Sulla base di evidenze sperimentali ottenute in diverse specie animali è stato teorizzato che i piccoli di alcuni vertebrati possano avere predisposizioni precoci o innate per prestare attenzione alla regione della testa e del volto dei conspecifici (o di altri animali che ne condividano la struttura generale) (Johnson e Horn 1988; Morton e Johnson, 1991; Sugita 2008). In particolare è stato teorizzato che tali predisposizioni siano (i) di natura dominio-specifica in quanto altri stimoli presenti in ambiente naturale non attraggono l’attenzione con la stessa efficacia dei volti, (ii) non siano basate su fenomeni di apprendimento precoce, ma piuttosto siano presenti sin dal momento della nascita/schiusa, e (iii) siano mediate da sistemi neurali filogeneticamente antichi comuni a diverse specie di vertebrati. Una delle principali critiche ai lavori che hanno dimostrato la presenza di preferenze dominio-specifiche per i volti nei neonati della specie umana è legata al fatto che, per lo più, tali lavori abbiano testato neonati di alcune ore di vita. Per tale ragione non è mai stato possibile escludere il fatto che le preferenze per i volti riscontrate nei neonati fossero dovute in realtà ad effetti di apprendimento legati all’esperienza avuta dai neonati stessi con i volti (Nelson, 2001). Tale critica può essere tuttavia aggirata da studi che impieghino pulcini di pollo domestico, deprivati di esperienza visiva riguardo ai volti, come modello animale per investigare la presenza di preferenze spontanee per i volti. Lo scopo del mio lavoro di tesi è perciò quello di investigare da una nuova prospettiva ed usando un modello animale (il pulcino domestico) un problema a lungo dibattuto in letteratura: ovvero la specificità o non specificità dei fattori percettivi coinvolti nelle preferenze per i volti. Un tema centrale nelle scienze cognitive è rappresentato dalle modalità con le quali il cervello elabora la conoscenza relativa a degli specifici domini, come ad esempio l’informazione visiva riguardante i volti. Alcune evidenze presenti in letteratura sembrano indicare che i volti siano processati da circuiti cerebrali specificamente dedicati sia nell’uomo, che probabilmente negli animali. Questa idea è anche coerente con le incredibili capacità di elaborazione che la nostra specie dimostra per le informazioni relative ai volti. Sembra perciò plausibile che, a casa della rilevanza dei volti per la vita sociale, la selezione naturale abbia portato all’evoluzione di meccanismi specifici deputati all’elaborazione dei volti e disponibili in modo non appreso. Infatti, numerosi studi hanno dimostrato che neonati umani di poche ore o minuti di vita preferiscono guardare uno stimolo schematico rappresentante un volto rispetto ad uno stimolo simile in cui i medesimi elementi interni componenti il volto sono presentati in posizioni scrambled o capovolte (Morton e Johnson, 1991). Secondo il modello proposto da Morton e Johnson (1991), questi risultati indicherebbero che i neonati umani preferiscono osservare qualsiasi stimolo che presenti la peculiare struttura di un volto, grazie ad un meccanismo innato per la detezione dei volti (CONSPEC), il quale conterrebbe una rappresentazione della struttura di un volto e della disposizione spaziale delle sue componenti interne. Tale rappresentazione potrebbe semplicemente comprendere la presenza di tre aree più scure su fondo chiaro poste in corrispondenza dei vertici di un invisibile triangolo rovesciato, ovvero in posizioni corrispondenti ad occhi e bocca di un volto. In linea con il modello proposto da Morton e Johnson (1991) anche i pulcini di pollo domestico sembrano possedere una rappresentazione innata dell’aspetto di un con specifico o di un oggetto sociale in generale. Tale rappresentazione guiderebbe il processo di apprendimento noto come imprinting, assicurando che l’animale sviluppi attaccamento per un appropriato compagno sociale e non per un qualsiasi oggetto inanimato presente nell’ambiente. In particolare la rappresentazione di oggetto sociale in possesso dei pulcini includerebbe una generica e schematica descrizione strutturale relativa alla configurazione formata dagli elementi presenti nella regione della testa e del collo di un vertebrato (Johnson e Horn, 1988). E’ stato perciò teorizzato che lo stesso meccanismo descritto per spiegare le preferenze per i volti nei neonati umani (CONSPEC) stia alla base delle preferenze dimostrate dai pulcini privi di esperienza visiva (Morton e Johnson, 1991). Tuttavia, nella letteratura relativa alla psicologia dello sviluppo è stato spesso dibattuto se le preferenze per i volti riscontrate nei neonati della specie umana non siano semplicemente un effetto secondario di un qualche generico bias aspecifico, invece che essere determinate da una preferenza di tipo dominio-specifico per i volti. Questo tipo di preferenza dominio generale dirigerebbe l’attenzione del bambino verso qualsiasi stimolo che presenti un certo attributo fisico, a prescindere dal fatto che tale stimolo sia un volto oppure no (Acerra, Burnod e de Schonen, 2002; Kleiner, 1987; Macchi Cassia et al., 2008; Simion et al., 2002; Turati et al., 2002). Nel mio lavoro di tesi ho perciò deciso di investigare il ruolo di tre proprietà percettive (considerate influenti nella letteratura sulle preferenze per i volti nel neonati umano) nel determinare le preferenze espresse da pulcini di pollo domestico privi di esperienza