Il colza invernale da olio (B. napus L.) sta godendo di rinnovato interesse negli avvicendamenti colturali nazionali in ragione dei vantaggi agronomici derivanti dal suo inserimento nelle tradizionali rotazioni cerealicole e nell’attuale politica europea in materia di energie rinnovabili (Direttive 2009/28/CE e 2009/30/CE). Tuttavia, il consolidamento della specie nella filiera bioenergetica di riferimento (biodiesel) è strettamente legato all’incremento delle performance produttive e alla sostenibilità ambientale dell’itinerario agronomico. Tali obiettivi non possono prescindere dall’ottimizzazione della tecnica colturale in funzione della sito-specificità ambientale e della scelta varietale. Attualmente la tecnica agronomica va orientata verso regimi colturali low-input basati su lavorazioni ridotte del terreno, razionali concimazioni azotate, semine anticipate e basse densità di semina. Tale semplificazione trova ragione nelle performance produttive dei tradizionali genotipi a taglia convenzionale (ibridi CHH e varietà a impollinazione libera), mentre è ancora poco conosciuta l’adattabilità a itinerari tecnici conservativi dei più recenti genotipi ibridi CHH semi-nani. L’attività di ricerca oggetto di questa tesi di dottorato ha come scopo principale la definizione di una nuova tecnica agronomica ottimizzata da diffondere nell’areale Padano-Veneto. Tale obiettivo è stato perseguito valutando le risposte morfo-fisiologiche e produttive delle principali tipologie genetiche di colza (ibridi CHH, ibridi CHH semi-nani e varietà a impollinazione libera), sottoposte a diversi input agronomici (epoca e densità di semina, concimazione azotata di copertura). Con l’obiettivo di fornire un valido supporto ai processi decisionali coinvolti nella definizione del management colturale, è stato inoltre sviluppato un modello di simulazione della fenologia. Per quanto concerne l’epoca di semina, un suo anticipo (inizio di settembre) rappresenta una pratica agronomica perseguibile con successo indipendentemente dalla scelta varietale. La decisione di collocare la semina nella prima decade di settembre ha consentito di raggiungere elevate rese (4,6 t s.s. ha-1), in ragione di un cospicuo numero di semi per unità di superficie. Tale risposta produttiva è in parte riconducibile al prolungamento degli stadi vegetativi (emergenza – inizio fioritura) e post-fiorali (fine fioritura – maturazione). L’estensione delle fasi pre-fiorali ha garantito inoltre una migliore organicazione dell’azoto (N), contribuendo a mitigare i rischi ambientali legati alla lisciviazione del nitrato. Nel caso in cui l’organizzazione aziendale, le condizioni meteo o il precedente colturale rendessero difficile l’applicazione di questa tecnica, è consigliabile orientare la scelta varietale su genotipi a taglia convenzionale. Di fatto, tra le cultivar a confronto, quella semi-nana ha manifestato le maggiori penalizzazioni produttive con la semina tardiva (inizio ottobre), nonostante peggioramenti di resa siano stati osservati in generale per tutte le varietà. La necessità di ottimizzare la tecnica agronomica variando l’impiego dei fattori colturali in funzione dell’habitus vegetativo è risultata evidente anche indagando gli effetti morfo-produttivi indotti da una riduzione del popolamento di campo. Di fatto, l’applicazione di basse densità di semina (<40 semi m-2) è consigliabile per quelle coltivazioni impostate su varietà a taglia convenzionale, mentre il materiale semi-nano sembra trarre vantaggio produttivo da investimenti più intensivi (>60 semi m-2). La propensione dei genotipi privi di geni nanizzanti a popolamenti ridotti è riconducibile a un migliore sviluppo delle principali componenti della resa e, in particolare, a un elevato numero di semi per siliqua. In un’ottica di riduzione degli input agronomici la scelta di cultivar N-efficienti, capaci cioè di produzioni significative in condizioni nutritive sub-ottimali, risulta imperativa. In tal senso è auspicabile l’impiego di ibridi convenzionali contraddistinti da un uso efficace di N (NUE – Nitrogen Use Efficiency: kg seme / kg N disponibile dal suolo e dalla concimazione) e dal maggiore potenziale produttivo ottenibile con moderate dosi di concime (~120 kg N ha-1). I migliori valori di NUE stimati per l’ibrido ad altezza standard sono dovuti a un efficiente assorbimento di N. La cultivar semi-nana invece massimizza la sua resa con apporti azotati più elevati (~200 kg N ha-1), che associati a una NUE modesta, esporrebbero le colture ai rischi ambientali legati a eccessi minerali. La spiccata organicazione ed efficienza d’assorbimento di N mostrate dall’ibrido convenzionale sono attribuibili a un maggiore accrescimento radicale (peso e lunghezza), in grado di esplorare ampi volumi di terreno e sequestrare elevate quantità di nutrienti. Tali caratteristiche fornite dalla cultivar ad altezza standard già in fasi precoci del ciclo colturale (post-emergenza), sono sfruttabili favorevolmente per mitigare i fenomeni di lisciviazione dei nutrienti tipici dei mesi autunno-vernini (effetto catch crop). In collaborazione con l’istituto Pflanzenbau und Pflanzenzüchtung dell’Università di Kiel (D) è stato sviluppato un modello (‘BBCH model’) per simulare la fenologia del colza invernale in accordo con la scala BBCH. Un’attendibile previsione fenologica è fondamentale ai fini di una corretta realizzazione di tutte quelle pratiche agronomiche di post-emergenza la cui esecuzione è strettamente legata allo sviluppo colturale. L’implementazione della scala BBCH nel ‘modelling’ fenologico ha permesso di realizzare una dettagliata descrizione dell’ontogenesi, assicurando nel contempo, una facile calibrazione e validazione. Il ‘BBCH model’, sviluppato e testato utilizzando un ampio database di osservazioni fenologiche collezionate in numerosi siti sperimentali collocati in Francia, Germania e Italia, si è rivelato essere un valido strumento di previsione dello sviluppo colturale. Essendo applicabile in molteplici areali Europei caratterizzati da pratiche agronomiche e scelte varietali anche molto eterogenee tra loro, il modello assumerebbe ampia rilevanza pratica nel management agronomico, agevolandone la programmazione (i.e., scelta del momento d’intervento). Si può quindi concludere che nell’areale Padano-Veneto l’ottimizzazione dell’itinerario tecnico deve prevedere un impiego diversificato degli input agronomici tra materiali a taglia convenzionale e cultivar ad habitus vegetativo ridotto. Tra le principali tipologie varietali disponibili, gli ibridi tradizionali contraddistinti da un elevato potenziale produttivo, massimizzabile con un modesto impiego di fattori tecnici, sono i più indicati per l’attuazione con successo di regimi colturali low-input. Gli attuali ibridi semi-nani non rappresentano ancora una valida alternativa ai genotipi più tradizionali, poiché richiedono una maggiore intensificazione colturale per avvicinare il proprio potenziale produttivo, risultato comunque modesto e suscettibile di cospicua variabilità interannuale.

