SINTESI DEI CONTENUTI Il trattato noto come 'Lampas triginta statuarum' di Giordano Bruno, oggetto della mia dissertazione, è uno scritto rimasto inedito e pubblicato solo nel 1891 da Felice Tocco e Girolamo Vitelli nel terzo volume degli Opera latine conscripta. La sua composizione risale al periodo trascorso da Bruno a Wittemberg (1586-88). Nell'Accademia della città tedesca egli insegnò come docente privato, leggendo l'Organon di Aristotele. In quegli anni diede alle stampe altre due 'Lampadi' oltre a questa: il De Lampade combinatoria Lulliana (un commento dell'Ars Magna di Lullo) e il De progressu et Lampade venatoria logicorum (un compendio dei Topici). Con la sua Lampas triginta statuarum, che completa la trilogia, egli intendeva perfezionare gli strumenti logici tradizionali, sia di matrice aristotelica e "Porfiriana" che di derivazione lulliana. Il trattato è trasmesso nella sua prima redazione dal Codice di Augusta (A), insieme al testo a stampa del De Lampade combinatoria Lulliana e al manoscritto delle Animadversiones circa Lampadem Lullianam, redatto sulla stessa carta e con lo stesso inchiostro della Lampas da un ignoto copista, un allievo tedesco di Bruno. Il Codice A, conservato nella Biblioteca di Augsburg, apparteneva probabilmente ad Heinrich Heinzel, al quale Bruno dedicò l'ultima opera da lui pubblicata, il De imaginum, signorum, et idearum compositione (Francoforte, 1591) che, benché più tarda, è per molti aspetti legata alla Lampas Lasciata Wittemberg nel 1588, ad Helmstedt (1589-90) il filosofo si dedicò alla composizione di alcuni testi (De magia e Theses de magia, De rerum principiis et elementis et causis, Medicina Lulliana, De magia Mathematica) rimasti inediti e raccolti nel Codice di Mosca (M), insieme ad una seconda redazione della Lampas triginta statuarum e al De Vinculis in genere. Il Codice di Mosca, o Codice Norov, dal nome del nobile russo Avraam Sergeevic Norov che lo acquistò per la sua collezione dal libraio Edwin Tross nell'Ottocento, contiene alcune pagine autografe, ma per la maggior parte è di mano di Hyeronimus Besler. Nell'autunno del 1591, durante il soggiorno patavino di Bruno, Besler trascrisse il De Vinculis, abbozzato a Francoforte, e copiò il trattato di 'ars inventiva per triginta statuas'. In quest'opera il filosofo Nolano abbandona i toni aspri della polemica diretta contro gli aristotelici del suo tempo per aprirsi ad un dialogo e un confronto serrato con la tradizione, in special modo aristotelico-scolastica, che viene condotto attraverso l'analisi in profondità di trenta concetti in uso nell'esercizio del filosofare, simboleggiati da trenta possenti statue di figure mitologiche Sotto questo profilo l'opera presenta la struttura di un dizionario di termini filosofici (per il quale Bruno sembra ispirarsi al V libro della Metafisica di Aristotele) e mostra affinità con un altro testo, composto più tardi a Zurigo e rimasto inedito (venne pubblicato postumo dal suo allievo Raphael Egli in due edizioni, nel 1595 e poi nel 1609 con la sezione Praxis descensus seu applicatio entis): la Summa terminorum metaphysicorum, un "trattato di nomenclatura filosofica" (secondo l'espressione di Erminio Troilo) nel quale vengono esaminati cinquantadue categorie concettuali appartenenti al lessico aristotelico-scolastico. Nei Centum et viginti articuli de natura et mundo adversus Peripateticos (l'opuscolo programmatico della disputa di Cambrai che ebbe luogo a Parigi nel 1586) il cui testo viene ripreso nell'Acrotismus (edito a Praga nel 1588) la critica alla filosofia naturale di Aristotele è svolta attraverso tesi, che riguardano nozioni fondamentali come natura, movimento, tempo, luogo, e così via. Nella Lampas Bruno prosegue tale opera di ridefinizione dei termini filosofici, iniziata già nel De la causa, principio et uno: egli traduce le sue rivoluzionarie concezioni filosofiche nel linguaggio della tradizione e nel far questo piega i significati e li trasforma, collegandoli in una nuova trama. Nel "trattato delle trenta statue" il filosofo appare mosso da un forte intento sistematico: ossia dall'esigenza di procedere in modo scientifico nell'esposizione dei capisaldi della 'nova filosofia'. L'architettura del sapere entro cui vengono disposti i contenuti speculativi è un museo immaginario di statue/concetti: Apollo (unitas), Saturno (principium), Prometeo (agens), Vulcano (forma), Teti (causa materialis), Sagittario (causa finalis) and Monte Olimpo (finis)...e cosi