visiva relativamente a dei volti. Ruolo dell’asimmetria verticale nella distribuzione degli elementi interni Recentemente, in psicologia dello sviluppo, è stato teorizzato che le preferenze dimostrate dai neonati umani per i volti potrebbero essere un effetto secondario determinato da dei bias attentivi di tipo non specifico, dovuti alle limitate capacità del sistema visivo immaturo. In particolare, Turati ed altri (2002) hanno prodotto dati a favore della teoria secondo la quale le preferenze per i volti sarebbero determinate dal cosiddetto “bias up-down” (Simion et al., 2002). Tale bias dirige l’attenzione del neonato verso qualsiasi configurazione che presenti più elementi nella metà superiore dello stimolo (ovvero verso qualsiasi configurazione di tipo “top-heavy”, in opposizione alle configurazioni “bottom-heavy” che presentano più elementi nella parte inferiore). Abbiamo perciò deciso di verificare se pulcini di pollo domestico privi di esperienza visiva relativa ai volti avessero una preferenza spontanea per stimoli rappresentanti volti schematici o per configurazioni di tipo “top-heavy” e se una eventuale preferenza per i volti fosse determinata dal “bias up-down”, come suggerito dalle evidenze relative al neonato umano (Turati et al., 2002). Sono stati testati pulcini nati all’interno del laboratorio da uova incubate e schiuse al buio. Durante le 24 ore successive alle schiusa i pulcini erano allevati in delle gabbie foderate di carta bianca opaca. L’unico stimolo fornito ai pulcini durante tale periodo di allevamento era un oggetto di imprinting artificiale, una sagoma di cartoncino arancione che aveva la stessa forma generale degli stimoli sperimentali poi usati in fase di test (la sagoma schematica di una testa su di un collo, creata da una forma ovoidale posta in cima ad una rettangolare), ma era privo di caratteristiche interne. L’oggetto di imprinting non poteva perciò fornire ai pulcini alcuna fonte di informazione relativa alla struttura interna di un volto. Al secondo giorno di vita i pulcini venivano testati tramite un compito di scelta spontanea nel quale ciascun pulcino doveva scegliere tra una di due configurazioni (stimoli di test) simultaneamente presenti alle due estremità di un apparato longitudinale. L’apparato di scelta era virtualmente diviso in tre settori, e all’inizio del test il pulcino veniva posto in quello centrale. Per avvicinare uno dei due stimoli sperimentali l’animale doveva lasciare il settore centrale dell’apparato ed entrare in uno dei due settori laterali, adiacenti agli stimoli. Per questa ragione l’ingresso e la permanenza del pulcino in uno dei due settori laterali era considerato un indice di preferenza per lo stimolo adiacente. Il test aveva una durata di 6 minuti. Gli stimoli impiegati erano identici all’oggetto di imprinting per forma, colore e dimensioni e differivano da esso per la presenza di tre blob neri che rappresentavano le caratteristiche interne di ciascuno stimolo. I due stimoli in ogni coppia oggetto del test differivano tra loro solo nella disposizione di tali elementi interni (in accordo con gli standard relativi agli stimoli usati in psicologia dello sviluppo per testare le preferenze per i volti). Cambiando la disposizione degli elementi interni era perciò possibile testare le preferenze dei pulcini per stimoli rappresentanti dei volti schematici rispetto a stimoli che non avevano la struttura di un volto, controllando al contempo il ruolo del “bias up-down”. Ciascun pulcino era testato soltanto una volta (partecipava perciò soltanto ad un esperimento ed era esposto solo ad una coppia di stimoli). Tramite questa procedura è stato possibile dimostrare che i pulcini preferiscono approcciare uno stimolo schematico rappresentante un volto (simile a quelli impiegati negli studi sui neonati della specie umana) rispetto ad un altro stimolo egualmente “top-heavy” ma non rappresentante un volto (Exp 1). Coerentemente con questo risultato, in un secondo esperimento i pulcini non hanno dimostrato alcun segno di preferenza per uno stimolo “top-heavy” rispetto ad uno “bottom-heavy”, quando nessuno dei due rappresentava un volto (Exp 2). Inoltre, in un ulteriore esperimento i pulcini hanno preferito stare vicino ad uno stimolo“bottom-heavy” rapprsentante un volto rispetto ad uno “top-heavy”, ma non avente la struttura di un volto (Exp 4). I risultati ottenuti in questo primo ciclo di esperimenti hanno perciò permesso di dimostrare che pulcini domestici privi di esperienza visiva al riguardo hanno una preferenza spontanea per stimoli schematici che ricordano la rappresentazione di volto teorizzata da Morton e Johnson (1991). Inoltre, la asimmetria verticale nella disposizione degli elementi interni (cioè il “bias up-down”, Simion et al., 2002; Turati et al., 2002) non sembra avere un ruolo cruciale nell’espressione di tale preferenza, almeno nella specie da noi testata. Ruolo delle frequenze spaziali componenti gli stimoli Negli ultimi decenni è stata tuttavia proposta anche un’altra interpretazione alternativa per spiegare le preferenze per i volti in opposizione al modello proposto da Morton e Johnson (1991). Tale interpretazione è basata sul cosiddetto linear system model (LSM, Kleiner, 1987). Secondo questa teoria (recentemente avvalorata dai risultati ottenuti tramite un modello neurale da Acerra, Burnod e de Schonen, 2002), i volti sarebbero osservati preferenzialmente dai neonati umani semplicemente