Ottimizzazione agronomica e sostenibilità ambientale in colza invernale da olio

Enrico, Rampin
2012

Abstract

Il colza invernale da olio (B. napus L.) sta godendo di rinnovato interesse negli avvicendamenti colturali nazionali in ragione dei vantaggi agronomici derivanti dal suo inserimento nelle tradizionali rotazioni cerealicole e nell’attuale politica europea in materia di energie rinnovabili (Direttive 2009/28/CE e 2009/30/CE). Tuttavia, il consolidamento della specie nella filiera bioenergetica di riferimento (biodiesel) è strettamente legato all’incremento delle performance produttive e alla sostenibilità ambientale dell’itinerario agronomico. Tali obiettivi non possono prescindere dall’ottimizzazione della tecnica colturale in funzione della sito-specificità ambientale e della scelta varietale. Attualmente la tecnica agronomica va orientata verso regimi colturali low-input basati su lavorazioni ridotte del terreno, razionali concimazioni azotate, semine anticipate e basse densità di semina. Tale semplificazione trova ragione nelle performance produttive dei tradizionali genotipi a taglia convenzionale (ibridi CHH e varietà a impollinazione libera), mentre è ancora poco conosciuta l’adattabilità a itinerari tecnici conservativi dei più recenti genotipi ibridi CHH semi-nani. L’attività di ricerca oggetto di questa tesi di dottorato ha come scopo principale la definizione di una nuova tecnica agronomica ottimizzata da diffondere nell’areale Padano-Veneto. Tale obiettivo è stato perseguito valutando le risposte morfo-fisiologiche e produttive delle principali tipologie genetiche di colza (ibridi CHH, ibridi CHH semi-nani e varietà a impollinazione libera), sottoposte a diversi input agronomici (epoca e densità di semina, concimazione azotata di copertura). Con l’obiettivo di fornire un valido supporto ai processi decisionali coinvolti nella definizione del management colturale, è stato inoltre sviluppato un modello di simulazione della fenologia. Per quanto concerne l’epoca di semina, un suo anticipo (inizio di settembre) rappresenta una pratica agronomica perseguibile con successo indipendentemente dalla scelta varietale. La decisione di collocare la semina nella prima decade di settembre ha consentito di raggiungere elevate rese (4,6 t s.s. ha-1), in ragione di un cospicuo numero di semi per unità di superficie. Tale risposta produttiva è in parte riconducibile al prolungamento degli stadi vegetativi (emergenza – inizio fioritura) e post-fiorali (fine fioritura – maturazione). L’estensione delle fasi pre-fiorali ha garantito inoltre una migliore organicazione dell’azoto (N), contribuendo a mitigare i rischi ambientali legati alla lisciviazione del nitrato. Nel caso in cui l’organizzazione aziendale, le condizioni meteo o il precedente colturale rendessero difficile l’applicazione di questa tecnica, è consigliabile orientare la scelta varietale su genotipi a taglia convenzionale. Di fatto, tra le cultivar a confronto, quella semi-nana ha manifestato le maggiori penalizzazioni produttive con la semina tardiva (inizio ottobre), nonostante peggioramenti di resa siano stati osservati in generale per tutte le varietà. La necessità di ottimizzare la tecnica agronomica variando l’impiego dei fattori colturali in funzione dell’habitus vegetativo è risultata evidente anche indagando gli effetti morfo-produttivi indotti da una riduzione del popolamento di campo. Di fatto, l’applicazione di basse densità di semina (<40 semi m-2) è consigliabile per quelle coltivazioni impostate su varietà a taglia convenzionale, mentre il materiale semi-nano sembra trarre vantaggio produttivo da investimenti più intensivi (>60 semi m-2). La propensione dei genotipi privi di geni nanizzanti a popolamenti ridotti è riconducibile a un migliore sviluppo delle principali componenti della resa e, in