via. Nel plasmare le statue, attingendo al vastissimo repertorio della mitologia, Bruno impiega il "sigillo di Fidia" (Explicatio triginta sigillorum), come per prima intuì Frances Amelia Yates (The Art of Memory, 1966). Il mio lavoro si prefigge di mettere a fuoco i caratteri originali dell'ars memoriae bruniana e le forme in cui l''arte dei sigilli' è utilizzata nella Lampas, sviluppando l'indicazione della Yates. Una figura per molti aspetti centrale si è rivelata quella di Prometeo, l'architetto della fantasia, lo scultore che per primo foggiò statue di argilla infondendovi lo "spiritus". Negli scritti bruniani, in particolare nella Lampas e nel De Imaginum, tale figura diviene l'archetipo dell'attività fantastica, l'immagine simbolo della prassi dell'artista della memoria. Nel mio lavoro ho dedicato una particolare attenzione alle modalità con cui Bruno componeva le immagini (che consistono in descrizioni verbali estremamente dettagliate) attraverso la ricerca delle fonti letterarie e iconologiche (da Boccaccio ad Ovidio ai mitografi rinascimentali Vincenzo Cartari e Natale Conti). L'opera è stata presa in considerazione soprattutto alla luce dell'intento didattico che la percorre e la anima: la figurazione delle nozioni più astratte mediante statue sensibili, che si rendono presenti all'esplorazione della vista e dell'intelletto. L''ars inventiva per triginta statuas' vuol essere in primo luogo un nuovo modus docendi, un "pensare per immagini" che è nel medesimo tempo un "pensare per concetti". La "discursiva architectura" che ospita le statue non va pensata statica ed immobile, come accade per gli edifici fisici: le statue infatti possono essere mutate di sede e collegate tra loro in modi diversi, così come suggerisce il personale ingegno di ciascuno. Le immagini bruniane sono imagini agentes, ossia di particolare efficacia sul piano emotivo, capaci di attivare i processi cognitivi. Attraverso l'analisi dei testi e l'esame delle fonti ho cercato di delineare via via la fisionomia dell'opera, la struttura e il funzionamento della Lampada, i caratteri e gli scopi del complesso apparato logico linguistico ideato da Bruno. Nel primo capitolo: "La struttura profonda della Lampas", ho presentato la grande cornice che racchiude la galleria di statue: le due triadi degli infigurabilia, che costituiscono insieme le fondamenta dell'architettura bruniana e le basi metafisiche dell'ars inventiva che qui trova applicazione. Nel secondo capitolo: "Statue e alberi", si viene introdotti all'uso bruniano dell'artificio mnemonico della "statua". Tramite la prima serie di statue (Apollo, Saturno, Prometeo, Vulcano Teti, Sagittario e Monte Olimpo) viene illustrato il processo della creazione, naturale e umana. Si è cercato di ripercorrere la trama dei riferimenti lessicali, in particolare al V libro della Metafisica di Aristotele. L'immagine dell'"albero" negli scritti bruniani e l'impiego di "alberi" nella sezione dedicata da Bruno alla logica nella Lampas vengono esaminati nei rapporti sia con la tradizione lulliana sia con quella di matrice aristotelico-scolastica. L'attività creativa è simboleggiata dalla figura di Prometeo, lo scultore di statue vive, l'artefice delle cose naturali e delle cose artificiali. Nel terzo capitolo: "Il mito di Prometeo nella Lampas triginta statuarum" si conduce un'approfondita analisi della Statua dedicata da Bruno al Titano, al fine di metterne in luce la particolare rilevanza nel quadro dell'opera. Nelle due statue dedicate a Minerva (De campo Minervae, seu de noticia e De schala Minervae, seu de habitibus cognitionis) Bruno non ci offre l'immagine della dea. Al ritratto di Minerva tratteggiato da Bruno nell'Oratio Valedictoria è dedicata l'ultima sezione ("Minerva in ombra di luce"). Nella Lampas Bruno mette in pratica la sua arte della memoria che affonda le sue radici nell'arte vivente della natura e rappresenta una nuova "methodus", adeguata alle strutture cognitive della mente umana. Il problema dei rapporti tra arte della memoria, teoria della conoscenza e dottrina dell'anima è un tema di cui ho rilevato gli aspetti salienti e che a mio avviso merita di essere ulteriormente approfondito, cosa che mi auguro di poter fare Accanto alla figura dell'ingegnoso architetto e del coltivatore del "campus" fantastico, nel mio lavoro emerge l'immagine di un Bruno "filosofo", un pensatore sistematico e rigoroso, profondo conoscitore delle dottrine aristoteliche da lui a lungo combattute.
