Oggi si riconosce in modo concorde che non una sola ma più cause abbiano concorso alla fine della cultura palafitticolo-terramaricola, benché i diversi studiosi tendano a dare maggior peso all'una o all'altra di esse. Le ragioni sono riconducibili a: 1) crisi interne, dovute al mancato passaggio a un'organizzazione sociale più complessa che potesse far fronte alle mutate esigenze di comunità ora più ampie e differenziate (Cardarelli 1997: 660) e a periodi prolungati di crisi (Balista, Leonardi 2003: 168). 2) Cause esterne connesse alla c.d. "crisi del 1200" che vede la distruzione pressoché contemporanea dei palazzi micenei, di importanti centri del vicino oriente come Ugarit e Hattusa, la fine dell´Impero Ittita e la minaccia dell´Egitto da parte dei "Popoli del Mare". Posizioni diverse a proposito delle conseguenze di questa "crisi internazionale" sul mondo palafitticolo terramaricolo sono state espresse da Peroni 1969, De Marinis 1997, Bernabò Brea, Cardarelli Cremaschi 1997. 3) Deterioramento ambientale che alcuni vedono collegato a un ipersfruttamento dei campi e alla mancanza di nuove aree da mettere a coltura (Cremaschi, Pizzi, Valsecchi 2006: 91) altri al dissesto del sistema idraulico (Balista, Leonardi 2003: 168). 4) Crisi climatica; questa è oggi una questione aperta fondamentalmente per due motivi: gli ampi margini di datazione delle variazioni climatiche, spesso eccessivi per essere correlati a un fenomeno circoscritto nel tempo come quello in esame, e la carenza di dati su scala regionale. Indicazioni per una possibile fase arida, di valenza regionale, alla fine del BR provengono dagli studi sull'abitato di Poviglio (Cremaschi, Pizzi, Valsecchi 2006: 94). Lo ricerca si propone di verificare le prime tre ipotesi esposte (tralasciando quindi l'argomento climatico, campo di indagine delle scienze naturali e non dell'archeologia) nel territorio compreso tra i fiumi Serio a ovest, Po a sud, Adige a est e la linea delle colline a nord, studiando analiticamente i dati degli insediamenti (107 siti in catalogo) e utilizzando quelli delle necropoli solo in fase di interpretazione. Per affrontare lo studio è stata necessaria una revisione della cronologia, basata sulle (poche) stratigrafie scavate nell´area in esame (v. tab. 1.1 a p. 12 con bibliografia) e sui siti frequentati in una sola fase (v. elenco a p. 24 e bibliografia relativa ad vocem al cap. 4) nel periodo compreso tra la fine del BM e la fine del BR. Sono state distinte 5 fasi: BM 3A (stratigrafie: p. 15 "orizzonte 1"), BM 3B (stratigrafie: p. 15 "orizzonte 2"), BR 1 (stratigrafie: p. 15 "orizzonte 3"), BR 2 (stratigrafie e siti monofase a p. 24), BR 2 finale. Rispetto alla griglia cronologica utilizzata in Le Terramare sono qui presenti due nuove fasi: BM 3B e BR 2 finale. La fase BM 3B era già stata in realtà formulata, ma non discussa, in Emilia Romagna grazie alla stratigrafia del Montale (Cardarelli 2004) che è stata qui utilizzata come base per riconoscere la stessa fase anche a nord del Po. La fase BR 2 finale è stata distinta grazie alla distribuzione di tre tipi ceramici (vasi a tesa V13, scodelle con linee sotto l'orloTS31, decorazione ondulata a pettine D22) che mancano nei siti abbandonati in un momento iniziale del BR 2 e aumentano di frequenza dai livelli più bassi a quelli più alti nella stratigrafia di Lovara, formatasi nel corso del BR 2. La validità di questa fase andrà verificata da nuovi scavi. Essa sembra presente nella stratigrafia di Fondo Paviani in corso di scavo (Leonardi, Cupitò, Padova, Seminario 2 dicembre 2008). In base alla distribuzione dei tipi ceramici sono stati distinti tre sottogruppi culturali: uno orientale e uno occidentale, nella pianura rispettivamente a est e a ovest