Il presente lavoro prende avvio dalla considerazione della crescente importanza che vanno assumendo i fenomeni migratori in Italia, dal punto di vista strutturale e produttivo, ma anche per quanto riguarda aspetti di tipo socio-culturale, demografico e insediativo. La ricerca si focalizza in modo specifico sul rapporto esistente tra immigrazione e territorio, esaminando il ruolo assunto dagli attori di origine straniera nei processi di territorializzazione, o di vera e propria riterritorializzazione, che interessano l’area scelta come caso di studio: il quartiere Carmine a Brescia. Questa zona, che pure presenta particolari caratteristiche di degrado strutturale e sociale, vede infatti la presenza di un’elevata percentuale di stranieri, i quali contribuiscono a mutarne il volto. In particolare, la ricerca esamina i cambiamenti intervenuti nel quartiere a seguito dell’occupazione da parte degli immigrati di quegli “spazi interstiziali” – fisici ma anche sociali – che costituiscono per loro l’avamposto da cui partire per crearsi una nuova e solida identità nel paese di accoglienza. L’indagine sul campo si è rivolta a due tipologie di attori presenti nel quartiere Carmine: a) Rappresentanti di associazioni e istituzioni pubbliche e private, che costituiscono dei “testimoni privilegiati”; b) Donne abitanti nel quartiere, sia straniere che italiane; questo soprattutto in considerazione del ruolo rilevante giocato dalla componente femminile nel processo di inserimento. La ricerca si propone di rispondere ai seguenti interrogativi: - Quale rapporto esiste tra immigrati e territorio? - Quale ruolo gioca l’immigrato nel contesto di un quartiere così “fragile”? - Qual è il ruolo delle donne di origine straniera nel processo di creazione di una realtà che possa dirsi realmente interculturale? - Qual è il rapporto esistente tra “nuovi” attori stranieri e “vecchi” abitanti autoctoni? - Qual è il rapporto esistente tra immigrati e istituzioni? - Quale ruolo giocano i diversi stakeholders presenti sul territorio nel processo di inserimento degli stranieri? Per indagare su tali questioni, è stato necessario prima di tutto approfondire alcune nozioni teoriche di base riguardanti da una parte i fenomeni migratori, dall’altra i processi di trasformazione territoriale (territorializzazione, deterritorializzazione e riterritorializzazione). Questi strumenti concettuali sono stati poi utilizzati per l’analisi del caso di studio, condotta secondo un approccio geografico. Nella fase successiva si sono individuati gli attori coinvolti in diverso modo nel processo migratorio e nelle problematiche ad esso connesse: in primis gli stranieri, ma anche gli abitanti autoctoni, le istituzioni, ecc.. Ognuno di questi è portatore di una progettualità, possiede proprie idee e una propria rappresentazione del quartiere Carmine, legate alle aspettative – talvolta realizzate, più spesso disattese – che il quartiere stesso ha stimolato. A questo punto si è avviata l’indagine sul campo: attraverso l’interazione con i diversi attori, si sono esplorate le reti di relazioni che li legano, cercando di capire in che modo le diverse progettualità si realizzino sul territorio e quali riflessi queste strategie abbiano sull’assetto territoriale e sociale del quartiere. La ricerca si è avvalsa di un approccio di tipo qualitativo, affidandosi principalmente ad interviste semi-strutturate; inoltre, si è cercato di applicare alcuni principi propri del paradigma della ricerca-azione (per esempio, l’ampia libertà di espressione lasciata agli attori locali e il tentativo di creare un dialogo “alla pari” che riducesse la distanza tra ricercatore e soggetto della ricerca). L’analisi condotta rende evidente che la mancanza di un coordinamento organico da parte delle autorità, le carenze legislative e i condizionamenti di natura politica e culturale contribuiscono ad alimentare la diffidenza verso l’“Altro”, allontanando la realizzazione di un effettivo processo interculturale. Tuttavia, i risultati ottenuti mettono anche in luce l’esistenza di un territorio molto complesso in cui, nonostante le molteplici difficoltà, è possibile individuare alcuni percorsi interculturali, in grado di innescare meccanismi virtuosi: questi sono legati in particolare agli sforzi intrapresi dalle diverse associazioni presenti sul territorio, nonché al ruolo essenziale esercitato da attori generalmente considerati “deboli”, quali le donne immigrate, i bambini e gli adolescenti
Nuovi attori e processi di riterritorializzazione in ambiti urbani degradati: il ruolo dell'immigrato a Brescia
