La presente tesi verte sull’analisi di un filone del romanzo francese dell’Ottocento che ha al suo centro il tema della creazione pittorica e, in particolare, del fallimento del pittore. Tale tema è già stato interpretato dalla critica come una delle risposte che il letterato oppone all’allontanamento delle due arti sorelle – pittura e letteratura –, dovuto all’eclissi della secolare dottrina dell’ut pictura poesis. Questo lavoro intende dimostrare come tale principio teorico sopravviva anche dopo la pubblicazione del Laocoonte di Lessing (1766), l’opera cui tradizionalmente viene fatta risalire la definitiva separazione tra gli ambiti della creazione letteraria e di quella pittorica. È proprio nel romanzo incentrato sulla creazione pittorica che il presente lavoro identifica il terreno su cui il principio dell’ut pictura poesis in realtà continua a prolificare, almeno nei suoi tratti essenziali. Tra questi ultimi sono stati individuati e analizzati in particolare l’opposizione tra disegno e colore, e la supremazia della letteratura sulla pittura. Per quanto concerne la querelle du coloris, in questa tesi si dimostra che gli stereotipi attribuiti al colore nel corso di tale diatriba hanno contribuito alla formazione, all’interno delle opere analizzate, di uno stretto legame tra l’elemento cromatico e il demoniaco o la follia. La capacità di dare la vita, da sempre attribuita al colore, viene così relegata alla produzione di vere e proprie ossessioni del creatore. L’altro caposaldo dell’ut pictura poesis, ovvero la supremazia dell’arte letteraria su quella pittorica, viene indagato attraverso diverse piste d’analisi. Esso è stato innanzitutto ricercato nei rapporti che il pittore protagonista intrattiene con il proprio autore e con gli altri personaggi dei testi analizzati. Si è quindi evidenziato, secondo studi critici precedenti, come il pittore costituisca l’alter ego del suo creatore, il quale espia le proprie pulsioni pericolose attraverso la mise à mort della sua creatura. Il confronto tra i personaggi ha messo in luce la frequente presenza, accanto al pittore protagonista, di una figura, anch’essa artista, pittore o letterato, che si pone come guida e mediatore tra il personaggio principale e il suo pubblico, essendo quest’ultimo incapace di comprendere e accettare le innovazioni apportate dal protagonista nell’ambito della propria arte. Tale figura d’intermediario riunisce il nuovo ruolo di critico d’arte che il letterato si è ritagliato nella società moderna e la sua antica funzione di guida del pittore, testimoniando al contempo una nostalgia letteraria dell’antica egemonia della poesia sulla pittura. Inoltre, questo stesso personaggio rappresenta un’ulteriore emanazione della personalità dell’autore, ma, in questo caso, non più dei suoi tratti oscuri, bensì di quelli più rassegnati e socialmente accettabili. Di conseguenza, nel corso della trattazione non solo si riconosce una velata superiorità del personaggio-guida – ovvero del personaggio-scrittore, quando presente nella narrazione –, ma si propone inoltre di sostituire il termine comunemente utilizzato di alter ego, con Altro Es, da attribuire al protagonista, e Altro Io, corrispondente al personaggio-guida. La persistenza dell’idea della supremazia della letteratura sulla pittura viene rinvenuta anche nell’ambito delle scelte stilistiche degli autori, oltre che in altri aspetti significativi dei romanzi analizzati, che riflettono chiaramente la rivalità tra le due arti. Esse sono infatti costantemente messe in contrapposizione attraverso le figure dei loro rispettivi rappresentanti fittizi o, in alcuni casi più complessi, mediante una sorta di competizione tra il pittore e il suo stesso creatore, cioè lo scrittore, che attua così una mise en abyme.

Le récit de la création picturale dans la littérature française du XIXe siècle

TENIN, ESTER
2011

Abstract

La presente tesi verte sull’analisi di un filone del romanzo francese dell’Ottocento che ha al suo centro il tema della creazione pittorica e, in particolare, del fallimento del pittore. Tale tema è già stato interpretato dalla critica come una delle risposte che il letterato oppone all’allontanamento delle due arti sorelle – pittura e letteratura –, dovuto all’eclissi della secolare dottrina dell’ut pictura poesis. Questo lavoro intende dimostrare come tale principio teorico sopravviva anche dopo la pubblicazione del Laocoonte di Lessing (1766), l’opera cui tradizionalmente viene fatta risalire la definitiva separazione tra gli ambiti della creazione letteraria e di quella pittorica. È proprio nel romanzo incentrato sulla creazione pittorica che il presente lavoro identifica il terreno su cui il principio dell’ut pictura poesis in realtà continua a prolificare, almeno nei suoi tratti essenziali. Tra questi ultimi sono stati individuati e analizzati in particolare l’opposizione tra disegno e colore, e la supremazia della letteratura sulla pittura. Per quanto concerne la querelle du coloris, in questa tesi si dimostra che gli stereotipi attribuiti al colore nel corso di tale diatriba hanno contribuito alla formazione, all’interno delle opere analizzate, di uno stretto legame tra l’elemento cromatico e il demoniaco o la follia. La capacità di dare la vita, da sempre attribuita al colore, viene così relegata alla produzione di vere e proprie ossessioni del creatore. L’altro caposaldo dell’ut pictura poesis, ovvero la supremazia dell’arte letteraria su quella pittorica, viene indagato attraverso diverse piste d’analisi. Esso è stato innanzitutto ricercato nei rapporti che il pittore protagonista intrattiene con il proprio autore e con gli altri personaggi dei testi analizzati. Si è quindi evidenziato, secondo studi critici precedenti, come il pittore costituisca l’alter ego del suo creatore, il quale espia le proprie pulsioni pericolose attraverso la mise à mort della sua creatura. Il confronto tra i personaggi ha messo in luce la frequente presenza, accanto al pittore protagonista, di una figura, anch’essa artista, pittore o letterato, che si pone come guida e mediatore tra il personaggio principale e il suo pubblico, essendo quest’ultimo incapace di comprendere e accettare le innovazioni apportate dal protagonista nell’ambito della propria arte. Tale figura d’intermediario riunisce il nuovo ruolo di critico d’arte che il letterato si è ritagliato nella società moderna e la sua antica funzione di guida del pittore, testimoniando al contempo una nostalgia letteraria dell’antica egemonia della poesia sulla pittura. Inoltre, questo stesso personaggio rappresenta un’ulteriore emanazione della personalità dell’autore, ma, in questo caso, non più dei suoi tratti oscuri, bensì di quelli più rassegnati e socialmente accettabili. Di conseguenza, nel corso della trattazione non solo si riconosce una velata superiorità del personaggio-guida – ovvero del personaggio-scrittore, quando presente nella narrazione –, ma si propone inoltre di sostituire il termine comunemente utilizzato di alter ego, con Altro Es, da attribuire al protagonista, e Altro Io, corrispondente al personaggio-guida. La persistenza dell’idea della supremazia della letteratura sulla pittura viene rinvenuta anche nell’ambito delle scelte stilistiche degli autori, oltre che in altri aspetti significativi dei romanzi analizzati, che riflettono chiaramente la rivalità tra le due arti. Esse sono infatti costantemente messe in contrapposizione attraverso le figure dei loro rispettivi rappresentanti fittizi o, in alcuni casi più complessi, mediante una sorta di competizione tra il pittore e il suo stesso creatore, cioè lo scrittore, che attua così una mise en abyme.
31-gen-2011
letteratura francese XIX secolo, pittura, ut pictura poesis
Università degli studi di Padova
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/118404
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-118404