Nell’ultimo decennio, l’uso di marcatori molecolari in grado di rilevare polimorfismi a livello del DNA ha acquisito sempre maggiore importanza nella genetica e nello studio delle popolazioni animali. I microsatelliti sono i più diffusamente impiegati, per la loro facilità d’impiego e il loro elevato polimorfismo, che li rende altamente informativi. I marcatori sono strumenti interessanti ed utili per evidenziare la variabilità genetica di specie, razze e popolazioni, per indagare la struttura delle popolazioni, per determinare distanze genetiche fra razze e individui e anche per la definizione di metodi di tracciabilità genetica al fine di identificare l’origine di prodotti animali destinati all’uomo, questione di particolare importanza data l’esigenza oramai diffusa di sicurezza da parte del consumatore. Essi sono decisivi per la costruzione di mappe genetiche e fisiche e sono sempre più studiati e impiegati a sostegno dei piani di selezione e conservazione. Consentono inoltre l’applicazione di test di paternità e maternità, e possono quindi contribuire al controllo delle informazioni genealogiche. L’obiettivo generale di questo lavoro è stato l’applicazione dell’analisi con microsatelliti ad una popolazione naturale di capriolo distribuita sul territorio delle province di Trento e Belluno, con l’individuazione di nuclei di sottopopolazioni da poter, eventualmente, utilizzare a fini gestionali. Infine, è stata condotta un’indagine sull’interazione fra le caratteristiche del paesaggio e la struttura genetica delle (sotto)popolazioni di capriolo identificate. Il primo contributo sperimentale comprende la messa a punto di un panel di 25 marcatori molecolari microsatellite per il capriolo (Capreolus capreolus) e la sua applicazione per l’identificazione della struttura genetica della popolazione di capriolo nelle province di Trento e Belluno, nelle Alpi orientali. La popolazione di capriolo è stata caratterizzata geneticamente per stabilire il livello di diversità genetica e per ricercare evidenze di un’eventuale strutturazione interna. Sono stati analizzati 657 campioni provenienti da capi abbattuti nelle province di Trento e Belluno nel corso delle stagioni venatorie 2003-2004 (per i campioni di Belluno) 2007-2008 e 2008-2009 (per i campioni di Trento). La caratterizzazione genetica effettuata sul campione analizzato ha dimostrato un forte deficit di eterozigosi. Sono stati applicati diversi approcci statistici per l’identificazione di eventuali sottopopolazioni e per l’identificazione di ipotetiche barriere. L’applicazione di un approccio statistico di tipo Bayesiano, utilizzando i software STRUCTURE e GENELAND, ha consentito di rilevare la presenza di sette sottopopolazioni, spazialmente separate, nell’intera area di studio. L’identificazione di ipotetiche barriere è stata effettuata tramite l’analisi delle componenti principali (PCA), utilizzando il software SURFER. Il secondo contributo sperimentale rappresenta un’applicazione della disciplina denominata “landscape genetics”, che consiste nello studio dell’interazione fra le caratteristiche del paesaggio e processi microevolutivi quali il flusso genico, la deriva genetica e la selezione. L’associazione fra struttura genetica e conformazione del territorio è stata quindi ulteriormente approfondita nel tentativo di identificare le variabili che hanno un ruolo maggiore nell’influenzare il flusso genico. Sono state calcolate tra ogni coppia di individui due tipi di distanze geografiche: la distanza euclidea (la lunghezza della linea retta che unisce un individuo ad un altro) e la distanza di minimo costo (la traiettoria che massimizza l'utilizzo dei corridoi di bosco per spostarsi da un luogo ad un altro). Sono state, successivamente, calcolate entro ciascuna popolazione le correlazioni fra le matrici di distanza genetica ottenute con GENEPOP e le corrispondenti matrici di distanze geografiche utilizzando due approcci statistici, il Mantel test e il Partial Mantel test. Queste correlazioni sono state verificate andando a considerare vari modelli del paesaggio, che hanno preso