perché composti dal range di frequenze spaziali più visibili per i neonati. In precedenti lavori esistenti in letteratura, sono stati impiegati stimoli controllati per proprietà quali la simmetria verticale o la presenza di struttura (Morton e Johnson, 1991; Farroni et al., 2005; Rosa Salva, Regolin e Vallortigara, 2009). Tali studi hanno generato sufficienti evidenze a proposito del ruolo di tali proprietà. Nella presente ricerca abbiamo perciò deciso di investigare il ruolo di un’altra proprietà potenzialmente rilevante, quale le frequenze spaziali componenti gli stimoli. L’uso di stimoli che equiparino le frequenze spaziali tra volti e stimoli di controllo è già uno standard accettato in lavori di neuroimmagine (Csibra et al., 2004; Blasi et al., 2007). Tuttavia, questo approccio non è stato ancora sistematicamente impiegato per l’investigazione di preferenze comportamentali in neonati umani e pulcini domestici. Abbiamo perciò deciso di colmare questo divario presente tra studi comportamentali e di neuroimmagine. In uno studio recente (Rosa Salva et al., sottomesso) siamo stati infatti in grado di dimostrare che neonati umani preferiscono guardare immagini di volti rispetto a stimoli che abbiano il medesimo contenuto in termini di frequenze spaziali. Nel Exp. 5 della mia tesi abbiamo perciò deciso di svolgere uno studio comparativo al fine di paragonare direttamente dati ottenuti in neonati umani e in pulcini privi di esperienza visiva, testati con procedure analoghe e stimoli identici. La procedura sperimentale era la medesima descritta nel paragrafo precedente, con l’eccezione che non veniva fornito alcun oggetto di imprinting ai pulcini. Gli stimoli consistevano in una fotografia a colori di un volto umano ed uno stimolo noise composto dalle medesime frequenze spaziali dello stimolo rappresentante un volto. In tale esperimento pulcini hanno dimostrato una chiara preferenza per lo stimolo rappresentante un volto. L’entità di tale preferenza era inoltre comparabile a quella precedentemente riscontrata nei neonati umani. Il risultato della presente ricerca dimostra che effetti analoghi possono essere ottenuti in pulcini domestici privi di esperienza relativa a dei volti, e neonati umani di pochi giorni di vita, poiché entrambe le specie hanno una preferenza per immagini rappresentanti dei volti. Inoltre, tale preferenza è in entrambe le specie indipendente dalle frequenze spaziali componenti gli stimoli. Perciò, questo studio estende ulteriormente le analogie esistenti tra risultati ottenuti nel neonato umano e nel pulcino domestico (Johnson e Horn, 1988; Morton e Johnson, 1991; Rosa Salva, Regolin e Vallortigara, 2009), confermando inoltre la validità del pulcino come modello animale per lo studio di problematiche originate nell’ambito della psicologia dello sviluppo. Infine, i risultati ottenuti mostrano che la preferenza per i volti osservata nei pulcini di pollo domestico è di tipo non specie specifico (infatti le preferenze dei pulcini potevano essere elicitate anche da un volto umano). Ciò conferma le evidenze precedenti che avevano suggerito la presenza di un template estremamente generico per la detezione dei volti in questa specie (Johnson e Horn, 1988). Effetti dell’inversione della polarità di contrasto Recentemente, è stato dimostrato che invertire la polarità di contrasto elimina le preferenze dei neonati umani per i volti schematici. La normale preferenza per i volti riemerge tuttavia aggiungendo un pupil-like-dot entro gli elementi schematici interni al volto (Farroni et al., 2005). Questi risultati sono stati interpretati come dovuti al fatto che il meccanismo responsabile delle preferenze per i volti è stato selezionato durante l’evoluzione al fine di identificare i volti come essi appaiono in condizioni di illuminazione naturale (ovvero dall’alto). Un simile meccanismo dovrebbe perciò essere sensibile al pattern di luci ed ombre che viene creato sui volti da tale tipo di illuminazione. In particolare, le aree degli occhi e della bocca sono rientranze ed appaiono perciò più scure delle aree circostanti. Per tale ragione i neonati non dovrebbero preferire stimoli rappresentanti dei volti ma aventi polarità di contrasto invertita, perché gli elementi interni del volto sarebbero in tale caso più chiari e non più scuri dello sfondo del volto stesso (Farroni et al., 2005). Abbiamo perciò deciso di studiare l’effetto dell’inversione della polarità di contrasto sulle preferenze per volti schematici che avevamo precedentemente dimostrato in pulcini di pollo domestico (Exp. 1). La procedura sperimentale era la stessa descritta per gli Exp. 1-4. Gli stimoli impiegati erano stati ottenuti manipolando quelli usati nell’Exp. 1 (nel quale era stata dimostrata una preferenza per lo stimolo rappresentante un volto) e consistevano in due configurazioni “top-heavy”, delle quali solo una rappresentante un volto. Nell’Exp. 6 sono state impiegate configurazioni identiche a quelle usate nel’Exp. 1, ma aventi opposta polarità di contrasto (tali configurazioni presentavano infatti tre blob più chiari, le caratteristiche interne del volto, disposti su di uno sfondo più scuro). In questo caso non veniva osservata alcuna preferenza. Nell’Exp. 7, seguendo la procedura di Farroni ed altri (2005), abbiamo introdotto un pupil-like-dot più scuro all’interno dei blob più chiari rappresentanti le caratteristiche interne dei due stimolo. Tale manipolazione era volta