del Tione-Tartaro, e uno collinare in corrispondenza della provincia di Brescia (tav. 3.1: 1). Nel gruppo orientale gli abitati di Castello del Tartaro, Fondo Paviani, Lovara, Fabbrica dei Soci di dimensioni grandi e medie, costituiscono forse un sistema territoriale di tipo confederale, mentre in quello occidentale Sabbioneta (abitato grande) Bellaguarda (medio-grande o grande), Casale Zaffanella e Cogozzo (piccoli) Ca´de´Cessi (piccolo o medio-piccolo), Fossacaprara e Cogozzo (di dimensione ignota) possono costituire un sistema gerarchico. I primi due distano tra loro 6 km; gli altri distano dai maggiori 5-8 Km (tav. 5.5: 2) Sia il gruppo orientale che quello occidentale hanno contatti con il mondo peninsulare, indicati dai tipi ceramici (tav. 3.1: 2). Il gruppo orientale mostra legami particolarmente forti con l´Emilia orientale cosicché i fiumi Tione- Tartaro e Panaro Secchia sembrano indicare un confine culturale tra est e ovest. Il gruppo orientale ha restituito ceramica micenea e di tipo egeo prodotta anche localmente che indica relazioni, dirette o mediate dai centri adriatici peninsulari, con il mondo egeo. Rispetto ai gruppi di pianura, quello settentrionale è caratterizzato da maggiore conservatorismo nelle forma ceramiche alla fine del BM e nel BR 1, da minore frequenza di forme comuni al mondo peninsulare, da una tenuta o addirittura un leggero incremento degli abitati nel corso del BR. Alla fine del BM e nel BR 1 (tavv. 5.2: 2; 5.3: 2) l'occupazione del territorio in esame è sostanzialmente stabile, con una leggera diminuzione dei siti tra Tione-Tartaro e Chiese. Nel BR 2 il numero totale degli insediamenti non cambia sensibilmente ma sono abbandonati diversi abitati in pianura e ne vengono fondati di nuovi in zone di pianura a bassa densità demografica o in collina (tav. 5. 4: 1). Il fenomeno potrebbe indicare l'abbandono di aree ipersfruttate dal punto di vista agricolo o comunque sottoposte a un forte degrado ambientale e la ricerca di nuove aree sia in zone di pianura con un equilibrio ambientale meglio conservato sia in zone ecologiche di confine come quella pedecollinare, con l'accesso a bacini di approvvigionamento alimentare diversificati, che quindi si integrano garantendo una maggiore stabilità nella disponibilità del cibo. Il tentativo ebbe successo per un certo periodo, almeno fino alla fine del BR, ma non consentì di scongiurare la fine. Nel BR 2 finale il numero degli insediamenti si riduce infatti a meno della metà (tav. 5.4: 2), all'inizio del BF solo pochissimi abitati rimangono in vita e alcuni nuovi vengono fondati (tav. 5.5: 1). La fine della cultura palafitticolo-terramaricola risulta dunque un fenomeno graduale (corrispondente a almeno due fasi archeologiche), ciò che non si accorda con fenomeni rapidi di distruzione generalizzata come quelli che caratterizzano la c.d. "crisi del 1200". D'altra parte la cronologia comparata tra la Grecia e l'Italia proposta da R. Jung (2006) correla il TE IIIC antico con la fine del BR 1 e l´inizio del BR 2: la distruzione dei palazzi micenei si verificherebbe quindi ben prima della scomparsa della cultura palafitticola-terramaricola e dunque i due avvenimenti, per motivi cronologici, non possono essere spiegati dalla stessa causa. Essi contribuiscono tuttavia a dipingere lo sfondo di un clima diffuso di crisi di cui vanno messe a fuoco e differenziate le ragioni. Ad eccezione dell'area delle Valli Grandi, anche per il territorio in esame, come in Emilia, deve avere svolto un ruolo fondamentale nella fine della cultura palafitticolo-terramaricola l´inadeguatezza della struttura sociale che non supera la contraddizione tra aspetti tipici di organizzazioni comunitarie (abitazioni indifferenziate, mancanza di