Il bilancio di esercizio è il principale strumento di comunicazione economico-finanziaria che assume un ruolo fondamentale nel soddisfare i bisogni informativi degli interlocutori sociali relativamente all’assetto reddituale, finanziario e patrimoniale dell’impresa. La divulgazione di informazioni contabili rilevanti, attendibili e comparabili, assieme ad altre fonti di informazioni, è utilizzata dai portatori di interesse soprattutto per valutare il grado di rischiosità e la dimensione del valore economico dell’impresa. Tuttavia, il dissesto di importanti realtà aziendali (Enron, Parmalat, Ciro, Worldcom), caratterizzate da una situazione apparentemente solida, ha messo a dura prova la credibilità delle informazioni di bilancio suscitando l’interesse della comunità economico-finanziaria verso temi quali le politiche di bilancio. Si tratta, cioè, di scelte contabili che consentono di «assegnare valori monetari ai componenti del capitale di una azienda per poter dedurre da tale valutazione la misura complessiva del fondo netto di valori, che in un dato momento, sono dotazione dell’azienda stessa, e ciò al preciso scopo della determinazione del reddito di esercizio». La misurazione di quest’ultimo, quindi, non ha origine da un «semplice conteggio» ma da un processo di valutazione che risente dell’influenza dei comportamenti e degli interessi sottostanti dei soggetti coinvolti nella redazione del bilancio il quale, spesso, costituisce uno strumento «volto a facilitare il raggiungimento di prescelti obiettivi operativi». In tale prospettiva, è chiaro come il bilancio possa costituire uno «strumento di comportamento» oltre che uno «strumento di informazione» in virtù dei margini di discrezionalità riconosciuti agli amministratori che, per quanto tendano più o meno volontariamente e consapevolmente verso una rappresentazione oggettiva, rappresentano la dinamica aziendale in base alle proprie convinzioni e orientamenti soggettivi. Ne deriva una politica di bilancio influenzata dai differenti modi di pensare degli amministratori. Tale discrezionalità, sia in sede di redazione del bilancio sia in sede di svolgimento delle operazioni di gestione, potrebbe limitare l’utilità per le decisioni nella misura in cui questi agissero non in buona fede ma in funzione dei soli interessi personali ossia utilizzassero le scelte contabili per manipolare i risultati a proprio vantaggio (earnings management). Un siffatto comportamento potrebbe danneggiare la reputazione aziendale con ripercussioni negative sul valore di mercato e sul costo del capitale stimato dagli investitori. A tal proposito i Paesi Occidentali hanno sviluppato, nell’interesse pubblico, un set di norme di elevata qualità (Accounting Quality) basati sulla trasparenza e comparabilità delle informazioni di bilancio per limitare la discrezionalità contabile dei manager (Sarbanes-Oxley, Direttiva Comunitaria sul market abuse, Basilea 2 e 3, IFRS/IAS) e, in tal modo, fornire una rappresentazione «true and fair» che possa consentire agli investitori di assumere razionali decisioni di compravendita dei vari strumenti finanziari. Focalizzando l’attenzione sul settore bancario, la specifica attività di raccolta di risparmio dalla clientela e di finanziamento dell’economia reale3 ha reso necessaria l’introduzione di specifici obblighi regolamentari attraverso i tre Accordi di Basilea che nella loro prima formulazione prevedevano un approccio semplice e, per alcuni aspetti, arbitrario nel determinare i livelli minimi di capitalizzazione fino all’adozione di provvedimenti volti a garantire un rafforzamento della regolamentazione e della vigilanza nonché una più efficiente gestione dei rischi (di credito, operativo e di mercato). La progressiva internazionalizzazione del mercato finanziario e la maggiore rischiosità di quello creditizio dovuta al più elevato tasso d’innovazione dell’economia reale hanno posto le basi per un nuovo quadro regolatorio che da un lato ha uniformato regole e prassi, al fine di coordinarle fra loro, e dall’altro ha valorizzato le norme europee di recepimento degli accordi di Basilea 3 definendo un sistema omogeneo di regole prudenziali che prende il nome di single rulebook. Il nuovo quadro regolatorio è giunto a compimento con la pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (GUUE), dei