a far riemergere l’originaria preferenza per lo stimolo rappresentante il volto (che era stata osservata nell’Exp. 1 usando stimoli aventi “normale” polarità di contrasto). Al contrario, una preferenza per lo stimolo non rappresentante un volto sembrava essere presente nell’Exp. 7. Abbiamo interpretato tale risultato come dovuto al fatto che i pulcini sono spaventati in modo innato da stimoli che rassomiglino ad un paio di occhi di un potenziale predatore. Ciò è particolarmente vero per occhi aventi una pupilla scura su di un iride più chiaro, perché tali stimoli rassomigliano in modo particolare agli occhi di alcuni predatori (Gagliardi, Gallus e Boren, 1976). I pulcini da noi testati nell’Exp. 7 tenderebbero perciò ad evitare lo stimolo volto perché i suoi due elementi interni superiori rassomiglierebbero ad un paio di occhi di predatore. Tale ipotesi è stata testata nell’Exp. 8 accrescendo il rapporto tra le dimensioni di “iride” e “pupilla” fino a raggiungere il rapporto che risulta essere il più efficace nell’elicitare una risposta di paura nei pulcini (Gagliardi, Gallus e Boren, 1976). Tramite tale manipolazione sono stati ottenuti risultati che hanno confermato ed esteso quelli dell’esperimento precedente, dimostrando nuovamente una preferenza per lo stimolo non rappresentante un volto. Inoltre, nell’Exp. 9, è stata indagata la lateralizzazione cerebrale associata a tali effetti. A tal fine sono stati impiegati stimoli identici all’esperimento precedente, ma i pulcini sono stati testati in condizioni di visione monoculare (tale procedura è nella specie da noi impiegata efficace nel limitare l’elaborazione delle informazioni all’emisfero contralaterale all’occhio in uso). La nostra ipotesi era che la reazione di paura indotta dallo stimolo rappresentante un volto avrebbe dovuto essere più pronunciata nei pulcini aventi in uso l’emisfero destro (dominate nelle risposte di paura elicitate dallo sguardo di un potenziale predatore, Rosa Salva, Regolin e Vallortigara, 2007). Alcuni dei risultati ottenuti nell’Exp. 9 hanno supportato tale ipotesi. Come ulteriore controllo (Exp. 10) abbiamo inoltre presentato ai pulcini una coppia di stimoli aventi la normale polarità di contrasto attesa per un volto (cioè aventi elementi interni più scuri rispetto allo sfondo del volto), ma i cui elementi interni presentavano comunque una rassomiglianza con gli occhi di un potenziale predatore. Non è stata in questo caso osservata alcuna preferenza per uno dei due stimoli. Probabilmente ciò è stato dovuto alla compresenza simultanea di due tendenze opposte: la preferenza sociale per la configurazione rappresentante un volto (ora riemersa grazie alla normale polarità di contrasto) e la reazione di paura dovuta all’aspetto simile ad occhi degli elementi interni del volto. Infine, nell’Exp. 11, abbiamo testato pulcini monoculari usando stimoli identici a quelli impiegati nell’Exp. 10, al fine di studiare eventuali effetti di lateralizzazione cerebrale. In questo ultimo esperimento è emersa una tendenza opposta a quella osservata nell’Exp. 9. Infatti, i pulcini aventi in uso l’emisfero destro sembravano avere una preferenza per lo stimolo rappresentante un volto. Questo risultato non è così inaspettato come potrebbe sembrare, se si prendono in considerazione alcuni elementi. Per prima cosa, l’emisfero destro del pulcino non è solo dominante per le risposte di paura eleicitate dallo sguardo di un potenziale predatore, ma anche dominante per il riconoscimento dei partner sociali (review in Daisley et al., 2009). Inoltre, lo stimolo volto usato nell’Exp.11 risulta decisamente più efficace come stimolo sociale di quello usato nell’Exp. 9, poiché presenta la normale polarità di contrasto attesa per un volto. Ciò probabilmente ha fatto si che l’emisfero destro rilevasse la natura sociale di tale stimolo, piuttosto che la natura predatoria data dall’aspetto dei suoi elementi interni simili ad occhi. I risultati di tale ultimo ciclo di esperimenti mostrano come, in linea con le evidenze ottenute nel neonato della specie umana, l’inversione della polarità di contrasto sia efficace nel sopprimere le preferenze per i volti schematici nel pulcino domestico. Tuttavia, l’aggiunta di un pupil-like-dot più scuro entro gli elementi interni del volto ha effetto opposto nel pulcino rispetto alla specie umana. Infatti, nei pulcini tale manipolazione suscita una preferenza per lo stimolo non rappresentante un volto, probabilmente a causa di una reazione di tipo antipredatorio. Nel complesso i risultati da me ottenuti sono coerenti con la presenza nel pulcino di pollo domestico di un meccanismo innato per la detezione dei volti, basato su di una rappresentazione estremamente generica e schematica della struttura di un volto (come quella ipotizzata per CONSPEC, Morton e Johnson, 1991). Inoltre, contrariamente alle evidenze ottenute nel neonato umano (Turati et al., 2002), sembra che le preferenze espresse dai pulcini per i volti non siano influenzate dall’asimmetria nella disposizione degli elementi interni. D’altro canto, sembra che le preferenze per i volti, riscontrate sia nei pulcini che nei neonati umani (Rosa Salva et al., sottomesso), siano indipendenti dalle frequenze spaziali componenti gli stimoli. Similmente, in entrambe le specie l’inversione della polarità di contrasto elimina tali preferenze.
Early predispositions for social stimuli: the case of face perception
ROSA SALVA, ORSOLA
2010
