What we see today about the Crespi d'Adda village, from 1995 part of World Heritage List as the best example of company town of the nineteenth century, It's likely to be perceived as a ruin, a heroic witness of time, of an industrial past irretrievably lost. There is no doubt that this experience between the two stages, the ruined original model as well as the restoration not yet experienced, resides what we admire aesthetically in a kind of pure time, "the perception of this gap between the two uncertainties, the two incompleteness, is the essential reason for our pleasure ", we can not fail to consider how this vision is not only weak and incomplete, but it is above false. Crespi d'Adda is a new town born from a production textile model, which has given shape to everything it came in contact. During this industrial age the factory has changed, as it has changed the model of representation of social relationships and the relationship with the river; in general it has changed the landscape. This experience didn’t end with the closing of the Cotton Mill experience: using a psychoanalytic concept that "nothing in mental life can perish once formed, that everything somehow preserved and that in suitable circumstances, ... it can be brought to light "we are convinced that all the historical and geographical events that have formed in-place are still in place and waiting for a new storytelling. The landscape, is one of the more important industrial legacy. The cotton mill, in more than a century of industrial history, has produced, directly and indirectly, a unique landscape. Crespi d'Adda is then a valuable laboratory for urban planning, architecture, restoration, sociology, landscape, a new space for research and production, public and private, history and innovation, local and global. After his industrial period ,Crespi d'Adda has progressively dissolve the sense of community, with the exception of the older inhabitants, and it is perceived today, from the new inhabitants, as a residential residence. The new generations have chosen to live in Crespi thinking it such a Gated Community, a non-place where all social and urban dynamics are almost absent. It is therefore in the work, in the evolutionary sense, that the storytelling of Crespi d'Adda will be continued.

Ciò che oggi possiamo ammirare del villaggio industriale di Crespi d’Adda, dal 1995 patrimonio culturale dell’Umanità quale miglior esempio di Villaggio operaio del XIX sec., rischia di essere percepito quale rovina, testimonianza di un tempo eroico, di un passato industriale irrimediabilmente perduto. Se è indubbio che in quest’esperienza tra i due stadi, del modello originario ormai in rovina così come del restauro non ancora esperito, risiede ciò che esteticamente ammiriamo in una sorta di tempo puro, “la percezione di questo scarto fra le due incertezze, le due incompiutezze, è la ragione essenziale del nostro piacere “ , non possiamo non considerare come questa visione sia non solo debole ed incompleta, ma sia soprattutto antistorica. Crespi d’Adda è una città di fondazione nata da un modello produttivo, tessile, che ha dato forma a tutto ciò con cui è venuta in contatto. Durante questa vicenda produttiva è stato modificato il modo di abitare, sia la fabbrica sia il villaggio, così come è stato modificato il modello di rappresentazione dei rapporti sociali ed il rapporto con il fiume; in generale è stato modificato il paesaggio. Quest’esperienza non si è conclusa con la chiusura del Cotonificio: utilizzando un concetto psicanalitico per cui “nella vita psichica nulla può perire una volta formatosi, che tutto in qualche modo si conserva e che, in circostanze opportune,…può essere riportata alla luce” , siamo convinti che tutte le vicende storiche e geografiche che hanno in-formato il luogo sono ancora in essere e in attesa di una nuova narrazione. Il Paesaggio, oggi uno degli elementi più evidenti del lascito industriale, è di fatto un prodotto della Fabbrica. L’ex cotonificio, in più di un secolo di storia industriale, ha prodotto, direttamente ed indirettamente, un paesaggio unico, senza eguali. Le azioni antropiche e naturali si sono avvicendate indirizzando l’evoluzione del luogo; oggi si presenta come un paesaggio in divenire che richiede azioni sistematiche che lo rendano leggibile e coerente. Crespi d’Adda è allora un prezioso laboratorio di urbanistica, architettura, restauro, sociologia, paesaggio, un nuovo spazio per ricerca e produzione, pubblico e privato, storia e innovazione, locale e globale. In questo momento storico, mentre la Fabbrica trascende alle ragioni del proprio essere e passa da fatto produttivo a fatto culturale, siamo più che mai consapevoli della necessità di ri-scrivere il luogo e di ri-portare il lavoro, come mezzo culturale, al centro del racconto. Se la cultura non è altro che il medium terzo, “che sta al di sopra di ogni uno e di ogni altro e questo terzo è condizione sine qua non d’ogni tipo di società “ , a Crespi questo soggetto terzo, in cui i singoli si riconoscevano, è sempre stato il lavoro. Ogni abitante del Villaggio trovava nella struttura della Fabbrica la propria collocazione sociale; era nel lavoro che gli individui si riconoscevano come appartenenti ad una comunità (è sintomatico come di questa struttura rigida, l’organigramma della Fabbrica, ci sia traccia perfino nelle epigrafi del cimitero). Venuta meno la struttura del lavoro, Crespi d’Adda ha visto progressivamente dissolversi il senso di comunità, ad eccezione degli abitanti più anziani, ed è oggi percepita, dai nuovi abitanti, come una sorta di residence. Le nuove generazioni hanno scelto di vivere a Crespi pensandolo come ad una Gated Community, un non luogo dove tutte le dinamiche sociali e urbane sono pressoché assenti. È perciò sul lavoro, nella sua accezione evolutiva, che la narrazione di Crespi d’Adda avrà un seguito.