testi del Regolamento (UE) n. 575/2013 (CRR - Capital Requirements Regulation) e della Direttiva 2013/36/UE (CRD IV - Capital Requirements Directive). La regolamentazione europea in parola rende più severa la disciplina del capitale ed affronta, sotto il profilo regolamentare, il tema degli obblighi di informativa uniformi necessari per effettuare scelte consapevoli e razionali da un lato e dall’altro mirare ad eliminare, o quantomeno ridurre, l’opacità delle banche e dei market failures garantendo innanzitutto la valutazione del profilo di rischio (di credito, di liquidità, di mercato, operativo) ed una migliore qualità dell’informativa contabile. Tali obiettivi sono perseguiti soprattutto attraverso l’incoraggiamento delle rappresentazioni qualitative dei processi logici che hanno portato alla formulazione delle decisioni. Emerge, in tal modo, l’importanza delle informazioni complementari (Pillar 3) da presentarsi congiuntamente agli schemi primari di bilancio con frequenza almeno annuale e possibilità di periodiche pubblicazioni sui «Fondi propri» (art. 437), sui «Requisiti di capitale» (art. 438) nonché sull’esposizione al rischio o su altri elementi suscettibili di rapidi cambiamenti. Il presente lavoro analizza la tendenza del nuovo Framework europeo a indirizzare la discrezionalità del management verso scelte di veridicità e correttezza poiché la dinamicità dell’ambiente in cui essa è esercitata mal si presta all’implementazione di principi contabili rigidi i quali, se da un lato, garantiscono una maggiore affidabilità del bilancio dall’altro possono non esprimere a pieno l’effettiva realtà aziendale. L’idea è che l’adozione di una legislazione primaria di massima armonizzazione per tutti gli intermediari finanziari operanti nel Mercato Unico (single rulebook) scoraggi l’implementazione dell’ earnings manipulation e garantisca, allo stesso tempo, una allocazione più efficiente delle risorse e la crescita dell’apparato produttivo europeo.

La qualità dell’informativa contabile nel processo di convergenza europea della regolamentazione bancaria

2019

Abstract

Il bilancio di esercizio è il principale strumento di comunicazione economico-finanziaria che assume un ruolo fondamentale nel soddisfare i bisogni informativi degli interlocutori sociali relativamente all’assetto reddituale, finanziario e patrimoniale dell’impresa. La divulgazione di informazioni contabili rilevanti, attendibili e comparabili, assieme ad altre fonti di informazioni, è utilizzata dai portatori di interesse soprattutto per valutare il grado di rischiosità e la dimensione del valore economico dell’impresa. Tuttavia, il dissesto di importanti realtà aziendali (Enron, Parmalat, Ciro, Worldcom), caratterizzate da una situazione apparentemente solida, ha messo a dura prova la credibilità delle informazioni di bilancio suscitando l’interesse della comunità economico-finanziaria verso temi quali le politiche di bilancio. Si tratta, cioè, di scelte contabili che consentono di «assegnare valori monetari ai componenti del capitale di una azienda per poter dedurre da tale valutazione la misura complessiva del fondo netto di valori, che in un dato momento, sono dotazione dell’azienda stessa, e ciò al preciso scopo della determinazione del reddito di esercizio». La misurazione di quest’ultimo, quindi, non ha origine da un «semplice conteggio» ma da un processo di valutazione che risente dell’influenza dei comportamenti e degli interessi sottostanti dei soggetti coinvolti nella redazione del bilancio il quale, spesso, costituisce uno strumento «volto a facilitare il raggiungimento di prescelti obiettivi operativi». In tale prospettiva, è chiaro come il bilancio possa costituire uno «strumento di comportamento» oltre che uno «strumento di informazione» in virtù dei margini di discrezionalità riconosciuti agli amministratori che, per quanto tendano più o meno volontariamente e consapevolmente verso una rappresentazione oggettiva, rappresentano la dinamica aziendale in base alle proprie convinzioni e orientamenti soggettivi. Ne deriva una politica di bilancio influenzata dai differenti modi di pensare degli amministratori. Tale discrezionalità, sia in sede di redazione del bilancio sia in sede di svolgimento delle operazioni di gestione, potrebbe limitare