Abstract
Sulla base di evidenze sperimentali ottenute in diverse specie animali è stato teorizzato che i piccoli di alcuni vertebrati possano avere predisposizioni precoci o innate per prestare attenzione alla regione della testa e del volto dei conspecifici (o di altri animali che ne condividano la struttura generale) (Johnson e Horn 1988; Morton e Johnson, 1991; Sugita 2008). In particolare è stato teorizzato che tali predisposizioni siano (i) di natura dominio-specifica in quanto altri stimoli presenti in ambiente naturale non attraggono l’attenzione con la stessa efficacia dei volti, (ii) non siano basate su fenomeni di apprendimento precoce, ma piuttosto siano presenti sin dal momento della nascita/schiusa, e (iii) siano mediate da sistemi neurali filogeneticamente antichi comuni a diverse specie di vertebrati. Una delle principali critiche ai lavori che hanno dimostrato la presenza di preferenze dominio-specifiche per i volti nei neonati della specie umana è legata al fatto che, per lo più, tali lavori abbiano testato neonati di alcune ore di vita. Per tale ragione non è mai stato possibile escludere il fatto che le preferenze per i volti riscontrate nei neonati fossero dovute in realtà ad effetti di apprendimento legati all’esperienza avuta dai neonati stessi con i volti (Nelson, 2001). Tale critica può essere tuttavia aggirata da studi che impieghino pulcini di pollo domestico, deprivati di esperienza visiva riguardo ai volti, come modello animale per investigare la presenza di preferenze spontanee per i volti. Lo scopo del mio lavoro di tesi è perciò quello di investigare da una nuova prospettiva ed usando un modello animale (il pulcino domestico) un problema a lungo dibattuto in letteratura: ovvero la specificità o non specificità dei fattori percettivi coinvolti nelle preferenze per i volti. Un tema centrale nelle scienze cognitive è rappresentato dalle modalità con le quali il cervello elabora la conoscenza relativa a degli specifici domini, come ad esempio l’informazione visiva riguardante i volti. Alcune evidenze presenti in letteratura sembrano indicare che i volti siano processati da circuiti cerebrali specificamente dedicati sia nell’uomo, che probabilmente negli animali. Questa idea è anche coerente con le incredibili capacità di elaborazione che la nostra specie dimostra per le informazioni relative ai volti. Sembra perciò plausibile che, a casa della rilevanza dei volti per la vita sociale, la selezione naturale abbia portato all’evoluzione di meccanismi specifici deputati all’elaborazione dei volti e disponibili in modo non appreso. Infatti, numerosi studi hanno dimostrato che neonati umani di poche ore o minuti di vita preferiscono guardare uno stimolo schematico rappresentante un volto rispetto ad uno stimolo simile in cui i medesimi elementi interni componenti il volto sono presentati in posizioni scrambled o capovolte (Morton e Johnson, 1991). Secondo il modello proposto da Morton e Johnson (1991), questi risultati indicherebbero che i neonati umani preferiscono osservare qualsiasi stimolo che presenti la peculiare struttura di un volto, grazie ad un meccanismo innato per la detezione dei volti (CONSPEC), il quale conterrebbe una rappresentazione della struttura di un volto e della disposizione spaziale delle sue componenti interne. Tale rappresentazione potrebbe semplicemente comprendere la presenza di tre aree più scure su fondo chiaro poste in corrispondenza dei vertici di un invisibile triangolo rovesciato, ovvero in posizioni corrispondenti ad occhi e bocca di un volto. In linea con il modello proposto da Morton e Johnson (1991) anche i pulcini di pollo domestico sembrano possedere una rappresentazione innata dell’aspetto di un con specifico o di un oggetto sociale in generale. Tale rappresentazione guiderebbe il processo di apprendimento noto come imprinting, assicurando che l’animale sviluppi attaccamento per un appropriato compagno sociale e non per un qualsiasi oggetto inanimato presente nell’ambiente. In particolare la rappresentazione di oggetto sociale in possesso dei pulcini includerebbe una generica e schematica descrizione strutturale relativa alla configurazione formata dagli elementi presenti nella regione della testa e del collo di un vertebrato (Johnson e Horn, 1988). E’ stato perciò teorizzato che lo stesso meccanismo descritto per spiegare le preferenze per i volti nei neonati umani (CONSPEC) stia alla base delle preferenze dimostrate dai pulcini privi di esperienza visiva (Morton e Johnson, 1991). Tuttavia, nella letteratura relativa alla psicologia dello sviluppo è stato spesso dibattuto se le preferenze per i volti riscontrate nei neonati della specie umana non siano semplicemente un effetto secondario di un qualche generico bias aspecifico, invece che essere determinate da una preferenza di tipo dominio-specifico per i volti. Questo tipo di preferenza dominio generale dirigerebbe l’attenzione del bambino verso qualsiasi stimolo che presenti un certo attributo fisico, a prescindere dal fatto che tale stimolo sia un volto oppure no (Acerra, Burnod e de Schonen, 2002; Kleiner, 1987; Macchi Cassia et al., 2008; Simion et al., 2002; Turati et al., 2002). Nel mio lavoro di tesi ho perciò deciso di investigare il ruolo di tre proprietà percettive (considerate influenti nella letteratura sulle preferenze per i volti nel neonati umano) nel determinare le preferenze espresse da pulcini di pollo domestico privi di