Francisca, Cukjati
2011
Abstract
Il presente lavoro prende avvio dalla considerazione della crescente importanza che vanno assumendo i fenomeni migratori in Italia, dal punto di vista strutturale e produttivo, ma anche per quanto riguarda aspetti di tipo socio-culturale, demografico e insediativo. La ricerca si focalizza in modo specifico sul rapporto esistente tra immigrazione e territorio, esaminando il ruolo assunto dagli attori di origine straniera nei processi di territorializzazione, o di vera e propria riterritorializzazione, che interessano l’area scelta come caso di studio: il quartiere Carmine a Brescia. Questa zona, che pure presenta particolari caratteristiche di degrado strutturale e sociale, vede infatti la presenza di un’elevata percentuale di stranieri, i quali contribuiscono a mutarne il volto. In particolare, la ricerca esamina i cambiamenti intervenuti nel quartiere a seguito dell’occupazione da parte degli immigrati di quegli “spazi interstiziali” – fisici ma anche sociali – che costituiscono per loro l’avamposto da cui partire per crearsi una nuova e solida identità nel paese di accoglienza. L’indagine sul campo si è rivolta a due tipologie di attori presenti nel quartiere Carmine: a) Rappresentanti di associazioni e istituzioni pubbliche e private, che costituiscono dei “testimoni privilegiati”; b) Donne abitanti nel quartiere, sia straniere che italiane; questo soprattutto in considerazione del ruolo rilevante giocato dalla componente femminile nel processo di inserimento. La ricerca si propone di rispondere ai seguenti interrogativi: - Quale rapporto esiste tra immigrati e territorio? - Quale ruolo gioca l’immigrato nel contesto di un quartiere così “fragile”? - Qual è il ruolo delle donne di origine straniera nel processo di creazione di una realtà che possa dirsi realmente interculturale? - Qual è il rapporto esistente tra “nuovi” attori stranieri e “vecchi” abitanti autoctoni? - Qual è il rapporto esistente tra immigrati e istituzioni? - Quale ruolo giocano i diversi stakeholders presenti sul territorio nel processo di inserimento degli stranieri? Per indagare su tali questioni, è stato necessario prima di tutto approfondire alcune nozioni teoriche di base riguardanti da una parte i fenomeni migratori, dall’altra i processi di trasformazione territoriale (territorializzazione, deterritorializzazione e riterritorializzazione). Questi strumenti concettuali sono stati poi utilizzati per l’analisi del caso di studio, condotta secondo un approccio geografico. Nella fase successiva si sono individuati gli attori coinvolti in diverso modo nel processo migratorio e nelle problematiche ad esso connesse: in primis gli stranieri, ma anche gli abitanti autoctoni, le istituzioni, ecc.. Ognuno di questi è portatore di una progettualità, possiede proprie idee e una propria rappresentazione del quartiere Carmine, legate alle aspettative – talvolta realizzate, più spesso disattese – che il quartiere stesso ha stimolato. A questo punto si è avviata l’indagine sul campo: attraverso l’interazione con i diversi attori, si sono esplorate le reti di relazioni che li legano, cercando di capire in che modo le diverse progettualità si realizzino sul territorio e quali riflessi queste strategie abbiano sull’assetto territoriale e sociale del quartiere. La ricerca si è avvalsa di un approccio di tipo qualitativo, affidandosi principalmente ad interviste semi-strutturate; inoltre, si è cercato di applicare alcuni principi propri del paradigma della ricerca-azione (per esempio, l’ampia libertà di espressione lasciata agli attori locali e il tentativo di creare un dialogo “alla pari” che riducesse la distanza tra ricercatore e soggetto della ricerca). L’analisi condotta rende evidente che la mancanza di un coordinamento organico da parte delle autorità, le carenze legislative e i condizionamenti di natura politica e culturale contribuiscono ad alimentare la diffidenza verso l’“Altro”, allontanando la realizzazione di un effettivo processo interculturale. Tuttavia, i risultati ottenuti mettono anche in luce l’esistenza di un territorio molto complesso in cui, nonostante le molteplici difficoltà, è possibile individuare alcuni percorsi interculturali, in grado di innescare meccanismi virtuosi: questi sono legati in particolare agli sforzi intrapresi dalle diverse associazioni presenti sul territorio, nonché al ruolo essenziale esercitato da attori generalmente considerati “deboli”, quali le donne immigrate, i bambini e gli adolescentiFile | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/120284
URN:NBN:IT:UNIPD-120284