concentrazione di ricchezza negli abitati, realizzazioni di grande opere collettive come argini e fossati perimetrali) rette da una élite guerriera (v. necropoli) e la maggiore complessità sociale raggiunta e indicata p.e. dalla gerarchizzazione degli abitati, attività specializzate ecc. L'inadeguatezza dell'organizzazione sociale deve essere stata fatale in un periodo di crisi ambientale/economica rivelata dallo spostamento degli abitati nel BR 2. Nelle Valli Grandi Veronesi si deve essere invece affermata un'organizzazione sociale più complessa, indicata dalla concentrazione di villaggi di grandi dimensioni, dalla presenza di ceramica micenea e di tipo ego di produzione locale, ma non ancora di tipo gentilizio-clientelare, con un potere decisionale comunque più forte che consente ad alcuni abitati (Fondo Paviani, forse Fabbrica dei Soci) di superare la crisi e di passare la propria tradizione culturale e il proprio ruolo politico e economico a Frattesina, che fiorisce nel BF. L´origine di Frattesina sembra infatti dovuta a popolazioni locali, dato che la sua ceramica più antica è molto simile a quella palafitticolo-terramaricola. Il rapporto tra i siti delle Valli Grandi e Frattesina e la mancanza di cesure in siti veneti come Montebello Vicentino può indicare in Veneto una continuità culturale tra BR e BF non rilevabile invece in Lombardia. La presenza di tipi ceramici propri del BR 2 dell'area palafitticola terramaricola in alcuni siti dell'Italia peninsulare (p.e.Fossa Nera de' Porcari, Casa Carletti, Moscosi di Cingoli) aprono l´ipotesi, da verificare, di un trasferimento di parte degli abitanti della pianura Padana nelle regioni centrali.

Contributo allo studio delle cause della fine della cultura palafitticolo-terramaricola

Patrizia, Frontini
2009

Abstract

Oggi si riconosce in modo concorde che non una sola ma più cause abbiano concorso alla fine della cultura palafitticolo-terramaricola, benché i diversi studiosi tendano a dare maggior peso all'una o all'altra di esse. Le ragioni sono riconducibili a: 1) crisi interne, dovute al mancato passaggio a un'organizzazione sociale più complessa che potesse far fronte alle mutate esigenze di comunità ora più ampie e differenziate (Cardarelli 1997: 660) e a periodi prolungati di crisi (Balista, Leonardi 2003: 168). 2) Cause esterne connesse alla c.d. "crisi del 1200" che vede la distruzione pressoché contemporanea dei palazzi micenei, di importanti centri del vicino oriente come Ugarit e Hattusa, la fine dell´Impero Ittita e la minaccia dell´Egitto da parte dei "Popoli del Mare". Posizioni diverse a proposito delle conseguenze di questa "crisi internazionale" sul mondo palafitticolo terramaricolo sono state espresse da Peroni 1969, De Marinis 1997, Bernabò Brea, Cardarelli Cremaschi 1997. 3) Deterioramento ambientale che alcuni vedono collegato a un ipersfruttamento dei campi e alla mancanza di nuove aree da mettere a coltura (Cremaschi, Pizzi, Valsecchi 2006: 91) altri al dissesto del sistema idraulico (Balista, Leonardi 2003: 168). 4) Crisi climatica; questa è oggi una questione aperta fondamentalmente per due motivi: gli ampi margini di datazione delle variazioni climatiche, spesso eccessivi per essere correlati a un fenomeno circoscritto nel tempo come quello in esame, e la carenza di dati su scala regionale. Indicazioni per una possibile fase arida, di valenza regionale, alla fine del BR provengono dagli studi sull'abitato di Poviglio (Cremaschi, Pizzi, Valsecchi 2006: 94). Lo ricerca si propone di verificare le prime tre ipotesi esposte (tralasciando quindi l'argomento climatico, campo di indagine delle scienze naturali e non dell'archeologia) nel territorio compreso tra i fiumi Serio a ovest, Po a sud, Adige a est e