in considerazione diversi parametri quali la presenza di bosco, la presenza di insediamenti urbani, ecc. I risultati hanno dimostrato che tutte queste variabili incidono sulla connettività della popolazione. E’ stato messo in rilievo, inoltre, un differente impatto della struttura del territorio sui due sessi. Purtroppo, l'esiguo numero totale di femmine disponibili per ogni sotto-popolazione ha impedito un'adeguata analisi di questi sotto-campioni e il suo confronto con gli altri.. In conclusione, i risultati di questo lavoro hanno messo in luce, entro un’area geograficamente abbastanza limitata, l’esistenza di 7 sottopopolazioni di capriolo spazialmente separate che possono essere la base per la definizione di unità di gestione su base ecologica e non amministrativa. Inoltre, hanno fornito indicazioni a scala di paesaggio sulle relazioni fra la specie e l’uso e la morfologia del suolo. Da un punto di vista generale, inoltre, possiamo concludere che questo approccio è sicuramente molto promettente sia per studiare la struttura genetica e spaziale, e quindi evolutiva, delle popolazioni di animali selvatici, sia per affrontare con un criterio innovativo le relazioni fauna-ambiente. Il campionamento, se si tratta di specie cacciabili, è semplice e con costi modesti si possono ottenere numerosità consistenti. La possibilità di georeferenziare la localizzazione del singolo campione e di descrivere l’ambiente con strumenti di tipo GIS permette poi di collegare le informazioni genetiche a quelle ambientali e spaziali. Con l’ormai consolidata disponibilità di software GIS e basi cartografiche approfondite, e con la prevedibile diminuzione dei costi e l’affinamento delle indagini sui marcatori genetici molecolari, le applicazioni di landscape genetics potranno certamente estendersi e fornire indicazioni sulla storia recente, sugli scambi genetici e sulla dipendenza dai fattori ambientali delle popolazioni selvatiche.
Applications of landscape genetics for wildlife conservation and management
VALVO, GIUSEPPE
2011
Abstract
Nell’ultimo decennio, l’uso di marcatori molecolari in grado di rilevare polimorfismi a livello del DNA ha acquisito sempre maggiore importanza nella genetica e nello studio delle popolazioni animali. I microsatelliti sono i più diffusamente impiegati, per la loro facilità d’impiego e il loro elevato polimorfismo, che li rende altamente informativi. I marcatori sono strumenti interessanti ed utili per evidenziare la variabilità genetica di specie, razze e popolazioni, per indagare la struttura delle popolazioni, per determinare distanze genetiche fra razze e individui e anche per la definizione di metodi di tracciabilità genetica al fine di identificare l’origine di prodotti animali destinati all’uomo, questione di particolare importanza data l’esigenza oramai diffusa di sicurezza da parte del consumatore. Essi sono decisivi per la costruzione di mappe genetiche e fisiche e sono sempre più studiati e impiegati a sostegno dei piani di selezione e conservazione. Consentono inoltre l’applicazione di test di paternità e maternità, e possono quindi contribuire al controllo delle informazioni genealogiche. L’obiettivo generale di questo lavoro è stato l’applicazione dell’analisi con microsatelliti ad una popolazione naturale di capriolo distribuita sul territorio delle province di Trento e Belluno, con l’individuazione di nuclei di sottopopolazioni da poter, eventualmente, utilizzare a fini gestionali. Infine, è stata condotta un’indagine sull’interazione fra le caratteristiche del paesaggio e la struttura genetica delle (sotto)popolazioni di capriolo identificate. Il primo contributo sperimentale comprende la messa a punto di un panel di 25 marcatori molecolari microsatellite per il capriolo (Capreolus capreolus) e la sua applicazione per l’identificazione della struttura genetica della popolazione di capriolo nelle province di Trento e Belluno, nelle Alpi orientali. La popolazione di capriolo è stata caratterizzata geneticamente per stabilire il livello di diversità genetica e per ricercare evidenze di un’eventuale