esperienza visiva relativamente a dei volti. Ruolo dell’asimmetria verticale nella distribuzione degli elementi interni Recentemente, in psicologia dello sviluppo, è stato teorizzato che le preferenze dimostrate dai neonati umani per i volti potrebbero essere un effetto secondario determinato da dei bias attentivi di tipo non specifico, dovuti alle limitate capacità del sistema visivo immaturo. In particolare, Turati ed altri (2002) hanno prodotto dati a favore della teoria secondo la quale le preferenze per i volti sarebbero determinate dal cosiddetto “bias up-down” (Simion et al., 2002). Tale bias dirige l’attenzione del neonato verso qualsiasi configurazione che presenti più elementi nella metà superiore dello stimolo (ovvero verso qualsiasi configurazione di tipo “top-heavy”, in opposizione alle configurazioni “bottom-heavy” che presentano più elementi nella parte inferiore). Abbiamo perciò deciso di verificare se pulcini di pollo domestico privi di esperienza visiva relativa ai volti avessero una preferenza spontanea per stimoli rappresentanti volti schematici o per configurazioni di tipo “top-heavy” e se una eventuale preferenza per i volti fosse determinata dal “bias up-down”, come suggerito dalle evidenze relative al neonato umano (Turati et al., 2002). Sono stati testati pulcini nati all’interno del laboratorio da uova incubate e schiuse al buio. Durante le 24 ore successive alle schiusa i pulcini erano allevati in delle gabbie foderate di carta bianca opaca. L’unico stimolo fornito ai pulcini durante tale periodo di allevamento era un oggetto di imprinting artificiale, una sagoma di cartoncino arancione che aveva la stessa forma generale degli stimoli sperimentali poi usati in fase di test (la sagoma schematica di una testa su di un collo, creata da una forma ovoidale posta in cima ad una rettangolare), ma era privo di caratteristiche interne. L’oggetto di imprinting non poteva perciò fornire ai pulcini alcuna fonte di informazione relativa alla struttura interna di un volto. Al secondo giorno di vita i pulcini venivano testati tramite un compito di scelta spontanea nel quale ciascun pulcino doveva scegliere tra una di due configurazioni (stimoli di test) simultaneamente presenti alle due estremità di un apparato longitudinale. L’apparato di scelta era virtualmente diviso in tre settori, e all’inizio del test il pulcino veniva posto in quello centrale. Per avvicinare uno dei due stimoli sperimentali l’animale doveva lasciare il settore centrale dell’apparato ed entrare in uno dei due settori laterali, adiacenti agli stimoli. Per questa ragione l’ingresso e la permanenza del pulcino in uno dei due settori laterali era considerato un indice di preferenza per lo stimolo adiacente. Il test aveva una durata di 6 minuti. Gli stimoli impiegati erano identici all’oggetto di imprinting per forma, colore e dimensioni e differivano da esso per la presenza di tre blob neri che rappresentavano le caratteristiche interne di ciascuno stimolo. I due stimoli in ogni coppia oggetto del test differivano tra loro solo nella disposizione di tali elementi interni (in accordo con gli standard relativi agli stimoli usati in psicologia dello sviluppo per testare le preferenze per i volti). Cambiando la disposizione degli elementi interni era perciò possibile testare le preferenze dei pulcini per stimoli rappresentanti dei volti schematici rispetto a stimoli che non avevano la struttura di un volto, controllando al contempo il ruolo del “bias up-down”. Ciascun pulcino era testato soltanto una volta (partecipava perciò soltanto ad un esperimento ed era esposto solo ad una coppia di stimoli). Tramite questa procedura è stato possibile dimostrare che i pulcini preferiscono approcciare uno stimolo schematico rappresentante un volto (simile a quelli impiegati negli studi sui neonati della specie umana) rispetto ad un altro stimolo egualmente “top-heavy” ma non rappresentante un volto (Exp 1). Coerentemente con questo risultato, in un secondo esperimento i pulcini non hanno dimostrato alcun segno di preferenza per uno stimolo “top-heavy” rispetto ad uno “bottom-heavy”, quando nessuno dei due rappresentava un volto (Exp 2). Inoltre, in un ulteriore esperimento i pulcini hanno preferito stare vicino ad uno stimolo“bottom-heavy” rapprsentante un volto rispetto ad uno “top-heavy”, ma non avente la struttura di un volto (Exp 4). I risultati ottenuti in questo primo ciclo di esperimenti hanno perciò permesso di dimostrare che pulcini domestici privi di esperienza visiva al riguardo hanno una preferenza spontanea per stimoli schematici che ricordano la rappresentazione di volto teorizzata da Morton e Johnson (1991). Inoltre, la asimmetria verticale nella disposizione degli elementi interni (cioè il “bias up-down”, Simion et al., 2002; Turati et al., 2002) non sembra avere un ruolo cruciale nell’espressione di tale preferenza, almeno nella specie da noi testata. Ruolo delle frequenze spaziali componenti gli stimoli Negli ultimi decenni è stata tuttavia proposta anche un’altra interpretazione alternativa per spiegare le preferenze per i volti in opposizione al modello proposto da Morton e Johnson (1991). Tale interpretazione è basata sul cosiddetto linear system model (LSM, Kleiner, 1987). Secondo questa teoria (recentemente avvalorata dai risultati ottenuti tramite un modello neurale da Acerra, Burnod e de Schonen, 2002), i volti sarebbero osservati preferenzialmente dai neonati umani