCR) è il metodo attualmente più usato per il monitoraggio della MRM essendo applicabile nella grande maggioranza dei pazienti. In uno studio condotto nel Laboratorio del Professor Basso, e descritto nel Capitolo 1.1, abbiamo analizzato il ruolo della MRM post-terapia di reinduzione sulla prognosi di 60 pazienti LAL ricaduti ad alto rischio, affetti da recidiva midollare precoce o ad immunofenotipo T, in accordo con i criteri del protocollo terapeutico AIEOP REC 2003. Abbiamo monitorato la MRM mediante uso di RQ-PCR per i riarrangiamenti genici Ig/TCR in diverse fasi della terapia: i) dopo l'induzione (TP1); ii) dopo la reinduzione (TP2) e iii) dopo il consolidamento post-ricaduta (TP3). L'Event Free Survival (EFS) a tre anni dalla ricaduta è risultata significativamente inferiore in pazienti con MRM con valori ≥10-4 al TP1 (19%), rispetto a pazienti con MRM negativa o con valori <10-4 (73 e 45%). Il valore prognostico predittivo della MRM è risultato essere statisticamente significativo anche mediante analisi multivariata. I risultati di questo studio dimostrano che una valutazione precoce del valore della MRM in pazienti LAL recidivati ad alto rischio permette di identicarne il subset che sembra non beneficiare dei regimi terapeutici convenzionali, quali la chemioterapia ed il trapianto allogeneico, e che potrebbe necessitare di innovative terapie sperimentali. La ricaduta midollare di LAL è attualmente definita secondo criteri morfologici come conta di blasti ≥25% in un prelievo midollare successivo a quello della remissione completa. Ad oggi è stato pubblicato un numero relativamente basso di studi che suggeriscono la possibilità di prevedere la ricaduta morfologica di LAL mediante monitoraggio della MRM in neoplasie ematologiche. In uno studio svoltosi presso il Laboratorio del Professor Basso, descritto nel Capitolo 1.2, abbiamo valutato il significato del monitoraggio MRM come indicatore di successiva ricorrenza ematologica di LAL. A questo scopo abbiamo monitorato i livelli di MRM nel corso e dopo il termine della terapia in 113 pazienti arruolati nel protocollo terapeutico AIEOP-BFM LAL 2000 ed abbiamo condotto uno studio caso-controllo su 37 pazienti LAL ricaduti e 37 pazienti LAL in RC continua. L'incidenza cumulativa di ricaduta in pazienti con riscontro di uno o più prelievi con MRM positiva quantificabile nel corso del follow-up è risultata significativamente più elevata (86%) rispetto ai casi con MRM negativa o al di sotto del quantitative range della tecnica. Inoltre, in pazienti monitorati per MRM entro 3 mesi dalla ricaduta, la ricorrenza di malattia sarebbe risultata prevedibile nell'82% dei casi. Questo studio ha dimostrato che il riscontro di un prelievo positivo per MRM nel corso del follow-up è altamente predittivo di successiva ricaduta ematologica in pazienti pediatrici LAL. L'accuratezza di tale predizione sembra essere più elevata in caso di monitoraggio ogni 3 mesi. Inoltre, questi dati suggeriscono che una somministrazione precoce della terapia di recupero prima del manifestarsi della ricaduta ematologica, in presenza di una massa tumorale più limitata, potrebbe migliorare la risposta al trattamento ed il decorso clinico dei pazienti. Ulteriori studi clinici saranno necessari per dimostrare in maniera conclusiva se un intervento terapeutico basato sulla MRM può migliorare la prognosi dei pazienti pediatrici LAL. Al termine dei primi due anni di Dottorato ho deciso di dedicarmi in prima persona non solo a progetti di ricerca clinici, ma anche a progetti di ricerca di base, con lo scopo di capire e studiare i meccanismi fisiopatologici delle neoplasie ematologiche. Ho quindi continuato la mia formazione presso il Laboratorio del Professor Riccardo Dalla Favera, sotto la supervisione della Professoressa Laura Pasqualucci, il cui principale campo di interesse è lo studio della patogenesi dei linfomi a cellule B. Il cancro è una patologia associata con il progressivo accumulo di alterazioni genetiche, il cui spettro è molto importante non solo per comprenderne la patogenesi, ma anche per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche mirate. Abbiamo usato tecnologie genome-wide quali il next-generation whole exome sequencing e la analisi di SNP array in un pannello di neoplasie ematologiche costitutito da linfomi diffusi a grandi cellule (DLBCL) e da leucemie linfatiche croniche (CLL). Lo scopo di questi progetti è l'identificazione di nuovi geni coinvolti nella patogenesi di queste malattie, lo studio del loro ruolo fisiologico nello sviluppo dei linfociti B e patologico nella linfomagenesi. Il sequenziamento dell'esoma di 7 casi di DLBCL integrato con l'analisi di SNP Array di 72 casi di DLBCL ha portato all'identificazione di più di 450 loci colpiti da mutazioni somatiche e/o da aberrazioni del copy number (CNAs) focali e ricorrenti. Tra i geni validati fino ad ora, abbiamo trovato frequenti delezioni e/o mutazioni somatiche inattivanti i geni che codificano per CREBBP e, in una percentuale più bassa di casi, EP300 (frequenza totale, 39% dei DLBCL). CREBBP e EP300 sono due acetil-transferasi istoniche e non altamente correlate, che agiscono come coattivatori trascrizionali in numerose cascate di trasduzione del segnale. L’analisi di questi geni in altri tipi di linfomi a cellule B ha portato all’identificazione di lesioni genetiche a carico di CREBBP e EP300 anche nel 41% dei casi di linfoma follicolare (FL). La grande maggioranza di queste lesioni provoca la rimozione o l’inattivazione dell’HAT domain di questi due enzimi. Inoltre, le alterazioni di CREBBP e EP300 colpiscono frequentemente un singolo allele, suggerendo che la riduzione dell’HAT dosage ha un ruolo importante nella patogenesi dei DLBCL e dei FL. Lo studio funzionale delle consequenze di queste lesioni ha dimostrato l’evidenza di difetti nell’inattivazione dell’onco-proteina BCL6 e nell’attivazione dell’onco-soppressore p53 mediate da acetilazione. Questi dati hanno dunque dimostrato il ruolo patogenetico di lesioni geniche a carico di EP300/CREBBP in due comuni tipi di linfoma a cellule B. Inoltre i risultati di questo studio hanno un'implicazione clinica diretta, suggerendo il possibile utilizzo di farmaci operanti su meccanismi di acetilazione e deacetilazione nella terapia dei linfomi. I risultati di questo lavoro sono descritti nel Capitolo 2.1. Il sequenziamento dell’esoma di 5 casi di CLL ha rivelato 38 mutazioni somatiche a carico di 38 distinti geni, con una media di 7.6 mutazioni per caso (range, 5-10/caso). I geni mutati appartengono a diverse classi funzionali, essendo coinvolti in processi di rimodellamento cromatinico, in pathways quali NF-κB, TGF-β e Wnt, e in meccanismi di organizzazione del citoscheletro e di motilità cellulare. La maggioranza delle mutazioni somatiche identificate è risultata essere costituita da sostituzioni di una singola base (N=36, di cui 32 mutazioni missenso e 4 nonsenso), mentre una minoranza da inserzioni/delezioni causanti alterazioni del frame (N=2 delezioni di 4 e 32 basi, rispettivamente). L’analisi dello spettro delle mutazioni puntiformi ha mostrato una prevalenza di transizioni (69% degli eventi) e un’elevata ratio G+C/A+T (69%/31%). Tale pattern è risultato essere analogo allo spettro di mutazioni riportato nell’esoma di neoplasie epiteliali, tra cui tumori a carico del colon e del pancreas, e tumori del sistema nervoso centrale, tra cui neuroblastomi e medulloblastomi. L’analisi di SNP array degli stessi casi usati per il sequenziamento dell’esoma ha rivelato un numero relativamente basso di CNAs (N=14), corrispondente ad una media di 2.8 lesioni per caso (range, 0-5 CNAs/caso), rappresentate soprattuto da delezioni (N=11/14, 80%). L'analisi dei nuovi geni identificati tramite il sequenziamento dell'esoma in un pannello indipendente di 48 casi di CLL ha rivelato che la maggioranza di questi geni non è alterata in modo ricorrente nella CLL. In 5 geni sono state riscontrate mutazioni e/o CNAs con una frequenza relativamente bassa (≤ 6% dei casi). In conclusione, questi dati dimostrano che il genoma codificante della CLL contiene in media 10 alterazioni geniche per caso. Lo screening di questi geni per mutazioni e CNAs in un pannello esteso di casi ha rivelato che i geni identificati tramite questo approccio sono alterati a bassa frequenza nella CLL. Tale bassa frequenza di alterazioni a carico del singolo gene può suggerire la presenza di alterazioni ricorrenti a carico di altri geni coinvolti in pathways comuni che potrebbero avere un ruolo importante nella patogenesi della CLL. I risultati di questo studio sono descritti nel Capitolo 2.2.
30-gen-2011
Inglese
genome-based technologies lymphoid malignancies
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-118196