la linea delle colline a nord, studiando analiticamente i dati degli insediamenti (107 siti in catalogo) e utilizzando quelli delle necropoli solo in fase di interpretazione. Per affrontare lo studio è stata necessaria una revisione della cronologia, basata sulle (poche) stratigrafie scavate nell´area in esame (v. tab. 1.1 a p. 12 con bibliografia) e sui siti frequentati in una sola fase (v. elenco a p. 24 e bibliografia relativa ad vocem al cap. 4) nel periodo compreso tra la fine del BM e la fine del BR. Sono state distinte 5 fasi: BM 3A (stratigrafie: p. 15 "orizzonte 1"), BM 3B (stratigrafie: p. 15 "orizzonte 2"), BR 1 (stratigrafie: p. 15 "orizzonte 3"), BR 2 (stratigrafie e siti monofase a p. 24), BR 2 finale. Rispetto alla griglia cronologica utilizzata in Le Terramare sono qui presenti due nuove fasi: BM 3B e BR 2 finale. La fase BM 3B era già stata in realtà formulata, ma non discussa, in Emilia Romagna grazie alla stratigrafia del Montale (Cardarelli 2004) che è stata qui utilizzata come base per riconoscere la stessa fase anche a nord del Po. La fase BR 2 finale è stata distinta grazie alla distribuzione di tre tipi ceramici (vasi a tesa V13, scodelle con linee sotto l'orloTS31, decorazione ondulata a pettine D22) che mancano nei siti abbandonati in un momento iniziale del BR 2 e aumentano di frequenza dai livelli più bassi a quelli più alti nella stratigrafia di Lovara, formatasi nel corso del BR 2. La validità di questa fase andrà verificata da nuovi scavi. Essa sembra presente nella stratigrafia di Fondo Paviani in corso di scavo (Leonardi, Cupitò, Padova, Seminario 2 dicembre 2008). In base alla distribuzione dei tipi ceramici sono stati distinti tre sottogruppi culturali: uno orientale e uno occidentale, nella pianura rispettivamente a est e a ovest del Tione-Tartaro, e uno collinare in corrispondenza della provincia di Brescia (tav. 3.1: 1). Nel gruppo orientale gli abitati di Castello del Tartaro, Fondo Paviani, Lovara, Fabbrica dei Soci di dimensioni grandi e medie, costituiscono forse un sistema territoriale di tipo confederale, mentre in quello occidentale Sabbioneta (abitato grande) Bellaguarda (medio-grande o grande), Casale Zaffanella e Cogozzo (piccoli) Ca´de´Cessi (piccolo o medio-piccolo), Fossacaprara e Cogozzo (di dimensione ignota) possono costituire un sistema gerarchico. I primi due distano tra loro 6 km; gli altri distano dai maggiori 5-8 Km (tav. 5.5: 2) Sia il gruppo orientale che quello occidentale hanno contatti con il mondo peninsulare, indicati dai tipi ceramici (tav. 3.1: 2). Il gruppo orientale mostra legami particolarmente forti con l´Emilia orientale cosicché i fiumi Tione- Tartaro e Panaro Secchia sembrano indicare un confine culturale tra est e ovest. Il gruppo orientale ha restituito ceramica micenea e di tipo egeo prodotta anche localmente che indica relazioni, dirette o mediate dai centri adriatici peninsulari, con il mondo egeo. Rispetto ai gruppi di pianura, quello settentrionale è caratterizzato da maggiore conservatorismo nelle forma ceramiche alla fine del BM e nel BR 1, da minore frequenza di forme comuni al mondo peninsulare, da una tenuta o addirittura un leggero incremento degli abitati nel corso del BR. Alla fine del BM e nel BR 1 (tavv. 5.2: 2; 5.3: 2) l'occupazione del territorio in esame è sostanzialmente stabile, con una leggera diminuzione dei siti tra Tione-Tartaro e Chiese. Nel BR 2 il numero totale degli insediamenti non cambia sensibilmente ma sono abbandonati diversi abitati in pianura e ne vengono fondati di nuovi in zone di pianura a bassa densità demografica o in collina (tav. 5. 