semplicemente perché composti dal range di frequenze spaziali più visibili per i neonati. In precedenti lavori esistenti in letteratura, sono stati impiegati stimoli controllati per proprietà quali la simmetria verticale o la presenza di struttura (Morton e Johnson, 1991; Farroni et al., 2005; Rosa Salva, Regolin e Vallortigara, 2009). Tali studi hanno generato sufficienti evidenze a proposito del ruolo di tali proprietà. Nella presente ricerca abbiamo perciò deciso di investigare il ruolo di un’altra proprietà potenzialmente rilevante, quale le frequenze spaziali componenti gli stimoli. L’uso di stimoli che equiparino le frequenze spaziali tra volti e stimoli di controllo è già uno standard accettato in lavori di neuroimmagine (Csibra et al., 2004; Blasi et al., 2007). Tuttavia, questo approccio non è stato ancora sistematicamente impiegato per l’investigazione di preferenze comportamentali in neonati umani e pulcini domestici. Abbiamo perciò deciso di colmare questo divario presente tra studi comportamentali e di neuroimmagine. In uno studio recente (Rosa Salva et al., sottomesso) siamo stati infatti in grado di dimostrare che neonati umani preferiscono guardare immagini di volti rispetto a stimoli che abbiano il medesimo contenuto in termini di frequenze spaziali. Nel Exp. 5 della mia tesi abbiamo perciò deciso di svolgere uno studio comparativo al fine di paragonare direttamente dati ottenuti in neonati umani e in pulcini privi di esperienza visiva, testati con procedure analoghe e stimoli identici. La procedura sperimentale era la medesima descritta nel paragrafo precedente, con l’eccezione che non veniva fornito alcun oggetto di imprinting ai pulcini. Gli stimoli consistevano in una fotografia a colori di un volto umano ed uno stimolo noise composto dalle medesime frequenze spaziali dello stimolo rappresentante un volto. In tale esperimento pulcini hanno dimostrato una chiara preferenza per lo stimolo rappresentante un volto. L’entità di tale preferenza era inoltre comparabile a quella precedentemente riscontrata nei neonati umani. Il risultato della presente ricerca dimostra che effetti analoghi possono essere ottenuti in pulcini domestici privi di esperienza relativa a dei volti, e neonati umani di pochi giorni di vita, poiché entrambe le specie hanno una preferenza per immagini rappresentanti dei volti. Inoltre, tale preferenza è in entrambe le specie indipendente dalle frequenze spaziali componenti gli stimoli. Perciò, questo studio estende ulteriormente le analogie esistenti tra risultati ottenuti nel neonato umano e nel pulcino domestico (Johnson e Horn, 1988; Morton e Johnson, 1991; Rosa Salva, Regolin e Vallortigara, 2009), confermando inoltre la validità del pulcino come modello animale per lo studio di problematiche originate nell’ambito della psicologia dello sviluppo. Infine, i risultati ottenuti mostrano che la preferenza per i volti osservata nei pulcini di pollo domestico è di tipo non specie specifico (infatti le preferenze dei pulcini potevano essere elicitate anche da un volto umano). Ciò conferma le evidenze precedenti che avevano suggerito la presenza di un template estremamente generico per la detezione dei volti in questa specie (Johnson e Horn, 1988). Effetti dell’inversione della polarità di contrasto Recentemente, è stato dimostrato che invertire la polarità di contrasto elimina le preferenze dei neonati umani per i volti schematici. La normale preferenza per i volti riemerge tuttavia aggiungendo un pupil-like-dot entro gli elementi schematici interni al volto (Farroni et al., 2005). Questi risultati sono stati interpretati come dovuti al fatto che il meccanismo responsabile delle preferenze per i volti è stato selezionato durante l’evoluzione al fine di identificare i volti come essi appaiono in condizioni di illuminazione naturale (ovvero dall’alto). Un simile meccanismo dovrebbe perciò essere sensibile al pattern di luci ed ombre che viene creato sui volti da tale tipo di illuminazione. In particolare, le aree degli occhi e della bocca sono rientranze ed appaiono perciò più scure delle aree circostanti. Per tale ragione i neonati non dovrebbero preferire stimoli rappresentanti dei volti ma aventi polarità di contrasto invertita, perché gli elementi interni del volto sarebbero in tale caso più chiari e non più scuri dello sfondo del volto stesso (Farroni et al., 2005). Abbiamo perciò deciso di studiare l’effetto dell’inversione della polarità di contrasto sulle preferenze per volti schematici che avevamo precedentemente dimostrato in pulcini di pollo domestico (Exp. 1). La procedura sperimentale era la stessa descritta per gli Exp. 1-4. Gli stimoli impiegati erano stati ottenuti manipolando quelli usati nell’Exp. 1 (nel quale era stata dimostrata una preferenza per lo stimolo rappresentante un volto) e consistevano in due configurazioni “top-heavy”, delle quali solo una rappresentante un volto. Nell’Exp. 6 sono state impiegate configurazioni identiche a quelle usate nel’Exp. 1, ma aventi opposta polarità di contrasto (tali configurazioni presentavano infatti tre blob più chiari, le caratteristiche interne del volto, disposti su di uno sfondo più scuro). In questo caso non veniva osservata alcuna preferenza. Nell’Exp. 7, seguendo la procedura di Farroni ed altri (2005), abbiamo introdotto un pupil-like-dot più scuro all’interno dei blob più chiari rappresentanti le caratteristiche interne dei due stimolo. Tale manipolazione