l’utilità per le decisioni nella misura in cui questi agissero non in buona fede ma in funzione dei soli interessi personali ossia utilizzassero le scelte contabili per manipolare i risultati a proprio vantaggio (earnings management). Un siffatto comportamento potrebbe danneggiare la reputazione aziendale con ripercussioni negative sul valore di mercato e sul costo del capitale stimato dagli investitori. A tal proposito i Paesi Occidentali hanno sviluppato, nell’interesse pubblico, un set di norme di elevata qualità (Accounting Quality) basati sulla trasparenza e comparabilità delle informazioni di bilancio per limitare la discrezionalità contabile dei manager (Sarbanes-Oxley, Direttiva Comunitaria sul market abuse, Basilea 2 e 3, IFRS/IAS) e, in tal modo, fornire una rappresentazione «true and fair» che possa consentire agli investitori di assumere razionali decisioni di compravendita dei vari strumenti finanziari. Focalizzando l’attenzione sul settore bancario, la specifica attività di raccolta di risparmio dalla clientela e di finanziamento dell’economia reale3 ha reso necessaria l’introduzione di specifici obblighi regolamentari attraverso i tre Accordi di Basilea che nella loro prima formulazione prevedevano un approccio semplice e, per alcuni aspetti, arbitrario nel determinare i livelli minimi di capitalizzazione fino all’adozione di provvedimenti volti a garantire un rafforzamento della regolamentazione e della vigilanza nonché una più efficiente gestione dei rischi (di credito, operativo e di mercato). La progressiva internazionalizzazione del mercato finanziario e la maggiore rischiosità di quello creditizio dovuta al più elevato tasso d’innovazione dell’economia reale hanno posto le basi per un nuovo quadro regolatorio che da un lato ha uniformato regole e prassi, al fine di coordinarle fra loro, e dall’altro ha valorizzato le norme europee di recepimento degli accordi di Basilea 3 definendo un sistema omogeneo di regole prudenziali che prende il nome di single rulebook. Il nuovo quadro regolatorio è giunto a compimento con la pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (GUUE), dei testi del Regolamento (UE) n. 575/2013 (CRR - Capital Requirements Regulation) e della Direttiva 2013/36/UE (CRD IV - Capital Requirements Directive). La regolamentazione europea in parola rende più severa la disciplina del capitale ed affronta, sotto il profilo regolamentare, il tema degli obblighi di informativa uniformi necessari per effettuare scelte consapevoli e razionali da un lato e dall’altro mirare ad eliminare, o quantomeno ridurre, l’opacità delle banche e dei market failures garantendo innanzitutto la valutazione del profilo di rischio (di credito, di liquidità, di mercato, operativo) ed una migliore qualità dell’informativa contabile. Tali obiettivi sono perseguiti soprattutto attraverso l’incoraggiamento delle rappresentazioni qualitative dei processi logici che hanno portato alla formulazione delle decisioni. Emerge, in tal modo, l’importanza delle informazioni complementari (Pillar 3) da presentarsi congiuntamente agli schemi primari di bilancio con frequenza almeno annuale e possibilità di periodiche pubblicazioni sui «Fondi propri» (art. 437), sui «Requisiti di capitale» (art. 438) nonché sull’esposizione al rischio o su altri elementi suscettibili di rapidi cambiamenti. Il presente lavoro analizza la tendenza del nuovo Framework europeo a indirizzare la discrezionalità del management verso scelte di veridicità e correttezza poiché la dinamicità dell’ambiente in cui essa è esercitata mal si presta all’implementazione di principi contabili rigidi i quali, se da un lato, garantiscono una maggiore affidabilità del bilancio dall’altro possono non esprimere a pieno l’effettiva realtà aziendale. L’idea è che l’adozione di una legislazione primaria di massima armonizzazione per tutti gli intermediari finanziari operanti nel Mercato Unico (single rulebook) scoraggi l’implementazione dell’ earnings manipulation e garantisca, allo stesso tempo, una allocazione più efficiente delle risorse e la crescita dell’apparato produttivo europeo.
14-gen-2019
Italiano
DELL'ATTI, Vittorio
Università degli Studi di Bari
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/131598
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIBA-131598