particolare, a un elevato numero di semi per siliqua. In un’ottica di riduzione degli input agronomici la scelta di cultivar N-efficienti, capaci cioè di produzioni significative in condizioni nutritive sub-ottimali, risulta imperativa. In tal senso è auspicabile l’impiego di ibridi convenzionali contraddistinti da un uso efficace di N (NUE – Nitrogen Use Efficiency: kg seme / kg N disponibile dal suolo e dalla concimazione) e dal maggiore potenziale produttivo ottenibile con moderate dosi di concime (~120 kg N ha-1). I migliori valori di NUE stimati per l’ibrido ad altezza standard sono dovuti a un efficiente assorbimento di N. La cultivar semi-nana invece massimizza la sua resa con apporti azotati più elevati (~200 kg N ha-1), che associati a una NUE modesta, esporrebbero le colture ai rischi ambientali legati a eccessi minerali. La spiccata organicazione ed efficienza d’assorbimento di N mostrate dall’ibrido convenzionale sono attribuibili a un maggiore accrescimento radicale (peso e lunghezza), in grado di esplorare ampi volumi di terreno e sequestrare elevate quantità di nutrienti. Tali caratteristiche fornite dalla cultivar ad altezza standard già in fasi precoci del ciclo colturale (post-emergenza), sono sfruttabili favorevolmente per mitigare i fenomeni di lisciviazione dei nutrienti tipici dei mesi autunno-vernini (effetto catch crop). In collaborazione con l’istituto Pflanzenbau und Pflanzenzüchtung dell’Università di Kiel (D) è stato sviluppato un modello (‘BBCH model’) per simulare la fenologia del colza invernale in accordo con la scala BBCH. Un’attendibile previsione fenologica è fondamentale ai fini di una corretta realizzazione di tutte quelle pratiche agronomiche di post-emergenza la cui esecuzione è strettamente legata allo sviluppo colturale. L’implementazione della scala BBCH nel ‘modelling’ fenologico ha permesso di realizzare una dettagliata descrizione dell’ontogenesi, assicurando nel contempo, una facile calibrazione e validazione. Il ‘BBCH model’, sviluppato e testato utilizzando un ampio database di osservazioni fenologiche collezionate in numerosi siti sperimentali collocati in Francia, Germania e Italia, si è rivelato essere un valido strumento di previsione dello sviluppo colturale. Essendo applicabile in molteplici areali Europei caratterizzati da pratiche agronomiche e scelte varietali anche molto eterogenee tra loro, il modello assumerebbe ampia rilevanza pratica nel management agronomico, agevolandone la programmazione (i.e., scelta del momento d’intervento). Si può quindi concludere che nell’areale Padano-Veneto l’ottimizzazione dell’itinerario tecnico deve prevedere un impiego diversificato degli input agronomici tra materiali a taglia convenzionale e cultivar ad habitus vegetativo ridotto. Tra le principali tipologie varietali disponibili, gli ibridi tradizionali contraddistinti da un elevato potenziale produttivo, massimizzabile con un modesto impiego di fattori tecnici, sono i più indicati per l’attuazione con successo di regimi colturali low-input. Gli attuali ibridi semi-nani non rappresentano ancora una valida alternativa ai genotipi più tradizionali, poiché richiedono una maggiore intensificazione colturale per avvicinare il proprio potenziale produttivo, risultato comunque modesto e suscettibile di cospicua variabilità interannuale.
31-gen-2012
Italiano
Colza, tecnica agronomica, ibridi, resa, concimazione, densità di semina, epoca di semina, efficienza azotata, radici, fenologia, modello previsionale.
MOSCA, GIULIANO
BERTI, ANTONIO
Università degli studi di Padova
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
TESI_DOTTORATO_ENRICO_RAMPIN.pdf

accesso aperto

Dimensione 3.26 MB
Formato Adobe PDF
3.26 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/119063
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-119063