era volta a far riemergere l’originaria preferenza per lo stimolo rappresentante il volto (che era stata osservata nell’Exp. 1 usando stimoli aventi “normale” polarità di contrasto). Al contrario, una preferenza per lo stimolo non rappresentante un volto sembrava essere presente nell’Exp. 7. Abbiamo interpretato tale risultato come dovuto al fatto che i pulcini sono spaventati in modo innato da stimoli che rassomiglino ad un paio di occhi di un potenziale predatore. Ciò è particolarmente vero per occhi aventi una pupilla scura su di un iride più chiaro, perché tali stimoli rassomigliano in modo particolare agli occhi di alcuni predatori (Gagliardi, Gallus e Boren, 1976). I pulcini da noi testati nell’Exp. 7 tenderebbero perciò ad evitare lo stimolo volto perché i suoi due elementi interni superiori rassomiglierebbero ad un paio di occhi di predatore. Tale ipotesi è stata testata nell’Exp. 8 accrescendo il rapporto tra le dimensioni di “iride” e “pupilla” fino a raggiungere il rapporto che risulta essere il più efficace nell’elicitare una risposta di paura nei pulcini (Gagliardi, Gallus e Boren, 1976). Tramite tale manipolazione sono stati ottenuti risultati che hanno confermato ed esteso quelli dell’esperimento precedente, dimostrando nuovamente una preferenza per lo stimolo non rappresentante un volto. Inoltre, nell’Exp. 9, è stata indagata la lateralizzazione cerebrale associata a tali effetti. A tal fine sono stati impiegati stimoli identici all’esperimento precedente, ma i pulcini sono stati testati in condizioni di visione monoculare (tale procedura è nella specie da noi impiegata efficace nel limitare l’elaborazione delle informazioni all’emisfero contralaterale all’occhio in uso). La nostra ipotesi era che la reazione di paura indotta dallo stimolo rappresentante un volto avrebbe dovuto essere più pronunciata nei pulcini aventi in uso l’emisfero destro (dominate nelle risposte di paura elicitate dallo sguardo di un potenziale predatore, Rosa Salva, Regolin e Vallortigara, 2007). Alcuni dei risultati ottenuti nell’Exp. 9 hanno supportato tale ipotesi. Come ulteriore controllo (Exp. 10) abbiamo inoltre presentato ai pulcini una coppia di stimoli aventi la normale polarità di contrasto attesa per un volto (cioè aventi elementi interni più scuri rispetto allo sfondo del volto), ma i cui elementi interni presentavano comunque una rassomiglianza con gli occhi di un potenziale predatore. Non è stata in questo caso osservata alcuna preferenza per uno dei due stimoli. Probabilmente ciò è stato dovuto alla compresenza simultanea di due tendenze opposte: la preferenza sociale per la configurazione rappresentante un volto (ora riemersa grazie alla normale polarità di contrasto) e la reazione di paura dovuta all’aspetto simile ad occhi degli elementi interni del volto. Infine, nell’Exp. 11, abbiamo testato pulcini monoculari usando stimoli identici a quelli impiegati nell’Exp. 10, al fine di studiare eventuali effetti di lateralizzazione cerebrale. In questo ultimo esperimento è emersa una tendenza opposta a quella osservata nell’Exp. 9. Infatti, i pulcini aventi in uso l’emisfero destro sembravano avere una preferenza per lo stimolo rappresentante un volto. Questo risultato non è così inaspettato come potrebbe sembrare, se si prendono in considerazione alcuni elementi. Per prima cosa, l’emisfero destro del pulcino non è solo dominante per le risposte di paura eleicitate dallo sguardo di un potenziale predatore, ma anche dominante per il riconoscimento dei partner sociali (review in Daisley et al., 2009). Inoltre, lo stimolo volto usato nell’Exp.11 risulta decisamente più efficace come stimolo sociale di quello usato nell’Exp. 9, poiché presenta la normale polarità di contrasto attesa per un volto. Ciò probabilmente ha fatto si che l’emisfero destro rilevasse la natura sociale di tale stimolo, piuttosto che la natura predatoria data dall’aspetto dei suoi elementi interni simili ad occhi. I risultati di tale ultimo ciclo di esperimenti mostrano come, in linea con le evidenze ottenute nel neonato della specie umana, l’inversione della polarità di contrasto sia efficace nel sopprimere le preferenze per i volti schematici nel pulcino domestico. Tuttavia, l’aggiunta di un pupil-like-dot più scuro entro gli elementi interni del volto ha effetto opposto nel pulcino rispetto alla specie umana. Infatti, nei pulcini tale manipolazione suscita una preferenza per lo stimolo non rappresentante un volto, probabilmente a causa di una reazione di tipo antipredatorio. Nel complesso i risultati da me ottenuti sono coerenti con la presenza nel pulcino di pollo domestico di un meccanismo innato per la detezione dei volti, basato su di una rappresentazione estremamente generica e schematica della struttura di un volto (come quella ipotizzata per CONSPEC, Morton e Johnson, 1991). Inoltre, contrariamente alle evidenze ottenute nel neonato umano (Turati et al., 2002), sembra che le preferenze espresse dai pulcini per i volti non siano influenzate dall’asimmetria nella disposizione degli elementi interni. D’altro canto, sembra che le preferenze per i volti, riscontrate sia nei pulcini che nei neonati umani (Rosa Salva et al., sottomesso), siano indipendenti dalle frequenze spaziali componenti gli stimoli. Similmente, in entrambe le specie l’inversione della polarità di contrasto elimina tali preferenze.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/118336
URN:NBN:IT:UNIPD-118336