Crespi D'Adda. Paesaggio, Programma, Progetto. Dal macchinismo alla vita liquida, questioni di entropia

PIANTELLI, MAURO
2018

Abstract

What we see today about the Crespi d'Adda village, from 1995 part of World Heritage List as the best example of company town of the nineteenth century, It's likely to be perceived as a ruin, a heroic witness of time, of an industrial past irretrievably lost. There is no doubt that this experience between the two stages, the ruined original model as well as the restoration not yet experienced, resides what we admire aesthetically in a kind of pure time, "the perception of this gap between the two uncertainties, the two incompleteness, is the essential reason for our pleasure ", we can not fail to consider how this vision is not only weak and incomplete, but it is above false. Crespi d'Adda is a new town born from a production textile model, which has given shape to everything it came in contact. During this industrial age the factory has changed, as it has changed the model of representation of social relationships and the relationship with the river; in general it has changed the landscape. This experience didn’t end with the closing of the Cotton Mill experience: using a psychoanalytic concept that "nothing in mental life can perish once formed, that everything somehow preserved and that in suitable circumstances, ... it can be brought to light "we are convinced that all the historical and geographical events that have formed in-place are still in place and waiting for a new storytelling. The landscape, is one of the more important industrial legacy. The cotton mill, in more than a century of industrial history, has produced, directly and indirectly, a unique landscape. Crespi d'Adda is then a valuable laboratory for urban planning, architecture, restoration, sociology, landscape, a new space for research and production, public and private, history and innovation, local and global. After his industrial period ,Crespi d'Adda has progressively dissolve the sense of community, with the exception of the older inhabitants, and it is perceived today, from the new inhabitants, as a residential residence. The new generations have chosen to live in Crespi thinking it such a Gated Community, a non-place where all social and urban dynamics are almost absent. It is therefore in the work, in the evolutionary sense, that the storytelling of Crespi d'Adda will be continued.
21-mar-2018
Italiano
Ciò che oggi possiamo ammirare del villaggio industriale di Crespi d’Adda, dal 1995 patrimonio culturale dell’Umanità quale miglior esempio di Villaggio operaio del XIX sec., rischia di essere percepito quale rovina, testimonianza di un tempo eroico, di un passato industriale irrimediabilmente perduto. Se è indubbio che in quest’esperienza tra i due stadi, del modello originario ormai in rovina così come del restauro non ancora esperito, risiede ciò che esteticamente ammiriamo in una sorta di tempo puro, “la percezione di questo scarto fra le due incertezze, le due incompiutezze, è la ragione essenziale del nostro piacere “ , non possiamo non considerare come questa visione sia non solo debole ed incompleta, ma sia soprattutto antistorica. Crespi d’Adda è una città di fondazione nata da un modello produttivo, tessile, che ha dato forma a tutto ciò con cui è venuta in contatto. Durante questa vicenda produttiva è stato modificato il modo di abitare, sia la fabbrica sia il villaggio, così come è stato modificato il modello di rappresentazione dei rapporti sociali ed il rapporto con il fiume; in generale è stato modificato il paesaggio. Quest’esperienza non si è conclusa con la chiusura del Cotonificio: utilizzando un concetto psicanalitico per cui “nella vita psichica nulla può perire una volta formatosi, che tutto in qualche modo si conserva e che, in circostanze opportune,…può essere riportata alla luce” , siamo convinti che tutte le vicende storiche e geografiche che hanno in-formato il luogo sono ancora in essere e in attesa di una nuova narrazione. Il Paesaggio, oggi uno degli elementi più evidenti del lascito industriale, è di fatto un prodotto della Fabbrica. L’ex cotonificio, in più di un secolo di storia industriale, ha prodotto, direttamente ed indirettamente, un paesaggio unico, senza eguali. Le azioni antropiche e naturali si sono avvicendate indirizzando l’evoluzione del luogo; oggi si presenta come un paesaggio in divenire che richiede azioni sistematiche che lo rendano leggibile e coerente. Crespi d’Adda è allora un prezioso laboratorio di urbanistica, architettura, restauro, sociologia, paesaggio, un nuovo spazio per ricerca e produzione, pubblico e privato, storia e innovazione, locale e globale. In questo momento storico, mentre la Fabbrica trascende alle ragioni del proprio essere e passa da fatto produttivo a fatto culturale, siamo più che mai consapevoli della necessità di ri-scrivere il luogo e di ri-portare il lavoro, come mezzo culturale, al centro del racconto. Se la cultura non è altro che il medium terzo, “che sta al di sopra di ogni uno e di ogni altro e questo terzo è condizione sine qua non d’ogni tipo di società “ , a Crespi questo soggetto terzo, in cui i singoli si riconoscevano, è sempre stato il lavoro. Ogni abitante del Villaggio trovava nella struttura della Fabbrica la propria collocazione sociale; era nel lavoro che gli individui si riconoscevano come appartenenti ad una comunità (è sintomatico come di questa struttura rigida, l’organigramma della Fabbrica, ci sia traccia perfino nelle epigrafi del cimitero). Venuta meno la struttura del lavoro, Crespi d’Adda ha visto progressivamente dissolversi il senso di comunità, ad eccezione degli abitanti più anziani, ed è oggi percepita, dai nuovi abitanti, come una sorta di residence. Le nuove generazioni hanno scelto di vivere a Crespi pensandolo come ad una Gated Community, un non luogo dove tutte le dinamiche sociali e urbane sono pressoché assenti. È perciò sul lavoro, nella sua accezione evolutiva, che la narrazione di Crespi d’Adda avrà un seguito.
PIZZIGONI, Attilio
Università degli studi di Bergamo
Bergamo
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIBG-124871