Una Lampada nella notte [:] L'Ars inventiva per triginta statuas di Giordano Bruno
Lucia, Vianello
2014
Abstract
SINTESI DEI CONTENUTI Il trattato noto come 'Lampas triginta statuarum' di Giordano Bruno, oggetto della mia dissertazione, è uno scritto rimasto inedito e pubblicato solo nel 1891 da Felice Tocco e Girolamo Vitelli nel terzo volume degli Opera latine conscripta. La sua composizione risale al periodo trascorso da Bruno a Wittemberg (1586-88). Nell'Accademia della città tedesca egli insegnò come docente privato, leggendo l'Organon di Aristotele. In quegli anni diede alle stampe altre due 'Lampadi' oltre a questa: il De Lampade combinatoria Lulliana (un commento dell'Ars Magna di Lullo) e il De progressu et Lampade venatoria logicorum (un compendio dei Topici). Con la sua Lampas triginta statuarum, che completa la trilogia, egli intendeva perfezionare gli strumenti logici tradizionali, sia di matrice aristotelica e "Porfiriana" che di derivazione lulliana. Il trattato è trasmesso nella sua prima redazione dal Codice di Augusta (A), insieme al testo a stampa del De Lampade combinatoria Lulliana e al manoscritto delle Animadversiones circa Lampadem Lullianam, redatto sulla stessa carta e con lo stesso inchiostro della Lampas da un ignoto copista, un allievo tedesco di Bruno. Il Codice A, conservato nella Biblioteca di Augsburg, apparteneva probabilmente ad Heinrich Heinzel, al quale Bruno dedicò l'ultima opera da lui pubblicata, il De imaginum, signorum, et idearum compositione (Francoforte, 1591) che, benché più tarda, è per molti aspetti legata alla Lampas Lasciata Wittemberg nel 1588, ad Helmstedt (1589-90) il filosofo si dedicò alla composizione di alcuni testi (De magia e Theses de magia, De rerum principiis et elementis et causis, Medicina Lulliana, De magia Mathematica) rimasti inediti e raccolti nel Codice di Mosca (M), insieme ad una seconda redazione della Lampas triginta statuarum e al De Vinculis in genere. Il Codice di Mosca, o Codice Norov, dal nome del nobile russo Avraam Sergeevic Norov che lo acquistò per la sua collezione dal libraio Edwin Tross nell'Ottocento, contiene alcune pagine autografe, ma per la maggior parte è di mano di Hyeronimus Besler. Nell'autunno del 1591, durante il soggiorno patavino di Bruno, Besler trascrisse il De Vinculis, abbozzato a Francoforte, e copiò il trattato di 'ars inventiva per triginta statuas'. In quest'opera il filosofo Nolano abbandona i toni aspri della polemica diretta contro gli aristotelici del suo tempo per aprirsi ad un dialogo e un confronto serrato con la tradizione, in special modo aristotelico-scolastica, che viene condotto attraverso l'analisi in profondità di trenta concetti in uso nell'esercizio del filosofare, simboleggiati da trenta possenti statue di figure mitologiche Sotto questo profilo l'opera presenta la struttura di un dizionario di termini filosofici (per il quale Bruno sembra ispirarsi al V libro della Metafisica di Aristotele) e mostra affinità con un altro testo, composto più tardi a Zurigo e rimasto inedito (venne pubblicato postumo dal suo allievo Raphael Egli in due edizioni, nel 1595 e poi nel 1609 con la sezione Praxis descensus seu applicatio entis): la Summa terminorum metaphysicorum, un "trattato di nomenclatura filosofica" (secondo l'espressione di Erminio Troilo) nel quale vengono esaminati cinquantadue categorie concettuali appartenenti al lessico aristotelico-scolastico. Nei Centum et viginti articuli de natura et mundo adversus Peripateticos (l'opuscolo programmatico della disputa di Cambrai che ebbe luogo a Parigi nel 1586) il cui testo viene ripreso nell'Acrotismus (edito a Praga nel 1588) la critica alla filosofia naturale di Aristotele è svolta attraverso tesi, che riguardano nozioni fondamentali come natura, movimento, tempo, luogo, e così via. Nella Lampas Bruno prosegue tale opera di ridefinizione dei termini filosofici, iniziata già nel De la causa, principio et uno: egli traduce le sue rivoluzionarie concezioni filosofiche nel linguaggio della tradizione e nel far questo piega i significati e li trasforma, collegandoli in una nuova trama. Nel "trattato delle trenta statue" il filosofo appare mosso da un forte intento sistematico: ossia dall'esigenza di procedere in modo scientifico nell'esposizione dei capisaldi della 'nova filosofia'. L'architettura del sapere entro cui vengono disposti i contenuti speculativi è un museo immaginario di statue/concetti: Apollo (unitas), Saturno (principium), Prometeo (agens), Vulcano (forma), Teti (causa materialis), Sagittario (causa finalis) and Monte Olimpo (finis)...e cosi via. Nel plasmare le statue, attingendo al vastissimo repertorio della mitologia, Bruno impiega il "sigillo di Fidia" (Explicatio triginta sigillorum), come per prima intuì Frances Amelia Yates (The Art of Memory, 1966). Il mio lavoro si prefigge di mettere a fuoco i caratteri originali dell'ars memoriae bruniana e le forme in cui l''arte dei sigilli' è utilizzata nella Lampas, sviluppando l'indicazione della Yates. Una figura per molti aspetti centrale si è rivelata quella di Prometeo, l'architetto della fantasia, lo scultore che per primo foggiò statue di argilla infondendovi lo "spiritus". Negli scritti bruniani, in particolare nella Lampas e nel De Imaginum, tale figura diviene l'archetipo dell'attività fantastica, l'immagine simbolo della prassi dell'artista della memoria. Nel mio lavoro ho dedicato una particolare attenzione alle modalità con cui Bruno componeva le immagini (che consistono in descrizioni verbali estremamente dettagliate) attraverso la ricerca delle fonti letterarie e iconologiche (da Boccaccio ad Ovidio ai mitografi rinascimentali Vincenzo Cartari e Natale Conti). L'opera è stata presa in considerazione soprattutto alla luce dell'intento didattico che la percorre e la anima: la figurazione delle nozioni più astratte mediante statue sensibili, che si rendono presenti all'esplorazione della vista e dell'intelletto. L''ars inventiva per triginta statuas' vuol essere in primo luogo un nuovo modus docendi, un "pensare per immagini" che è nel medesimo tempo un "pensare per concetti". La "discursiva architectura" che ospita le statue non va pensata statica ed immobile, come accade per gli edifici fisici: le statue infatti possono essere mutate di sede e collegate tra loro in modi diversi, così come suggerisce il personale ingegno di ciascuno. Le immagini bruniane sono imagini agentes, ossia di particolare efficacia sul piano emotivo, capaci di attivare i processi cognitivi. Attraverso l'analisi dei testi e l'esame delle fonti ho cercato di delineare via via la fisionomia dell'opera, la struttura e il funzionamento della Lampada, i caratteri e gli scopi del complesso apparato logico linguistico ideato da Bruno. Nel primo capitolo: "La struttura profonda della Lampas", ho presentato la grande cornice che racchiude la galleria di statue: le due triadi degli infigurabilia, che costituiscono insieme le fondamenta dell'architettura bruniana e le basi metafisiche dell'ars inventiva che qui trova applicazione. Nel secondo capitolo: "Statue e alberi", si viene introdotti all'uso bruniano dell'artificio mnemonico della "statua". Tramite la prima serie di statue (Apollo, Saturno, Prometeo, Vulcano Teti, Sagittario e Monte Olimpo) viene illustrato il processo della creazione, naturale e umana. Si è cercato di ripercorrere la trama dei riferimenti lessicali, in particolare al V libro della Metafisica di Aristotele. L'immagine dell'"albero" negli scritti bruniani e l'impiego di "alberi" nella sezione dedicata da Bruno alla logica nella Lampas vengono esaminati nei rapporti sia con la tradizione lulliana sia con quella di matrice aristotelico-scolastica. L'attività creativa è simboleggiata dalla figura di Prometeo, lo scultore di statue vive, l'artefice delle cose naturali e delle cose artificiali. Nel terzo capitolo: "Il mito di Prometeo nella Lampas triginta statuarum" si conduce un'approfondita analisi della Statua dedicata da Bruno al Titano, al fine di metterne in luce la particolare rilevanza nel quadro dell'opera. Nelle due statue dedicate a Minerva (De campo Minervae, seu de noticia e De schala Minervae, seu de habitibus cognitionis) Bruno non ci offre l'immagine della dea. Al ritratto di Minerva tratteggiato da Bruno nell'Oratio Valedictoria è dedicata l'ultima sezione ("Minerva in ombra di luce"). Nella Lampas Bruno mette in pratica la sua arte della memoria che affonda le sue radici nell'arte vivente della natura e rappresenta una nuova "methodus", adeguata alle strutture cognitive della mente umana. Il problema dei rapporti tra arte della memoria, teoria della conoscenza e dottrina dell'anima è un tema di cui ho rilevato gli aspetti salienti e che a mio avviso merita di essere ulteriormente approfondito, cosa che mi auguro di poter fare Accanto alla figura dell'ingegnoso architetto e del coltivatore del "campus" fantastico, nel mio lavoro emerge l'immagine di un Bruno "filosofo", un pensatore sistematico e rigoroso, profondo conoscitore delle dottrine aristoteliche da lui a lungo combattute.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/121083
URN:NBN:IT:UNIPD-121083