4: 1). Il fenomeno potrebbe indicare l'abbandono di aree ipersfruttate dal punto di vista agricolo o comunque sottoposte a un forte degrado ambientale e la ricerca di nuove aree sia in zone di pianura con un equilibrio ambientale meglio conservato sia in zone ecologiche di confine come quella pedecollinare, con l'accesso a bacini di approvvigionamento alimentare diversificati, che quindi si integrano garantendo una maggiore stabilità nella disponibilità del cibo. Il tentativo ebbe successo per un certo periodo, almeno fino alla fine del BR, ma non consentì di scongiurare la fine. Nel BR 2 finale il numero degli insediamenti si riduce infatti a meno della metà (tav. 5.4: 2), all'inizio del BF solo pochissimi abitati rimangono in vita e alcuni nuovi vengono fondati (tav. 5.5: 1). La fine della cultura palafitticolo-terramaricola risulta dunque un fenomeno graduale (corrispondente a almeno due fasi archeologiche), ciò che non si accorda con fenomeni rapidi di distruzione generalizzata come quelli che caratterizzano la c.d. "crisi del 1200". D'altra parte la cronologia comparata tra la Grecia e l'Italia proposta da R. Jung (2006) correla il TE IIIC antico con la fine del BR 1 e l´inizio del BR 2: la distruzione dei palazzi micenei si verificherebbe quindi ben prima della scomparsa della cultura palafitticola-terramaricola e dunque i due avvenimenti, per motivi cronologici, non possono essere spiegati dalla stessa causa. Essi contribuiscono tuttavia a dipingere lo sfondo di un clima diffuso di crisi di cui vanno messe a fuoco e differenziate le ragioni. Ad eccezione dell'area delle Valli Grandi, anche per il territorio in esame, come in Emilia, deve avere svolto un ruolo fondamentale nella fine della cultura palafitticolo-terramaricola l´inadeguatezza della struttura sociale che non supera la contraddizione tra aspetti tipici di organizzazioni comunitarie (abitazioni indifferenziate, mancanza di concentrazione di ricchezza negli abitati, realizzazioni di grande opere collettive come argini e fossati perimetrali) rette da una élite guerriera (v. necropoli) e la maggiore complessità sociale raggiunta e indicata p.e. dalla gerarchizzazione degli abitati, attività specializzate ecc. L'inadeguatezza dell'organizzazione sociale deve essere stata fatale in un periodo di crisi ambientale/economica rivelata dallo spostamento degli abitati nel BR 2. Nelle Valli Grandi Veronesi si deve essere invece affermata un'organizzazione sociale più complessa, indicata dalla concentrazione di villaggi di grandi dimensioni, dalla presenza di ceramica micenea e di tipo ego di produzione locale, ma non ancora di tipo gentilizio-clientelare, con un potere decisionale comunque più forte che consente ad alcuni abitati (Fondo Paviani, forse Fabbrica dei Soci) di superare la crisi e di passare la propria tradizione culturale e il proprio ruolo politico e economico a Frattesina, che fiorisce nel BF. L´origine di Frattesina sembra infatti dovuta a popolazioni locali, dato che la sua ceramica più antica è molto simile a quella palafitticolo-terramaricola. Il rapporto tra i siti delle Valli Grandi e Frattesina e la mancanza di cesure in siti veneti come Montebello Vicentino può indicare in Veneto una continuità culturale tra BR e BF non rilevabile invece in Lombardia. La presenza di tipi ceramici propri del BR 2 dell'area palafitticola terramaricola in alcuni siti dell'Italia peninsulare (p.e.Fossa Nera de' Porcari, Casa Carletti, Moscosi di Cingoli) aprono l´ipotesi, da verificare, di un trasferimento di parte degli abitanti della pianura Padana nelle regioni centrali.
2009
Italiano
età del bronzo, terramare, cronologia, italia settentrionale, fine cultura palafitticolo-terramaricola
Università degli studi di Padova
310
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/120564
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-120564