strutturazione interna. Sono stati analizzati 657 campioni provenienti da capi abbattuti nelle province di Trento e Belluno nel corso delle stagioni venatorie 2003-2004 (per i campioni di Belluno) 2007-2008 e 2008-2009 (per i campioni di Trento). La caratterizzazione genetica effettuata sul campione analizzato ha dimostrato un forte deficit di eterozigosi. Sono stati applicati diversi approcci statistici per l’identificazione di eventuali sottopopolazioni e per l’identificazione di ipotetiche barriere. L’applicazione di un approccio statistico di tipo Bayesiano, utilizzando i software STRUCTURE e GENELAND, ha consentito di rilevare la presenza di sette sottopopolazioni, spazialmente separate, nell’intera area di studio. L’identificazione di ipotetiche barriere è stata effettuata tramite l’analisi delle componenti principali (PCA), utilizzando il software SURFER. Il secondo contributo sperimentale rappresenta un’applicazione della disciplina denominata “landscape genetics”, che consiste nello studio dell’interazione fra le caratteristiche del paesaggio e processi microevolutivi quali il flusso genico, la deriva genetica e la selezione. L’associazione fra struttura genetica e conformazione del territorio è stata quindi ulteriormente approfondita nel tentativo di identificare le variabili che hanno un ruolo maggiore nell’influenzare il flusso genico. Sono state calcolate tra ogni coppia di individui due tipi di distanze geografiche: la distanza euclidea (la lunghezza della linea retta che unisce un individuo ad un altro) e la distanza di minimo costo (la traiettoria che massimizza l'utilizzo dei corridoi di bosco per spostarsi da un luogo ad un altro). Sono state, successivamente, calcolate entro ciascuna popolazione le correlazioni fra le matrici di distanza genetica ottenute con GENEPOP e le corrispondenti matrici di distanze geografiche utilizzando due approcci statistici, il Mantel test e il Partial Mantel test. Queste correlazioni sono state verificate andando a considerare vari modelli del paesaggio, che hanno preso in considerazione diversi parametri quali la presenza di bosco, la presenza di insediamenti urbani, ecc. I risultati hanno dimostrato che tutte queste variabili incidono sulla connettività della popolazione. E’ stato messo in rilievo, inoltre, un differente impatto della struttura del territorio sui due sessi. Purtroppo, l'esiguo numero totale di femmine disponibili per ogni sotto-popolazione ha impedito un'adeguata analisi di questi sotto-campioni e il suo confronto con gli altri.. In conclusione, i risultati di questo lavoro hanno messo in luce, entro un’area geograficamente abbastanza limitata, l’esistenza di 7 sottopopolazioni di capriolo spazialmente separate che possono essere la base per la definizione di unità di gestione su base ecologica e non amministrativa. Inoltre, hanno fornito indicazioni a scala di paesaggio sulle relazioni fra la specie e l’uso e la morfologia del suolo. Da un punto di vista generale, inoltre, possiamo concludere che questo approccio è sicuramente molto promettente sia per studiare la struttura genetica e spaziale, e quindi evolutiva, delle popolazioni di animali selvatici, sia per affrontare con un criterio innovativo le relazioni fauna-ambiente. Il campionamento, se si tratta di specie cacciabili, è semplice e con costi modesti si possono ottenere numerosità consistenti. La possibilità di georeferenziare la localizzazione del singolo campione e di descrivere l’ambiente con strumenti di tipo GIS permette poi di collegare le informazioni genetiche a quelle ambientali e spaziali. Con l’ormai consolidata disponibilità di software GIS e basi cartografiche approfondite, e con la prevedibile diminuzione dei costi e l’affinamento delle indagini sui marcatori genetici molecolari, le applicazioni di landscape genetics potranno certamente estendersi e fornire indicazioni sulla storia recente, sugli scambi genetici e sulla dipendenza dai fattori ambientali delle popolazioni selvatiche.File | Dimensione | Formato | |
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URN:NBN:IT:UNIPD-118376